I libri


Testo

Darete Frigio

LE ILIADI
LIBRO II.

Dopochè i Greci dunque ebber fornita

L’armata, ognun si ritirò in Atene:
Agamennone da Micene cento
Navi spedì, e Menelao cinquanta
Mandò da Sparta, e cinquant’altre ancora
Ascalfo, e Jalmeno d’Orcomeno:
Ed Epistrofo, e Schedio anche quaranta
Da Focide, ed Ajace Telamonio
Seco da Salamina il suo fratello
Teucro menò, Bublazione, Anfimaco,
Dorio con Polisseno, i quali tutti
Vennero sulle sue quaranta navi.
Ne trasse ottanta Nestore di Pilo,
E dell’Etolia Toas altre sessanta;
Trentasette di Locri Ajace Oileo;
Toas, Antifo, Fidippo d’Alcedone
Trenta, e quaranta poi d’Itaca Ulisse.
Dieci Emolo de’ Pirgi, e fur cinquanta,
Che da Filaca vennero in Atene
Mercè Protesilao, e per Protarco
Podalirio di poi, e Macaone,
Ch’erano i figli d’Esculapio insieme
Quarantadue ne uniro; oltre cinquanta
Ne fornì Achille, e Patroclo suo amico,
E di Pizia i Mirmidoni: sol nove
Tlopolemo di Rodi e d’Orcomèno
Euripilio sessanta: e Xanto, e Anfimaco
Dodici ancor di Clide; altre quaranta
Polibete, e Leoncio di Larissa;
Ma Diomede, Euripelo, e Steneleo
Ottanta ne mandaro; e Filottete
Sette da Melibèa; Cunio di Cipro
Ventuno; e Proteo poi dalla Magnesia
Quaranta; ed altrettante dall’Arcadia
Asapenore; e fur tutte cinquanta,
Che Mnestèo ne fe’ fare in Atene,
E di Peleo Creneo ventuno in fine;
E questi furro li sessantanove
Capitani di Grecia, che portaro
Contro di Troja loro armata intera
Di mille cento, e di quaranta navi.
Ed in Atene i Capitani tutti
Essendo radunati, Agamennone
A consiglio li chiama, e dopo averli
Lodati dello zelo, e dell’impegno,
Con cui ciascuno avea le navi sue
Approntate, e guernite, e confortati,
Che tosto avrian la Patria vendicata
Dell’ingiuria recatale da Troja;
Prega ciascuno a dire il suo parere
Sul suo consiglio di spedire prima
Ad Apolline in Delfo, ed esplorare
Del Dio la mente; e qual di quella impresa
Ne sarebbe l’evento. A tutti piacque
Un tal parere, e fu prescelto Achille
A quest’ufficio, il qual Patroclo seco
Prese compagno, e si parti per Delfo.
La fama intanto di una tale armata
Pronta a scioglier le vele ai primi venti
Giunse a Priamo. Costui di Frigia tutta
Mandò per le Città severi editti,
Perchè i vicini eserciti raccolti
Si portassero a Troja, alla difesa
Della Città, del Regno. Achille in Delfo
Non giunse appena, che d’Apollo al Tempio
Si condusse, e propor fe’ la dimanda,
Cui dal luogo del Tempio il più segreto
Questa risposta riportò: che i Greci
Sariano in quella guerra i vincitori;
Ma che dieci anni a guerreggiar costretti
Ivi sarieno, e poi Troja cadrebbe.
Per locchè tosto i sacrificj offerse,
Come gli fu commesso. Allor del pari
Ad Apollo venuto era Calcante
Dal suo popol spedito, al Dio portando
E voti, e doni a prò delli Trojani.
Egli richiese Apollo intorno al Regno
Di Priamo, e qual avria la nuova guerra
Per lui successo, e la Trojana gente:
Gli fu risposto, che passar doveva
Nell’armata de’ Greci, a cui di ajuto
Saria co’ suoi consigli, e da costoro
Non dovesse partir, prima che presa
Non fosse Troja dalla greca armata.
Il dì seguente con Calcante Achille
Incontrossi nel Tempio, e le risposte
Avute dall’Oracolo palesi
Fattesi entrambe, ebbe piacere Achille
Udir così due volte assicurata
La vittoria de’ Greci, e la rovina
Della Città nemica; e con Calcante
Stretta amicizia, insiem venne in Atene,
Ove narrando l’accaduto ai Greci,
Questi esultaro del piacere, e ancora
Perchè Calcante era passato ad essi:
E benchè i venti, e ‘l mar loro il vietasse,
Pur sciolsero dal lido. Allor Calcante
Per un augurio gli avvisò, che indietro
Dovessero tornar, ed indi andare
In Aulide, e così fecero i Greci.
Là giunti, Agamennon placò Diana,
E poi commise a’ suoi compagni a Troja
Dirigere il cammin sotto la guida
Di Filottete, il qual un’altra volta
Cogli Argonauti era per quelli mari
Andato a Troia: ed arrivati essendo
A una città, che apparteneva a Priamo,
Presa, la danno a sacco, e vanno innanti.
E arrivati a Tenèdo, ammazzan tutti
Gli abitanti dell’isola nimica.
Agamennon chiama il Consiglio, e dopo
Aver divisa ai suoi tutta la preda,
Mandò a Priamo i Legati, acciò rendesse
Elena, e quanto avea rapito il figlio.
Della Legazione incaricato
Fu Diomede, ed Ulisse, e fra di tanto
Van Telèfo, ed Achille a saccheggiare
Tutta la Misia, e dirubando insino
A Teutrante pervengono; Teutrante
Coll’esercito suo gli affronta, e mentre
S’attacca con Achille, ha una ferita,
Ma non la morte, che Telèfo allora
Col suo scudo lo cuopre, acciocché Achille
Non l’uccida, ch’essendo ancor bambino
Telèfo, in casa sua 1’avea Teutrante
Ricovrato una volta: e ancor si dice,
Ch’Ercole aveva il Re Diomede un tempo
Coi suoi fieri cavalli estinto, e dato
II suo Regno a Teutrante, e che per questo
Telèfo, ch’era. d’Ercole figliuolo,
Avea il suo ajuto a Teutrante or dato,
II qual vedendo, che di tal ferita
Morire bisognava, ancor vivente
Diè la Misia a Telèfo, e re lo fece;
Di fatti egli morì non molto dopo,
E seppellir lo fè con tanta pompa
Telèfo, quanta a un Re si convenia.
Achille il consigliò, che conservato
II nuovo Regno avesse, e che sarebbe
Egli all’armata di maggior soccorso,
Se invece di menar contro di Troja
I suoi soldati, egli spedisse ogn’anno
All’esercito greco una decente
Quantità di frumento, e un tal consiglio
Piacque a Telèfo, e si restò nel Regno.
Indi Achille partissi, ed a Tenèdo
Portò molto bottino, e fatta nota
Al Duce Agamennon, ed ai compagni
Ogn’opra sua, ne riportò gran lode.
Vennero alfine i Greci ambasciadori
A Priamo in Troja, e lor commissione
Palesano a quel Re: Elena, e tutti
I tesori rapiti è la domanda,
Che se gli fa, se aver seco vuol pace.
Allora Priamo ricordò alli Greci
Degli Argonauti la crudele ingiuria,
Del suo padre la morte, ed il saccheggio
Dato a Troja, e la sua sorella Esiona
Tenuta in servitù; e finalmente
Con quanta indegnità abbian trattato
Antenore da lui messo spedito
In Grecia ad ottener sol la sorella;
Per locchè dalli Greci egli ricusa
Ogni pace, e gli è grato aver sol guerra;
E comandò, che i messi della Grecia
Dai suoi confini fossero cacciati.
Fan ritorno in Tenèdo i messi, e tutto
Narrano l’accaduto: Agamennone
Tutti i Duci a consiglio allora appella.
Avean portato a Priamo soccorso
Questi principi, i cui nomi, e province
Ci è sembrato narrar. Di Celia Pandaro,
E Anfidarasto: Anfimaco, e Mnesteo
Da Colafonia: Glauco, e Sarpedone
Di Licia: e ancor venuti di Larissa
Ippotogo, e Capisso: e di Cironia
Remo di Tracia Pirro, e ancor Alcamo.
Di Peonia venuto era Parate
E Meso, e Teropèo: e dalla Frigia
Porcio, Ascanio, e Xantippo: ed Eufemelo
Di Filiconia: e di Beozia Sania,
Asimio, e Forico, Eda, Bulino,
Bocio, Epistropolo; e Filomino
Di Paladonia: e Perse, e poi Mennone
Dall’Etiopia: Archilogo, ed Esio
Dalla Tracia: e venuto d’Agrestia
Era Anefio, ed Adrasto; e in fine venne
Epistrofo d’Euzonio. A questi Duci,
Ed eserciti Ettorre Imperadore
Fu da Priamo proposto, e dopo lui
Fu Deifobo, Alessandro, Enea, Mennone,
E Troilo ancor, perchè col lor consiglio
Fosse ogni opra diretta, e regolata.
Mentre che al suo Consiglio Agamennone
Presideva in Tenèdo, ivi pervenne
Palamede di Naupleo figliuolo,
Da Cormo, e seco lui di trenta navi
Una flotta recando; e le sue scuse
Fece, che infermo non avea potuto
In Atene recarsi, e che mal pena
Ei potuto l’avea, s’era portato
Fino a Tenèdo; e a lui rese le grazie
Del suo zelo, ed amor del patrio onore,
Lo invitaro al Consiglio: e non sapendo
Conchiudere li Greci, o se di giorno,
O se d’oscura notte si dovea
Smontare a Troja, il dubbio Palamede
Sciolse, e decise, che palesamente,
E di giorno dovrebbesi sbarcare;
E che i nemici istessi esser la guida
Loro dovean. Acconsentirgli tutti,
E fatto Agamennon per comun voto
Dell’esercito Duce, ispedì tosto
Esiodo di Morante, ed Anio, i quali
Menassero agli eserciti de’ cibi.
L’esercito raccolto indi a concione,
Tutti loda, e conforta, e a tutt’impone
D’essere ubbidienti; e dato il segno,
Sciolgon le navi, e dispiegati i lini,
Si dislarga la flotta, e corre a Troja.
I Trojani al contrario escono al lido,
Per contender lo sbarco. Il primo a terra,
Che il piè mettesse, fu Protesilao,
Che caccia li nimici, e molti uccide;
Ma incontro se gli fece Ettore allora,
Che uccise lui, e gli altri suoi respinse,
E dond’Ettorre si partia, cacciati
Erano li Trojani, e fatta grande
Strage d’ambo le parti: Achille giunse,
Che la vittoria fe’ piegare ai suoi,
E cacciò li Trojani in sino a Troja.
La notte intanto sopravvenne, e fece
Dar termine al conflitto: Agamennone
Il suo esercito tutto a terra pose,
E fece costruir tosto i steccati.
Il dì vegnente Ettorre i suoi condusse
Fuori le mura, e in ordine dispose,
Con alto grido Agamennone incontro
Gli venne, e fu quella battaglia assai
Sanguinosa, e crudele, e di furore
Piena, e di stizza; avvegnachè trafitti
Cadeano i più gagliardi: Ettore uccise
Patroclo, e dispogliato il trasse fuori
Dalle squadre, e incalzando Merione
L’uccise, ma volendolo spogliare,
Venne Mnestèo, e ferì Ettorre al fianco,
II qual benchè ferito, uccise pure
Più migliaja di Greci, ed in quel giorno
Data gli avrebbe una total sconfitta
Se non veniva il Telamonio Ajace,
Che se gli fece incontro, al quale Ettorre,
Mentrechè l’incalzava, essergli seppe
Un parente, figliuol della sorella
Di suo padre, Esìona, e a tal riguardo
Non fece che dall’incendio distrutte
Andassero le navi, e l’uno, e l’altro
Fattisi i doni, si partirò amici.
Chiesero i Greci nel seguente giorno
Tregua, per seppellir tutt’i lor morti;
Ed ottenuta, Agamennon con pompa
Fe’ seppellir Protesiliao, e fece
Indi sepolcro a tutti gli altri dare.
Piange Patroclo Achille, ed ogni Greco
Piange i suoi. Al suo amico Achille fece
I giuochi funerali; e ancor durando
La tregua, Palamede entro l’armata
Sedizion movèa, spargendo voce,
Ch’Agamennon non meritava avere
II comando supremo; e molte sue
Imprese dimostrava al popol tutto;
E l’arte egregia di formar steccati,
Il dare i segni, il circondar di guardie
La notte il campo, le misure, i pesi
Da lui trovati, e l’ordinare in pugna
L’esercito, per cui di queste cose
Essendo ei l’inventor, non era giusto,
Che tenesse l’Impero Agamennone,
Non da molti ottenuto, e su di quelli,
Ch’ eran dopo venuti anche il tenesse,
Quandochè tutti aspettano dal loro
Duce un’impresa, che di lui sia degna,
E nulla Agamennon fatta ne avea.
Mentre che dell’impero ivi tra i Duci
Si contende, e i soldati, alfin trascorre
II primo, e ‘l second’anno, appresso al quale
Si torna un’altra volta ai fatti d’armi;
Agamennone istesso, e Menelao,
Con Achille e Diomede escono, e guida
Son delle greche schiere. Ettore incontro
Loro si fanno, e Troilo, ed Enea.
È d’entrambi gli eserciti assai grande
La strage, e sono i più gagliardi estinti,
E tra gli altri, ch’Ettorre uccise, sono
Di miglior nome Archiloco Boete,
Protenore, e tant’altri, e sol la notte
Dividere poteva una tal zuffa,
Ed accanita tanto. Agamennone
Chiama il Consiglio, e tutt’i Duci esorta
A volgere lor armi incontro Ettorre,
Come quei, che i più forti capitani
Dell’esercito greco a morte dava.
Ettorre intanto, Enea, ed Alessandro,
Venuto il dì di rinnovar la zuffa,
Menan fuori le schiere, e tutti incontro
Gli vanno i greci Duci, ed una strage
Non minore dell’altra ancor vi accade
D’una parte, e dall’altra: allora Ajace
E Menelao assalgono Alessandro,
Che Menelao, ferì dentro del fianco
Con uno strale, e vinto dal dolore
Con Ajace di Locri ad inseguirlo
Prese con più furor; Ettore il vide,
E con Enea corse in di lui soccorso,
E coprendo Alessandro, alla cittade
Salvo il condusse; e pure allor la notte
Venne, e divise dai Trojani i Greci
Inferociti a più crudel battaglia.
Il di seguente era mattino ancora,
Quando Diomede, e Achille i lor soldati
Rimenaro alla pugna: Ettore, Enea
Non furono men lenti a trarre i loro
Fuori della cittade, ed a schierarli:
Già s’affrontano al fin, il sangue corre
A torrenti pel campo, essendo ancora
Questa volta dall’una, e 1’altra parte
Grande la strage. Il grand’Ettorre ammazza
Di quei Greci, che han nome entro l’armata
Orcomeno, Oramene, e Palamene,
Schedio, Epistrofo, Dorio, e Polisseno,
Ed Elpenore ancor. Uccide Enea
Nereo, e Amfimaco. Achille uccise poi
Asterio, Eufemio, Ippote; e Diomede
Mesto, e Xantippo ammazza. Agamennone
Vedendo di morir tanti suoi duci,
Suona a raccolta, ed i Trojani lieti
Prendon gli alloggiamenti. Agamennone
A consiglio di nuovo i duci appella,
Loda ciascun delle lor opre, e tutti
Esorta agir con più coraggio in guerra,
Assicurando, che di giorno in giorno
Verrebegli di Misia un gran soccorso;
E che sebben finor per gli Trojani
La fortuna si stasse, in breve tempo
Sperava, che cangiar doveva aspetto,
E ‘l dì seguente Agamennon costrinse
Tutt’i duci, e soldati a uscire in campo;
Dall’altra parte Ettorre i suoi condusse,
E si diè la battaglia. All’una, e all’altra
Parte cadeano a più migliaja i morti,
E se la notte sospendea la zuffa,
La ripigliava la seguente aurora;
E un tal tenor durò ottanta giorni,
Combattendosi assai gagliardamente
E con coraggio inusitato, e nuovo.
Agamennone allor vedendo un tanto
Numero immenso di feriti, e uccisi,
E non avendo a seppellirli il tempo,
Mandò legati a dimandare a Priamo
Di tre anni una tregua, e furo eletti
II Re Diomede, e Ulisse, a cui fu dato
Interceder dal Re spazio sì lungo
Per seppellire i morti, e risanare
I feriti, e le navi risarcire,
I soldati condurre, e provvederli
De’ necessarj cibi. I messi adunque
Mentre a Priamo venivano di notte,
Furo incontrati da Dolone, e chiesti
Perché armati venivano, risposto
Fugli, che andavan messi a Priamo in Troja
Dal lor duce spediti: e al Re condotti,
Della tregua gli fecero l’inchiesta.
Chiamò Priamo a consiglio i Capitani,
E loro raccontò ch’Agamennone
Gli avea messi inviati a chieder tregua
Per interi tre anni: ebbe a sospetto
Si lungo tempo Ettorre: e non ostante
Impose Priamo, che ciascun dicesse
Il parer suo, ed a ciascuno piacque
Accordarsi la tregua, e per quel tempo,
Ciò fatto, e stabilito, a seppellire
Si dà Troja i suoi morti, ed ai feriti
Dell’arte appresta i debiti soccorsi,
Indi rinnova ove sdrucito è il muro,
E più lo rende alla difesa adatto.