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Testo

L'Islamismo e il Sufismo

L'Islamismo

Islam dall'arabo abbandono (è inteso alla volontà di Dio): è il nome della religione fondata da Maometto il Glorificatore. Visse tra il 570 e il 632 d.C. a La Mecca e a Medina.

I fedeli di questa religione sono i musulmani (dall'arabo muslim, credenti, il termine fu introdotto in Europa dai Bizantini nel Rinascimento); oggi i muslim sono parecchi milioni. I musulmani, al contrario dei cristiani che prendono il nome da Cristo, non gradiscono il termine maomettani, in quanto non vogliono dare l'impressione di adorare Maometto e per ciò essere scambiati per appartenenti ad una setta che prende il nome dal suo fondatore.

L'Islamismo trova il suo punto di partenza come il Giudaismo ed il Cristianesimo in un libro ispirato direttamente da Dio: Il Corano.

Il simbolo dell'Islam è una professione di fede scritta in arabo, che significa praticamente non c'è alcun Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta (Molti erroneamente credono che il simbolo dell'Islam sia la mezzaluna e la stella). Gli Arabi hanno imposto l'Islamismo ai popoli da loro conquistati, eccetto in Europa dove si scontrarono (in Italia, Spagna e Francia) con i Cristiani.

Prima della nascita di Maometto e della sua attività profetica, in Arabia vi era un Pantheon di culti religiosi,di tipo polidemonistico (patrimonio delle antiche tribù arabe). Ovvero gli esseri adorati sono abitatori di alcuni luoghi come alberi, sorgenti o monti, ai quali viene conferito un carattere divino tipico delle tradizioni pagane. Le maggiori divinità erano chiamate Yaghutti, Yang, Nasr, Suwa, Wadd, e altri.

Oggetto di culto e di adorazione a La Mecca, era la pietra nera. In quell'epoca preislamica gli Arabi furono senza dubbio in contatto con religioni monoteiste quali l'ebraismo e il cristianesimo. A La Mecca vi erano delle comunità ebraiche particolarmente importanti e potenti e le idee monoteiste non erano sicuramente oscure ad una parte dell'élite della popolazione (particolarmente ai membri della famiglia di Maometto). Gli Arabi cristiani, si trovano nello Yemen, a Nejran (dove si sono insediati nel IV secolo) e alla frontiera persiana, ad Hira, sull'Eufrate; sono dei nestoriani; la tradizione musulmana riferisce che Maometto avrebbe conosciuto il cristianesimo alla fiera di Oqaz (vicino a La Mecca) ove avrebbe sentito un predicatore nestoriano.

Questa tradizione contrasta il fatto che le concezioni di Maometto sul Giudizio Universale, il destino dell'anima, la vita futura e la resurrezione, così come le sue allusioni ai profeti (di cui i principali sono per lui: Adamo, Noè, Abramo e Gesù), a Maria, al Pentateuco non sembrano provenire dal nestorianesimo. Si è supposto che Maometto abbia potuto accogliere una tradizione giudeo-gnostica. Infine alcuni testi arabi e anche il Corano riferiscono di una tendenza monoteista esistente in alcuni personaggi che non erano né ebrei, né cristiani, né pagani, ma saggi che praticavano la pietà e che venivano chiamati Hanif. La tradizione Hanif si afferma in Arabia prima della predicazione di Maometto e assume dei caratteri che precorrono la stessa religione del Corano. La storiografia è spesso divisa nella formulazione di un giudizio di autenticità storica per quanto riguarda la tradizione Hanif, ma sembra invece che essa, spogliata degli elementi fantastici, possa rappresentare con un buon margine di fedeltà la vita religiosa precedente a Maometto, e aiutare anche ad analizzare gli aspetti più profondi del pensiero del riformatore.

Le rivelazioni di Dio a Maometto sono contenute nel Corano, libro sacro dell'Islamismo, completato dalla tradizione (Sunna).

Dal Corano e dalla Sunna si deduce l'insieme delle regole che ordinano la vita del credente: il Fiqh, che è un codice giuridico-teologico.

Corano è la traduzione italiana dall'arabo Qur'an, il cui primo significato è messaggio trasmesso per mezzo della parola. Quando si incominciò a mettere per iscritto le parole del profeta, Qur'an prese abusivamente il senso di Kitab (testo scritto). Il Corano comprende 114 capitoli chiamati sure (arabo sura) di cui ciascuno porta un titolo e, in sottotitolo, il luogo della rivelazione (sure rivelate a La Mecca o sure date a Medina). La sure sono divise in versetti redatti in prosa ritmata araba: ve ne sono tre nella più corta (CX) e duecentottantasei nella più lunga (III, La Giovenca; esse sono classificate secondo la loro importanza, le più lunghe all'inizio, le più corte alla fine. Questa classificazione risale al Califfo Otman (che regnò dal 644 al 656) egli ha causato così uno sconvolgimento irrimediabile dell'ordine cronologico delle sure. In generale le più corte corrispondono alla predicazione de La Mecca (612-622) e le più lunghe alla predicazione a Medina (622-632). Una eccezione è stata fatta per la sura I, chiamata Al-Fatiha (colei che apre), scritta nel periodo de La Mecca, ma la cui importanza liturgica è notevole (i sette versetti che la compongono sono inclusi nelle preghiere quotidiane: viene chiamata a volte la Sura della glorificazione). Viene chiamato spesso vulgata coranica il testo ufficiale del Corano, per analogia con la vulgata biblica); Maometto non ha scritto nulla. La sistemazione del testo si è svolta secondo la tabella più sotto riportata.

Contrariamente alla Bibbia, il Corano non si presenta come un testo "ordinato" (anche se questo ordine dovesse essere artificiale); questo disordine apparente sconcerta il lettore occidentale e lo storico delle religioni. Lo specialista tedesco Nöldeke ha intrapreso, in collaborazione con altri studiosi, una monumentale Storia del Corano (Geschichte des Korans, Lipsia, 1919-1938) che considera sia i fattori stilistici, sia i fattori tematici; si deve a questo lavoro fondamentale una riclassificazione cronologica delle sure in quattro periodi. A titolo informativo notiamo che la prima traduzione latina del Corano è stata fatta da Robet de Retines nel XII secolo (scuola di Toledo) e che la vulgata ottomana fu stampata nel 1530 a Venezia da Paganini.

La prima traduzione completa fu quella di Andrè du Ryer, console di Francia al Cairo (1630-1640); la prima inglese fu quella di Georgei Sale (1734): essa apre il periodo degli studi storici oggettivi sull'islamismo.

In seguito sono state intraprese numerose traduzioni più o meno buone: in Francia è stata letta a lungo quella di Claude Savary (Parigi 1783); fra le traduzioni italiane, una delle più recenti è quella a cura di Martino Mario Moreno (Torino, UTET, 1967).

Principali tappe della redazione del Corano
PeriodoEvento
612 - 632Alcuni dei messaggi di Maometto sono trascritti da fedeli su materiali rudimentali (scapole di cammelli, pezzi di cuoio), soprattutto a partire dall'egira.
632 - 634Primo raggruppamento di questi frammenti da parte del califfo Abu-Bakr, successore di Maometto.
644 - 656Il terzo califfo, Otman, ordina una recensione sistematica dei testi e conferisce loro un valore ufficiale. Tutte le trascrizioni anteriori sono scritte su ordine suo, al fine di imporre un testo invariabile: è ciò che si chiama la Vulgata ottomana.
656 - 661Sotto il califfato di Alì (genero e cugino germano di Maometto), circolano versioni differenti che corrispondono alle tendenze sciite; in particolare, quella di Ibn Maasud che sussisterà ancora per tre secoli, come una versione parallela alla versione ufficiale.
685 - 705Regno del califfo ommiade Abd-al-Malik che decide di unificare l'ortografia del Corano (le diversità dialettali portano, infatti, a numerose varianti).
VIII, IX e X sec.Sette tipi di letture sono ammessi come canonici; essi saranno completati da sette letture tollerate. Nel X secolo, il canone coranico è definitivamente fissato.

Il contenuto del Corano è dunque assai vario. La grandezza, l'unicità, la misericordia di Dio sono ampiamente trattate, nel testo religioso, accanto ad elaborate trascrizioni delle meraviglie del Paradiso e degli orrori dell'Inferno.

In molti passi, il Corano, presenta analogie con le leggende ebraiche e cristiane, dovute probabilmente ad una assimilazione di carattere orale da parte di Maometto, in quanto egli non sapeva né leggere né scrivere.

Periodi di pubblicazioneSure e StileTemi della predicazione
La Mecca I (inizio dell' apostolato di Maometto)Dalla LIII alla fine.

Versetti corti, stile lirico ed enfatico; formule sacramentali all'inizio delle sure.
Annuncio del Giudizio Universale (Quel giorno gli uomini sorgeranno dai sepolcri, a gruppi, perché siano mostrate loro le loro azioni, XCIX/6). Affermazione della missione divina di Maometto (risposta alle critiche degli abitanti de La Mecca). Monoteismo (ma non vi è ancora a questo stadio condanna formale e rigida del politeismo). Polemica contro gli abitanti de La Mecca (specialmente dalla sura LXX); appello al pentimento e alla preghiera di cui la sura I, Al-Fatiha, è il prototipo (la preghiera coranica si fa, a quell'epoca, nella direzione di Gerusalemme).
La Mecca II22 sure fra XVIII versetti e LIII.

I versetti sono più lunghi; stile più polemico che lirico.
Monoteismo confermato (XXIII) e richiamo del ruolo profetico di Maometto. Esempi di tribù che si sono allontanate da Dio ed hanno accolto con sarcasmi e insulti i profeti come Mosé, Abramo, Noé. Esempio di Gesù, figlio della Vergine Maria (XIX).
La Mecca III (dopo il 619)22 sure diversamente suddivise nel Corano.

Apparizione dell'omelia; stile oratorio.
Stessi temi del periodo precedente (in particolare: enumerazione degli inviati da Dio, VI/84-89) e venerazione maggiore di Abramo, considerato il fondatore della religione primitiva e del santuario della Kaaba (XlV). Minacce contro i politeisti de La Mecca.
Medina24 sure (di cui le più lunghe del Corano: sono quelle dal II al V) diversamente suddivise.

Versetti lunghi; stile vario (lirico, oratorio, imperativo, ecc.).
Ripresa dei temi de La Mecca. Disposizioni politiche, giuridiche e religiose (il califfato, la gerarchia sociale, la condizione delle donne, ecc.). Disaccordi e perfino conflitti politici e religiosi con gli ebrei di Medina; la preghiera si fa da ora innanzi verso La Mecca e non più verso Gerusalemme. Condanna dei cristiani.

La Sunna. Alla morte di Maometto non ci si accontentò soltanto di trascrivere le rivelazioni che egli aveva ricevuto da Dio per mezzo dell'arcangelo Gabriele, si raccolsero anche i suoi discorsi (hadith), oltre a dei commentari su alcuni passaggi oscuri del Corano e a dei consigli relativi al culto o ad esempi di morale quotidiana.

L'insieme degli hadith costituisce la Tradizione (al-Hadith); insieme ai modelli di azione e di comportamento del Profeta, essa costituisce la "Sunna", che è una regola d'azione a partire dal modello di vita del Profeta stesso.

Siccome il Corano non stabilisce delle modalità di vita e di preghiera, non soddisfa le esigenze particolari di culto dei singoli uomini; non indica, dunque, i caratteri specifici della vita religiosa islamica. La Sunna soddisfa queste esigenze e completa la predicazione coranica, assumendosi il compito di articolare la vita religiosa, modellata a somiglianza di quella del Profeta.

La Sunna ha dunque un grandissimo valore per la religione musulmana, indirizzando il culto verso una dimensione razionale, nel tentativo di fondare una concezione del mondo, espressione di una totalità teorico-pratica. Il Corano, secondo i musulmani e Wahy Matlu è rivelazione esplicita; la Sunna è "rivelazione implicita o non espressa". Essa è di tre specie: tratta dai detti del profeta, dai suoi fatti o anche dal suo tacito assenso.

L'imponente insieme degli Hadith che compongono la Sunna è stato scrupolosamente studiato dai teologi e dai dottori dell'islamismo, gli Ulema, che li divisero in tre gruppi: autentici, probabili, dubbi. Un hadith è autentico quando è stato approvato da tutti i dottori (è la regola del consensus omnium o ijma; questa regola si applica anche all'esegesi del Corano). Così si elaborarono i 16 libri Canonici degli Hadith : quelli di Al-Bokhari (morto nell'870), di Moslim (morto nell'875), di Abu-Daud (morto nell'888), di An'Nasàj (morto nel 915), di At-Tirmidhi (morto nell'892) e di Ibn-Maja (morto nell'896).

L'esegesi del Corano

L'interpretazione del Corano è stata compiuta in gran parte in relazione alla Sunna e allo Hadith; il commentario più importante è quello dell'iraniano At-Tabari nato a Amal nel nord della Persia (nell'839) e morto a Bagdad nel 923 (Commentario completo del Corano in 30 volumi). Come tutti gli altri dottori At-Tabari rifiuta ogni interpretazione individuale ed accetta soltanto la regola dell'ijma: egli è il padre dell'esegesi ortodossa del Corano.

Tra le altre scuole coraniche, quella dei Mu-Taziliti (IX secolo in Iraq) rivendica l'interpretazione individuale quando l'ijma non è soddisfacente (principale rappresentante l'iraniano Az-Zamakhshari, morto nel 1144); la scuola dei mistici persiani (esempio Ar-Razi morto nel 1209), si allontana ancor di più dalla tradizione sunnita.

Il Fiqh

Il Fiqh è l'equivalente di un diritto canonico, ma supera nettamente il campo teologico. Questo edificio giuridico-religioso, è in teoria intangibile in virtù del principio dell'ijma e secondo un proverbio arabo: La porta dell'interpretazione individuale fu chiusa. Esso è opera degli ulema suddivisi in quattro scuole:

I giureconsulti musulmani sono chiamati muftì (in Iran mollahi, in Turchia khodja: essi sono autorizzati a risolvere le polemiche. Non devono essere confusi con i magistrati incaricati di applicare la legge del muftì: i cadì.

Allah e i profeti

Elemento centrale dell'Islam è il carattere monoteistico della dottrina: l'affermazione di un unico Dio che domina il mondo e nello stesso tempo lo trascende.

Allah è il solo dio e Maometto il suo profeta; questa è la professione di fede che ogni musulmano deve enunciare con sincerità.

Allah, o più esattamente Al-llah colui che è degno di essere adorato è il Dio che si è rivelato agli uomini nelle "104 scritture sacre", di cui solo 4 sono rimaste: il Pentateuco degli Ebrei, i Salmi di Davide, il Vangelo di Gesù ed il Corano di Maometto. Il Corano è considerato la più completa e la più perfetta di tutte le Scritture.

Il monoteismo musulmano è analogo a quello degli Ebrei: i profeti ispirati da Dio sono tutti uomini, compreso Gesù. Non vi è nell'islamismo un Dio in tre persone, come nel cristianesimo, ma un Dio di cui l'unità è perfetta.

Qualità positive di Dio sono: vita, sapere, potenza, volontà, udito, vista, parola. L'onnipotenza di Dio annulla ogni legge naturale, si staglia su tutti i fenomeni della vita umana. I profeti sono in particolare enumerati nella sura VI (i Greggi), versetti da 84 a 89: Noè, Abramo (che ha fondato il santuario della Kaaba), Davide, Salomone, Giobbe, Giuseppe, Mosè, Aronne, Zaccaria, Giovanni, Gesù, Elia, Ismaele, Eliseo, Giona, Loth e finalmente Maometto.

Tali furono coloro ai quali rivelammo le Scritture, la Saggezza ed il dono di Profezia. Se la loro posterità disprezza questi benefici, noi li faremo passare ad una nazione più riconoscente (Corano , VI/89).

A parte Maometto, tutti questi profeti sono ebrei; ma il Corano cita anche,a varie riprese, dei profeti arabi (Salih, Hut).

Dio è puro spirito e le espressioni: viso di Allah, trono di Allah, mano di Allah devono essere prese in senso simbolico e metaforico. Come abbiamo già detto, egli è creatore onnipotente di tutto ciò che esiste, compreso l'uomo; le sue decisioni sono impenetrabili e riguardano la sorte di tutte le creature. Da ciò il tradizionale fatalismo musulmano. Ciononostante è necessario sottolineare che il Corano non sopprime il libero arbitrio, al contrario, è una delle "cinque basi della fede": la grazia, la salvezza è accordata in ricompensa ai fedeli; l'onnipotenza divina si accorda con la libertà umana.

Angelologia e mitologia musulmane

Gli arcangeli siedono attorno al trono di Allah: Gabriele, il messaggero divino che ispirò Maometto, Michele, l'amico degli Ebrei, Azraele, l'Angelo della morte, che separa l'anima dal corpo e che esegue gli ordini temibili di Dio, infine Israfil (o Uriele), incaricato di suonare la tromba per annunciare la risurrezione e il Giudizio Universale. Un nugolo di angeli minori sostiene il trono di Allah, lotta contro i suoi nemici, si fa intermediario fra gli uomini e Dio, ecc.; sulla terra errano i geni (dijnn) buoni o cattivi, il cui capo è Iblis (equivalente di Satana) che corre per il mondo alla ricerca di un'anima da divorare.

Di fatto questa angelologia è limitata. L'islamismo, rigida religione nata da una reazione contro il paganesimo, che rifiuta ogni figurazione della divinità, ogni idolo, non ha praticamente mitologia.

Ciononostante esiste nella setta sciita una venerazione particolare nei riguardi di Alì (cugino e genero del Profeta) e dei suoi undici discendenti (i Dodici Imam, setta dei duodecimani). Le credenze astrologiche sono molto diffuse e gli esseri sovrannaturali, più o meno malefici, riempiono molti racconti popolari: i ghul allontanano i viaggiatori dalle carovane prendendo le sembianze di un amico o di un parente, poi, dopo averli attirati in un luogo appartato, li divorano; i palis assorbono il sangue della loro vittima leccandole la pianta dei piedi; il nasnas prende la forma di un infermo che chiede al viaggiatore di essere trasportato sulle sue spalle per passare un corso d'acqua e che lo stringe allora con le sue lunghe gambe e lo annega; le donne partorienti sono attaccate dal demone Al , che divora loro il fegato e le dilania, ecc. La maggior parte di questi demoni vivono, secondo le leggende, nella "valle dell'Angelo della morte" fra Teheran e Isfahan.

La vita futura

Le credenze dei musulmani, riguardo al destino dell'anima, provengono da rielaborazioni popolari di alcuni passi del Corano. L'anima è immortale ed è destinata o all'inferno o al paradiso; un angelo, detto "della morte", ha il compito di eseguire la separazione dell'anima dal corpo. Il cadavere inanimato, una volta sepolto senza bara, riceverà da Dio i sensi della parola e dell'udito, per essere in grado di rispondere alle domande degli angeli Munkar e Nakir; si consuma così la prova di fede che, in caso di risultato negativo, imporrà la pena del sepolcro perpetuo.

I profeti e i martiri godranno direttamente il benessere del paradiso, dove verranno accolti nel ventre di bellissimi uccelli verdi. In un livello intermedio, (Al-Barzak), saranno destinati coloro che, sulla bilancia dell'estremo giudizio musulmano, risulteranno né troppo buoni, né troppo cattivi. Le altre anime attendono il momento, il Giudizio Universale annunciato dalle trombe di Israfil. Numerose sure descrivono ciò che sarà questa fine del mondo e sembra che Maometto abbia fermamente creduto che avrebbe assistito a questa apocalisse, di cui prende i principali tratti dalla corrente del pensiero giudeo-cristiano.

Il cataclisma cosmico accompagnerà un gigantesco terremoto, il fuoco discenderà dal cielo; allora i morti risusciteranno, le anime raggiungeranno i corpi che avevano lasciato al momento della prima morte, comprese le anime degli animali tormentati dagli uomini e quella della Mawuda, la fanciulla sepolta viva (simbolo delle innocenti vittime della barbarie umana); i morti risuscitati sfileranno allora davanti ad Allah, i buoni separati dai cattivi e la rassegna, la lettura del Libro

ove ogni anima sarà giudicata per le sue azioni, comincerà.

Gli increduli, i perversi e gli empi andranno all'inferno, compreso Iblis, l'angelo decaduto;

.. Essi avranno abiti di fuoco e si verserà sulla loro testa acqua bollente. Essa divorerà la loro pelle e le loro viscere. Essi saranno colpiti con bastoni armati di ferro. Tutte le volte che il dolore li farà fuggire dalle fiamme, essi vi saranno risospinti e si dirà loro: provate la pena del fuoco (XXII/20-22).

Le calamità che attendono i cattivi sono ampiamente descritte nel Corano; i piaceri del paradiso, luogo meraviglioso ove un'acqua fresca scorre fra le palme e i prati, non lo sono da meno. Le beatitudini sono descritte come un eterno banchetto ove i credenti si distendono su morbidi strati rivestiti di broccato e di seta; essi bevono una bevanda celeste che non inebria, servita da efebi, e si svagano con vergini che diventano le loro spose celesti, le "uri" dai seni di alabastro, dai begli occhi neri.

Le prescrizioni pratiche dell'islamismo (Din)

Il fedele regola la propria vita con alcune norme pratiche che rivelano la particolare dedizione alla religione del Corano. Queste prescrizioni pratiche, ancora oggi in vigore, sono particolarmente osservate dall'uomo di religione islamica, il quale celebra il suo sacrificio con gioia e ascetica disposizione.

La preghiera (Calat)

È il primo dovere del musulmano, che deve pregare cinque volte al giorno: prima e dopo il sorgere del sole, a mezzogiorno, prima e dopo il tramonto del sole; la preghiera può essere rivolta a Dio in un luogo di prosternazione (masjid = moschea) o in tutt'altro luogo; non è raro vedere, nei paesi musulmani, i lavoratori pii prostrarsi sul loro luogo di lavoro. L'appello alla preghiera (adhan) è annunciato da un muezzin dall'alto del minareto (torre che fiancheggia una moschea).

I termini invariabili dell' adhan, enunciati in arabo anche nei paesi musulmani ove la lingua comune non è l'arabo (Pakistan, Turchia, Iran, ecc.), sono i seguenti:

Allah è il più grande. Attesto che non vi è Dio al di fuori di Allah. Attesto che Maometto è il messaggero di Allah. Venite alla preghiera. Venite alla salvezza. Allah è il più grande. Non vi è Dio al fuori di Allah..

La formula: Allah è il più grande si dice in arabo: Allah akbar.

La preghiera musulmana è preceduta da un rito di abluzione: il viso, la testa, le braccia fino ai gomiti e i piedi fino alle caviglie nel caso dell'abluzione minore; il corpo intero, dopo ogni tipo di rapporto, relazione o comunque contatto di natura sessuale: è l'abluzione maggiore.

Se manca l'acqua si utilizza della sabbia. La preghiera comprende sette movimenti rituali accompagnati dalla recitazione delle formule liturgiche:

La preghiera si compie nella direzione de La Mecca, che è il "punto di adorazione" (kibla). Il venerdì, che è per i musulmani l'equivalente della nostra domenica, gli uomini devono andare alla moschea per partecipare alla preghiera diretta dall' imam.

Il digiuno durante il mese di Ramadan. Il digiuno fu istituito da Maometto a Medina, quando decise di differenziarsi completamente dalle usanze religiose ebree, le quali prescrivevano un digiuno, il Kippur, meritorio ma non obbligatorio. (Il mese di Ramadan è il nono del calendario musulmano). É un digiuno parziale che impone a tutti i fedeli, fra l'aurora e il crepuscolo, l'astensione completa dal cibo, dalle bevande e dalle relazioni sessuali. Ne sono dispensati i vecchi e i bambini di meno di dieci anni, le donne incinte, le donne al momento delle loro mestruazioni, i malati. Il digiuno termina con la festa dell' A'id ac-caghir (la rottura del digiuno). 70 giorni dopo ha luogo l' A'id al-kabir che è l'ultimo giorno dell'anno musulmano (il calendario è lunare): esso é seguito dalla festa del primo mese dell'anno nuovo, il Moharram. Tutte queste feste religiose danno luogo a festeggiamenti.

Lo Zakat. È un'elemosina obbligatoria per ogni musulmano: serve principalmente come aiuto destinato ai poveri e alla diffusione, pacifica o armata, dell'islamismo.

Essa derivò da elargizioni volontarie che Maometto distribuiva ai poveri, o usava per le proprie battaglie religiose.

Il Pellegrinaggio a La Mecca. Esso deve essere compiuto da ogni Musulmano almeno una volta nella vita.

Durante il pellegrinaggio si celebrano feste imponenti, nelle quali vengono ripetuti dei tipici rituali: visita della Kaaba, bacio della pietra nera, processione e corsa, tra le due colline di Safa e Marwah, a La Mecca.

Ogni credente deve sposarsi ed assicurare la propria discendenza.

Contrariamente a ciò che si crede in generale, è raccomandata la monogamia, e la poligamia è solo permessa. Per poligamia bisogna intendere sia la poligamia legale (un musulmano ha diritto, al massimo, a quattro spose), che la poligamia di fatto, che riguarda le concubine (il numero di concubine non è limitato). Il velo, imposto dal Corano alle donne, tende ad essere abbandonato nei paesi musulmani più evoluti, ma in alcuni di essi (p. es. I'Iran) è stato restaurato per legge.

La vita del Profeta (Sira) ci è nota soltanto grazie alla tradizione islamica, come la vita di Gesù tramite la religione cristiana; in altri termini, la leggenda dorata si fonde costantemente con i racconti storici ed è difficile intraprendere una sintesi oggettiva. Si deve ad un fedele di Medina, morto verso il 769 (più di 130 anni dopo la morte di Maometto), chiamato Ibn-Ishaq, un Riassunto della vita edificante di Maometto, riassunto coerente e seguito dalla tradizione; anche il Corano contiene numerose allusioni biografiche.

Prima della Egira

La famiglia del Profeta. L'anno di nascita di Maometto non è molto chiaro, e l'unica data sicuramente attendibile della sua cronologia è il 622 d.C., anno in cui emigrò nella città di Medina. Si sa comunque che iniziò la sua missione religiosa a quarant'anni e avendo predicato per dieci anni a La Mecca, sua città natale, si può supporre che la sua nascita sia avvenuta circa 50 anni prima dell'Egira, ovvero intorno al 570 d.C.

La famiglia del Profeta è abbastanza agiata, ma il padre Abdallah muore dopo solo due mesi dalla nascita di Maometto e la madre Amina dopo circa 6 anni. Rimasto orfano, il giovane Profeta, allevato dallo zio Abu-Talib (morto nel 620), soffre la precarietà di una vita senza agiatezze. Già in questo primo periodo della sua vita, Maometto risente dell'influsso della religione araba ed ha costantemente di fronte a sé il grandioso scenario del pellegrinaggio a La Mecca, dove vede convenire arabi di ogni religione da ogni parte del paese.

Nel 595 egli sposa Khadidya, una ricca vedova de La Mecca, maggiore di quindici anni, dalla quale ottiene l'appoggio morale di un forte spirito femminile. Da Khadidya egli ha 6 figli, dei quali sopravvive soltanto Fatima, la figlia prediletta del profeta. In questo periodo egli intraprende alcuni viaggi che gli permettono di conoscere gli aspetti dei culti religiosi giudaico e cristiano. Khadidya muore nel 619 e Maometto sposa Aicha, figlia del suo amico Abu-Bakr, di appena 9 anni; in seguito contrasse parecchie unioni, più per motivi politici che affettivi, ma Aicha resterà fino alla morte la sua sposa preferita. La figlia Fatima sposa Alì, figlio di Abu-Talib, che era genero e cugino germano di Maometto.

La rivelazione e l'inizio della predicazione

Non abbiamo alcun dato sui quindici anni che seguono il primo matrimonio di Maometto (595-610): certamente - pur dedicandosi al commercio - egli meditò sulle sue inquietudini religiose, maturando la crisi mistica che determinò poi la sua missione profetica.

Verso i quarant'anni egli ha le prime ansie mistiche: crede di vedere comparire l'arcangelo Gabriele che lo persuade della sua missione profetica.

Egli confida le sue visioni a Khadidya, la convince. Ma questa sarà la sola, insieme ad un piccolo gruppo di fedeli fra cui Abu-Bakr, Omar ed il genero Alì, a sostenerlo nei primi tempi della sua predicazione.

Dopo la morte di sua moglie avrebbe avuto luogo il Miraj, l'ascensione di Maometto: guidato da Gabriele egli sarebbe stato trasportato a Gerusalemme, poi si sarebbe elevato attraverso i sette cieli, glorificato dai profeti dell'Antico e del Nuovo Testamento: Abramo, Mosè, Gesù, Giovanni, Enoch.

I primi anni della predicazione del profeta sono caratterizzati da diffidenze e ostilità: schernito come visionario, impostore, indovino e poeta (i poeti nell'antichità araba erano considerati una maledizione), è avversato soprattutto dal ceto dei commercianti , i Quvaish, che temono per la loro supremazia economica.

L'Egira

La predicazione di Maometto, che annunciava il Giudizio universale (il giorno di Jahvé secondo gli Ebrei), fu dunque accolta a La Mecca da canzonature e sollevò anche l'ostilità del partito conservatore. Maometto si rivolge allora agli abitanti della città di Yathrib che gli erano più favorevoli, ma la sua situazione continua ad essere difficile, tanto che i suoi pochi fedeli sono costretti a rifugiarsi presso il re cristiano di Abissinia.

A La Mecca, il partito dei nemici di Maometto diventa sempre più potente e pericoloso, e questo lo obbliga a fuggire dalla sua città natale con i discepoli rimasti, il 24 settembre 622. Questa fuga (in arabo Hijra ) è chiamata l'egira. Maometto giunse a Yathrib: in seguito la città cambiò nome e venne chiamata Madinat-el-Nebi (la città del Profeta), in italiano Medina.

Nel 639 il califfo Omar decise che l'anno dell'egira avrebbe segnato il punto di partenza del calendario musulmano.

Dopo l'Egira

La lotta contro La Mecca. Giunto a Medina, Maometto non è più un predicatore isolato ma un vero capo religioso. Egli estende la sua influenza agli ebrei e ai pagani di Medina, ai quali impone, con una politica intellettuale, l'osservanza di alcune regole di vita musulmana.

Nel primo anno di vita a Medina emana un editto per regolarizzare le norme di convivenza attraverso il superamento della tribù come elemento di base nella società, avviando così il primo passo essenziale verso la costituzione dello stato musulmano.

Il secondo articolo di questo editto, infatti, affermava un concetto fondamentale dell'Islam: la sostituzione dell'unità tribalista con l'unità religiosa. Sempre a Medina, Maometto riforma la legislazione della città, costituisce la prima moschea e, nel 624, intraprende una campagna contro gli abitanti de La Mecca ed in particolare contro i Quvaish, suoi nemici da sempre. A Badr (località a circa 105 km. da Medina) avviene il primo scontro di notevole entità con i Quvaish, rimasto nella tradizione islamica come un evento storicamente famoso.

I musulmani, largamente in minoranza, riescono a sconfiggere i Quvaish, forse un migliaio, dopo una battaglia assai cruenta nella quale cadono circa un centinaio di persone.

La vittoria viene attribuita dai musulmani al favore divino e coloro che vi hanno preso parte sono dunque glorificati dai fedeli. Questo evento dà l'opportunità a Maometto di fissare le norme relative alla guerra santa, ufficializzando così l'obbligo morale per il popolo islamico di combattere, come nemici, gli infedeli.

Dopo il successo di Badr, le forze musulmane dovettero subire una lieve sconfitta a Ohod, dove venne ucciso lo zio di Maometto, Hamzah.

Il profeta riuscì comunque a rianimare i suoi e quando i Quvaishiti, nel 627, con circa 10.000 uomini, assediarono Medina, li sconfisse con un abile esempio di tecnica militare: seguendo il consiglio del persiano Salman, divenuto poi nella tradizione un famosissimo personaggio, fece scavare intorno alla città un fossato, che gli permise di difenderla e mettere in scacco il nemico. L'obiettivo di Maometto era, in ogni caso, la conquista de La Mecca, già da lui dichiarata il centro dell'Islam.

Nel 628 (6º anno dell'egira) egli stipula una tregua con i Quvaishiti, nella quale si prevedono dieci anni di non belligeranza e la libertà di alleanza con qualunque popolo.

Ottenuto il permesso di entrare a La Mecca, il profeta svolge nel 629 il cosiddetto pellegrinaggio minore con duemila musulmani, procacciandosi le prime simpatie nella città a lui precedentemente così ostile. Il momento di conquistare la città nemica è finalmente arrivato.

Maometto, dopo aver rotto la tregua con un pretesto, nel mese di Ramadan dell'ottavo anno dell'Egira (gennaio 630), marcia contro la Mecca ponendo fine alla ormai agonizzante resistenza dei Quvaishiti, che gli aprono le porte senza combattere. A La Mecca conferma il suo spirito diplomatico, non si abbandona ad alcun saccheggio, strage, o vendetta; distrugge gli idoli pagani, ma mantiene il culto della pietra nera, consacrando così la città alla ormai dilagante religione islamica. Inoltre si assicura, con un undicesimo matrimonio con la figlia di un capo de La Mecca, gli ultimi legami di cui ha bisogno per consolidare la sua autorità.

Il pellegrinaggio

Da abile politico quale è, Maometto non sopprime il pellegrinaggio pagano che si svolge a La Mecca, ove si adora, nel tempio della Kaaba, la pietra nera. Questo pellegrinaggio è un vero simbolo di unione, poiché tutte le tribù nomadi vi si ritrovavano. Egli lo conserva, ma gli dà un significato esclusivo, avendo raccomandato Dio ad Abramo:

«... di non ammettere affatto idoli e di purificarlo per i fedeli che faranno il giro
della sua cinta, che vi pregano e che si inchinano
davanti al Signore
» (Corano , sura XXII, versetto 27)

Nel 632, l'ultimo anno della sua vita, Maometto compie il trionfale pellegrinaggio a La Mecca, nella quale viene accolto da dominatore, ormai al culmine della sua carriera politica e religiosa. Questa data segna anche il primo pellegrinaggio esclusivamente musulmano.

Maometto morì l'8 giugno 632, di una pleurite, a Medina. Venne seppellito sul posto ove si trovava il suo letto di morte. Questa stanza fu in seguito collegata alla moschea. La leggenda racconta che Fatima, sua figlia, prese un po' di polvere che copriva la bara e gridò:

«Quando si è sentita la polvere della sua tomba,
si può trovare odore ai profumi più squisiti?
»

La morte di Maometto fu una perdita irreparabile per tutta la comunità islamica; la sua figura venne glorificata e la sua azione considerata il massimo della perfezione sovrumana.

Sunniti e Sciiti

I due primi califfi che succedettero a Maometto, furono scelti fra i compagni del Profeta che l'avevano seguito a Medina: Abu-Bakr (632-634) e Omar (634-644). Con Otman (644-656), diventa potente il partito de La Mecca: Otman appartiene infatti al ricco clan degli Ommiadi, fino ad allora tenuto in disparte dal potere. Egli morì assassinato, vittima dei mille conflitti che agitavano il mondo musulmano la cui unità era ancora fragile. Il genero di Maometto, Alì, gli successe nel 644 e si oppose immediatamente all'ommiade Moawia; Alì, sostenuto dagli Iraniani e dai Mesopotamici, fu vinto nel 657 nella battaglia di Siffin, da Moawia, sostenuto dai Siriani; egli fu assassinato nel 661: il posto era libero per la dinastia degli Ommiadi che doveva dominare l'Islam per quasi un secolo.

Questa divisione politica causò una divisione religiosa. Il partito di Alì (in arabo sci'a, da cui il termine sciita ) considera i primi tre califfi degli usurpatori e venera i successori legittimi di Alì. Gli sciiti sono predominanti in Iran e in Iraq (Mesopotamia); ma si trovano pure nello Yemen, nel Libano e in India. Essi rappresentano tuttavia una setta minoritaria nell'Islam: meno del 10% di tutti i musulmani (quasi tutti gli altri sono sunniti).

Le prime ribellioni sciite furono soffocate nel sangue dalla repressione ommiade. Era evidente, sin d'allora, il profondo contrasto tra la tradizione musulmana e le minoranze sciite, le quali si andavano sempre più affermando come movimenti di opposizione religiosa. Le credenze e dottrine fondamentali della sci'a pongono le loro basi su due elementi fondamentali: Imam e Mahdi. Imam è una parola araba che indica colui che dirige la preghiera, dunque il capo supremo, la più alta personalità religioso-politica; dotato di una trascendente infallibilità, l'Imam non è un semplice mortale, ma è privilegiato da una particolare immanente assistenza divina.

Il Mahdi introduce nella religione islamica, o meglio in una setta islamica, il concetto di salvatore futuro del mondo, concetto di derivazione giudaica. Mahdi è infatti colui che verrà a debellare la malvagità e l'ingiustizia dal mondo; la sua immensa bontà, rimasta nella fantasia degli sciiti, è indice di un migliore destino e di una sicura guida verso l'affermazione della giustizia. La peculiarità religiosa della sci'a è il prodotto di questi due elementi fondamentali che, al di là delle differenti tendenze interne, rappresentano i fili conduttori del culto sciita.

Fra gli sciiti si trovano numerose sette fra cui le principali sono le seguenti:

I sunniti cioè coloro che seguono rigorosamente la Sunna (la tradizione), rappresentano la stragrande maggioranza dell'Islam attuale (più del 90% dei musulmani). Essi accettano i primi tre califfi come legittimi; adottano la rigida versione otmaniana del Corano, e si ricollegano ad una delle quattro scuole ortodosse citate sopra. Essi riconoscono alla Sunna un'autorità pari a quella del Corano e, ben inteso, non venerano i dodici Imam.

A fianco dei sunniti e degli sciiti, vi sono nell'islamismo, come in ogni religione, numerose sette (Maometto ne prediceva 72), di cui ecco le principali:

I kharigiti (dissidenti). Sono gli oppositori fanatici all'ascesa di Alì al califfato (fu proprio un kharigita che l'assassinò nel 660); ai nostri giorni questa setta, che fu una specie di terza forza fra i sunniti e gli sciiti nel VII secolo, è quasi completamente estinta; si trovano alcune comunità kharigite a Zanzibar, in Tunisia (Gerba), e in Algeria (Mzab);

I mutaziliti sono piuttosto dei filosofi influenzati dal neoplatonismo (essi hanno sostenuto la teoria della libertà umana). A loro opposti, i murigiti rappresentano una tendenza fatalistica che vede, nella predestinazione e nella fede, le condizioni necessarie e sufficienti della salvezza individuale;

I wahhabiti. Le sette wahhabite devono il nome a Muhammad Abd-Wahhab, fondatore e principale condottiero. I wahhabiti imposero una interpretazione molto rigida del Corano, all'insegna del più severo monoteismo. Contrari ad ogni modernismo, i seguaci di questa setta proibivano ogni lusso (tabacco, ornamento delle moschee), il culto dei santi ed ogni forma di lassismo morale; spesso portati alla violenza, i wahhabiti arrivano al punto di distruggere monumenti e saccheggiare la tomba di Maometto.

Gli yazidi sono eretici musulmani che si trovano soprattutto nel Kurdistan (regione di Mossul) e in Armenia.

La loro religione è una sintesi di giudeo-crstianesimo e di islamismo: la divinità suprema è immutabile ed inattiva, è un agente creatore di Dio, un demiurgo che ha costruito l'universo. Questo angelo creatore non è altro che Iblis (Satana) che è dunque una potenza benefica (gli yazidi sono stati soprannominati per questo gli adoratori del Diavolo). Gli yazidi venerano particolarmente lo sceicco Adi-ben-Musafir, un mistico morto nel 1155.

Fonti dell'Islam sono: