Divinità suprema degli abitanti delle isole Aleutine.
Fata silvestre della mitologia finnica.
Venerato dai negri Dogoni era il dio creatore, immaginato come un vasaio. Secondo loro l'universo è fatto di vasellame, il sole e la luna due conconi uno di rame rosso e l'altro di rame bianco.
gigantessa della mitologia scandinava. Moglie del dio del male Loki e madre di mostri infernali, tra i quali Hela, che uccise Odino.
Adorato dai Cunama popolazione dell'Eritrea, era il dio creatore del cielo e della terra.
Per gli Indocinesi era uno spirito che appariva sotto le sembianze di un animale favoloso. Gli veniva attribuito il potere di scacciare gli spiriti maligni e di porre fine alle calamità.
Spiriti maligni che in Africa vagano nella notte a turbare i sogni e il destino degli esseri umani.
gigante violento vestito di pelli d'orso, protagonista di leggende della mitologia scandinava.
Il concetto della Luna e del Sole come carri. Gli antichi immaginavano che questi corpi celesti erano dei carri che volavano nel firmamento. L'idea del carro del sole e della luna si ritrova nella cosmogonia di molti popoli, quali: Egizi, indiani d'America, germanici, Indiani, Israeliti, Greci, Romani ecc. ecc..
Con questo nome gli aborigeni Australiani, intendono le riunioni notturne a conclusione di grandi avvenimenti, le riunioni avvengono nelle notti di luna piena intorno ad un fuoco ed eseguono le danze e i canti rituali.
nella mitologia russa, geni domestici che proteggono le case in cui vivono. Secondo la leggenda, essi sono stati scacciati dal cielo perché si erano ribellati a Dio e, da allora, si sono rifugiati nelle abitazioni degli uomini.
Mostro favoloso dall'aspetto di serpente gigantesco con ali e capace di sputare fuoco. In tutte le mitologie è considerato un essere malefico, però la mitologia Giapponese e quella Cinese lo considerano essere benevolo, perché dispensatore di pioggia.
Presso gli Indonesiani era il demone che causava le malattie, aiutato dai Bergala, suoi assistenti.
Personaggi favolosi di piccola statura a volte malefici e a volte benefici.
o Goshurun, toro della mitologia mazdaica. Dopo la morte, la sua anima divenne spirito dell'intera natura e dal suo seme, purificato dalla luce astrale, si generarono i due tori capostipiti di tutti gli animali utili.
In Malesia sono gli spiriti della giungla, possono essere buoni ma anche cattivi. Vengono immaginati come uomini mutati in animali o voci senza corpo, o bellissime ragazze o mostri che si annidano negli alberi.
nella tradizione islamica, i due angeli inviati dal Creatore a controllare il comportamento degli esseri umani. Vittime del vino, sedussero una donna e dovettero subire la punizione divina, che li costrinse a rimanere fino al giorno del giudizio appesi a testa in giù in un pozzo.
personaggio della mitologia finnica; era considerata la prima donna del genere umano.
il re e padre di tutti gli dei, secondo la religione dei Mordvini e dei Votiaki, popoli della Siberia.
nella mitologia finnica, gli dei.
dio hawaiano dell'isola Maui, a cui erano consacrati maiali marchiati e lasciati liberi.
Quando il giovane Kintu arrivò in Uganda, portava con sé solo una mucca e, non avendo altro da mangiare, si cibava del suo latte. Nambi, la figlia di Gulu dio del Cielo, s'innamorò di Kintu e lo voleva come marito, ma i fratelli la misero in guardia: «Uno che si ciba di solo latte non è un essere umano. Come può sposarti?» Nambi e i fratelli si recarono dal padre Gulu per chiedere consiglio, e il dio del Cielo disse: «Portiamogli via la mucca, se muore vuol dire che non è umano». Kíntu sopravvisse nutrendosi di foglie e di radici. Tuttavia Gulu non era convinto e volle sottoporlo a un'altra prova, Mandò la figlia Nambi sulla terra a dire a Kintu: «Io so dov'è la tua mucca. Vieni con me a riprenderla». Kintu sali nel Cielo e venne introdotto in una capanna dove era stato preparato un pasto per cento persone. «Devi mangiare tutto» gli disse Gulu «altrimenti non avrai né la mucca né mia figlia!» Kintu era disperato. Come poteva mangiare tutto quel cibo? A un tratto si aprì una grande buca nel pavimento della capanna: svelto Kintu vi gettò tutto il cibo. Quando i fratelli di Nambi vennero a controllare, riferirono a Gulu che Kintu era riuscito a mangiare tutto. Il dio del Cielo non era però convinto e pensò a un'altra prova. Diede a Kintu un'ascia e gli disse: «Vai a tagliare la roccia per accendere il fuoco; a me la legna non serve!» Kintu si allontanò, pensando: «Contro le rocce la scure si spezza. Che cosa devo fare, dunque?» Ma quando arrivò alla montagna, vide che molte rocce erano già spezzate. Le raccolse e le portò a Gulu. Tuttavia questi non era ancora persuaso che Kintu potesse essere uno sposo degno della sua divina figlia. Allora prese un vaso e gl ordinò: «Riempi questo vaso d'acqua. Ma che sia solo acqua di rugiada!» Kintu prese il vaso e sconsolato si recò nei prati. Come s può riempire un vaso con 1a rugiada? Ci pensò per tutta 1a notte, finché alle prime luci del mattino potè vedere che ogni filo d'erba era carico di rugiada, e che il suo vaso ne era colmo fino all'orlo! Adesso Gulu era convinto che Kintu meritasse di sposare Nambi, tuttavia desiderava che anche l'intera popolazione del Cielo ne fosse persuasa. Radunò la sua gente e annunciò: «Kintu è un grande uomo e potrà sposare mia figlia Nambi. Prima, però, dovrà ritrovare la sua mucca, che si è mescolata alle mie». Kintu sapeva bene che il dio del Cielo possedeva migliaia e migliaia di mucche, tutte uguali alla sua. Ritrovarla era dunque un'impresa disperata. In quel momento sentì che un'ape gli si era posata su una spalla e gli stava bisbigliando: «Non avere paura, Kintu, io ti aiuterò. La tua mucca e quella su cui io andrò a posarmi». La mattina dopo una mandria di mille mucche fu condotta davanti a Kintu. Kintu si guardò intorno e scorse l'ape che sostava tranquilla sul ramo di un albero lì vicino. Allora finse di cercare la sua mucca tra le altre, e infine disse: «Qui la mia mucca non c'è i servi di Gulu portarono una seconda mandria, dieci volte più numerosa della prima. Anche questa volta l'ape rimase ferma sul ramo e Kintu dopo un po' disse: «No, la mia mucca non è neppure qui!» Fu condotta una terza mandria, dieci volte più numerosa della seconda. Questa volta l'ape si levò in volo. Kintu la seguì, correndo nel mezzo di una foresta di corna. Alla fine l'ape si posò sul dorso di una grossa mucca. «Ecco!» esclamò Kintu. «Questa è la mia mucca!» Poi vide che l'ape era andata a posarsi su un vitellino. Kintu annunciò: «E questo è il piccolo della mia mucca, nato in questi giorni!» L'ape si posò ancora su un altro vitello e poi su un altro ancora. Kintu riconobbe anche questi come figli della sua mucca. Gulu era al colmo dell'entusiasmo. «Tu sei il grande Kintu e nessuno può ingannarti! Prendi in sposa mia figlia e conducila alla tua casa!» Kintu e Nambi scesero sulla Terra, portando con sé una capra, una pecora, una gallina, sementi per tutte le piante, e, naturalmente, la mucca con i vitellini! Kintu fu il primo e il più grande re dell'Uganda, e governò saggiamente con la sua sposa per lunghi e felici anni. Tratto da "Miti e leggende di tutti i tempi" editore HAPPY BOOKS
Danza religiosa dei negri Bapende del Congo. Riservata alle sole donne, viene eseguita per ringraziare gli dèi di una guarigione miracolosa.
In Camerun è adorato dai pigmei Bakà come dio Supremo. In eterna lotta col malvagio Longhe.
è il dio hawaiano della guerra.
Adorato dai Pigmei del Gabon, è il dio Supremo.
Finlandese dea maligna che assieme al vento causa tutte le malattie.
Mito Bantù
Dio aveva già creato tutto il mondo, con montagne e laghi, con foreste, savane e deserti. Aveva anche creato tutti gli animali e le piante, ma mancava ancora l'uomo. Allora si recò nella savana e scavò due buchi nel suolo. Ed ecco che, dopo qualche istante, dal primo buco uscì un uomo e dal secondo una donna. Erano il primo uomo e la prima donna che fossero mai esistiti e non conoscevano proprio nulla. «Che cosa dobbiamo fare?» domandarono al Creatore. Il Creatore rispose: «Dovete lavorare la terra e seminarvi il miglio. Poi costruitevi una capanna per ritirarvi a dormire». «E con che cosa ci nutriremo?» domandarono ancora i due. «Quando il miglio sarà cresciuto, ne macinerete i semi e con la farina ottenuta farete il pane. Quello sarà il vostro cibo» disse Dio. L'uomo e la donna cominciarono a lavorare la terra e a seminarvi il miglio. Ma a ogni momento si fermavano, si asciugavano il sudore e brontolavano: «Oh, che fatica lavorare la terra! Che lavoro duro e ingrato!» Comunque sia, alla fine il miglio fu seminato e, poiché si era all'inizio del tempo, in breve germogliò e si trasformò in tante spighe mature. L'uomo e la donna avevano fame, per pigrizia non accesero il fuoco per far cuocere il miglio, così lo mangiarono crudo. Quando venne sera ebbero sonno e si consultarono: «è inutile costruire una capanna. Nella foresta ci sono tanti alberi, e su un ramo dormiremo benissimo senza dover ancora faticare!» Quando Dio li vide serenamente addormentati su un albero, s'infuriò. Chiamò una scimmia maschio e una scimmia femmina, e diede loro le stesse istruzioni che aveva dato agli uomini. Le scimmie si misero subito al lavoro. Seminarono il miglio e costruirono una bella capanna. Quindi accesero il fuoco, macinarono i semi delle spighe e li misero a cuocere, ottenendo degli ottimi pani. A sera andarono a riposare nella capanna. Quando il Creatore vide tutto ciò fu molto soddisfatto. Chiamò le due scimmie e staccò loro le code, quindi disse: «Siate uomini!» Poi chiamò l'uomo e la donna e attaccò sul fondo della loro schiena le code delle scimmie, dicendo: «D'ora in poi, siate scimmie!» Avvenne che da allora le scimmie, trasformate in uomini, abitarono nelle case, mentre i veri primi uomini continuano a dormire sugli alberi. Tratto da "Miti e leggende di tutti i tempi" editore HAPPY BOOKS
In tutta la Russia non si sarebbe potuto trovare un cacciatore più coraggioso del principe Ivan. Egli disdegnava le piste comuni e preferiva seguire i sentieri più impervi, si inoltrava nella foresta più fitta e si arrampicava su dirupi scoscesi quali nessun uomo avrebbe osato sfidare. Un giorno, durante una battuta di caccia nel bosco, il principe capitò in una radura che non aveva mai visto. Da una parete rocciosa sgorgava una cascatella e Ivan, che aveva sete, vi si diresse senza indugio. Ma, appena si fu avvicinato, scorse poco distante un fantastico melo dai pomi d'oro e, cosa ancor più sorprendente, uno stupendo uccello dalle lunghe penne color fuoco appollaiato su un ramo. Subito il principe armò il suo arco e scagliò la freccia. Per non essere colpito, l'uccello si lasciò cadere dall'albero, ma il principe l'afferrò prima ancora che potesse levarsi in volo. Fu allora che l'animale comincio a lamentarsi con voce umana e a dire: «Lasciami andare, principe Ivan. Ti ricompenserò! Prendi una delle mie penne: se dovessi trovarti in pericolo, basterà che tu la agiti e io accorrerò in tuo aiuto». Il principe si lasciò convincere e liberò l'uccello, quindi proseguì per la sua strada. Aveva fatto soltanto pochi passi quando udì un rumore stridulo giungere dall'altra parte della roccia. Incuriosito, andò a vedere e scorse un gran numero di statue di cavalieri e un lugubre castello dai grandi portali, che si aprivano proprio in quel momento. Un gruppo di fanciulle ne uscì saltellando e cantando. Una di esse era tanto affascinante che il principe fu preso dall'irresistibile desiderio di parlarle. Appena la ragazza lo scorse, impallidì ed esclamò: «Presto! Fuggi da questo luogo di sventura! Qui abita il mago Kaschei, l'immortale! Se ti scopre ti trasformerà in una statua, come queste che vedi qui intorno!» «Io sono il principe Ivan, figlio dello zar!» ribatte il giovane. «E non ho paura di nessuno! Ma tu, leggiadra fanciulla, dimmi il tuo nome». La ragazza prese a correre verso il castello seguita dalle altre e, un attimo prima di scomparire dietro uno dei portali, disse a Ivan: «Mi chiamo Zarevna». Il principe attese fuori del castello incerto sul da farsi. Ma quando giunse la notte, il desiderio di rivedere Zarevna fu più forte di ogni prudenza e, abbandonato ogni indugio, bussò con forza alla porta. Nello stesso istante si levò un vento impetuoso e tuoni e lampi squarciarono il cielo. Demoni mostruosi con due teste sorsero d'incanto dalla terra, lanciando grida e strepiti contro il principe. Un fulmine saettò tra le nubi e la sua luce gialla illuminò una figura oscura: era Kaschei, il mago! Costui levò entrambe le braccia e prese a recitare una strana cantilena, mentre i demoni avanzavano minacciosi. Via via che la cantilena proseguiva, le gambe di Ivan diventavano sempre più rigide e fredde. Il principe stava trasformandosi in una statua! Sentendosi perduto, afferrò la penna dell'uccello di fuoco e si mise ad agitarla. Ed ecco, all'improvviso, un puntino splendente come una fiamma apparire nel cielo e avvicinarsi rapidamente. I demoni si zittirono all'istante e cominciarono ad arretrare. Quando il puntino assunse la forma ardente dell'uccello fatato, i demoni si coprirono gli occhi e fuggirono urlando in ogni direzione. Improvvisamente il suolo tremò, poi si aprì inghiottendo in un baleno tutta quella ridda infernale. il vento calò di colpo e le nuvole s'aprirono su un lembo di stelle. Un gran silenzio gravava tutt'intorno. Ora non c'era più traccia dei demoni né del mago Kaschei. Ma Ivan sapeva che costui era ancora vivo da qualche parte. L'uccello di fuoco lo guidò verso l'albero dai pomi d'oro, dicendogli: «Guarda sotto l'albero. Li si cela l'anima immortale di Kaschei». Ivan scorse una cavità sotto le radici; all'interno era celato un uovo di anatra. li principe lo prese e lo gettò in aria. Quando l'uovo toccò il suolo si dissolse in una nuvola di fumo e di fuoco, mentre un grido risuonò nella foresta. Kaschei il mago cattivo, era morto! Le mura del castello si sgretolarono e le statue dei cavalieri ripresero vita. Le fanciulle, finalmente libere, poterono abbracciare i loro innamorati, e anche Zarevna corse sorridente verso Ivan. I due si presero per mano giurandosi eterno amore, mentre l'uccello di fuoco volteggiava nel cielo, cantando con voce melodiosa antiche canzoni. Tratto da "Miti e leggende di tutti i tempi" editore HAPPY BOOKS
Dal Caos emerse la bella dea finlandese della natura, Luonnotar. Un giorno scese dal cielo, incominciò a vagare sul mare, si adagiò sulle onde e si addormentò. Un'aquila enorme apparve nel cielo, discese e raggiunse Luonnotar e fece il suo nido su un ginocchio della dea. Vo depose sei uova d'oro e uno di ferro. La dea si mosse di colpo, le uova rotolarono e si ruppero. Nell'infinito universo accadde allora una cosa meravigliosa. Il guscio delle uova d'oro si ingrandì, si distese, formò la volta del cielo e la superficie ricurva della Terra; i rossi tuorli formarono gli astri: il sole, la luna, le stelle. I piccoli frammenti neri dell'uovo di ferro si convertirono in nubi che corsero rapide sui mari. Luonnotar toccò con le sue agili dita la terra molle e formò le insenature e le baie, calcò con i suoi piedi d'argento il suo d'argilla e formò i monti e le valli. Si adagiò al sole ad asciugare i capelli intrisi di acqua e con le braccia distese formò le vaste pianure. Ma là dove la dea aveva posato il suo capo, i capelli grondanti formarono laghi e fiumi e cascate d'argento.
MORINO (PV)
Dio principale dei negri Bantù.
Uccello che secondo gli antichi abitanti delle isole Caroline, recò il fuoco ai mortali. portandolo nel becco lo nascose negli alberi; gli uomini, pertanto, ricavarono il fuoco sfregando insieme due pezzi di legno
Nel Madagascar sono gli dèi che crearono il mondo. Zanhar protegge gli uomini, Niang manda loro le pestilenze e i malanni.
NIOKA (PV)
Danza religiosa di una tribù di negri del Congo.
Fondatore del popolo Scilluk nel Sudan si credeva che si reincarnasse nella persona del capo tribù chiamato Ref. Nemmeno la moglie del Ref poteva guardarlo, e i figli prima di entrare a casa dovevano coprirsi gli occhi con le mani. Dalla salute del Ref dipendeva il benessere della tribù. Quando il Ref si ammalava veniva ucciso ad opera del figlio pretendente in modo di avere un Ref sempre in salute e quindi prosperità per il popolo.
I negri Herero dell'Africa sud-orientale con questo nome indicano la figlia maggiore del capo tribù, la quale ha il compito di tenere vivo il fuoco sacro. Mansione simile a quella delle Vestali romane. L'altare del fuoco sacro è chiamato Okuruo e quando una parte della tribù emigra c'è l'usanza di portare via parte del fuoco sacro, attività simile a quella dei Greci col fuoco del tempio di Estia.
Gli Oriscia nella mitologia degli Yoruba della Nigeria, erano i mitici antenati discesi dal cielo e mutatisi in sassi. Gli Oriscia sono 401, ma alcuni sono delle divinità vere e proprie come Obuduva la terra, madre dell'aria, del sole, del mare e della luna.
divinità baltica rappresentante il dio della folgore. In seguito divenne il supremo dio della mitologia baltica, identificato pertanto con il creatore degli uomini.
Straordinario essere Eschimese, Nato dopo che il Mare mise incinta la figlia di un capo. La donna dopo sei anni di gravidanza partorì Qaluneq che era metà foca e metà uomo ed aveva il dono di uccidere con lo sguardo. Da adulto divenne un grande cacciatore, infatti gli bastava guardare balene, foche, renne per farle diventare sue prede. Per la sua grande bruttezza non riusciva a trovare donna disposta a sposarlo, un giorno uccide un grosso uccello e infilatosi le sue ali si mise a volare finché non vide una bellissima ragazza, la rapì e con lei generò un figlio e così sicuro che avrebbe continuato con la sua discendenza a vivere in mezzo agli uomini, ritornò al Mare scomparendo nel ghiaccio.
Secondo gli Eschimesi erano spiriti maligni nati dalle anime degli annegati dei quali il corpo non era stato ritrovato.
Per gli Eschimesi è paese dei beati, dove non fa mai freddo e c'è abbondanza di renne.
Gli Eschimesi raccontano di un gigantesco Cane con sei o otto paia di zampe e che non ha nè denti nè peli, vive a settentrione e si avvicina ai villaggi in occasione di grandi avvenimenti lieti o tristi che siano.
Presso gli Indonesiani era il dio dei Morti.
divinità della mitologia gallica che per i suoi simboli, la cornucopia e le spighe, incarna l'idea dell'abbondanza e della ricchezza.
nome delle divinità che nell'olimpo della religione pagana russa erano preposte alle nascite ed alla decisione della sorte da assegnare al neonato.
Nella mitologia lappone è un gigante nemico del popolo Lappone. Se un lappone riesce a vincere la lotta contro il gigante, Stolla gli offre il suo coltello che se l'uomo incautamente accetta gli si rivolta contro uccidendolo.
Per i Papua della Nuova Guinea sono gli spiriti che popolano i fiumi, villaggi montagne e foreste. Le donne sono escluse dai loro riti e culti.
I Pigmei del Congo pensavano questo dio forestale come essere invisibile capace di prendere qualunque sembianza, tranne la sembianza umana. Come spirito della luna creò il mondo. Veniva chiamato anche coi nomi di Muri Muri e Mugu.
Per gli Eschimesi si tratta di una fata con un occhio solo che abita dentro i massi e quando li vuole aiutare le rotola dietro e così gli offre la sua protezione.
In Kenya gli indigeni Suk adoravano questo dio quale elargitore di pioggia e supremo creatore.
esseri divini della mitologia irlandese, discendenti della dea Dana. Nelle leggende si presentano sotto diverse sembianze oppure rimangono invisibili e intervengono nelle vicende umane con benevolenza o malevolenza, a seconda delle circostanze.
il corvo padre Mito eschimese
C'erano solo le tenebre. Le tenebre e lui: Corvo, piccolo e debole. Ma non era bello star lì, nel buio e nel silenzio, senza far nulla; così Corvo, troppo giovane per volare, cominciò a saltellare intorno. E a ogni saltello nascevano montagne e foreste, fiumi e ruscelli. Corvo guardava stupito quelle meraviglie, senza capire che era lui stesso a crearle, e si spingeva sempre più lontano. A un tratto giunse alla fine del Gelo e sì trovò davanti a uno spaventoso baratro. Ebbe paura di cadere e apri le ali. In quel momento sentì che esse erano diventate grandi e forti, in grado di sostenerlo. Allora comprese che egli era Tulugaukuk, il Corvo padre. Si lanciò in volo nell'abisso e ne raggiunse il fondo, ancora buio e vuoto. E Corvo creò in basso le stesse cose che aveva creato in alto. E chiamò Terra il mondo in basso e Cielo il mondo in alto. Poi Corvo prese un sasso lucente e lo lanciò nel Cielo. Subito il sasso divenne Sole e illuminò ogni cosa. Un giorno, mentre se ne andava in giro ad ammirare la sua creazione, vide una grande pianta di pisello, alta più di un albero, con baccelli enormi.
Corvo si fermò sorpreso e, ad un tratto un baccello s'aprì di colpo... e ne usci un uomo! Corvo, che non aveva mai visto una tale creatura, fece un balzo indietro. Ma anche l'uomo, che non aveva mai visto un corvo, si spaventò. Passata la sorpresa, Corvo chiese all'uomo: «Hai fame?» L'uomo di fame ne aveva, e anche tanta. Allora Corvo gli indicò un arbusto e gli disse: «Mangia le bacche di quell'arbusto!» L'uomo ci provò, ma dopo averle mangiate tutte aveva più fame di prima. Allora Corvo prese dell'argilla e modellò buoi muschiati e caribù, che subito si misero a galoppare per la prateria. Poi diede all'uomo arco e frecce per cacciare, dicendo: «Non uccidere troppi animali, altrimenti diverranno pochi e tu avrai di nuovo fame». L'uomo ebbe rispetto per gli animali creati dal Corvo, ed essi gli furono amici. Passarono molti anni. Gli uomini divennero avidi e uccidevano sempre più animali. Corvo osservava indignato, finché risalì alle praterie del Cielo e non scese mai più sulla Terra. Un giorno, quando gli uomini saranno di nuovo amici di buoi e caribù, Corvo tornerà. Tratto da "Miti e leggende di tutti i tempi" editore HAPPY BOOKS
Si tratta degli dèi progenitori degli Zulù.
nell'antica mitologia finnica, è l'eroe inventore del Kantele, strumento musicale nazionale simile all'arpa, costruttore della prima nave ed esperto di formule magiche.