Un milionesettecentocinquantamila anni fa – corrispondente all’anno 881.000 del TretaYuga ovvero al tardo pliocene – i Fhomori erano stanziati in Lhundhari, l’odierna Antartide.
Centomila anni dopo, probabilmente a causa di variazioni climatiche, guidati da Labhir-atha-vuta si trasferirono nelle Isole Oqhphal – tra i 110°-115° di long. Ovest ed i 10°-12° di latit. Sud -in sostanza a circa 1.500 miglia marine in direzione NNW dall’Isola di Pasqua.
In quella circostanza Labhir si guadagnò il nomignolo di “atha-vuta” – il grande- unico nella storia dei Fhomori a noi nota ad avere tale onore.
(…) né alti né bassi di statura; né chiari né scuri di carnagione” così ci sono stati descritti i Fhomori. Ma chi erano mai?“Fhomor” significa ‘federazione’ e “Fhomori” significa:
Quindi: “quelli della lingua” “la stirpe” “i federati”.
Tenendo conto del luogo geografico di provenienza sono chiamati anche Lhundhar e Lhundhari la loro terra natale.
Partirono dall’Antartide – dal Mar di Weddel – e in Antartide tornarono quando - nel 4.713 antecristo - un maremoto, accompagnato da violente eruzioni vulcaniche, devastò le Isole Oqhphal provocandone l’inabissamento.
L’unica cosa rimastaci è la lingua di questo popolo.
La lingua Lhundhariana è una lingua agglutinante – in ciò simile all’Eskimese - la medesima parola -a secondo della posizione occupata nella frase - può essere verbo, sostantivo, aggettivo.
La coniugazione verbale è incentrata sul climax:
ZGH –radicale- zigh –radicale vocalizzato in “i”-
Il radicale vocalizzato svolge funzione di declinazione generica:
zigh ----- fermare, camminare, passeggiare, correre, scappare è utilizzato in situazioni o di scarsa importanza o di forte turbamento emotivo.
Vi sono poi due ulteriori coniugazioni. Una in “apprezzamento” – urg – ed una in “deprezzamento” – gru-.
Si presume che il lhundhariano derivi da una lingua madre costituita da soli verbi.
Ciò lascia ipotizzare un tipo d’esistenza volta all’immediato senza porre distinzione tra corpo e mente.
La distinzione tra genere maschile e femminile non era necessaria ed era fatta soltanto quando si voleva accentuare tale concetto.
Ciò è mantenuto anche nei nomi di persona. Ad esempio non sappiamo se Labhir-atha-vuta fosse uomo o donna. Gli unici ruoli dichiaratamente sessuati nella società Fhomori sono quelli di ‘kroni’ e ‘fhosfhoreia’ – l’uno uomo e l’altro donna – incarnanti i princìpi lunare e solare.
Le credenze religiose vertevano su di un culto stellare incentrato nell’identificazione dell’uomo con le stelle. Credevano che gli esseri umani – così come gli animali, le piante, i minerali e le sostanze gassose – non fossero altro che l’incarnazione delle stelle in cui si sarebbero tornati a trasformare alla fine del loro peculiare ciclo biologico. Non esistevano cimiteri né riti funebri propriamente detti. I cadaveri erano esposti nudi su torri di legno e lasciati in pasto agli avvoltoi. Un’analoga tradizione si riscontra presso i seguaci della religione avestica dove le torri sono chiamate ‘torri del silenzio’. In alternativa i cadaveri erano calati in mare aperto.
Le ‘tombe’ fhomori altro non sono che cenotafi dove erano posti oggetti e della persona meritevole di commemorazione. Poteva trattarsi anche di ossa successivamente recuperate.
Una stella che brillava in cielo accompagnava sempre i fhomori. Labhir-atha-vuta è identificato con la stella ‘Surhay’ [Canopus – cost. della nave Argo]. In alcune iscrizioni Labhir è indicato come Surhay a significare
il testo è posteriore alla sua morte e che l’estensore voleva evocarne anche lo spirito immortale. I Lhundhariani non temevano la morte. Ciò giocò a loro favore nei momenti di maggior crisi come durante l’occupazione Pherqhaliana.
I Fhomori riuscirono a sbaragliare l’esercito ritenuto il più potente del mondo usando opportune tecniche di guerriglia. In ciò rivestirono notevole importanza anche le ‘invincibili’ spade fhomori. Una particolarità del lhundhariano è di poter fare di un’intera frase un verbo.
Se un Fhomor dovesse dire ‘stai attento. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino’ direbbe: gatta-lardo-zampinare tu, pericolo!’ e se dovesse dire ‘ ora e sempre resistenza’ direbbe: ‘resistenziammo, resistenziamo, resistenzieremo’ cioè: kheniqeq, kheniq, kheniqer.
Presso i Lhundhar il concetto di parola non era scisso da quello di musica e le singole frasi, al di là delle regole grammaticali, dovevano avere un’aggregazione musicalmente armonica. La struttura che privilegia la prima posizione come luogo della forma verbale restava comunque inalterata: simhashaqarplashagol - il leone non artiglia col compasso (leonecompassare-non sangue). La mancanza del soggetto indica l’indeterminatezza.
Per qualificare il rapporto tra radicale e lemmi derivati era detto che ‘le vocali sono il sentiero su cui corrono i radicali’. Ciò è evidenziato nel carattere di scrittura ‘lophul’ – fonetico – (*) che significa ‘merlo’ perché si ispirava al saltellare del merlo quando non vola. Nei cosiddetti sigilli, invece, si riscontrano tracce di ideogrammi o pittogrammi di cui non si è riusciti ad ottenere un’adeguata decifrazione. Pare siano il relitto una scrittura pittografica antecedente il carattere labuan che è datato fino ad unmilionetrecentomila anni fa.
Siamo quindi di fronte ad una Ur-schrift di una Ur-sprache sconosciuta.
(*) vigevano altri due caratteri di scrittura: il ‘labuan’ – ideografico – ed il carattere ‘cholal’ semplificazione del precedente.
Il carattere labuan era il più antico.
Iscrizione della “stele delle origini”
facciamo riferimento alla ‘stele delle origini’ - scritta in carattere ‘cholal’- quanto segue:
tuthulhundharimharfhetz
fhomorishiufhomori turan-nhon-zuetz.
Questa stele fu rinvenuta nell’isola di Nikumirha e pare si rifaccia a documenti più antichi. La traduzione è la seguente:
Lhundhari (= Antartide) la terra di origine dei Fhomori che provengono da ‘Turan-nhon-zuetz’
(qui sotto riportato)
terra o pianeta del frassino o pianeta ‘nhon’ della stella Sirio.
Non si sa se Turannhonzuetz sia un’espressione figurata di carattere mitologico o allegorico. Vi è in ogni modo una palese incongruenza. Si afferma che i Fhomor sono originari di Lhundhari e che provengono da Turannhon… ciò sarebbe spiegabile se esistesse un’altra Lhundhari da qualche altra parte. Secondo la tesi extraterrestre Lhundhari potrebbe essere un continente del pianeta Nhon se non addirittura un suo satellite… se così fosse dovremmo proprio chiederci: ma che aspetto avranno mai avuto questi Fhomori o Lhundhariani che dir si voglia?
La lingua lhundhariana è permeata da un forte aspetto sacrale. Ogni parola rappresenta una divinità. Spiridion Arkatelos* – lo studioso dei Fhomori – sostiene che “è la stessa lingua delle stelle”. Una sottile indagine permette di disquisire sul termine “stessa” in quanto supponente una similarità ma non un’ugualianza. Non è permessa, quindi, la perfetta sovrapposizione.Pure il concetto di identicità presuppone una sorta di sdoppiamento che finisce per essere “altro”. In ultima analisi la frase si può interpretare nel seguente modo: quella’ lingua di ‘quelle’ stelle…rimandando alla questione delle origini.
(*) Spiridion Arkatelos – autore del saggio ‘i fhomori di Lhundharia’ elaborato sulla scorta del presunto ritrovamento di una biblioteca fhomor nell’isola di Creta.
Turan-nhon-zuetz può essere visto come un acrostico se non una crasi di: TUthu-RhAN-OhiN-hZhU-hEZk che nella traduzione letterale significa “è-onda-aria-forma verbale-adesso” cioè: l’onda d’aria è l’istante che assomiglia alla locuzione italiana cogli l’attimo fuggente. Questa interpretazione può significare che i Lhundhariani sono originari del presente. In altre parole vuol dire che sono sempre esistiti. Quindi si potrebbe asserire che i Lhundhariani si consideravano una popolazione autoctona sorta dall’ambiente in cui vivevano come dalla pianta nasce il frutto. Da ciò risulta evidente il forte legame con l’elemento naturale. La sacralità della lingua ricorda che i suoni sono mantra che scandiscono il ritmo della natura come eterno presente rispondendo così al lontano vociare delle stelle.
I Fhomori erano restii dal vaniloquio e potevano apparire taciturni. L’invenzione della lingua è attribuita ad Ashtarqhduva (o Sehlamqhduva) ‘il dio che sorride’. Un’intera montagna era stata scolpita colle sue fattezze.
Il suo volto megalitico guardava il mare, in lontananza, sorridendo.
L’origine del suono primordiale della lingua Fhomor – il suono seme – non era altro che quello delle onde del mare. Il radicale HHH è detto conservi l’anima della lingua dei Fhomor Lhundharia. Dopo la tripla aspirazione che originò il primo radicale, Ashtarqhduva pronunciò la prima parola HUH – luna – come ci è riportato dalle leggende e miti delle origini.La vita proviene dalla luna. Ciò potrebbe avvalorare la tesi secondo la quale Lhundhari non sarebbe altro che una luna del pianeta Nhon del sistema solare di Sirio (= Turan).
La divaricazione del significato di progetto riferito a ‘huh’ delinea ciò che sta all’origine di ciò che si vuole attuare. Riferito a ‘ekh assume valenze di visione in prospettiva o di qualcosa che ci si aspetta sia chiarito ulteriormente.
Ciò rimarca una volta di più la vicinanza degli astri al vissuto quotidiano di questo popolo.
Dasin e Nisad [una il ribaltamento dell’altra] qualificano la distinzione tra forma astratta e concreta con le rispettive varianti.
Lo stato di malattia [lhta = morte, malattia, brutezza, siccità] intercorre nel normale rapporto tra dasin e nisad. E’ una fattualità risolta in modo dialettico[marxìa]. I Lhundhar credevano nell’origine psicosomatica delle malattie ed agivano nella direzione della mente attraverso la loro prodigiosa Lingua. Gli sciamani erano i detentori di quest’arte. I Fhomori godevano mediamente di una salute di ferro.
Hazad e Dasin offrono l’esempio della sinteticità concettuale della lingua lhundhariana anche se le parole per esprimere 'luna' lasciano pensare ad una triplicità di fondo espressa tra l’altro dall’origine trilittera dei radicali – avvenuta però in epoca tarda coll’avvento del carattere di scrittura ‘lophul’ (alfabetico fonetico) -.
Il numero tredici è il numero sacro per eccellenza. E’ il numero delle lettere dell’alfabeto, dei mesi del calendario lunare arcaico, dei colori, dei giorni dei mesi nel calendario dzhol- 260 giorni: 20 mesi di 13 giorni ciascuno (la luna è visibile in un mese per circa venti giorni) -. Il modo di contare arcaico era vigesimale – base venti - sostituito poi da sistema a base tredici (non è escluso che i due sistemi abbiano convissuto per parecchio tempo).
Il numero 73 era il numero che collegava il calendario solare al calendario venusiano e rappresentava una costante astronomica. Era scritto con la seguente notazione: 3-13 (secondo il sistema vigesimale).
Spiridion Arkatelos sostiene che qui è la chiave del passaggio dal sistema vigesimale a quello a base tredici.
Il calendario fhomor più comunemente usato era quello denominato BHEJ-LAKSH basato sul sistema astronomico terra-luna-venere (Laksh) avente come base il numero 584 – culminazione di Venere -. Erano considerati anche il calendario LHAB basato sui numeri 584 e 260 ed il calendario QHARAQ base: 13 e 584. Anche l’anno lunare di 13 mesi di 28 giorni ciascuno era considerato. Ciò porta ad un ciclo di 40 anni solari pari a 14.609 giorni (un anno solare effettivo = 365,2422 giorni) nel modo seguente: 25 BHEJ (584 x 25 = 14.560 giorni) – uguale a 56 cicli DZHOL (56 x 260 = 14.560 giorni) – uguale a 40 anni lunari (13 x 28 x 40 = 14.560 giorni) allo scadere dei 40 anni lunari venivano aggiunti 40 giorni arrivando così a 14.600 giorni pari a circa 40 anni solari (14.609 giorni). Era tuttavia in vigore un ciclo DZHOL che intercalava 6 giorni ogni sette anni (260 x 7 + 6 = 1.826 giorni che preso otto volte dava la collimazione fatidica con la differenza di un solo giorno (1826 x 8 = 14.608 giorni). Non è noto il motivo di questa ossessione del calendario e quindi del tempo. Pur essendo basato esclusivamente sul conteggio dei giorni – metodo sicuro e facilmente verificabile – le unità di misura prese in considerazione arrivano a considerare cifre di anni molto maggiori del milione e settecentocinquantamila dell’era Fhomor.
Vien da pensare che i Lhundhariani aspirassero al conteggio dell’eternità!
Indubbiamente vi sono connessioni con questo bizzarro modo di conteggiare il tempo e taluni eventi astronomici. Il compimento del 122° KHERN (= 1997.06.20 del calendario gregoriano) ha coinciso coll’avvento della cometa Hale-Bopp [una delle poche ben visibili ad occhio nudo]. Se si esclude la casualità, risulta arduo capire che cosa cercassero di conoscere mediante l’intersezione dei cicli astronomici.
‘Ekh = stella (etc.) scritto in carattere Labuan (in carattere Cholal è invece) mostra come il glifo tenda a raffigurare la posizione di un essere umano a braccia aperte ed a gambe divaricate ossia l’identificazione tra l’Uomo e le stelle – l’assioma della cultura Fhomor -.
Dal radicale HKH successivamente abbiamo:
Khe= corpo, terra, pianeta.
Atuveltakhe = deserto.
Vatavutakhe = monte, montagna, catena montuosa. Vi è ribadito il concetto di reificazione dell’energia stellare che risulta matrice della realtà sia di come la conosciamo che di come la possiamo recepire.
I vocaboli Nhaqhal e Haqhal offrono particolarità interessanti.
>Nhaqhal = indivisibile, indivisibilità, nome dell’isola sacra.
Haqhal= universo, cosmo.
Il radicale di riferimento è HQH (per haqhal) che è lo stesso di ‘qa’ – meno – e di‘aq’ – quello -. Il cosmo è visto come elisione del nome dell’isola sacra ed è considerato come una parte soltanto di ciò che esiste.
La lettera ‘n’ che manca per ottenere l’indivisibile è legata a NHON – frassino - al numero 2, al colore rosso – dothi - a ‘EKH che come direzione rappresenta l’est, a FURD (= pietra preziosa), a RHADI (= maestro), al tatto ed ai concetti di origine-saggezza-forza.
L’universo sensibile risulta essere la punta di un iceberg le cui dimensioni sfuggono ai conteggi ed alle valutazioni delle facoltà umane. E’ l’enunciato della limitatezza dell’essere umano ed al contempo della via per poterla superare: l’isola sacra.
Questo sacro viene qualificato come indivisibile rimandando ad una pratica di collegamento che crea un ponte tra l’Uomo e le mitiche stelle. Questa pratica presso i Lhundhar era chiamata DRIMOBEZORTHALLI cioè: uccisione del sonno.
Dal radicale FRD abbiamo:
Afrodi = passione Frod= argento Frodu= ferro Frodi= rame Frode= mercurio Froda= oro Furd= pietra preziosa Furdu= bitume Furdo= argilla Furdi= arenaria Furde= calcare Furda= marmo Furdoy= ematite Faredu= elektron | Furdyu= ossidiana Furdyo= steatite Furdyi= giada Furdye= ònice Furdya= rubino Furday= alabastro Furdaya= diamante Furdeya= opale Furdyiai= pietra di Paracelso Furdyuia = granito Forod= prezioso Forodyu= zinco Forodyo= stagno Forodye= peltro Forodya= oricalco |
ed anche:
Hafard= fascino da cui il verbo hafard= affascinare, sedurre, plagiare,desiderare, bramare.
Hafardqh= affascinamento da cui il verbo hafardqh=affascinamento dello sguardo – hafardqhu-, della voce – hafardqho-, del gesto – hafardqhi -, del corpo – hafardqhe-, della mente (dasin) – hafardqha -.
La divisione in categorie permette di identificare alcuni vocaboli base:
frod= argento
furd= pietra preziosa
forod= prezioso
ed il legame con afrodi= passione
hafard= affascinare accentuando i concetti di cupidigia ed avidità.
FURDYIAI appartiene al gruppo di ‘furd’ ed al sottogruppo di ‘furday’ (alabastro) ed è tradotto con pietra di Paracelso’ la pietra cercata in Europa, per secoli, dagli Alchimisti - pietra filosofale – non si sa con quale esito.
Per i Lhundhar pare avesse a che fare col ‘prezioso’ – pietra preziosa – e con l’alabastro. Di più non c’è dato sapere e tantomeno sul suo utilizzo.
FORODYA - oricalco – risulta anch’esso avvolto nel mistero. Era noto agli antichi, ma non è stato identificato con nessun metallo o lega moderni.
Dalla lista si desume che il concetto di ‘preziosità’ sia molto relativo e spesso assoggettato a quello di ‘necessità’.
I Fhomori si possono definire creativi sotto molti aspetti. Inventavano un po’ di tutto. Colpa del clima o del loro concetto di tempo libero: MAHAARI (oziare)?
Nel campo della metallurgia avevano approntato leghe metalliche di tutto rispetto che avevano posto le basi dell’invincibilità delle spade fhomor.
Erano in lega RETZAL-FOROD (= lega del pappagallo) la cui composizione ed il processo di lavorazione non ci sono noti. Si sa che queste spade erano magnetizzate. Nei millenni la forma e la lunghezza rimase immutata, probabilmente per mantenere intatti i rapporti ottimali tra lega e manufatto. L’altezza delle spade, dall’elsa alla punta, era di circa due metri – il peso non ci è noto – pare comunque che fossero state molto maneggevoli.
Un’altra lega importante era la ZOLOL-FOROD (= lega dello struzzo) impiegata principalmente nella fabbricazione degli scudi. Quest’ultimi erano di tipo grande e coprivano completamente il corpo del guerriero. Spesso portavano come fregio una tripla stella a sette punte mentre gli spadoni erano istoriati da scritte e formule magiche. La metallurgia fu appannaggio dei Lhundhariani fin dalle origini.
Ci è raccontato che 30.000 anni fa Rhadu-Rhadi impugnò la mitica spada di Labhir-atha-vuta (1.650.000 anni fa) e diede il via alla rivolta contro gli invasori Lemuriani (= Pherqhal) riuscendo a ricacciarli in mare, sconfiggendo così l’esercito più potente del mondo di quei tempi. “(…) khenolutethu-pherqalnhagh-ahlhshoahlh-tuthualphfhomalph-hinhuialphfhomaki (…) ulhtaibhalurratshanhaghegru” ‘[il piccolo drago di Fhomorya] si mangiò pezzo a pezzo l’imponente serpente marino di Pherqhalia…’ – le espressioni del testo originale sono più colorite-
Già all’epoca di Labhir – o Surhay, che dir si voglia – questa tecnica era molto sviluppata se non in piena maturità.
Della cronologia fhomor colpisce un dato: l’ineluttabile lentezza dello scorrimento del tempo. Prima di un evento considerato rilevante trascorrono migliaia se non decine di migliaia di anni.
Cronologia minimale della Storia dei Fhomori di Lhundharia*: (*) poco si sa della storia dei Lhundhar nei primi 100.000 anni, quelli antecedenti l’esodo guidato da Labhir-atha-vuta… |
1.650.000 anni fa 1.500.000 anni fa 1.300.000 anni fa 1.100.000 anni fa 1.000.000 di anni fa 800.000 anni fa 400.000 anni fa 300.000 anni fa 200.000 anni fa 100.000 anni fa 50.000 anni fa 40.000 anni fa 30.000 anni fa 20.000 anni fa 10.000 anni fa 6.700 anni fa [= 4.713 antecristo] | Labhir-atha-vuta guida l’esodo verso le isole OqhphalPartendo dall’odierno mar di Weddel in Antartide. Costituzione della Federazione dei Fhomori. Comparsa del carattere di scrittura definito ‘labuan’. Comparsa del carattere di scrittura definito ‘cholal’ e della Stele delle Origini. Comparsa del carattere di scrittura definito ‘lophul’. I Fhomori scoprono la coltivazione dei cereali e delle piante edibili sotto la guida di Rhuzqhal-Rhadi. I Fhomori addomesticano i primi animali sotto la guida di Demheshtai-Kroni. Primo corpus legis Fhomori inciso su stele in pietra nei caratteri labuan, cholal e luphul – attribuito a Tabbmahaari-atha-fehz. I Fhomor intraprendono esplorazioni e spedizioni navali un po’ ovunque. Famosa la circumnavigazione di Fhomi-at-Ehzqhal. Pehk-bhalur-jinah formula il primo codice di leggi militari riguardanti modo di guerreggiare, comportamenti da tenersi, tecniche di combattimento. Movhi-Rhadienkadeshu compone il poema epico dedicato a Labhir-atha-vuta di cui ci è pervenuto il verso iniziale più qualche altro frammento. Nhail-jinah ristruttura in modo organico tutti i poemi epici in voga tra i fhomor e ne propone una versione scritta facendo erigere una o più steli in carattere cholal nella piazza principale di Purhan. Una copia di queste fu conservata nell’isola di Nhaqhal scritta in carattere lophul su carta ricavata da foglie di palma. Tentativo di invasione di Fhomorya da parte dei Pherqhal [il mitico impero di Mu]. Rhadu-Rhadi guida una feroce guerriglia che porta alla definitiva cacciata dei Pherqhal. Da allora i Fhomor si dettero alla pirateria e si fecero la fama di “ratshagru” [crudelissimi] capaci di ogni efferatezza. Scontri con gli Atlhual (Atlantidei). I Fhomori guidati da Mergho-atha-lluga riescono a confondere i nemici in modo tale che si combatterono tra di loro (questa importante battaglia navale avvenne nei pressi dell’odierna Bimini). E’ la prima volta che fu applicato il ‘Tath-Rhazhuq’ per fini bellici. Patto di alleanza coi Pherqhal ed i Qhundhan (popolazioni dell’Australia) poi esteso ai Pachqhal (oggi definibili come latino-americani) grazie alla mediazione di Vahir-atha-dzholyo. Terremoti e maremoti provocano un tremendo cataclisma che devasta le isole Oqhphal. I superstiti guidati da Saberyu-atha-talasitalas intraprendono l’esodo verso Lhundhari. |
Dopo il cataclisma dei Fhomor si perde ogni segno visibile. Saltuariamente affiorano con esili tracce nella storia di altri popoli (o come mito o con eventi in cui compaiono ‘nomi’ riconducibili ai Fhomor).
4.000 anni fa circa, in antiche citazioni egizie e sumere compaiono notizie che fanno pensare ai Fhomori.
1.000 anni fa circa: si ipotizza una probabile parziale trascrizione di testi o documenti Lhundhar da parte di Abdul-al-Hazred (o Azhred) e si rinvengono anche fuggevoli note nei racconti di viaggio di Ibn-Battuta.
40 anni fa circa (intorno all’ anno 1960 dell’era volgare) Spiridion Arkatelos rinviene -nell’isola di Creta- quello che pare trattarsi una biblioteca Fhomor. Non ne divulga la notizia ma svolge accurati studi che culmineranno nel volume
‘I Fhomori di Lhundharia’.
Importantissimi reperti di origine arcaica riguardanti i Lhundhar si possono tuttora rinvenire nell’isola di Ross (ritenuta isola sacra speculare a Nhaqhal) ed in svariate regioni dell’Antartide [che notoriamente custodisce assai bene i propri segreti].Da un’analisi dei personaggi risulta quanto segue:
I nomi, spogliati dei titoli onorifici e dei ptronimici, risultano essere: Labhir, Rhuzqhal, Demheshtai, Tabbmahaari, Fhomi, Pehkbhalur, Mhovi, Nhail, Rhadu, Mergho, Vahir, Saberyu, a cui vanno aggiunti Labuan, Cholal e Lophul – gli inventori degli omonimi caratteri di scrittura includibili nella categoria dei letterati e studiosi-.
Da questo compendio di nomi Lhundhar – tenendo sempre presente che possono appartenere sia ad uomini che a donne – si possono suddividere in diverse categorie.
Nomi legati ad animali: Labhir – toro –, Lophul – merlo -, Bhalur – drago -;
Nomi legati a miti: Rhuzqhal – animale mitologico non identificato –
Nomi legati ad attività o mestieri: Demeshtai, Tabbmahaari, Pehk, Nhail, Rhadu;
nomi di città: Mergho;
situazioni o qualità: Fhomi, Movhi, Vahir, Labuan, Cholal, Saberyu.
La frequenza delle attività è la seguente:
letterati e studiosi, navigatori ed esploratori, militari e strateghi, giuristi, poeti, allevatori ed agricoltori.
Non vi figurano: pescatori, ingegneri, matematici, cacciatori etc. sebbene fossero attività molto praticate come pure l’architetto, il fabbro, il fonditore etc.
Alcune attività si equivalevano come ad es. agricoltore-pescatore-allevatore, militare-cacciatore-stratega, (ingegnere-architetto-matematico) navigatore-esploratore-sciamano fabbro-ceramista-tecnico metallurgico, inventore-poeta –letterato-artista-bardo e così via.
Le città della Federazione erano ventuno – da cui uno dei simboli di Fhomorya la triplice stella a sette punte -: Lumar, Shaqar, Azlan, Mergho, Marghor, Nikumirha, Tithan, Vensab, Ghomar, Bathang, Nunaghoray, Shabdo, Rhan, Keghesh, Merven, Shagol, Labh ir, Lunsab, Meqb, Purhan, Dazhal.
L’etimo di buona parte dei nomi non ci è noto.
Il nome delle Isole Oqhphal era: Nhaqhal (l’isola sacra), Fhomqhal, Nunaghoray, Nikumirha a cui si deve aggiungere Fhomkyezhaqurtalaskhe – la spiaggia delle pietre parlanti – luogo di probabile origine magica [da alcuni indicato come luogo ideale se non addirittura onirico].
Tra i nomi di cui non ci è noto il significato ricordiamo: i nomi delle unità di misura e dei calendari, il nome delle ore diurne e notturne, molti toponimi geografici.
I nomi dei mesi e dei giorni del calendario Dzhol di 260 giorni – quello di uso più comune – sono invece noti:
Uhapal- aquila-, Brhen – corvo -, Hauant – gazza -, Azlan – elefante -, Ekhos – cavallo o cammello -,Zaqhat – caribù-, Habantha – condor-, Pipal – gufo -,Lukh – cornacchia -, Qhun – scimmia-, Athaku – giraffa-, Labhir – toro -, Athan – civetta -, Opohlen – cigno -, Retzal – pappagallo-, Tithan – delfino -, Missi – gatto-, Lhamu – volpe-, Bhalur – drago-, Fhopsal (o Fhopsel) aquila-pavone [animale totem dei Fhomor], Simha – leone-, Biharn – orso bruno -, Nhol – attrezzo- ,Muhal – tigre-, Nanuk – orso bianco -, Gharuf – chiurlo-, Qhizhan – gallo-, Masud –ghiaccio-, Furdoy – ematite-, Azisha – erbe o frutta-, Tithal – grano-,Ohinsho – moto del vento-, Rhudr – lampo-, Rhan – onda-, Rilq – liquido-, Qharteq – pianeta Marte-, Syghil – fulmine-, Qton –grotta-, Qhadur – bastone- [questi ultimi sette nomi sono quelli degli anni Dzhol al cui termine venivano aggiunti i giorni Pthan – ulivo od olio-, Habantha (?), Furdyiai – pietra di Paracelso-, Dhir – quercia-, Faredu –elektron-, Ashtar – colomba bianca-].
Il mese di soli sei giorni posto alla fine di un ciclo di sette anni Dzhol – che preso otto volte dava la collimazione coll’anno solare tropico – era cosiderato il più sacro di tutti i mesi ed era chiamato Rhuzhqal.
1 alph | 4 kirb | 6 karbalph | 8 karbalpha | 10 kurbalph | 12 kurbalpha |
2 alphu | 5 karb | 7 karbalphu | 9 kurb | 11 kurbalphu | 0 khuq |
3 alpha |
nella sequenza dei 13 caratteri numerici fhomor notiamo la particolarità:
0 khuq, 4 kirb, 5 kharb, 9 khurb, 1 alph, 13 khuq-alph (ovviamente annotato come 10), 169 huq-alph (cento- nella notazione fhomor), 2.197 qhalp (mille- nella notazione a base 13). Cento veniva anche annotato ‘uno-zero-2’ mille ‘uno-zero-3’ etc. anticamente 1 era ‘alph’ 2 ‘alph-alph’ 3 ‘alph-alph-alph’ più di tre si diceva ‘kirby’ ciò si riscontra ancora nei modi di dire.
Analizzando più accuratamente i fatti riportati dalla scarna cronologia Lhundhariana risultano alcune evidenze:
a) la costituzione della Federazione (150.000 anni dopo Labhir) induce a pensare che vi siano state frequenti guerre o dispute di rilievo. La conclusione di un patto federativo - da cui i Lhundhar avevano tratto il loro nome ‘ i federati’ (fhomor)- pare fosse stato il consono epilogo;
b) questo evento precede i tre caratteri della scrittura. Ciò presuppone una tradizione orale tenuta in vita dalle ‘fhosfhoreya ’ e dai ‘kroni’ – gli sciamani – coadiuvati dai ‘nhail’ – bardi o artisti – a meno chè non fossero in vigore notazioni più antiche (pittogrammi?) come i ‘sigilli’ possono far pensare. Non si sa perché – se quacolsa del genere è mai realmente esistito – non ne sia stata riportata traccia alcuna;
c) agricoltura e pastorizia appaiono eccezionalmente tardi – dopo 950.000 anni di storia -. Per quanto riguarda l’addomesticamento degli animali il nome di riferimento ‘Demeshtai-Kroni’ risulta legato a pratiche magiche. Da ciò si evince che per ben 950.000 anni i Fhomor sono vissuti di caccia, pesca e raccolta di frutti connotando un tipo di vita agreste e semiselvaggia;
d)solo dopo 1.250.000 anni compare un codice di leggi scritto. Quindi la consuetudine – dromi = legge, costume, usanza – era la norma sicuramente messa in crisi da periodi di decadenza o nichilismo che forse portarono ad obliare gli usi locali. Potremmo definire questo periodo come 2° periodo di transizione (numerando come 1° quello che portò alla proclamazione della ‘federazione’);
e)dopo la 2a transizione abbiamo la novità dell’impresa marinara di Fhomi e dei grandi viaggi – 200.000 anni fa -. [fino a quell’epoca si può desumere che i Lhundhar siano vissuti in uno splendido isolamento che però aveva portato la loro civiltà ad un collasso quasi totale];
f) con l’era di Mhovi e di Nhail si ha probabilmente una sorta di età dell’oro dove prevalgono le arti –circa 20.000 anni fa scatenando gli appetiti dei vicini Pherqhal (il mitico impero di MU);
g) Pherqhalia invade Fhomorya. Rhadu-Rhadi – ‘ il maestro dei maestri’ - guida la lotta per ricacciare gli invasori in mare. Impugna la spada che fu di Labhir ‘Surhay’ – che aveva pressappoco 1.620.000 anni…a meno chè non si voglia intendere la locuzione in senso allegorico – e porta a termine la guerra con successo. I Fhomor, per difendere la loro libertà e per scoraggiare ulteriori tentativi di invasione, diventano ‘pirati’ e si fanno la fama di ‘ratshagru’ [crudelissimi] capaci di ogni efferatezza;
h) dopo circa 10.000 anni è il turno degli Atlual (gli Atalntidi) ad infastidire pericolosamente i Lhundhar. Questa volta non si lasciano cogliere impreparati e distruggono letteralmente la flotta atlantide nei pressi dell’odierna isola di Bimini nelle odierne Bahamas) usando una tecnica di combattimento definita ‘magica’ che fece sì che il nemico, confuso da ignoti rumori e dal calare di un’insolita nebbia, scatenasse una furiosa battaglia contro sé stesso. In pratica la flotta atlantide si autoaffondò. Il nome di questo immarcescente stratega è Mergho-atha-lluga [Mergho l’abilissimo]. Anche se i Lhundhar avrebbero potuto aspirare ad una sorta di talassocrazia non ci tennero né vi tesero mai. I Fhomori di Lhundharia, pur mostrandosi quasi sempre con aspetto bellicoso, non oppressero né dominarono mai alcun popolo ritenendo ciò ‘sazad’ – ignoranza-;
i)si batterono per lungo tempo a favore di un’alleanza con gli ‘odiati’ Pherqhal, i Qhundhan (popolazioni dell’Australia), iPachqhal (popolazioni delle americhe centro-meridionali), in funzione anti-atlantidea. Ciò avveniva circa 10.000 anni fa ed il grande mediatore fu Vahir-atha-dzholyo (Vahir il misuratore). Non sappiamo però se riuscì nel suo intento.
j) 4.713 antecristo: un formidabile cataclisma seguito da eruzioni vulcaniche devasta le isole Oqhphal. I superstiti (dopo quasi 1.660.000 anni) decidono di tornare a Lhundhari facendo calare una pesante cortina di silenzio sull’operato dei Fhomor. Da allora nessuno è stato finora in grado di ricostruirne la più labile traccia.
L’uso di prefissi quali ‘atha’ e suffissi come ‘jinah’ oppure l’attributo ‘rhadi’ ci raccontano anch’essi qualcosa della storia dei Fhomori.
‘Atha’ può anche essere abbreviato in ‘at’ ed assomiglia pressapoco al nobiliare ‘de’.
‘Jinah’ significa ‘vittorioso’ e pare svolgesse la stessa funzione di ‘atha’.
‘Rhadi’ significa ‘maestro’ e ricorre pure in tempi arcaici.
‘Atha’ è il prefisso più arcaico.
Quando i Fhomor si stanziarono nelle isole Oqhphal si distribuirono sulle isole maggiori: Fhomqhal, Nikumirha, Nunaghoray. Nel tempo ciò provocò leggere differenze linguistiche sostituendo il vecchio ‘atha’- già diventato ‘at’ - con sinonimi ritenuti più eleganti o più consoni.
‘Jinah’ ricorreva più frequentemente a Nunaghoray mentre ‘Rhadi’ era tipico di Nikumirha. Fhomqhal, forse a causa della concomitanza con Nhaqhal – l’isola sacra – mantenne sempre quasi inalterate le forme più arcaiche.
Indicativo risulta essere l’enigma dei ‘sigilli’.
Erano corpi fatti del materiale più svariato dal verso piatto e dal recto ricurvo od in forte rilievo. Mostrano pittogrammi della foggia più svariata. Tendono spesso all’ideogramma puro. In buona parte sono intraducibili. Ogni Lhundhar ne possedeva uno. Pare che il sigillo difficilmente fosse mostrato anche se, in prevalenza, era portato al collo.
Una teoria, accettata anche da Abdul-al-azrhed, sostiene che essi contenessero il nome magico della persona a cui appartenevano.
Alcuni sigilli in carattere lophul testimoniano che riportassero nomi e non elementi decorativi. Ritorna coi ‘sigilli’ la teoria di una Ur-sprache risalente agli albori della storia o, come avrebbero detto i Fhomor, ai tempi in cui la terra era giovane.
Questi oggetti - così preziosi - dovevano necessariamente essere portati addosso perché i Lhundhar erano proprietari soltanto di ciò che potevano portare sul proprio corpo.
Il forte sentito relativo all’aspetto tellurico dell’esistenza è evidenziato dal radicale QTN da cui derivano:
qton= grotta
qtoni= vulcano
qtonyu= continente
qtonyo= penisola
qtonyi= istmo
qtonye= isola
qtonya= atollo
dazas-qtoni-dazas > dicevano i Fhomor: la verità è scritta sulla facciata delle montagne.
In dettaglio: verità-vulcano-verità. Evidentemente per i Lhundhar il termine ‘vulcano’ è legato al concetto di ‘grotta’ lasciando probabilmente intendere che in origine Qton altro non era che il nome di una divinità della terra. Ne consegue una possibile funzione oracolare (binomio grotta-vulcano).
Un’altra interpretazione approda al concetto di ‘verità’ come una valenza ‘bruciante’ (la grotta magmatica) quindi anche connessa alle idee di mistero, fluidità, incomprimibilità ed inelluttabilità. Le isole Oqhphal furono distrutte dall’eruzione dei vulcani Thobo-qtoni e Nghal-qtoni – il primo nell’isola di Fhomqhal ed il secondo in quella di Nikumirha – prarafrasando l’evento in chiave Lhundhariana si può affermare che i Fhomori furono travolti da una verità più grande di loro.
Ciò può spiegare il ritorno nell’ombra dei Fhomor poichè il mondo dei presagi impregnava, a volte in modo determinante, la loro cultura. Un esempio è lo stendardo di Fhomi (il navigatore ed esploratore forse più importante dopo ‘Surhay’).
Era un lungo e grosso nastro composto da tre bande verticali di tessuto arancio-bianco-rosso. Il rapporto in ampiezza era 3-8-2, numeri legati a dothay-ashtar-dothi [arancio-bianco-rosso appunto]. La somma delle cifre da’ tredici, il numero sacro equiparato allo zero (colore nero) legato ai concetti di notte-libertà-conoscenza ed a quello di ‘parola’ (= fhom), lo stesso nome di Fhomi. Il numero zero è anche legato alla lettera B, al punto cardinale Nord (= Thadug – filo a piombo-), a Thizal (vetro-cristallo-diamante), a Fhosfhoreya (la sciamana).
I numeri 3-8-2 sono legati a shaqar-ishvai-‘ekh [squadra/ovest, corno/attraverso, stella/est].
Ovest attraverso est. La rotta di navigazione di Fhomi era: partire da est ed arrivare al punto di partenza da ovest – una circumnavigazione -.
Le tre cifre indicano anche una data del calendario dzhol: 3° anno (Rilq) 8° mese (Pipal) 2° giorno (Biharn). Anno del liquido, mese del gufo , giorno dell’orso bruno. Sicuramente Fhomi avrà rispettato quella data.
I tre colori sono pure associati a ‘prezioso-arenaria-pietra preziosa’. In questi tre termini si può individuare lo scopo commerciale della missione.La disamina può essere ulteriormente protratta. Ogni colore è suscettibile di otto diverse interpretazioni. Un sinonimo di sciamano era ‘colui che coniuga i colori’ – come se il colore ‘doth’ fosse un verbo (hzhu). La cromomanzia presso i Fhomori era considerata scienza. Da essa promanava gran parte della conoscenza da cui pare avessero tratto lo
dzhol-alph-atha-dhash (il calcolo megadimensionale) che era una disciplina legata alla matematica, alla fisica e forse alla cibernetica. Questa tecnica permetteva di destrutturare o ristrutturare le molecole componenti le sostanze sia inerti che organiche. I Fhomor asserivano che questa loro conoscenza era giunta dalle Stelle.
‘né alti né bassi di statura, né chiari né scuri di carnagione, né civili né barbari, né tanti né pochi di numero’ [citazione da Abdul-al-Azrhed a proposito dei Lhundhar]
L’associazione alfabeto-numero-colore è alla base del mondo magico in quanto anche legata ad uno dei calendari più comunemente usati.
I caratteri presi in considerazione sono quelli ‘lophul’ che hanno uno stretto legame col mondo arboreo.
B - bath (betulla) – n° zero – col. Dothu (nero) – direz. Thadug (nord) – correl. Filo a piombo – pietra o minerale: tizhal (vetro, cristallo, diamante) – figura: fhosfhoreia (sacerdotessa, sibilla) – n° ord. 1°.[il numero zero era considerato molto importante perché equivalente al numero sacro tredici].
L - llus (sorbo selvatico) – n° uno – col. Dotho (viola) – direz. Tzevan (sud) – correl. Squadra – pietra o minerale: frod (argento) – figura: kroni (mago, sciamano, veggente) – n°ord. 2°.
N - nhon (frassino) – n° due – col. Dothi (rosso) – direz. ‘ekh (est) – correl. Stella – pietra o min. furd (pietra preziosa) – figura : rhadi (comandante) – n° ord. 3°.
F - fharn (ontano) – n° tre – col. Dothay (arancio) – direz.
Shaqar (ovest) – correl. Compasso – pietra o min. forod (prezioso) – fig. lluga (abilità, tecnica, valentìa) – n°ord. 4°.
S shail (salice) – n° quattro – col. Dothey (giallo) – direz.
Purhan (centro) – correl. Palazzo – pietra o min. faredu (elektron) – fig. arhul (remo od anche marinaio) – n°ord. 5°.
H hueth (biancospino) – n° cinque – col. Dothe (verde) – dir. Rhanpu (sopra) – corr. Capanna - pietra o min. furdye (ònice) – fig. bhazhqal (stilo opp. Scrivano) n ° ord. 6°.
D dhir (quercia) – n° sei – col. Dotha (azzurro) – direz. nahrup (sotto) – correl. Tenda – pietra o min. forodya (oricalco)- fig. vhazaq (tazza opp. c olui o colei che offre da bere) n°ord. 7°.
[era uso presso i Lhundhar designare le persone con un oggetto proprio della mansione ricoperta. Si diceva ‘remo’ per ‘ marinaio’ oppure ‘tazza’ per colui che offre da bere etc. anche se in nessun caso ciò poteva sostituire il nome proprio.]
T - thin (agrifoglio) - n° 7 - col. Udoth (marrone) - direz. Oshvai (per, verso, direzione) - corr. Osso - pietra o min. furodyi (bronzo) - fig. qhadur (bastone, viandante, viaggiatore, pellegrino) - n° ord. 8°.
C - qhol (nocciolo) – n° 8 – col. Ashtar (bianco) – direz. Ishvai (attraverso) – correl. Corno – pietra o min. furdi (arenaria) – figura: drhaq (mortaio, colui o colei che tritura le erbe medicinali o prepara i cibi) – n° ord. 9°.
M - mhun (vite) – n° 9 – col. Dothu-dotho (nero-viola) – direz. Efqhal (avanti) – correl. Unità di misura o di peso – pietra o min. furdyiai (pietra di Parcelso o pietra filosofale) – fig. drhaqul (pestello, colui o colei che presiedeva alla preparazione delle pozioni o dei cibi) – n° ord. 10°.
G - ghort (edera) – n° 10 – col. Dothi-dothe (rosso-verde) – direz. Afval (dietro) – correl. Pietra da macina – pietra o min. froda (oro) – fig. thabit (focolare, colui o colei che presiede all’accensione del fuoco o al suo mantenimento) - n° ord 11°.
NG - zhetal (giunco) – n° 11 – col. Dotha-dothi (azzurro-rosso) – direz. Qetuth (passato) – correl. Aratro – pietra o min. furdyi (giada) – fig. athula (vela, colui o colei che conosce i venti) – n° ord. 12°.
R - rhis (sambuco) – n° 12 – col. Dothu-udoth (marrone-nero) – direz. Retuth (futuro) – correl. Silos - pietra o min. furdo (argilla) – fig. ruath (rete o ragnatela, pescatore, colui o colei che prepara trappole) – n° ord. 13°.
Le specificazioni sono otto come le coniugazioni verbali. Per questo motivo lo sciamano, la sciamana od il veggente erano anche chiamati hzhudothqai (colui o colei che coniuga i colori).
I colori costituivano l’elemento traente del dipanarsi dei cicli vitali e cosmici (huah). La data 3° lhop 122° khern 1° bhej 523° jhuq [abbreviata in: 3.122.1.523 equivalente alla data gregoriana 2000.07.01] comunemente scritta nel ‘modo relativo’ (5) syghil (6) zaqhat – biharn (2) [trascrivibile anche: 5.6.2 oppure syghil-zaqhat-biharn] fulmine cinque – caribù sei – orso bruno due - poteva essere interpretata nel seguente modo:
‘il forte caribù che corre come un fulmine’ l’auspicio era propizio per le azioni concrete purché si agisse energicamente e con rapidità. 5-6-2…colori propizi: verde-azzurro-rosso – e di seguito: sopra-sotto-est [approfondire ad oriente = iniziare la mattina presto] indi: capanna-tenda-stella [lasciare la consuetudine per le proprie aspirazioni] onde: onice-oricalco-pietra preziosa [far tesoro delle proprie esperienze] per cui : bhazhqal (scrivano) – vhazaq (tazza, colui o colei che offre da bere) – kroni (mago, sciamano, veggente) [essere correttamente informati è una forma di magia] quindi: 5 + 6 + 2= 13…la giornata sarà fortemente auspiciosa.
Si poteva passare da un oracolo per le cose spicciole ad uno più trascendentale ricorrendo alla sequenza cromatica nel seguente modo:
Quindi ‘verde-azzurro-rosso’ ovvero: genitalità-sensibilità-tatto [calarsi completamente nel mondo della materia esprimendovi la propria carica vitale] H biancospino – D quercia – N frassino ovvero: H-D-N sono le lettere magiche ricorrenti nei nomi o nei soprannomi delle persone o cose importanti.
Nuovo-viviscenza-vegetazione/acqua, mare, morte e rinascita/tramonto, tempo prima dell’alba [essere pronti ad un profondo cambiamento spirituale nella propria vita].
Biancospino-quercia-frassino sono le piante che avrebbero potuto curare la persona in caso di malattia (infusi, decotti, tisane etc.) indicano anche le stagioni od i mesi migliori per la carica vitale, il magnetismo etc. In questo modo l’oracolo era completo. Presso i Fhomor vigeva la credenza che il nome degli esseri – sia viventi sia inanimati – ne qualificasse l’essenza in chiave sonora [la frequenza d’onda in cui vibrava]. Ecco alcuni esempi relativi agli animali:
Una curiosità: cammello e cavallo hanno lo stesso nome mentre vi sono due vocaboli diversi per definire ‘uccello’. Vi è pure notizia di un animale non identificato: il rhuzhqal.
La radice RZQ lascia pensare ad una valenza magica. Probabilmente è collegato all’animale totem: il fhopsal.
I Lhundar usavano i modi di dire in gran quantità. Sovente erano trasformati in forme verbali mettendoli all’inizio della frase e coniugandoli come verbi a tutti gli effetti. Eccone alcuni:
[*]
si racconta che questo modo di dire risalga a Rhadu-Rhadi al tempo dell’occupazione Perqhaliana. Rhadu lo utilizzò, ripetendolo circa una trentina di volte, nel discorso col quale avrebbe dovuto formalmente accettare le esose richieste degli occupanti. Usò questa locuzione in modo tale che trasformò il discorso della resa – scritto dai Perqhaliani – nel ‘proclama della rivolta’ che lo rese poi famoso.
Dall’adozione di questo artificio si evince la pesantezza dell’occupazione per i Fhomor.
Secondo le cognizioni astronomiche lhundhariane il sistema solare è così composto:
Laghu/Mercurio Qharteq/Marte Laqhsh/Venere Zuetz/Terra Qhalay/Giove Thadhag/Saturno Thalal/Urano Ktanghar/Nettuno Khuber/Plutone Yuggoth/? Yathot/? Sahin/Luna Samhs/Sole.
La presenza della Terra tra i corpi celesti sicuramente risale al fatto che per i Fhomor l’uomo – e tutta la creazione con lui – non era altro che la reificazione dell’energia stellare.
Il concetto di ‘satellite’ non figura né nella terminologia astronomica né nella lingua dei Fhomori. Yuggoth e Yathot sono corpi celesti sconosciuti, anche se di pertinenza del sistema solare.
Che dire poi di Urano, Nettuno e Plutone – corpi celesti non visibili ad occhio nudo - poiché i Lhundhar non possedevano strumenti ottici di osservazione?
Una soluzione è offerta dal termine ‘vedere’ lamhsche nella quinta forma lamhsasignifica ‘avere visioni’.Si può anche considerare un altro vocabolo correlato: lamahs che significa ‘spirito guardiano’.
In che rapporto stiano tra di loro questi tre elementi non ci è noto. Ci sono noti, invece, i nomi di alcune stelle e costellazioni.
Surhay/Canopus (la stella più splendente della Costellazione della Nave – detta anche Argo – è una costellazione dell’emisfero meridionale) Turan/Sirio (la stella più splendente del firmamento - cost. Canis Major) Xafan/Altair (stella della cost. dell’Aquila) Balbhur/alfa Draconis (stella della costellazione del Drago – emisfero settentrionale) Mahir/Orione (costellazione vicina al Canis Major) – da cui deriva il termine ‘bussola’ mahiryu-.
In conclusione non si riesce a capire l’origine della conoscenza astronomica dei Fhomor.
L’unica cosa nota è la distinzione tra ‘ekh/stella e la sua contrapposizione khe/terra, suolo.
L’eskaton per i Fhomor di Lhundharia non aveva significato particolarmente pregnante, se inteso in senso stretto.
I Fhomori credevano nella linearità del tempo (=dzhol/misura) che si dipanava da khuq/zero.
Dal radicale KHQ –– abbiamo: khuq, khiq/fede, fiducia ekheq/fato, destino.
Valutando ciò come un triplice legame si evince che nulla può essere senza destino se si ha una implacabile fede nel ‘vuoto’ (zero). Si definiscono in questa fase i contorni del rhazhaq o unione delle tre figure sacre:
rhazhuq/cerchio, magia zhaqur/quadrato, pietra qhuzar/triangolo, mistero.
Rhazhaq significa ‘esagono’ ed è scritto – nella forma enfatica – RHAZHAQH con le tre acca del radicale HHH origine della lingua fhomor. Da ciò emanano i due aspetti sciamanici fondamentali:
il tathrhazhuq ed il tathrhazhaq.
Tath – tradotto molto sbrigativamente – rappresenta la sublimazione della realtà sensibile e percettibile, è una forma verbale che cerca di descrivere ‘ciò che non si può descrivere’.
Il tathrhazhuq mostra i propri effetti nel mondo materiale mentre il tathrhazhaq agisce nella sfera immateriale. Ciò era permesso da un’apposita cerimonia detta DRIMOBEZORTHALLI – o uccisione del sonno -. Equivaleva ad un continuo stato di veglia che culminava nel LAMHSLAMHAS – o visione dello spirito guardiano-.
Questo stato di coscienza portava ad entrare nel magico mondo del NHAQHAL attraverso il mhana-ethmah – traducibile con l’approssimativo ‘forza interiore’-.
Questa esperienza è data dall’ideogramma in carattere labuan - di cui non è nota la pronuncia – che rappresenta graficamente la dissoluzione.
Dopo un periodo soggettivo non ben definito, sempre sorretto dal proprio mhana-ethmah, l’iniziato diventava ufficialmente kroni o fhosfhoreia – sciamano o sciamana - che equivaleva ad aver raggiunto il vertice della conoscenza.
Non sappiamo se i Lhundhar avessero legami di qualche genere con gli ‘Ekhal (= Asteriani) – il popolo definito come inventore dell’Astrologia – anche perché tale materia non è annoverata tra le conoscenze Fhomori (*).
Nulla si sa del criterio usato per la selezione dei candidati tranne quello che dovevano dar prova di una qualche versatilità (**).
Tutto questo portato aveva come effetto di annullare il terrore dei ‘fatti concernenti gli ultimi tempi’ (la dissoluzione del mondo) – o eskaton -.
Non sappiamo come sia stato affrontato concretamente – quando le isole Oqhphal furono cancellate dalla faccia della terra nel 4713 antecedente l’era volgare-. Sappiamo, dalla riproduzione rupestre della ‘stele del cataclisma’, che i sopravvissuti ritornarono a Lhundhari (Antartide) – la terra originariamente abbandonata un milione e passa anni prima – guidati da Saberyu-atha-talasitalas.
(*)
È possibile tuttavia asserire che contatti sporadici siano avvenuti. Si può però – ragionevolmente – pensare che gli ‘Ekhal facessero parte di un relitto della memoria, se non addirittura della fantasia.
(**)
In ciò si potrebbe ipotizzare un labilissimo legame con gli ‘Ekhal… ma mi pare di forzare la mano al caso.
Mito, in Lhundhar, non si dice. Non esiste questa parola. Vi è soltanto una locuzione che significa: I gesti degli Dei o duvazmudhrez perché il gesto del dio corrisponde alla fattualità. Fezavath, però, non significa “fatto” – dato che questa parola pure non esiste – ma piuttosto azione, lavoro, opera. In realtà i Fhomori conoscevano soltanto i gesti degli dei che diventavano azioni, opere. Nella lingua dei Fhomori ogni parola è un dio. Ciò permea il linguaggio di un forte valore sacrale che induce a riflettere prima di parlare. I Lhundhar, o Fhomori, avevano la fama di taciturni. Questa pletora di divinità, tuttavia, non ingenerava terrore nei Fhomori ma bensì la consapevolezza di camminare con gli dei. Questa dimensione sfociava in un quotidiano magico che aveva nel mudhr le sue profonde radici. Pochi sono i nomi delle divinità tramandateci. Resta importante la distinzione in divinità sessuate e divinità asessuate. La divinità il cui nome ricorre più spesso è Sehlambqhduva detta anche Ashtarqhduva– il dio che sorride - il cui volto, scolpito nella roccia [propriamente una intera montagna], guardava il mare. E’ proprio dal suono delle onde del mare che il dio che sorride trasse la lingua Lhundhar.
Il fhom – suono, parola, lingua parlata – ci spiega anche il significato di Fhomor: quelli che parlano la lingua. Da questo concetto di lingua è anche tratto il significato di federati – altro nome dei Lhundhar - poiché una federazione deve essere come una lingua: una associazione organica di elementi.
Nel fhomghamgham [1] è raccontato che Sehlambqhduva insieme a Huhduva – la dea Luna – decisero di mostrare la loro immagine. Fu così che sorsero le prime due creature: Samhs – il sole – e Sahin – la luna-. Samhs e Sahin, però, erano continuamente tristi. Pur godendo dell’intimità di Sehlambqhduva e Huhduva, comprendevano che non avrebbero potuto mai coglierne l’essenza. Questo sentimento di esclusione li portò a chiedere di avere un Phix [2] – clan, tribù, gruppo, famiglia – con cui potersi rapportare a livello paritario. Le divinità soffrirono di ciò in quanto vi vedevano i semi di quello che sarebbe diventato l’allontanamento delle creature dai creatori ponendo le basi dell’amefet [3] che avrebbe apportato dolori e disgrazie ma al contempo il desiderio di ritornare all’intimità primigenia con le divinità.
Con una mudhr appropiata – l’omeopaximudhr [4] - crearono nhaqhal – l’universo non percettibile – e haqhal - l’universo percettibile – offrendo a Samhs e a Sahin di scegliere dove risiedere.
Il Sole e la Luna decisero di risiedere in haqhal ed è per questo motivo che noi, anche oggi, li possiamo vedere. Questo successivo allontanamento preoccupò ulteriormente le divinità che così pensarono:
… lasceremo un segnale affinchè le creature abbiano modo di ricongiungersi a noi. Fecero quindi un’altra mudhr – l’omepaxmudhr [5] - che sarebbe successivamente diventata il fondamento del tathrhazhaqh – la magia iniziatica – che attraverso il thel – sentiero – avrebbe permesso di raggiungere il Nhaqhal e quindi Sehlambqhduva e Huhduva.
Risulta evidente che Il dio che Sorride e la Dea Luna altri non sono che il sole e la luna inquantochè il sorriso di Sehlambqhduva non è altro che la luce del sole del mattino.
Sehlambqhduva e Huhduva non sono poi altro che nomi o epiteti dietro i quali si cela il volto di un’unica divinità il cui vero nome è taciuto.
Questo nome nascosto diventò la molla che spinse gli sciamani – kronie fhosfhoreya – a definire il tathrhazhuqh ed a costituire le forme ed i modi del jhainshujhain cioè il ponte che portava al ponte.
I concetti di bene e male non esistevano affatto presso i Lhundhar e neppure quelli di peccato, senso di colpa, giusto o ingiusto a meno chè non si voglia identificare il thel con il bene e l’allontanamento con il male ma ciò sarebbe un’inutile forzatura.
Il mondo dei Fhomor non era dualista, era allocentrico e polimorfo. L’essere umano era l’estrema propaggine della divinità primigenia senza nome che era la portatrice della luce delle stelle che illuminavano la notte. I Lhundhar credevano che l’uomo fosse una stella reificata il cui destino era quello di tornare ad essere stella di pura luce per segnare il cammino nella notte ad altri uomini. Ciò permane nel saluto augurale Fhomor tuthuof’ekh – è una stella - dove “una” significa esattamente: quello, proprio quello lì indicando in ciò il tangibile destino dell’uomo sia in vita sia in morte. I lhundhar vedevano infatti in Surhay – la stella Canopus – Labhirathavuta, il grande navigatore che unmilioneseicentocinquantamila anni fa guidò l’esodo da Lhundhari – l’Antartide- alle isole Oqhphal – situate approssimativamente a 1500 miglia marine in direzione nord-nordovest dell’attuale Isola di Pasqua.
Se il mito fa pensare alla divinità come qualcosa di lontano la credenza dell’uomo come stella reificata la riavvicina sorprendentemente mostrando una delle principali doti dei Fhomor: la loro capacità di recupero. Basti un esempio soltanto: 1.700.000 anni anni altro non erano se non 3 lhop e 122 khern… una cosetta da nulla quindi!
A volte chiamavano sé stessi jinah – i vittoriosi, gli immortali, gli eterni - suffisso che figura con discreta ricorrenza nei nomi propri di persona [6], ma su cosa avevano mai triofato?
Sappiamo che i Fhomor erano guerrieri, anche se non avevano mai conquistato nulla o fondato alcun impero, abili strateghi, navigatori; sappiamo che amavano il canto e la danza che erano tuttuno con la poesia e la letteratura… ma chi erano mai questi Fhomori?
“Né alti né bassi di statura, né chiari né scuri di carnagione; né tanti né pochi di numero, né civili né barbari” così recita la descrizione fatta da un anonimo viaggiatore [7].
Ma chi erano mai questi Fhomori?
Per dare un phix consono alla natura di Samhs e Sahin, Sehlambqhduva e Huhduva –divinità asessuate- comunicarono a Tuthduvat[8] – divinità sessuata- il loro progetto – ‘ekh-.
Tuthduvat, la dea dalla carnagione scura, con la fezavamudhr –gesto della vitalità- creò tutti gli esseri senzienti –tefemaz-. Dapprima creò il seme hinhuiz (umanità, esseri umani) che come una pianta germinò dando come frutti gli ‘ekhhinhuiz (stelle-uomini) i thahinhuiz (astri-uomini) gli sharhinhuiz (esseri gassosi-uomini) glizahhinnuiz (uomini- minerali) gli azhhinhuiz (uomini-vegetali) gli mharhinhuiz (uomini-animali) ed infine i fhipsihinhuiz (uomini- folletti).
Tuthduvat fu molto soddisfatta di ciò e tutta contenta mostrò glihinhuizez a Samhs e Sahin dicendo loro: ecco il vostro Phix, siatene fieri!> la mudhr per fare ciò fu detta phixmudhr –gesto del clan-.
Samhs e Sahin ringraziarono Tuthduvat con labhurmudhr –gesto della preghiera- insegnando con ciò a tutti glihinhuizez come porsi davanti agli dei. Samhs e Sahin erano ora soddisfatti e contenti di avere un phix con cui comunicare e vivere la propria intimità.
Per chiarire meglio la natura degli dei ricorriamo all’etimologia.
Radicale trilittero DVH. Da questo radicale derivano i seguenti lemmi:
Samhs e Sahin ricevettero da Tuthduvat il compito di rendere più confortevole lo Haqhal, che avevano eletto a loro dimora. Avevano a disposizione la ‘ekhmudhr soltanto che a loro non pareva sufficiente allo scopo. Si rivolsero ai fhipsihinhuiz –uomini folletti- che insieme alle altre creature fluttuavano nello haqhal. Prima di concedere il loro aiuto gli uomini-folletti chiesero a Samhs e Sahin di spiegar loro il perché della distinzione tra divinità sessuate e divinità asessuate. Il Sole e la Luna visibili risposero che l’opera creatrice era più agevole alle divinità sessuate e l’opera emanatrice a quelle asessuate alludendo al fatto che loro stessi non ne erano altro che l’emanazione percettibile.
I folletti non furono soddisfatti della risposta ed usarono la mudhr che gli dei avevano donato loro, la mhanamudhr – gesto della forza- per poter comunicare col nhaqhal. Al cospetto di huhduva posero il loro quesito ottenendo una confacente risposta. Tornati nello haqhal Samhs e Sahin chiesero di comunicare pure a loro la risposta degli dei. Il Mhanamudhr rispose loro in questo modo: suzheksomhaq-jaghadmaqhut [9] ed è da allora che i folletti diventarono completamente muti e si espressero soltanto a gesti. Nonostante ciò aiutarono Samhs e Sahin comunicando loro che “soltanto avvicinandosi alle divinità sessuate” avrebbero potuto realizzare il loro progetto. Fu allora che Sole e Luna scopersero bhazamudhr –gesto della concentrazione- che gli dei avevano nascosto nello haqhal e fondendosi insieme originarono stelle, pianeti, costellazioni come noi le vediamo oggi.
Dapprima sorse Mahir, la costellazione di Orione, che per i Fhomori raffigurava il bhazhqhal -stilo-.
Successivamente sorse Surhay, la stella Canopus, poi Turan – Sirio – poi Xafan, Altair della costellazione dell’aquila, poi Balbhur, alfa draconis, poi i pianeti: Yathoth (sconosciuto), Yuggoth (sconosciuto), Khuber (plutone), Ktanghar (nettuno), Thalal (urano), Thadhag (saturno), Qhalay (giove), Qhartheq (marte), Zuetz (terra), Laqhsh (venere), Laghu (mercurio) ed altre infinite stelle e galassie
Ciò fu reso possibile quando Samhs e Sahin fondendosi insieme sprigionarono la ‘ekhmhudr –gesto delle stelle-.
Il significato di questo mito non è tanto la genesi di stelle e pianeti ma bensì il portato fondamentale che la mudhr di per sé stessa senza la concentrazione è come addormentata. Per questo motivo i Folletti poterono essere ricevuti da Huhduva e per il medesimo motivo Samhs e Sahin trovarono in ciò difficoltà. Sole e Luna, scoperta la concentrazione, diventarono rhadu – maestri - quindi capaci di in comunicare la conoscenza – omeopaxi – a tutti gli esseri senzienti – tefema -.
Solo l’Inaccessibile, però, poteva essere rhadurhadi – maestro dei maestri -. E’ interessante notare come solo un personaggio storico, a noi tramandato, ha avuto o gli è stato dato questo nome.
Si tratta del capo guerriero che riscattò le isole Oqhphal – la terra dei Lhundhar dopo l’esodo guidato da Labhir-atha-vuta – dall’occupazione Pherqhaliana. Il fatto può essere addebitato all’aver considerato questo personaggio storico una srathia (= discesa o avatar o incarnazione) di una lazh – forma – dell’Inaccessibile.
Un giorno Thadugduvab [10] (divinità sessuata maschile) passeggiava in riva al mare sotto mentite spoglie. Coperto soltanto da un dhitar [11] di colore scuro, scalciava oziosamente le onde sul bagnasciuga. Gli si avvicinò una fanciulla che gli chiese chi fosse e dove andasse. Thadugduvab raccolse allora un ciotolo e lo lanciò per aria lasciandolo ricadere perfettamente al suolo davanti ai piedi della ragazza. Sebbene il suo volto fosse ampiamente coperto dal dhitar la fanciulla riconobbe in lui il dio nero, costruttore di cristalli e portatore della conoscenza tratta dal cielo notturno. Bramosa di conoscenza la ragazza pensò velocemente a come convincere il dio a darle un omeopaxishaarya [12]. Lo prese per mano e lo condusse nel qhan – casa – dove abitava.
Lo fece accomodare e gli offerse ciò che di meglio aveva da mangiare: il suo modestissimo pasto. Thadugduvab e visto ciò che provava la fanciulla nel suo cuore, nell’andarsene, la ringraziò salutandola con l’omeopaximudhr – gesto della conoscenza -. In quell’istante il giorno si fece notte, le tenebre si squarciarono e la ragazza vide il destino delle isole Oqhphal. Poi tutto si ricompose e la fanciulla sconvolta si ritrovò tra le mani lo scuro mantello dello sconosciuto. Lì intorno non vi era anima viva tranne lo sciabordio delle onde del mare. Dubitando di sé stessa la fanciulla pensò di essere impazzita ma, calata la notte, il dio nero le apparve in sogno e la istruì su come usare correttamente la conoscenza che il suo cuore aveva serbato.
La ragazza divenne così la prima fhosfhoreya [13]. Fu così che i Fhomori vennero a conoscenza con molto anticipo del loro destino, legato alle isole che abitavano, e decisero di lasciare che la storia compisse il suo corso. Si racconta che Saberyu-atha-talasitalas [14] fosse un lontano discendente della ragazza.
Nonostante i fhomor credessero nella linearità del tempo, pure sapevano che esso si dipanava da zero -khuq – la spirale primordiale matrice del tempo. Lo zero era il numero legato a Thadugduvab: il dio nero che dipanava il tempo avvolgendolo e svolgendolo in un lhilhayu – gioco – senza fine.
I Lhundhar, perciò, sapevano che il cataclisma che avrebbe sconvolto la loro terra sarebbe stato ineluttabile e a nulla sarebbe valso opporsi al fato: la loro storia era già stata scritta.
Thuqhulqhduva era il dio della morte e della distruzione, della vendetta e della siccità, della putrefazione e della trasformazione, della cancellazione e della neogenesi. Era spesso rappresentato come una comune roccia scura con un grosso foro circolare al centro.
Si racconta che un ragazzo, Galalghory, lo sfidò – addirittura – nella corsa. Presto, racconta la leggenda, Galalghory da sfidante divenne sfidato e Thuqhulqhduva gli diede la caccia per ogni dove.
Non vi era luogo che potesse dare asilo a Ghory che subito il terribile dio lo scopriva. Galalghory prese allora la decisione di affrontarlo a viso aperto. Fingendo di fuggire e di farsi prendere si avvinghiò con tutte le sue forze al dio ed iniziò a lottare a corpo a corpo con lui.
Che poteva fare mai un fanciullo nella lotta corpo a corpo col dio della morte?
Thuqhulqhduva riconobbe il coraggio del ragazzo e gli offerse il privilegio della sua divina amicizia.
Galalghory diventò così il primo kroni [15].
Il mito allude ad un probabile rito iniziatico che segnava il passaggio dall’adolescenza allo status di adulto. Si può dedurre che ciò comportasse prove legate al coraggio ed al pericolo della morte.
Lhlhugadhduvab era anche detto Dotheyduva – dio giallo – quindi per sua natura legato all’elektron [16], all’organo del gusto ed all’affascinamento. Fu questo dio che insegnò agli uomini la llugamudhr – gesto dell’abilità- che si concretizzava nell’arte di fondere i metalli, di costruire fortificazioni, nell’arte culinaria e in tutto ciò richiedesse una qualche abilità.
E’ da lui che i Fhomori di Lhundharia appresero il calcolo megadimensionale [17].
Fu il primo dio, se non l’unico, che insegnò una mudhr agli uomini.
Per ciò fu aspramente rimproverato e dovette trascorrere parecchie centinaia di vite tra gli uomini allo scopo di rimediare a quella che era stata unanimemente considerata una grossa imprudenza.
Fu il dio più amato perché divenne noto come Qhamsduva – il dio che conosce a fondo il cuore-.
La sua paredra era Aphasduvat detta anche Dothoduvat –la dea viola- che lo consolò nel forzato esilio condividendo insieme a lui la vita dei comuni uomini.
Aphasduvat era la patrona degli animali feroci e di conseguenza anche dei bathangez [18].
Era la dea dell’amore perché i Fhomori concepivano questo sentimento in modo estremamente passionale. Era la dea del sud. La sua mudhr era la frodmudhr – gesto dell’argento- è con questa mudhr che si valutava l’abilità del Kroni [19].
Su queste divinità molto amate sorsero numerose leggende tali da costituire una vera e propria saga.
Il dio giallo e la dea viola rappresentano la costante presenza del divino nel quotidiano, la vicinanza nella lontananza, il punto dove il cielo bacia la terra.
Aphasduvat era anche detta Ehpalduvat – l’ultima dea- [20].
Dothiduvaqb e Dotheduvart - il dio rosso e la dea verde – sono le divinità patrone delle piante. L’altro nome di queste divinità è rispettivamente:Nhonduvab e Chitzalduvat. Il primo nome significa dio del frassino, il secondo dea del cizal [21].
Il frassino svolgeva per i Fhomori la funzione di albero della vita. Nella stele delle Origini è citata la provenienza da Turan-Nhon-Zuetz: il pianeta della terra del frassino della stella Turan [22].
Cioè i Fhomori sostenevano di provenire dalla “stella dell’albero della vita” rinfocolando con ciò la credenza nell’ avere una filiazione diretta con queste divinità.
In quanto divinità sessuate, dire di discendere dal dio rosso equivaleva anche a dire di discendere dalla dea verde.
La dea verde – patrona di tutte le piante – è anche l’ispiratrice del carattere di scrittura lophul dove ad ogni simbolo alfabetico corrisponde una pianta.
Il significato del colore rosso-verde è legato a ghort – edera- ad afval –dietro- a froda –oro – a thabit -focolare-, all’anima increata, a nutrimento, sviluppo ed alla figura dell’esagono.
Quest’ultima è la figura sacra per eccellenza perché racchiude in sé altre figure sacre [23] corrispondenti ai significati di “magia-pietra-mistero”: gli elementi costitutivi del cosmo [24].
Per questi motivi i Lhundhar si ascrivevano al phix degli ‘ekhhinuiz [25].
La parola per esagono è rhazhaqh. Ciò fa convergere l’origine (la lettera “q” nel nome del dio è la desinenza del passato) nel futuro (desinenza “r” nel nome della dea).
Il destino dei Fhomori era scritto.
Nel mito dell’invenzione della lingua da parte del Dio che Sorride è detto gli uomini si erano indeboliti e non erano più capaci di parlare la lingua degli dei. Ritornando al mito del dio rosso e della dea verde correlato a quello della creazione del cosmo si nota un particolare curioso.
Gli esseri umani (Uomini–Stella) che discendono quindi da Tuthduvat – la dea del seme - finiscono per discendere da Lhlhugadhduvab – dio dell’affascinamento -. Ancor meglio: finiscono per avere una doppia genitura pagata con un successivo indebolimento.
I Fhomori spiegavano ciò col seguente mito:
Si racconta che gli dei, riuniti nel Nhaqhal, si resero conto che occorreva qualcuno che unisse rhanpu – il sopra- con nahrup –il sotto- in modo che il mhana potesse fluire costantemente tra Nhaqhal e Haqhal.
Fu deciso che ciò sarebbe spettato agli esseri dello Haqhal perché sarebbero stati coloro che ne avrebbero tratto i maggiori vantaggi. Convocarono allora tutti gli hinhuizez chiedendo loro chi si sarebbe sacrificato per tutti gli altri, perché lo sforzo impiegato in questa opera avrebbe reso la propria stirpe effimera.
Nessuno osò farsi avanti, anzi presi dallo sgomento, istintivamente indietreggiarono tutti di un passo tranne gli Uomini-Stella che rimasero al loro posto.
Gli dei notarono l’accadimento e così disposero l’ekheq – fato, destino- ha deciso per voi: toccherà agli ‘ekhhinhuiz (di fatto: agli esseri umani) adempiere questo compito.
Ecco perché l’uomo si indebolì ed ecco perché Kroni e Ffhosfhoreya [26] hanno una forza così grande: loro in effetti sono i più saggi tra gli uomini.
Questo mito ci delinea come i Lhundhar vivessero la duplice natura dell’uomo [27].
Questa duplicità – spaccatura – era un indebolimento sanabile soltanto col mhana: la forza che regge ogni cosa. Solo il Mhana avrebbe potuto riavvicinarli “all’Inaccessibile”, al Nhaqhal, del quale sentivano – nel profondo – di fare parte.
Il dato che lo stesso “dio che sorride” si premurasse di inventare una forma di comunicazione, perché gli esseri umani non potevano più parlare la lingua degli dei, è indicativo del sentimento di benevolenza nei loro confronti che i Fhomori sentivano promanare dalle loro divinità.
Ciò non era altro che la certezza dell’essere umano di superare ogni ostacolo se si fosse messo in armonia con l’universo di cui innegabilmente fa parte.
iscrizione in carattere fonetico lophul
I Lhundhar, possessori soltanto di ciò che portavano addosso [28], avevano in dotazione uno spadone dall’impugnatura ansata della lunghezza di circa due metri. Non si era mai modificato nel corso della loro storia. Era costituito da una lega particolare, a noi sconosciuta, che gli conferiva prestazioni eccezionali di leggerezza e di forza insieme. Il metallo – o lega - di cui era fatto era magnetizzato.
I Fhomori nutrivano un certo interesse per le piante. I nomi di piante tramandatoci sono quantitativamente superiori a quelli di animali.
Rhis – sambuco ramp – fiore oxabat – peperone zunah– pomodoro zhetal – giunco gukah – carota gokhe - patata agarsh – palma da dattero ghort - edera qert – melo qaladh - verdura thin – agrifoglio tuth – seme dhir – quercia detin – albero (morto) hueth– biancospino sabhaz – orzo shail - salice Fharn – ontano nhon - frassino llus– sorbo selvatico pthan – ulivo bheren – riso tithal – grano dethya – fiore (rel. a frutto) Azisha – frutta, erbe deth – albero (vivo) batha– betulla dhorhuq – (?) nozhal – mais laphq – farro labhal – mango khapal – passiflora thupqhal – (?) chadhar – palma da cocco charaq– miristica fragrans ghoghal – (?) bhostal – (?) vhubil – tè…etc.
La varietà di piante non ci indica se allignassero o no nelle isole Oqhphal. Sicuramente alcune saranno state oggetto di commercio o di scambio. Ciò è suffragato da cibi e bevande:
qalabh – minestra, brodo qhep – pane rilq – liquido rilqo – liquore sabhaz-rilqo – birra kethalrilqo – distillato kethalsabhazrilqo – distillato di malto gokehrilqo – distillato di patate bherenrilqo – distillato di riso trazhoq - fagioli mhak – caffè thus – yogurt tòkin – qunab tush – formaggio suht – latte pthen – cibo talahq – pesce dansi – bevanda hatl– acqua trazhal – legumi.
Caffè figura come bevanda ma non come pianta, ‘pthen-cibo’ deriva chiaramente da ‘pthan-ulivo’ ma non vi è traccia né di olive né di olio – probabilmente l’ulivo era in qualche modo legato ad un alimento base talmente comune da essere sinonimo di cibo -. La similarità tra ‘qalabh-minestra’ e ‘qaladh-verdura’ indica la comune origine vegetale (vedi anche: qhal – condire, condimento, spezie, sale etc.).
Ciò porta a considerare l’eventualità di commerci fiorenti.
I Lhundhar, durante la loro interminabile storia, hanno sempre dimostrato di essere navigatori provetti.
Galoppa la notte sulla sua cavalla cupa
Spargendo spighe azzurre sul prato.
Pablo Neruda
[Rhadu-Rhadi impugna la spada che fu di Labhir-atha-vuta]
nhagha bhalurfhomoria pherqhalnhagh bezorthupurhan
bezorthufhomor-fhomorifhomor
rhadurhadia labhitathavutakhenolio rhadurhadia-jinahkhenolio
kheniqeq-kheniq-kheniqer
khenolutethupherqhalnhagh-ahlhshoahlh
tuthu alph-fhom-alph-hinhuialphfhoaky
fhomoryu-fhomoryaretuthhinhuiz
ulhtay bhalur ratshanhaghegru
[descrizione da parte Lhundhariana della battaglia navale di Bimini]
talasqa khirbyutalasishe-atlhual
tuthu dethya-fhomoryakap
khenu khirbiasoburyutalahq
kheniqu lhundharibhalur
‘ekhu balbhurshehuae
tathrhazhuq nunaghorayenkadezshu
lhilhaeaz bhostal dethyetukthupqhalramp
thlipqhalua shethezqhalhatl
tuthau vatabalahq atlualtalasiish
phuluqo khirbia saboryu talahq pakkhirbia fhomorofhomaky
khenuluua soboryushoasoboryu
tuqulqe athualtalasitalahq
fhomoryu-fhomoryahazadutethbhalur
[hauhhuhnhu]
hauhhuhnhuui
gayashka-soburyotka-qhoakshka
frodasabaryashi
khenolauiteth
ratshagruhinhuizuiteth
omeopaxiuiqashtarazhashurg
sobhdauq shai dasinshoushe
afrodisehlambashtar
mahaaridhitarshedhitar
qhuzarshezhaqurbathangez … mesedruuz
[oggamahaari]
qaraggaraq soburyotdhethgayashka
dhavhaduvalhilhayu soburiotdhethgayashka
hatale athlui mesedruushiqton qhoakshedeth
rhuzhqalhafardutheth
alqafgalabya harhar-rharhatharshoi-asoboduu
afrodisehlambashtar-sobhdaishitukisho
fhomkiathabshoa mesedruuz qhaliuzasobodyyoasobodyya
sobhdua-sobhdoa
qton mirhail deth dhitarshedhitar
sobhdia-sobhdea hafarduuztharsshauz
talasshuzhaqur talasshuzhaqur
hafarduuz tharsshauz
azhafesoburez azhashqhuzarashtar
dobosatuqulk
lanehkshenharupuz
[ehtodtalasqhalzhaqurshufhomkya]
alpheuhatal ghorilthaletha uhnlthaletha
habanthaushdetihetzshe
dasinruqulqu shenuu ltharhan-rhen
kurbalphshenez
shaaradhevhduvaz dothedhavh bathangtalasqau
qetuthetuthretuthsho
fhomoryadasinsho tòkinshagolsho mhanallikronirhazhuq
lluga galaboutharnshuq
talasqau dzholudzholdzhola hetztukkzhe plaulthaqiuplaathluqiu
plamahaarquu
fhomoryadasinsho rhazhaqshagolshollugatathrhazhuqkroni
platuth
tzevan’ ekhshakar thadug-purhan rhanpu-narup
tuthuplatuthua
ishitukisho suzheksomhaq jaghadmaqhutuathorval
talasitalas-ashtarposeiduna
tuthuashouplaphixplanunha
[canto dei guerrieri al ritmo di tamburi ‘sobhdyi’]
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
jaghadtalasitalas
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
tuthuashouphix
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
drhaqtukdrhaqul
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
kheniqeq kheniq kheniqer
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
athularuatharhul
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
atuvsoboryuvutasabar
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
galabuaztethgalabuaz
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti …
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
…
fezavmaukhenmau
habanthaushdeti
[afrodidazasbhuryushu]
ashtargalabduvafhomshe
fhomkhematuthduvaatuthalph
tuthduvasamhudarthemoaplateth
tukarthemaahinhuiarthemu
thuthuaplatuthalphtuthalphshoa
[senza indicazione]
tuthufhomsamhud tuthufhomduvashaarya
tuthufhom’ ekhezasobod
plaazhafufhomratsha-shotuthfhomqhams
plaqhadofhomoshtharnuq
tuthufhomasoboddasinhaqhal
[senza indicazione]
tuthuadharhar-harhard thorvalliuahinhuishu
‘ekhshizuetz-‘ekhshikhe
dhethharhar-aashtarbathang drimodromidasin
dothiqhuzardothizhaqur-tuthuof’ ekhgalaluarhazhuq
dzholudzholdzhola
[senza indicazione]
plaphixplanunhauuz retzalalphdhuzhalli
mharufmhuf-tuthutharanthezqhalmudhr
tuthuomeopaxomeopaximhuf
rhuzqhallhilhayatathualamahsdrimo
tathualamhasdromivazfyuulanehksho
[senza indicazione]
shenaashou hauhlthaafrodigrubathanggru
maqhutuatethshia
tuthuaereksilli tuthuakupaygru
tuthuakhenoluuteth
shardhanlhilhayutukuhndemhetyytethnhudemetyybhazhye
fhomakshemesedryutukalqafgalabyabhazhye
tuthuukhirbiakroni
[senza indicazione]
zagheghupishorhin hatluqadothesadnashoasobur
fhomkunivelfhomakfhomaky
tuthuq haqhalashtartefema
[senza indicazione]
vimhanquuzuetzez’ ekhkheishvayez
tharneushardhanthet
yathothuulhundharitath drhaqul’ekhuudhashdhuf
ethmahqmuushouhezkutkzheuushoazdheth-thehlh
oshafrodigalabiohinhuizedgalabuaztethgalabuaz
tuthudhorafdrimoaq
[invocazione]
harharbathangalli
nhuuhnmahaariqtondhethshe
drimobezorthalliomeopaxioggaqai
tuthduvatoshi
simbolo del Fhopsal –l’aquilapavone- l’animale totem dei Fhomori di Lhundharia
probabile simbolo del Rhuzhqal – l’animale magico per eccellenza - (ovvero il drago fhomor?)
La letteratura Fhomori ci è giunta in modo molto frammentario. Le composizioni erano in genere accompagnate dalla musica e dalla danza.
Due esempi significativi sono dati dal canto dei rematori e da un altro breve passo che tratta dell’incantamento del cielo notturno.
canto dei rematori
dothurhan balguu shevutaghori ohinshuheran balguu shevutaghori talasiushrhan balguu shevutaghori dothurhan | onda nera leggo nell’alto fanciullo pavone d’aria leggo nell’alto fanciullo nave sopra l’onda leggo nell’alto fanciullo onda nera |
il motivo del ritornello ‘leggo nell’alto fanciullo’ merita una spiegazione. Con ‘alto fanciullo’ era designato il capriccio dei venti. Il marinaio cerca di trarre auspici dai venti. Prevede burrasca e chiede ai venti di trasportare la nave al modo del magico uccello – il pavone d’aria -. La canzone lascia un senso do sospensione – come quello in cui si trova la nave- e può essere cantata senza soluzione di continuità.
l’incantamento del cielo notturno
dothazhaqur talasshuzhaqur galalshuzhaqur qhuzarshugalal | pietra blu pietra di mare pietra di cielo cielo di mistero |
Il cielo è visto come una pietra blu – quasi roccia o montagna – e la differenza tra terra e cielo viene così annullata creando un effetto onirico di circolarità [il finito nell’infinito?].
Strane coincidenze possono far pensare a ciò. La Croce di Iside egizia ha una eccezionale somiglianza con l’elsa della spada di Labhir-atha-vuta (il prototipo delle spade dei Lhundhar).
Un altro simbolo, la triplice stella a sette punte, ricorre nella bandiera dell’Hokkaido – l’isola dell’arcipelago giapponese posta a nord-.
Dalla mitologia d’Irlanda i ‘Fomori’ sono considerati tra gli antichi abitatori e secondo altre versioni figurano come pirati.
Dalla storia della Corsica apprendiamo che fu fatta segno all’invasione dei ‘popoli del mare’ uno dei quali – gli Shardana – occupò il sud dell’isola per diverso tempo (tra i secoli xiv e XII antecristo).
Presso i Fhomor erano definiti ‘Shardhan’ [pericoloso, rischioso, spirito della notte] coloro che per qualche motivo erano esiliati a vita e cancellati dal Tefemadazalli (il libro dei vivi).
Se ciò corrispondesse a verità … confermerebbe l’esistenza dei Fhomori ben oltre il 4.713 antecristo. Secondo una ballata di origine Lhundhar un gruppo di Fhomor, denominato ‘la stirpe di Ghor’, trovò una nuova terra ‘nel sogno del gabbiano’(?). Questa nuova isola fu da loro chiamata Tithanya.
Vi si racconta pure la vicenda di Rhan, il capo che non morì mai ma che cadde in un potente sonno in attesa di essere risvegliato.
Rhan era anche chiamato ‘la riscossa delle genti’(?).
Il volto dei Fhomor (?)
Dagli appunti inediti di Spiridion Arkatelos, rinvenuti a Patmos, è finalmente possibile dare un volto ai Fhomor di Lhundharia.
Secondo Spiridion si può ipotizzare una parentela col popolo dei Guanci, dato per estinto nel XIV secolo dell’era volgare, gli antichi abitatori delle Canarie.
Questa popolazione era così descritta: ‘… dai tratti pesantemente marcati ricordanti stranamente gli uomini di Cro-Magnon’.
L’apparentamento coi Guanci finisce però qui perché venivano descritti come di ‘statura molto alta, occhi chiari, carnagione chiara’ mentre dei Fhomor è stato detto ‘nè alti né bassi di statura, né chiari né scuri di carnagione’. Di più Spiridion Arkatelos non dice.
[1] Libro della parola. Composto in epoca tarda quando si presagiva l’imminenza della catastrofe. Raccoglieva la tradizione orale. In quella circostanza fu creato il neologismo dethyehinhuiz – uomini di carta- per libro. Attribuito a Nhail-jinah che lo redasse circa quarantamila anni fa.
[2] Pronuncia: pix.
[3] Amefet: essere incompiuto, non essere, incompleto.
[4] Omeopaximudhr: gesto della conoscenza.
[5] Omepaxmudhr: gesto della coscienza.
[6] Non vi era distinzione tra nomi di persona maschili o femminili, tali desinenze non si applicavano ai nomi. Non sappiamo se il celeberrimo Labhirathavuta fosse uomo o donna anche se il nome significa Toro il grande.
[7] Forse Ibn-Battuta (?) o Abdul al Azrhed (?) … ma troppi secoli separano questi viaggiatori dalla distruzione delle isole Oqhphal (4713 a. C.) a meno che non si voglia ammettere che i superstiti abbiano potuto ricostruirsi una patria da qualche altra parte oppure mescolarsi ad altri popoli riuscendo però a mantenere in qualche modo la loro identità.
[8] Tuthduvat: la dea del seme.
[9] Le domande sono un peso per chi le fa, le risposte una prigione per chi le da’.
[10] Detto anche il dio nero o il dio del nord. A lui si ascriveva anche l’invenzione del filo a piombo.
[11] Mantello fhomor.
[12] Dono di conoscenza.
[13] Sacerdotessa, sciamana, sibilla.
[14] Il navigatore che guidò l’esodo dei superstiti dalle isole Oqhphal alla terra d’origine (Lhundhari) l’Antartide:
[15] sciamano, incantatore, indovino.
[16] Lega di oro ed argento.
[17] L’arte che avrebbe portato alla trasmutazione della materia.
[18] Pron.: batanghez. – persone stravolte dalla passione-.
[19] Sciamano.
[20] …a cui votarsi.
[21] Non si sa quale piante possa essere il “cizal”. Alcuni indizi lasciano pensare che possa anche trattarsi di un fungo euforizzante o comunque capace di provocare stati alterati di coscienza.
[22] Sirio.
[23] Cerchio, quadrato, triangolo.
[24] Rhazhuq-zhaqur-qhuzar.
[25] Uomini stella.
[26] Lo sciamano e la sciamana.
[27] L’aspetto animale ed istintivo e l’aspetto etereo, razionale etc.
[28] proprietà come è intesa oggi in occidente non faceva parte delle loro tradizioni.