I territori dominati da Roma sono distinti dal colore bianco
Divinità romana protettrice dei viaggiatori, altra divinità simile era Adeona protettrice di quelli che tornavano.
Nome del figlio che nel Ratto delle Sabine, Romolo ebbe da Ersilia.
Nome dato a quella parte delle viscere degli animali immolati nei sacrifici che si soleva offrire alla divinità.
Dea silvestre e delle sorgenti, identificata con Diana col nome di Diana Abnoba. Era venerata nella Foresta Nera.
Questa parola, vuole designare quelli che sono senza origine, e cioè i popoli primitivi di ciascun paese. In questo modo sono chiamati gli abitanti autoctoni del Lazio che, fusisi con i Troiani, si chiamarono poi Latini dal re Latino.
Il fido compagno d'Enea, col quale, approdando alle promesse rive del Lazio, salutò per primo col nome d'Italia. La terra promessa dai fati.
In Acca Larenzia si mescolano mito e leggenda. Da un lato, essa è, un antichissima dea etrusca, acquisita dai Romani come prostituta semidivina protettrice dei plebei. Dopo aver passato una notte di preghiere nel tempio di Eracle, per volere del semidio incontrò un uomo ricchissimo che sposatala, la lasciò erede di una immensa fortuna, che a sua volta lasciò al popolo romano, che festeggiava la donazione con le feste dette Larentali, ricorrevano il 23 dicembre. Acca è anche chiamata Faula o Fabula simbolo latino di donna di facili costumi. Più tardi il nome di Acca Larenzia fu attribuito alla moglie del pastore Faustolo che aveva trovato Romolo e Remo. Pur essendo già madre di dodici figli, i cosiddetti fratres arvales, Acca Larenzia allattò e allevò anche Romolo e Remo. Dato che con la parola lupa i romani chiamavano le prostitute, ecco una spiegazione razionale, sebbene meno romantica, per la storia secondo cui Romolo e Remo erano allattati da una lupa.
Figlio del dio fluviale Crimiso in Sicilia, e di Egesta, nobile donna Troiana, accolse con cordiale ospitalità Anchise ed Enea, erranti alla faticosa ricerca della patria originaria della loro famiglia. Aceste fece, seppellire con grande onore sul monte èrice, il vecchio padre di Enea, Anchise.
Divinità che proteggeva coloro che facevano ritorno dai viaggi.
Divinità romana che rappresentava la Vittoria.
Significa casa e per i romani aveva due valori: Sepolcro nel senso di casa del defunto e tempio come casa del dio. Vi è però una precisa differenza fra Aedes e tempio. L'Aedes dopo la consacrazione del Pontefice era esclusivamente luogo di culto. Il tempio era inaugurato dall'Augure e oltre che per funzioni sacre era usato anche per funzioni civili. Il rito di consacrazione dell'Aedes era chiamato Dedicatio e ogni anno si celebrava la ricorrenza. L'Aedes era protetta dallo stato e l'affidava alle cure dell'Adituus. Anche i privati potevano costruire Aedes che non erano consacrate dal pontefice e non erano sotto la protezione dello stato. Con Aedicula si intendeva il diminutivo di Aedes, era una specie di cappella che poteva trovarsi anche dentro un tempio o ai crocevia. Con lo stesso nome si designava anche la cappella di famiglia.
I greci tenevano la sua effigie nelle loro case come buon auspicio poiché era il genio buono. La sua effigie era un piccolo serpente con la testa coronata e la coda con un fiore di loto, oppure come giovane che reggeva la cornucopia in una mano e nell'altra un mazzo di spighe e papaveri. Agatodemonisti erano chiamati dai romani la gente che non beveva altro.
Dea dell'Iniziativa, dell'Intraprendenza e dell'Industria. Era venerata dai romani anche col nome di Strenua. Aveva un tempio sull'Aventino.
Divinità latina, era onorata a Roma per dare una speciale forma di culto al dio Ignoto che aveva parlato per avvisare i Romani che i Galli si apprestavano ad invaderli.
Sibilla latina che dava i suoi oracoli vicino a Tivoli e per questo era chiamata Tiburtina.
Epiteto di Cerere che significa la Nutrice.
Dio fluviale romano ritenuto padre della ninfa Lara.
Moglie del re del Lazio e madre di Lavinia, desiderosa di farle sposare Turno re dei Rùtuli invece di Enea al quale il padre Latino l'aveva promessa. Amata incitò Turno perché facesse guerra al rivale e quando questi lo uccise, Amata si tolse la vita.
Per i Greci Eros, per i Romani Cupido, era rappresentato come un giovanetto nudo di grandissima bellezza armato di un arco col quale scagliava le infallibili frecce dalla cui ferita nasceva il mal d'amore. Era la personificazione della forza irresistibile che spinge gli esseri umani uno verso l'altra. Era venerato non solo come dio dell'amore ma anche come protettore delle amicizie fra gli uomini. Figlio di Afrodite e di Ares appena nacque Zeus al solo guardarlo conobbe quanti guai avrebbe combinato quel bimbo e cercò di convincere Afrodite a sopprimerlo.
Allora Afrodite per salvarlo da Zeus lo fece allevare di nascosto nei boschi dove le bestie feroci lo allevarono e nutrirono. Appena il bimbo crebbe abbastanza da utilizzare un arco se ne costruì uno di frassino e le frecce di cipresso, imparò da solo l'uso dell'arma addestrandosi con gli animali nell'arte di ferire gli uomini e gli dèi. Non risparmiò nemmeno la madre che scoccandole a tradimento una freccia la fece innamorare di Adone (unico amore della dea) che fu ucciso da Ares ingelosito. Afrodite gelosa della bellezza di Psiche pregò Amore perché la facesse innamorare del più povero dei mortali per togliersela davanti. Il dio vedendo la ragazza ne restò incantato e l'amò senza rivelarle chi egli fosse e senza farsi mai guardare altrimenti lo avrebbe perso. Psiche incitata dalle sorelle non resistette alla tentazione ed una notte accesa una lampada lo guardò, ma il dio svegliatosi di soprassalto per uno schizzo d'olio sparì. Psiche cercò inutilmente il suo amore anzi Afrodite la umiliava ed angustiava durante le sue ricerche. Infine i due si ritrovarono e Amore ottenne da Zeus che la sua amata fosse posta fra gli immortali. Dalla loro unione nacque la Voluttà. Leggi su come colpisce Apollo. Sulla sua nascita secondo Esiodo, Teogonia. Sulla sua natura secondo il Simposio di Platone. Su come Amore tiranneggia le sue vittime. Sul suo amore per Psiche, Apuleio L'asino d'oro IV, XXX e ss..
Fratello di Numitore spodestato del regno di Alba Longa costrinse la figlia (Rea Silvia) di lui a farsi vestale per non avere da Rea Silvia chi potesse contestargli il trono.
Eroe di Troia, figlio di Capi e di Temi cugino di Priamo e padre di Enea, figlio avuto da Afrodite, per essersi vantato del favore della dea fu da lei punito con la cecità. Dopo la caduta di Troia fu salvato dal figlio che lo portò a spalla. Durante il viaggio verso l'Italia, morì a Trapani dove il figlio gli diede onorata sepoltura sul monte Erice dove c'era un tempio consacrato ad Afrodite. Enea sceso nell'aldilà incontra il padre che gli dà le profezie sulla grandezza di Roma e l'Eneide così recita:
<< ... ma tu,
Romano ricorda che i popoli devi al tuo cenno piegare
questa sarà la tua arte
e imporre di pace sicura le norme, e grazia concedere ai vinti
e debellare i superbi >>. (VI)
Così erano chiamati i dodici scudi sacri di cui solo uno era autentico e gli altri imitazioni. Quello autentico era caduto dal cielo a Numa Pompilio quale segno di consenso degli dei ai quali aveva chiesto la protezione di Roma. Per paura che lo scudo potesse essere rubato Numa Pompilio ne fece fare altri undici uguali da Veturio Mamurio. Gli Ancili erano custoditi sul Palatino nella Curia Saliorum e portati in processione dai sacerdoti Salii ogni primo di marzo.
Dea romana addetta alla protezione delle tonsille e della angina, aveva pure il compito di proteggere gli amori segreti. Era raffigurata con l'indice della mano destra portato alle labbra, il 21 dicembre si celebravano le sue feste dette angeronalie.
Come si può dedurre dal nome, questa dea si occupava della buona salute della gola, oggi nelle nostre città fortemente inquinate, sarebbe molto utile avere tale dea.
Ebbene, questa è un'altra divinità che presiedeva alla salute in genere, meglio abbondare!
Sorella della fenicia Didone, dopo la morte della quale si ritirò a Malta. Avendo il fratello Pigmalione cercato di farla tornare in Fenicia, essa andò in Italia a sorvegliare Enea per l'abbandono del quale la sorella si era data la morte, ma incappata nella gelosia furiosa di Lavinia (moglie di Enea) si gettò nel fiume Numicio trasformandosi in ninfa.
Divinità latina dell'anno, le sue feste si celebravano con banchetti e giochi, si celebravano a Roma in concomitanza alle Idi di Marzo.
I romani intendevano con questa parola la raccolta di vettovaglie per l'esercito e la distribuzione dei generi alimentari al popolo da parte dello stato. Per dare maggiore importanza a questa attività fu personificata nella dea Annona ancella di Cerere e raffigurata con la Cornucopia il moggio e le spighe di grano.
Porto della Frigia dal quale salpò la flotta di Enea alla volta dell'Italia.
Aggettivo di Carmenta, divina veggente che secondo la tradizione, sarebbe venuta col figlio Evandro nel Lazio dall'Arcadia. Era invocata per proteggere i bambini dalle Striges, uccelli notturni che si credeva succhiassero il sangue dei bimbi in culla, e delle partorienti nelle doglie. Si credeva che Carmenta conoscesse il passato e il futuro, essa fu pure chiamata Antevorta, Postvorta e Prorsa.
Con questo epiteto che vuol dire: apportatore di ogni bene. Giove aveva un tempio a lui dedicato a Roma.
Senza dubbio dopo Zeus, Apollo è il dio più importante della mitologia greca e romana. Il mito di Apollo è legato a quello di Artemide (sorella gemella di lui) con le differenze sessuali ed ha un carattere parallelo. Latona sedotta da Zeus pellegrinò a lungo sulla terra per sfuggire all'ira di Era, nessuno volle ospitarla per timore della vendetta della tremenda dea, finalmente giunse a uno scoglio errante sul mare che la ospitò e in prossimità del parto lo scoglio si fissò al fondo marino con delle colonne diventando così l'isola di Delo.
Assistita dalla dea Iride Latona partorì i due gemelli Apollo e Artemide dopo un lungo e laborioso travaglio. Le due divinità hanno un che di misterioso e inavvicinabile che incute rispetto, entrambi munite di arco colpiscono da lontano e chi è colpito dai loro dardi muore senza soffrire. Apollo rappresenta l'autocontrollo, l'autoconoscenza e il senso della misura nel suo tempio a Delfi stava scritto Conosci te stesso. Egli si occupa anche delle espiazioni, delle purificazioni, delle guarigioni e tale compito gli rimane anche dopo avere dato le sue proprietà mediche al figlio Asclepio. Apollo è anche un dio profetico e dio del giusto e della purezza ed anche della musica difatti è rappresentato con la lira a capo delle Muse. Esso fu identificato anche con Elio e era immaginato alla guida d'un carro tirato da quattro cavalli e col quale conduceva il Sole per il cielo. Identificato come un giovane bellissimo e nudo. Il centro del suo culto era Delfi dove c'era anche il suo famoso oracolo e dove ogni quattro anni si celebravano in suo onore i giochi pitici. I romani lo venerarono come protettore della salute e come dio della divinazione in suo onore celebravano i giochi detti Ludi Apollinares. Per Apollo e Dafne, Ovidio, Metamorfosi. Per la sua avventura con Giacinto Ovidio, Metamorfosi X, 162 ss. Per la costruzione delle mura di Troia da parte di Apollo e Posidone Virgilio Iliade VII, 452 ss. e XXI, 441 ss. Per la ritorsione di Apollo verso Zeus per l'uccisione di Asclepio, Euripide nel prologo dell'Alcesti.
Fontana vicino Padova che guariva tutte le malattie.
Sacrificio agli dèi per ottenere il beneficio della pioggia.
Vento freddo di nord-est figlio di Eolo e dell'Aurora, era raffigurato come un vecchio coi capelli bianchi e con la coda di serpente e recava in mano un piatto di olive a simboleggiare le frequenti bufere che scatenava ad Atene città di Atena alla quale era consacrato l'olivo.
Luogo dove si compivano i sacrifici agli dei per mezzo del fuoco. Presso i romani si intendevano gli altari dedicati agli dèi e in senso estensivo ad ogni monumento commemorativo di una certa dimensione.
A Roma monumento edificato per celebrare la pace stabilita dall'imperatore Augusto dopo le guerre in Gallia e in Spagna. La costruzione fu decisa dal senato nel 13 a.C. e collocata nel Campo Marzio. Era formata da un podio rettangolare (ca 10 m per lato), e faceva da supporto all'altare vero e proprio era circondato da un recinto decorato da motivi floreali da figure umane. Sui lati del recinto sono rappresentati: la cerimonia dedicatoria, i Tellus, la Terra, la dea Roma, Enea e i penati.
Divinità che presiedeva alle fortificazioni e alle piccole città.
Figlio della dea Pecunia e dio dell'Argento.
Guerriero etrusco che con una freccia uccise la guerriera volsca Camilla.
sacerdoti istituiti da Romolo, esaminavano gli animali offerti in sacrificio agli Dei, per trarne i presagi. Se la vittima doveva essere trascinata con la forza all'altare, o se sfuggiva di mano al conduttore, o se schivava il colpo, o quanto altro rendeva difficoltoso il sacrificio, era di cattivo presagio. Per essere di buon presagio, la fiamma doveva elevarsi presto, impetuosa, piramidale, trasparente e senza fumo.
A Roma era un collegio sacerdotale. Erano in numero di 12 (Nei periodi imperiali il loro numero di tanto in tanto era superiore). e ogni anno alla fine di maggio celebravano gli Ambarvalia, feste religiose per la purificazione dei campi e per impetrare il buon raccolto. Nel Museo Capitolino vi sono frammenti degli annali (Acta frarum Arvalium) che essi incidevano su pietra per ricordare i piú importanti avvenimenti religiosi e politici di Roma. Gli Arvali si dedicavano al culto della Madre Terra (Dia). La loro sede era sul Palatino e poi fu spostata nel lucus deae Diae (bosco sacro alla dea Dia).I sacerdoti recitando il Carmen Arvale invocavano la protezione dei Lari e di Marte che inizialmente era una divinità campestre.
gli dei del Lazio antichissimo che proteggevano l'agricoltura. Fra essi: Dia, Marmar, Cerere, Libero, ecc.
Figlio di Enea e di Crèusa, continuò la guerra contro gli etruschi ed ucciso il loro re, fondò Alba Longa che fece capitale del suo regno, accolse nella città la matrigna Lavinia che temendo di essere odiata da lui vagabondava per i boschi col piccolo figlio Latino Postumo che succedette ad Ascanio.
Esculapio per i Romani, Asclepio per i Greci, era il dio della medicina. Dalle origini incerte non è chiaro se in origine fosse una divinità sotterranea della Tracia o se come nel caso di Imhotep in Egitto, un uomo realmente esistito che per la sua bravura in tale scienza fu elevato a divinità. Pindaro racconta che Asclepio era stato generato da Apollo e Coronide figlia di Plegia, re dei Tessali. Coronide prima di partorire si innamorò di un comune mortale di nome Ischi. Apollo furioso per il tradimento fece trafiggere l'infedele dalla sorella Artemide con una delle sue frecce. Quando la salma di Coronide si stava consumando nel rogo, Apollo le strappò dal grembo il frutto del loro amore, Asclepio. Apollo salvato che ebbe il figlio lo affidò alle cure del centauro Chitone che lo educherà all'arte medica e all'uso delle armi. Però fattosi adulto Asclepio sceglierà di alleviare le sofferenze umane con la medicina. La leggenda afferma che Egli avrebbe guarito le Pretidi dalla pazzia, i Fineidi dalla cecità e Eracle dalle ferite. Crescendo la sua notorietà, cresce pure la sua ambizione e così vuole sconfiggere la morte. Così inizia a resuscitare i morti: Orione, Ippolito, Capaneo e tanti altri. Con questo egli però supera i limiti imposti da Zeus, il quale irato lo fulmina. La morte del figlio causa l'ira di Apollo che in un momento di collera uccide i Ciclopi rei di aver forgiato le saette a Zeus, fatto questo abbandonò per molto tempo l'Olimpo. Asclepio ebbe da Lampezia quattro figlie: Panacèa (guariva tutti i mali), Iaso (provocava le malattie), Igèa (personificazione della salute) ed Egle. Gli attributi di Asclepio erano: lo scettro, la verga e il rotolo di libro. Gli erano sacri il serpente, il cane, le oche e il gallo.
Immunità data da un luogo sacro e poi il luogo stesso. Questa usanza era molto diffusa presso i Greci, essi pensavano che la santità di un luogo, tempio o bosco si trasmettesse a chi vi si trovasse e perciò diveniva sacro ed inviolabile. Pare che l'Asilo fosse inizialmente sconosciuto ai Romani. Augusto lo concesse al tempio del divo Giulio. Gli Imperatori erano avversi a tale usanza e perciò limitavano il diritto d'Asilo.
Nella Roma antica il collegio sacerdotale degli Auguri ebbe grande influenza e rispetto. Il loro compito consisteva nell'interpretare la volontà degli dèi, traendo l'auspicio dal canto, dal volo e dal modo di mangiare degli uccelli, e da ogni fenomeno naturale (tuoni, fulmini, piogge, temporali ecc.). L'augure si metteva con la faccia rivolta verso sud, figurando di stare al centro di un cerchio. La metà alle sue spalle era la pars postica, quella davanti a lui era la pars antica, a sinistra la pars familiaris (lato fausto) a destra la pars hostilis (lato infausto). Quindi un tuono che veniva da sinistra era un buon segno. Gli auguri allevavano pure dei polli per trarne auspici dal modo di beccare. I Romani non intraprendevano nessuna azione senza aver prima consultato gli auguri.
Nome latino di Eos.
Lago della Campania, cinto da irte rupi scoscese. A causa delle emanazioni solforose la leggenda romana poneva là l'entrata degli inferi.
Dèi che i Romani invocavano per essere preservati dalle sciagure e dai mali.
Uno dei tanti nomi per indicare il dio Dioniso. Gli erano sacre le foreste e le vallate dove viveva freneticamente. Fu dio della forza fecondatrice della natura, venerato dalle donne. La sua origine è alquanto complessa, quindi ci limitiamo a queste brevi righe onde evitare grandi confusioni.
Antica divinità della guerra a Roma. Il suo culto era legato a quello di Marte. A Roma aveva un tempio dove il Senato riceveva i generali vittoriosi e gli ambasciatori stranieri. Bellona era raffigurata ricoperta da un'armatura e con l'asta in mano.
Dea romana che custodiva gli incroci delle strade.
Divinità romana che si occupava di proteggere i buoi.
divinità romana dell'agricoltura, delle messi e di ogni attività umana.
Erano i servitori della Grande Madre Cibele. Erano considerati i protettori dei marinai che li invocavano chiamandoli Megaloi theoi, mentre i romani li chiamavano Dii magni potentes valentes, sull'isola di Lemno, erano chiamati Haphaistoi.
Caca, fu un'antica divinità del fuoco. Caco, invece era di statura enorme e ladro patentato di armenti, fu ucciso da Ercole perché il gigante mentre l'eroe riposava gli aveva rubato parte della mandria (i buoi di Geriòne), quando al risveglio Ercole scoprì di essere stato derubato si mise alla ricerca del maltolto e scoprendo che il ladro era Caco nella lotta che ne derivò l'uccise.
Antiche divinità latine che davano predizioni. Erano fatte offerte di latte e acqua.
Con questo nome i Romani chiamavano i bambini che assistevano i sacerdoti durante il rito.
Dea che aveva il compito di proteggere di notte le case per tenere lontani i vampiri Striges, si occupava anche della salute presiedendo al benessere del cuore e dell'intestino.
Divinità Romana degli inferi e dei riti funebri. Curava le malattie dei muscoli.
Il concetto della Luna e del Sole come carri. Gli antichi immaginavano che questi corpi celesti erano dei carri che volavano nel firmamento. L'idea del carro del sole e della luna si ritrova nella cosmogonia di molti popoli, quali: Egizi, indiani d'America, germanici, Indiani, Israeliti, Greci, Romani ecc. ecc..
I Romani invocavano questa divinità per avere il dono dello spirito e della sagacia.
dea punica, adorata a Cartagine con il nome "Tanit", denominata, nell'epoca imperiale romana, "Caelestis". Da Cartagine Eliogabalo fece portare nell'Urbe il suo simulacro, per poter celebrare le nozze tra la dea e il suo dio solare di Emesa.
Fu presso i Romani la divinità della vegetazione dei cereali e dei lavori agricoli. Fu associata alla Demetra dei Greci.
epiteto di Giano, dio delle porte; dell'Amore, custode del talamo di Venere, secondo quanto narra Euripide; di Ercole, portatore di una clava.
Fiume dell'Umbria, presso le sue fonti sorgeva un tempio dedicato al dio fluviale, che rendeva oracoli.
Sacerdoti Romani, istituiti da Servio Tullio. Furono anche detti Quirinali, perché il loro tempio era sul Quirinale.
Figlia di Giove e di Tèmi e ovviamente sorella della Pace. Presiedeva alla unione delle famiglie, dei cittadini e delle case.
I Romani avevano il culto di dodici grandi divinità, chiamate dèi noti o dèi consentes, essi erano:
I Maschi | Le Femmine |
Giove | Giunone |
Apollo | Diana |
Marte | Venere |
Nettuno | Minerva |
Mercurio | Cerere |
Vulcano | Vesta |
Questi dèi riconosciuti massimi, avevano come contrapposti gli dèi ignoti.
Divinità di origine Romana che presiedeva al concepimento umano.
Divinità Latina protettrice della terra e dell'agricoltura.
Dea Romana dell'abbondanza, identificata con la greca Amaltea. Era spesso confusa con la dea Fortuna, errore dettato dal fatto che entrambi le dee avevano le cornucopie come attributi.
Presso i Romani era la divinità che si occupava di conciliare il sonno ai bambini.
diffuso presso quasi tutte le civiltà più o meno antiche, è radicata la credenza di una continuazione della vita dopo la morte e della possibilità per i defunti di influire su chi ancora vive. Da ciò, e dall'importanza socio-culturale che riveste la struttura della famiglia nella sua continuità, sorgono il culto degli antenati ed i relativi rituali di venerazione e propiziatori. Tutti gli antichi popoli del Mediterraneo conobbero il culto dei defunti, che venivano considerati esseri transumanti, sorta di deità minori a protezione del focolare domestico. Dai culti primitivi si sviluppò presso i Greci il culto degli eroi, e presso i Romani il culto dei Mani. Il culto degli avi ha parte importante nello Scintoismo giapponese e nella religione popolare cinese.
Nome degli assistenti dei sacerdoti durante i sacrifici.
Dea che vigilava le culle dei bambini e in particolare il riposo dei pargoli.
Dea romana dell'inquietudine.
nome dato dai Greci e dai Romani alla dea Atargatis adorata a Ierapolis e il cui culto era diffuso in tutta la Siria e nei paesi del Mediterraneo orientale. Era invocata dai Fenici col nome di Astarte.
Dea preposta all'assistenza delle donne gravide.
Era una delle Parche latine. Le altre erano: Nìna e Mìrta.
Divinità latina, chiamata anche Devèrra, si occupava di proteggere la casa e le proprietà, di assistere alla nascita dei bambini e alla pulizia.
Sacerdote addetto al culto di Giove.
Dea della luna e della caccia protettrice dei boschi e della selvaggina, col nome di Lucina proteggeva le donne partorienti. Era pure invocata dagli schiavi e dalla plebe per averne protezione.
Era identificata con la Greca Artemide. Nei pressi del suo santuario vicino Ariccia: nel bosco sacro di Nemi, si svolgeva la cerimonia della successione del "Rex Nemorensis", il sacerdote preposto al culto della dea; a tale carica assurgeva uno schiavo fuggitivo che fosse riuscito a uccidere il predecessore in duello. Nelle figurazioni artistiche di solito appare come una giovane cacciatrice, spesso con arco e frecce. Accanto una delle favolose fontane della Reggia di Caserta (Opera del Vanvitelli), dove vediamo la dea con al seguito le Ninfe.
Come racconta Timeo, Didone in origine si chiamava Elissa, sposa di Sicarba e figlia di Muttone, re di Sidone. Quando il padre morì, lasciò il regno in parti uguali a lei e al fratello Pigmalione. Il fratello avido di potere, uccide e mantiene segreta la morte di Sicarba, sacerdote del dio Melkart. Una notte Sicarba appare in sogno alla moglie e racconta come il fratello di lei l'aveva ucciso, allora Didone temendo di essere uccisa a sua volta, carica tutti i suoi tesori su una nave e con un gruppo di fedeli fuggì, approdando in Africa settentrionale. Accolta benevolmente, Elissa fu dagli indigeni chiamata Didone. Le posero la condizione che poteva acquistare tanto terreno quanto ne poteva circondare una pelle di bue, allora Didone la tagliò a strisce così sottili da coprire una vastissima fascia di terreno. Quindi procedette a costruire una città che chiamò Cartagine, presto la città allacciò rapporti commerciali con altri popoli e divenne molto potente. Didone così divenne un partito molto ricercato fra i principi locali, considerando che era la Sovrana di Cartagine. Ma la donna volendosi mantenere fedele al ricordo di Sicarba, rifiutava tutti i pretendenti, finché il più forte Giarba di Massitania, non le dà un ultimatum: o lo sposa, o lui gli farà guerra. Allora Didone con la scusa di fare un ultimo sacrificio funebre a Sicarba, si getta nel rogo ardente, eliminando cosi il pericolo di guerra alla città e mantenendosi fedele al marito. La versione più nota della storia di Didone è raccontata nell'Eneide di Virgilio. Secondo Virgilio, il principe troiano Enea fece naufragio sulle rive di Cartagine dopo essere sfuggito alla distruzione di Troia con il padre, il figlio e i compagni. Didone, che si era votata alla castità dopo l'uccisione del marito, accolse benevolmente i troiani e si innamorò di Enea; i due divennero amanti, ma non poterono restare insieme perché Giove intervenne, ricordando a Enea che doveva ripartire per proseguire nella sua missione e fondare Roma. Alla partenza di Enea, Didone, disperata, si uccise gettandosi su una pira funebre. Leggi la splendida lettera che Ovidio le fa scrivere ad Enea
.Ercole la liberò da Càco. Era figlia di Evandro.
Divinità Latina degli inferi. Era figlio di Saturno e di Opi.
Divinità Ittita, equivalente a Giove. Era raffigurato come uomo barbuto, sopra un toro con un fulmine in una mano e una bipenne nell'altra.
Divinità Romana, era pregata affinché la sposa non abbandonasse la casa.
o dragone, mostro favoloso che si ritrova in tutte le antiche mitologie. Rettile alato con ali di pipistrello, con testa di cane, zampe di leone, e bocca con una o più lingue che vomita fuoco e fiamme. Nella letteratura e nell'arte cinese, è uno degli elementi più comuni, ed è considerato un essere benefico. Nella tradizione occidentale, invece, è generalmente identificato con un'entità malvagia e nemica dell'uomo, che solo un eroe può sconfiggere. Secondo la mitologia greca, trainava il carro di Cerere, e un drago dalle cento teste custodiva l'ingresso dell'Orto delle Esperidi e il Vello d'oro. Nella mitologia nordica e germanica, il Lindwurm, stava a custodia del tesoro dei Nibelunghi, finché non fu ucciso da Sigfrido. Nelle antiche leggende cristiane e cavalleresche è una delle incarnazioni del demonio: lo si raffigura lottante e sopraffatto dall'arcangelo Michele e da s. Giorgio.
Era la dea Fortuna, che a Roma era chiamata anche col nome sopra.
Altro nome della dea Bellona.
Presso i Romani era il custode del tempio. L'Edituo abitava nel tempio e si occupava della conservazione dei testi sacri, dei valori e faceva da assistente nei riti.
Divinità che si occupava dell'educazione dei giovani.
Divinità Romana che si occupava delle carni commestibili. Altri suoi nomi erano: Edùlia, Edùsia.
Ninfa delle acque e delle sorgenti, era protettrice delle puerpere, abitatrice di una fonte del Lazio, amica e consigliera di Numa Pompilio, la cui legislazione era stata da lei ispirata. Onorata a Roma in una grotta ove sgorgava una fonte presso la Porta Capena. Un'altra tradizione narra che Egeria sarebbe stata presente in una fonte del bosco sacro a Diana presso Aricia. Altra tradizione la voleva ancora, abitante di una fonte del bosco di Nemi, sacro a Diana, presso il lago di Nemi.
Dea della correttezza nel campo finanziario e monetario. I Romani la chiamavano Aequitas.
Nome romano di Eracle.
Divinità che presiedeva al conio delle monete. Altri suoi nomi erano: Es ed Esculàno.
Sposa di Romolo. Dopo la sua morte le furono tributati onori divini col nome di Ora Hora Quirini.
Figlio della ninfa Carmenta e di Mercurio. Re laziale della città di Pallantèa. Ospitò Eracle che liberò il suo territorio dal terribile Caco.
Figlio che Eracle ebbe da una figlia di Evandro, quando fu suo ospite. Fu il capostipite della gente Fabia.
Nome del dio Romano che educava i bambini a pronunciare le prime parole.
Fama, presso i Romani, divinità annunziatrice, e messaggera di Giove. Fama, immaginata come una donna sempre in moto, gridava continuamente e dappertutto notizie buone e cattive, era figurata giovane e irruente con ali cosparse di occhi, di bocche e di lingue, e in atto di suonare una tromba, oppure due (una per la verità, l'altra per la menzogna).
Demone personificazione della fame. Abitava l'ingresso dell'Ade in compagnia del Bisogno, dei Morbi e della Paura.
Riferito ai sacerdoti di Bellona e Cibele che durante i riti con danze e autolesioni cadevano in trance.
I Romani con questa parola indicavano la volontà divina data dall'oracolo. Fas è tutto ciò che è lecito, Nefas invece tutto ciò che è illecito.
Con Fascinum i Romani intendevano un incanto malefico simile al nostro malocchio. Come protezione da tale iettatura si portavano amuleti, il più usato era il segno fallico di Priapo, detto Fascinus. L'amuleto era appeso al collo dei bambini.
Divinità superiore agli dèi, alla quale nessuno può sfuggire e disubbidire. Gli dèi altri non erano che dei collaboratori del Fato e nulla potevano fare per cambiarne le decisioni. I Greci personificarono il Fato, nelle Moire. I Romani nelle None e Decume.
Divinità pastorali, i loro figli erano i Fauni, demoni silvestri pelosi e dall'aspetto caprino. Fauno era adorato come dio campestre che difendeva le greggi dai lupi, capace di incutere terrore.
Nome del pastore che raccolse Romolo e Remo.
Divinità personificazione della febbre Febris era specializzata in febbri normali e febbri malariche.
Divinità patrona del mese di febbraio e delle purificazioni.
sacerdoti che avevano compito simile a quello degli araldi di guerra. Generalmente erano destinati a dichiarare la guerra ed a presiedere ai trattati di pace. Quando un popolo offendeva la Repubblica, il feciale si recava da questi a chiedere di riparare all'onta, in caso contrario concedeva 33 giorni per riparare all'offesa, trascorsi infruttuosamente, il feciale rompeva liberamente la pace. Quindi tornava allora sul territorio nemico, e vi lanciava una lancia insanguinata, dichiarando guerra con cerimonie religiose.
Dal nome si può immaginare che presiedeva alla fecondità, però a quella femminile.
Divinità che personificava la lealtà e l'onestà nella vita pubblica e privata.
Personificazione della buona sorte, protettrice dell'imperatore.
Divinità Latina delle fonti.
epiteto di Giove Capitolino, quando i condottieri vittoriosi gli offrivano durante una cerimonia sacra i bottini di guerra.
Dea latina dei boschi, degli orti e delle fonti. Gli schiavi liberati andavano nel suo tempio a prendere il cappello che li contrassegnava come liberi.
Era la dea che era invocata dai viaggiatori stanchi, per essere aiutati. Inoltre si occupava di quelle malattie cachetizzanti.
Collegi Sacerdotali specificamente addetti al culto di determinate divinità. Inizialmente furono tre soli; il flamine di Giove, quello di Marte e quello di Quirino; poi arrivarono a quindici. Particolarmente importanti i Flamini romani facenti parte al collegio dei Pontefici e composto da quindici Flamini, tre maggiori e dodici minori. I primi tre furono istituiti dal Numa Pompilio ed erano il flamine di Giove flamen Dialis (andava fuori preceduto da un littore, aveva la sedia curule o da senatore, l'anello d'oro, ed un posto in senato. Non poteva salire a cavallo, né giurare, né toccare fave od edera o carne cruda, e gli era vietato vedere lavorare la gente; laddove quando passava per le strade, un araldo lo precedeva per avvisare gli operai che sospendessero i loro lavori. Aveva il potere di assolvere i colpevoli che erano da lui incontrati per la via.), quello di Marte e quello di Quirino, divinità considerate molto importanti: Giove era identificato col cielo e le forze che esso liberava, Marte esprimeva la potenzialità guerriera, Quirino era noto anche come Romolo, fondatore della città di Roma. I flamini minori attendevano al culto di altrettante divinità, eccone un'elenco incompleto: Volturno, Pale, Furrina, Flora, Falacro, Pomona, Vulcano, Cerere, Carmenta, Portumno.
Divinità dei fiori, della gioventù e delle partorienti. Durante la sua festa (Floralia) le fanciulle che la celebravano a un certo momento della festa dovevano spogliarsi del tutto nude.
Era l'equivalente maschile della dea Flora.
Questa dea aiutava le donne fin dal menarca, per seguirle nelle mestruazioni e nella eliminazione dei lochi.
Dio che si occupava della custodia delle porte, compito che assolveva assieme a Cardèa e Limèntico.
Dea protettrice dei forni per la panificazione.
Dea dispensatrice di beni e di mali, arbitra delle sorti umane.
Dea romana simile alle Furie, aveva un tempio sul Gianicolo.
nella religione romana, spiriti o divinità secondarie considerate custodi delle sorti delle famiglie e dei singoli, di cui costituiscono il principio vitale. Il genius corrisponde al genètlio o daimon dei greci ed a spiriti di vario tipo, il cui culto era diffuso presso i popoli dell'antichità. I Romani lo ritenevano uno spirito buono, una specie di angelo custode che nasceva e moriva con l'individuo, lo accompagnava e ne dirigeva le azioni nel corso dell'intera vita. Uscendo dall'ambito familiare, dove era particolarmente venerato il genio del pater familias, in epoca imperiale il culto acquistò dimensione pubblica: si attribuì un genio protettore anche ai luoghi (genius loci), rappresentato per lo più sotto forma di serpente, immagine che imponeva il rispetto del luogo; fu venerato il genius populi romani in figura di giovinetto; con Augusto venne istituito il culto del genio dell'imperatore vivente. Iuno era lo spirito tutelare femminile che accompagnava ogni donna. Per estensione, il termine genio è impiegato per indicare anche figure minori presenti in varie mitologie, spiritelli a carattere benevolo o malevolo, collegati alla natura e ad aspetti dell'esistenza (geni della foresta, dei fiumi, dell'amore, della fecondità, ecc.).
In latino Cancello o barbacane. Dio romano del principio, della forza dei cancelli e di ogni passaggio. Raffigurato con due volti (a volte anche quattro)che guardano in direzioni opposte. Appare raramente nei miti. Ovidio ci narra la storia della ninfa Carna, la quale ingannava i suoi spasimanti inducendoli ad entrare in una caverna con la promessa di raggiungerli poco dopo e di giacere con loro: ed invece fuggiva rapidamente. Con Giano questo trucco non funzionò in quanto il dio la vide con l'altro volto, perciò fu costretta a concedergli i suoi favori, in cambio ebbe da Giano il dono di potere allontanare gli incubi della Notte, potere che usò per salvare il figlio Proca (futuro re di Alba Longa). Quando Tarpea tradì i Romani nella guerra contro i Sabini, Giano fermò i nemici allagando il passaggio. Ospitò Crono quando fu scacciato dall'Olimpo. Quale bifronte considerato che una faccia guarda avanti e l'altra dietro (quindi Futuro e Passato) considerato un dio del tempo e anche dio del sole (Levante e Ponente) e considerando che i movimenti del sole erano figurati come dei passaggi Giano divenne pure dio delle porte. Era figurato con una grande chiave in mano ed un bastone.
In origine dio e re del cielo, Giove era venerato come dio della pioggia, del tuono e del fulmine. Con Marte e Quirino formò la triade della religione romana. Dio del cielo e della luce, protettore dello Stato romano. Divenuto dio del trionfo e della vittoria, tutti i generali vittoriosi si recavano al suo tempio per deporre l'alloro della vittoria. Protettore del bene tutelava il diritto e la fede, dispensatore di pioggia e di cibi. I suoi attributi erano: l'aquila e la quercia.
Nella mitologia romana era il padre degli dei, figlio del dio Saturno. Con l'epiteto di Iuppiter Fidius era il custode della legge, il difensore della verità e il protettore di giustizia e virtù. Come protettore di Roma veniva chiamato Iuppiter Optimus Maximus ("il migliore e il più grande") I Romani lo identificarono con Zeus. Numerosi sono gli altri suoi epiteti: Lucezio quale divinità della luce, Summano quale dio del cielo notturno, Pluvio come dispensatore della pioggia, Libero come dispensatore dei cibi, Termino o Terminale quale dio dei confini, Statore in quanto induceva alla fermezza, Victor perché guidava alla vittoria. Anche le città avevano ciascuna il suo Giove particolare: Preneste il Giove Arcano, Tuscolo il Giove Maggiore, Lavinio l'Indigete, i Volsci il Giove Anxurus, e più tardi, con l'espandersi dell'impero romano, il Dolicheno, l'Eliopolitano, il Giove Ammone, ecc. Erano sacre a Giove l'aquila e la quercia, come pure le idi di ogni mese (feriae Iovis), quando gli si sacrificava una pecora bianca. Era rappresentato maestoso nell'aspetto, barbuto, semiammantato, con l'aquila ai piedi e i fulmini in mano, qualche volta anche con lo scettro.
Identificata con la Greca Era, fu sorella e sposa di Giove. Giunone era una divinità lunare, dea della fecondità, del matrimonio e della fedeltà coniugale, protettrice della purezza e della castità delle spose, assistente ai parti. Era la protettrice delle donne e fu venerata con nomi diversi. Come Iuno Pronuba presiedeva al matrimonio, come Iuno Lucina aiutava le donne nel parto e come Iuno Regina era la particolare consigliera e protettrice dello stato romano. Le erano sacre le oche e le giovenche bianche. Rappresentata come donna di grandissima bellezza e di grande dignità reale.
Divinità delle fonti e delle sorgenti, moglie di Giano e madre di Fonto.
Così era chiamato Marte nella sua invisibilità quando precedeva gli eserciti nella loro marcia di guerra.
Nome latino delle greche Cariti. Erano le tre dee della gioia, del fascino e della bellezza. Figlie di Zeus e della ninfa Eurinome, si chiamavano Aglaia ("splendente"), Eufrosine ("gioia e letizia") e Talia ("portatrice di fiori"). Le Grazie presiedevano ai banchetti, alle danze e ad altri piacevoli eventi sociali, e diffondevano gioia e amicizia tra dei e mortali. Accompagnavano principalmente le divinità dell'amore, Afrodite ed Eros, e assieme alle muse cantavano per gli dei sul monte Olimpo e danzavano al suono della lira del dio Apollo.
Per gli Oschi era una divinità simile a Venere.
Divinità raffigurante l'Onoratezza, insieme a Virtus (il Valore) era associato al culto di Marte.
Dio italico del Cielo venerato in Umbria. Menzionato nelle tabulae iguvinae le sette tavole di bronzo ritrovate nei sotterranei del teatro romano di Gubbio.
Divinità equivalente alla greca Igea spesso confusa con Salus.
Dio del Sonno era fratello gemello di Thanatos, la morte. Figlio della Notte, Hypnos era un dio benefico e dava il meritato riposo facendo uso della sua verga magica. I Romani lo chiamarono Somnus.
I Romani nel loro scrupolo religioso per paura di non avere compreso nella lunga lista qualche divinità, usavano adorare gli dèi Ignoti, divinità che comprendeva tutte quelle che sconoscevano e quindi facendo sacrifici al dio Ignoto, evitavano di fare offese a quella divinità eventualmente sconosciuta. Vedi Consenti dèi.
Divinità minore dell'agricoltura, si occupava di tutti quei lavori che venivano dopo la semina.
Appellativo di Fauno e personificazione dei sogni cattivi e angosciosi, si credeva fossero provocati da contatti anche sessuali con un essere demoniaco.
I romani distinguevano le loro divinità in dèi indigeti (Indigeni) e dèi novensides (Immigrati). Non esiste un criterio per questa distinzione perciò il campo è aperto a tutte le speculazioni degli esperti, ma nessuna soddisfa a pieno. C'è chi vede negli indigeti gli eroi divinizzati (usanza greca), altri vedono i novensides come gli dèi consentes (usanza greco-etrusca) Sta di fatto che i romani per le divinità novensides erano di larga manica e per gli indigeti qualche divinità ebbe l'appellativo anche individualmente quale l'Agonium Indigetis identificato con Sol Indiges che aveva un tempio sul Quirinale.
Erano le formule sacre che erano usate per invocare correttamente le varie divinità. Era convinzione che se la formula non fosse stata formulata correttamente o non fossero recitati tutti gli epiteti del dio, il dio non avrebbe ascoltato o avrebbe fatto finta di non sentire o non si sarebbe commosso. Chiamandolo invece come si doveva il dio era costretto a intervenire. Perciò era compito del Pontefice Massimo dettare queste formule al sacrificante, magistrato o sacerdote che fosse. Le formule erano custodite gelosamente perché si credeva che se cadessero nelle mani dei nemici potevano usarle per invocare gli dèi contro gli stessi romani.
I Romani con questo nome intendevano tutte quelle divinità sotterranee quali: Ade, Tartaro, Averno, Carna, Larenta, Laverna e Tarpea. In contrapposizione con le divinità celesti Dèi Superi e con le divinità della terra divinità ctoniche. Dispater regnava il mondo sotterraneo sua sposa era Proserpina. Il regno degli Inferi era popolato da: Lemuri, Lari, Larve, Genii e Mani.
nella religione dei Romani, i sacrifici, le vittime e le offerte che si dedicavano agli dei sotterranei e ai Mani. Le offerte venivano generalmente deposte sulle tombe.
L'Inferno romano rispecchiava l'Ade dei Greci, per cui era la dimora dei morti e non necessariamente luogo di pena, infatti, potevano esserci prati, fiumi, boschi e buoni e cattivi potevano convivere. Successivamente furono introdotti i Campi Elisi che facevano lo stesso parte dell'Inferno.
Divinità agricola minore, suo compito era proteggere la semina.
Divinità che tutelava e proteggeva tutti i lavori che si fanno con la scure. Nel parto delle gravide presiedeva al taglio del cordone ombelicale.
Re degli dèi degli Oschi. Simile a Giove.
Divinità latina che presiedeva alla conservazione della biada e alla prosperità.
Ninfa chiacchierona ( rivelò a Era (Giunone) gli amori di Zeus con Giuturna) figlia del fiume Almone, gli dèi per farla tacere incaricarono Mercurio di portarla negli inferi (ne sarebbe divenuta la dea), ma per strada il dio approfittò della ninfa rendendola madre dei Lari.
Assieme a Vesta e ai Penati, facevano parte a quelle divinità del culto familiare. A lato l'immagine di un Larario
Misteriosa e antica divinità sabina assimilabile a Lara e quindi considerata madre dei Lari.
Erano gli spiriti dei morti che in vita erano stati malvagi. Tormentavano e spaventavano i vivi, per tenerle lontane dalla casa in capofamiglia a mezzanotte per nove volte spargeva delle fave nere davanti la porta di casa.
Dio del focolare.
Dea del Grano che secondo i Romani si occupava di fare formare le spighe.
Dea probabilmente infernale, protettrice dei profitti leciti e non, dei ladri e truffatori e delle selve. I suoi luoghi di culto si trovano in boschi mal frequentati e dall'atmosfera sinistra.
Figlia del re Latino e seconda sposa di Enea. Enea giunto alle foci del Tevere riconosce che quella è la terra destinatagli e stringe alleanza con il re del posto, Latino, per suggellare l'alleanza ne sposa la figlia Lavinia. Ma già incomincia a maturare la guerra che vedrà i troiani contro i latini, guidati da Turno, re dei rutili e anche lui pretendente di Lavinia (Virgilio, Iliade VII).
Erano le anime dei morti.
banchetto sacro che si teneva in tempi di calamità, per placare lo sdegno del cielo. Durante questa cerimonia le statue degli Dei venivano tolte dai piedistalli e poste su letti messi intorno ad una tavola apparecchiata nel tempio, e offrivano loro a spese della Repubblica un lauto banchetto. I cittadini stessi tenevano tavola aperta a tutti, e invitavano indistintamente amici e nemici, poveri e ricchi, ecc. La cerimonia mirava a distrarre l'attenzione del popolo dallo spettacolo disastroso delle pubbliche calamità. Il primo lettisterno indicato dalla storia durò otto giorni, e fu celebrato nel 400 a.C., in occasione di una pestilenza che devastava Roma. Possiamo credere che il rimedio deve essere stato peggiore del male.
dea romana protettrice dei neonati.
Divinità italiche della fecondità, Libero era anche il dio della Vite.
Divinità che presiedeva ai funerali. Essa deve il suo nome alla libagione che si faceva sulla tomba del defunto.
Divinità romana che presiedeva alle purificazioni e ai sacrifici espiatori.
Con questo nome le partorienti evocavano l'aiuto e l'assistenza di Giunone.
Divinità che proteggeva i pastori e i greggi dai lupi.
Nome di diversi personaggi:
1) Figlia di Atlante e di Pleione e madre di Ermes;
2) La Maia dei Romani era moglie di Vulcano e annunciava la primavera;
3) La Maia indiana era madre della Trimurti e del dio dell'amore Kamadewa.
I Romani chiamavano così le anime dei morti, erano gli spiriti purificati divenuti tutelari della famiglia. Avevano culto particolare in famiglia.
Ninfa dei boschi ne aveva uno a lei sacro presso il fiume Liri.
Dio Romano della guerra, dei campi, degli agricoltori e della vegetazione primaverile. A Marte erano sacri il toro, il picchio, la quercia, il lupo e il cavallo. Le sue armi sono lo scudo e la lancia. Al suo seguito ci sono Pavor e pallor gli dèi rispettivamente della paura e del pallido terrore. Quando il popolo era colpito da carestie o epidemie si offrivano a Marte le primizie della terra, del bestiame e degli uomini per placare il dio. Tra le principali divinità di Roma, era considerato anche il padre del popolo romano, in quanto padre di Romolo, il leggendario fondatore della città; il suo altare si trovava nel Campo Marzio. Augusto attribuì a Marte il titolo di Ultor (vendicatore) e gli dedicò un nuovo tempio. I primogeniti che erano offerti al dio, divenuti adulti dovevano cercare nuovi territori guidati da Marte.
Divinità dell'alba compagna di Giano perché Pater matutinus. Era venerata anche come protettrice delle partorienti.
Dee protettrici delle fattorie. Raffigurate sedute, avvolte in mantelli chiusi sul petto da una fibbia e con ampie cuffie. Erano venerate in tutta la Renania dalla svizzera all'Olanda.
Nella complessa e pignola religione romana, non solo le donne, ma, anche gli uomini avevano un dio che proteggeva la loro fecondità.
Dea della medicina.
Divinità dell'Italia centro meridionale, venerata soprattutto dagli Osci, le erano dedicate le puzzose esalazioni del vulcano. A Roma le era dedicato un tempietto sull'Esquilino. Compito suo era proteggere dai fetidi miasmi.
Figlia di Melisseo, assieme alla sorella Amaltea allevò il piccolo Zeus.
Dea che proteggeva dalle malattie ginecologiche.
Venerata come una divinità era la personificazione della ragione.
Dio del commercio e protettore dei guadagni. Suoi attributi sono: il cappello alato, il caduceo, il gallo, lo scorpione e la sfinge.
Divinità agricola che proteggeva la mietitura.
Dea delle attività manuali, delle arti e dei mestieri, protettrice dei musici e degli scritturali nonché dei medici e della città di Roma. Identificata con Atena, non ne condivide le caratteristiche guerriere della collega greca. Con Giove e Giunone componeva la Triade Capitolina, venerata in un grande tempio sulla sommità del Campidoglio a Roma.
Dio che veniva in aiuto nelle piccole necessità della vita.
Come il nome lascia immaginare si tratta della personificazione della malattia.
antica dea romana alla quale era dedicata un'ara posta nel mirteto tra l'Aventino e il Palatino; in seguito venne identificata con Venere a cui il mirto era sacro.
Ninfa che generò con Mercurio gli dèi Lari. Era chiamata anche col nome di Tàcita.
Dio della fertilità dei campi.
Dio che si occupava di assistere alla nascita dei bambini. Era detto anche Nazio o Natio.
divinità femminile dei Romani, che le avevano eretto un tempio presso la Porta Viminale. Secondo Macrobio, Nenia era uno dei nomi della Morte, a Roma invocata con fervore.
Inizialmente fu dio delle fonti e delle acque. In seguito acquisì anche il mare e i fiumi divenendo simile al greco Poseidone. Figlio del dio Saturno e fratello di Giove, re degli dei, e di Plutone, dio dei morti. Altra foto, si ricorda che l'immagine è stata gentilmente concessa dall'Assessorato al Turismo Regione Campania - Ente Provinciale del Turismo di Napoli.
Disco luminoso che era posto sul capo delle divinità della luce, quali Elio e Selene. Divenuto in seguito attributo dei santi cristiani.
Altra divinità che assisteva le donne gravide, vista l'enormità di tali protettrici si può concludere che la vita per le donne gravide non era facile.
Dea protettrice della colonia romana di Norico (grosso modo l'Austria attuale).
Dio romano del grano nel momento un cui la piantina incominciava a mettere rami alla base del fusto.
nome con il quale presso i Romani venivano definiti gli dei stranieri importati da città conquistate e ammessi da poco tempo nella religione di Stato. Secondo Varrone sarebbero stati di origine sabina.
Dea dell'aritmetica.
Dio agricolo che presiedeva all'aratura delle terre.
Dio protettore di coloro che spianavano il terreno facendo uso dell'èrpice.
Divinità allegorica della comitiva di Marte. Figurato come un giovane armato di lancia nella destra e con una cornucopia nella sinistra. Era particolarmente adorato dai soldati.
Dea sposa di Saturno, aveva il compito di proteggere la fertilità, la natura, il grano mietuto e posto nei granai. Venerata come grande madre degli dei. Tutelava le montagne e le fortezze. Essendo raffigurata con una corona che aveva la forma delle mura di una città era nota anche come Mater turrita.
Dea romana alla quale era attribuita la morte dei bambini, per cui era invocata dai genitori perché tenesse lontana le malattie dai loro figli. Essa proteggeva gli orfani.
Dio romano che rappresentava la Morte.
Con questo nome era designato il gruppo di uccelli dal quale gli aruspici traevano le loro divinazioni. Questi uccelli erano: il gallo, la civetta, il picchio, la cornacchia e il corvo.
Era il nome dell'offerta fatta agli dèi nei sacrifici di animali e a volte di uomini.
Dea della raccolta della Biada.
Divinità nata dopo la guerra civile del 44 a.C. che segnò l'inizio di un lungo periodo di pace. La Pace dei Romani non aveva nulla in comune, se non il significato con la Irene dei Greci. Era figurata come giovane donna recante in una mano un ramoscello di ulivo e la cornucopia nell'altra.
Dea protettrice dei greggi e dei pastori. Da lei prese nome il Palatino, dove abitarono i primi pastori che formarono il primo nucleo di popolazione.
A Roma era la dea che teneva libere le strade.
Divinità latine simili alle Moire greche.
Divinità secondaria che presiedeva alla raccolta della biada.
Divinità romana invocata dalle mamme e dalle balie per liberare i bambini dalla paura. Proteggeva inoltre dalle malattie nervose.
Erano i numi tutelari della casa e del focolare. Proteggevano la casa e badavano al suo benessere, ogni famiglia aveva i suoi Penati. Ogni comunità, quartiere e città aveva i Penati ovvero demoni protettori ed erano legati al culto del fuoco sacro di Vesta.
Dea protettrice dei matrimoni presiedendo in particolare l'atto della deflorazione, la sua statuetta era messa nella camera nuziale nel giorno delle nozze.
Divinità alla quale era chiesto il modo di rivolgersi agli dèi per avere il loro aiuto.
Dio profetico della cerchia di Marte. Giovane bellissimo di lui si innamorarono tutte le ninfe dei boschi e delle sorgenti, ma Pico amò solamente Canente figlia di Giano. Un giorno mentre cacciava incontrò la maga Circe che vedendolo se ne innamora e lo vuole a tutti i costi ma Pico essendo innamorato di Canente, respinge la maga che risentita lo muta in picchio ed ancora oggi l'uccello picchia i tronchi degli alberi perché non riesce a sciogliere l'incantesimo che lo lega a quelle forme.
Personificazione della virtù del compimento dei propri doveri verso gli dèi, lo stato, i genitori e i figli, virtù diversa da quella indicata dalla nostra pietà.
Dio protettore della casa e propiziatore di numerosa discendenza.
Figlio di Crono e di Rea. Quando i fratelli si spartirono il governo del mondo a lui toccò il mondo sotterraneo. Raramente egli lascia il suo regno per incontrare gli altri dèi, invece incontra spesso Ermes che aveva il compito di accompagnare le anime dei defunti. Plutone andava nel mondo dei vivi per cercare la compagnia femminile. La sua uscita più famosa è stata quella in cui andò a rapire Persefone per farne la sua sposa. Chiamato anche Ade col tempo divenne il nome degli Inferi.
presso gli antichi Romani, epiteto di Giove in quanto elargitore di pioggia.
Dea che si occupava della maturazione dei frutti e della coltura dei giardini e degli orti. Era sposa di Vertùnno anch'egli dio dei frutti e dei cambiamenti di stagione. Era figurata come giovane donna con in mano una cornucopia piena di ogni sorta di frutta e nell'altra un ramo fiorito. Custodiva le erbe medicinali.
Libro nel quale era contenuta la lista degli dèi e dei libri che narravano il culto ch'era dovuto alle divinità.
I Romani chiamavano così gli inservienti dei templi che portavano all'ara sacrificale le vittime.
Dio protettore delle case, delle porte e di chi entrava ed usciva. In seguito diventò anche protettore dei porti.
Aiutava i neonati a bere il primo sorso d'acqua.
Figlio di Afrodite e di Dioniso. Nato deforme con pancia enorme, lingua lunga e membro mostruosamente smisurato. Nascendo così brutto Afrodite lo rinnegò e lo abbandonò. Lo allevarono dei pastori che dalla sua mostruosità fallica ne avevano tratto dei buoni auspici per la fertilità dei campi e dei greggi. Così Priapo divenne il dio dell'amore pratico e della fertilità delle campagne. Gli era sacro l'asino ed era figurato come vecchio barbuto seminudo con un enorme membro eretto e munito di falce. Proteggeva inoltre gli orti e le vigne dai ladri, dai golosi e dagli uccelli. Ispirò la poesia Priapea dai versi e dai contenuti alquanto sconci. A noi sono giunti all'incirca 80 carmi priapei.
Divinità che assistevano alla costruzione degli edifici.
nell'antica Roma, matrona che preparava ed assisteva la sposa durante le nozze. Doveva essere di provata moralità e univira (avere contratto un solo matrimonio e non essere divorziata). Era anche un epiteto di Giunone (dea protettrice del sacro vincolo coniugale).
Divinità romana dall'origine incerta, il suo culto si istituì durante una pestilenza presso il Campo di Marte. Non ebbe grande venerazione a Roma e molto rare sono le iscrizioni dove appare il nome della dea che invece appare molto frequentemente nella poesia dove però è identificata con la Persefone dei Greci.
Divinità Romana che presiedeva alla castità coniugale, il suo culto fu associato a quello della famiglia imperiale. A Roma aveva due templi.
A Roma erano i letti sui quali durante le cerimonie religiose erano sistemate le immagini degli dèi per dare l'impressione che assistessero ai giochi sacri o ai banchetti.
Dio romano della Quiete e del Riposo, i suoi sacerdoti erano chiamati Silenziosi.
Dio sabino a volte confuso con Marte. Diede il suo nome a uno dei sette colli di Roma, il Quirinale. Fu anche identificato con Romolo e quindi venerato come eroe nazionale. A Quirino furono associate le divinità minori Virities Quirini.
Leggendaria madre di Romolo e Remo, forse era una dea dei boschi adorata sui colli albani.
Dio che proteggeva il ritorno. Fu questo dio che indusse Annibale a fare marcia indietro quando fu giunto sotto le mura di Roma.
Sacerdote addetto al culto di Diana nel santuario presso il bosco Ariccia. Qui si svolgeva la cerimonia della successione del rex nemorensis (“re del bosco”), a tale carica assurgeva uno schiavo fuggitivo, dopo aver ucciso in duello il predecessore.
A Roma i re oltre al potere politico esercitavano il potere religioso e in tale veste erano chiamati Rex Sacrorum.
Dio romano che proteggeva il grano dalla ruggine.
Dio personificante la città di Roma. In suo onore molte città dell'Asia minore e della Grecia celebravano delle feste per mostrare la loro lealtà alla dominatrice Roma.
Romolo e Remo, eponimi e fondatori di Roma, secondo il mito, fra l'altro intessuto di varie vicende contrastanti fra di loro. I due nomi presuppongono quello di Roma. Il mito narra che Romolo e Remo furono due gemelli nati dagli amori segreti del dio Marte con la vestale Rea Silvia figlia del re d'Alba Numitore. Questo fu spodestato dal fratello Amulio il quale ordinò di abbandonare i due gemelli della nipote Rea Silvia, che furono miracolosamente salvati, allattati da una lupa, quindi allevati dal pastore Faustolo. Divenuti adolescenti i due fratelli si fecero riconoscere dal nonno Numitore che liberarono, uccisero l'usurpatore Amulio e decisero di fondare una città presso il Tevere. Presi gli auspici, risultarono migliori quelli di Romolo che tracciò il solco della città quadrata sul Palatino. Remo derise l'opera del fratello e sacrilegamente contaminò il pomerio saltando il solco della cinta, e fu perciò ucciso dal fratello.
Secondo Diodoro Siculo Biblioteca Storica VIII 6, 1 e seguente - Romolo, nel procedere alla fondazione di Roma, fece subito circondare il Palatino da un Pomerio, affinché nessuno dei vicini pensasse di poterlo distogliere dai suoi propositi. Remo invece, poiché sopportava malvolentieri di essere stato scalzato dal primo posto ed era invidioso della buona sorte del fratello, recatosi presso i costruttori, screditava il loro lavoro: fece infatti presente che il fossato era stretto e che la città sarebbe stata mal sicura, poiché i nemici sarebbero facilmente penetrati al suo interno. Ma Romolo, pieno di collera, così replicò: «Ordinerò a tutti i cittadini di difendersi da chiunque cerchi di varcare il fossato». Remo, coprendo d'insulti i costruttori, di nuovo disse che stavano approntando un fossato troppo esiguo. I nemici lo avrebbero in effetti scavalcato in futuro senza problemi e lui stesso infatti poteva far ciò con facilità. E, mentre così parlava, oltrepassò il fossato. C'era lì un certo Celero, uno dei costruttori, il quale gli rispose: «Io però, sulla base dell'ordine del re, devo respingere chi scavalchi il fossato». E, nel dire ciò, estrasse la spada e, colpito Remo alla testa, lo uccise.
Romolo, rimasto solo re della nuova città, per ingrandirla aprí sul Colle Capitolino un asilo dove affluirono gli indesiderati delle altre città, quali avventurieri, ladri, assassini e quanto altro di corrotto c'era. Col ratto delle donne della tribù dei Sabini che abitava il vicino Quirinale dette loro mogli e assicurò la discendenza. A Romolo la leggenda attribuisce una serie di guerre, di conquiste esterne e la fondazione e il consolidamento dello Stato. Egli sarebbe stato assunto tra gli Dei col nome di Quirino, scomparendo miracolosamente durante un temporale; altre fonti della leggenda che lo rappresentano come orribile tiranno precisano che fu ucciso e tagliato a pezzi dai senatori. Collegato con la tradizione della morte violenta o della scomparsa di Romolo, era un luogo presso il comizio segnato con un lapis niger
I romani celebravano queste feste in onore dei defunti e durante le quali erano distribuite ai presenti delle rose che poi erano sparse sulle tombe. Queste feste erano chiamate anche Rosalie.
Divinità che proteggeva le greggi nella stagione dell'allattamento.
Dea romana della mietitura e del taglio del fieno.
Divinità protettrice dei campi.
Altra divinità protettrice dei campi.
Soprannome delle divinità dei campi.
Nome che era dato ai luoghi consacrati e recinti allo scoperto con al centro l'altare.
Termine che era dato alle festività religiose.
era chiamato sacrario il luogo destinato alla conservazione degli oggetti sacri.
Dea del mare mosso ritenuta moglie di Nettuno.
divinità della mitologia romana preposta alla salvezza pubblica e privata a cui venne dedicato un tempio sul Quirinale. Fu in seguito (293 a.C.) identificata con la dea greca Igea, connessa col culto di Asclepio.
Divinità romana identificata con Crono. Dio dell'agricoltura. La leggenda narra che Saturno spodestato da Giove approda sulle coste del Lazio dove è accolto da Giano, per sdebitarsi dell'ospitalità Saturno insegna al popolo i segreti dell'agricoltura. Giano per ricambiare a sua volta divise il suo regno con Saturno. Sua sposa era Opi, dea dell'abbondanza; suoi figli erano, Giove, re degli dei, Giunone, dea del matrimonio; Nettuno, dio del mare; Plutone, dio dei morti; Cerere, dea del grano. Nelle figurazioni artistiche, Saturno di solito compare con la barba, reggendo una falce o una spiga di grano.
Il nome è tutto un programma. Divinità che presiedeva alle malattie della pelle.
Questa divinità proteggeva dai morsi di serpente.
Era il coltello triangolare a base larga e con manico cilindrico che i romani usavano nei sacrifici.
Divinità dei campi, invocata durante la maturazione delle messi. Era chiamata anche col nome di Segesta.
Divinità dei campi invocata durante il periodo della germinazione sotterranea dei semi.
Divinità che custodivano le strade. Oggi occorrerebbero per i cavalcavia autostradali.
Divinità della cerchia di Giove, era garante nei giuramenti, nei patti e nei matrimoni. Il suo nome è dato dalla fusione di Dius Fidius e di Semo Sancus.
Dio protettore della vecchiaia.
Dea che aveva il potere di ispirare agli uomini i sentimenti e i pensieri. Era chiamata anche col nome di Sènzia.
questo dio proteggeva le gestanti nel parto e in particolare assisteva nel risveglio dei sensi.
Inizialmente era un dio del mare, in seguito divenne anche protettore della fecondità, della medicina e anche re dei morti nel Tartaro. Ritenuto l'incarnazione del toro sacro Api, il suo culto era associato a quello di Osiride.
Vergini che avevano avuto dagli dèi il dono del vaticinio.
o Acherba (secondo Virgilio), figlio di Belo e marito di Didone. Pigmalione, fratello di Didone, l'uccise a tradimento, per impadronirsi dei suoi enormi beni.
Divinità inferiori dei campi e delle foreste, erano confusi coi Satiri e coi Fàuni a causa del loro aspetto, in quanto anche i Silvàni avevano gambe caprine e due corni in fronte.
Dio che custodiva gli armenti, i campi e la loro fecondità. Era figurato come vecchio con una corona di pino sulla testa, un ramo della stessa pianta e una forbice da giardiniere nell'altra con accanto un cane. Difendeva le greggi dagli attacchi dei lupi che spaventava con urli bestiali. Dal suo culto erano escluse le donne.
Dio del Sonno era una divinità benefica e dava il meritato riposo facendo uso della sua verga magica. I Greci lo chiamavano Hypnos.
Era la dea della speranza quindi la personificazione dell'attesa fiduciosa di lieti eventi. Figurata come una ragazza in piedi con un fiore in mano.
Divinità latina dei campi, era invocata per liberare le messi dalle spine.
Divinità romana invocata in aiuto al sorgere di incendi.
Divinità che aiutava i bimbi ad avere forza sulle gambe e quindi a camminare speditamente.
Chiamato anche Sterculo era il dio della concimazione dei campi.
Divinità preposta all'assistenza delle donne gravide, stimolando la nascita del bambino.
Dea sabina che proteggeva la salute pubblica e lo scambio di doni per capodanno. L'usanza risale a Tito Tazio che ad ogni anno nuovo usava offrire rami tagliati dal bosco sacro a Strènia, da ciò viene il nome di strenne. Era chiamata anche col nome di Strenua e come dea della salute pubblica fu sostituita da Igea.
Divinità minore latina che assisteva al matrimonio.
Sogni che prendevano la forma di donna.
figura mitologica romana, dio dei fulmini notturni. Gli fu edificato un tempio nel 275 a. C. ca, presso il Circo Massimo.
Erano gli dèi contrapposti agli dèi Inferi. Erano chiamati anche dèi del cielo.
Divinità nella quale forma è adorato il divino silenzio. Era chiamata anche col nome di Mùta.
o Talassione, dio romano delle nozze, corrispondente all'Imene dei Greci. Il suo nome veniva invocato e ripetuto a gran voce nelle cerimonie nuziali.
Figlia di Spurio Tarpeio, quando i Sabini guidati da Tito Tazio attaccarono la fortezza capitolina, Tarpèa ottenne di parlare con Tazio e gli propose di consegnargli le chiavi della fortezza in cambio di tutto ciò che i soldati indossavano sul braccio sinistro. Lasciò entrare i Sabini durante la notte costringendo i difensori ad allontanarsi e quando i Sabini ebbero il controllo della collina a Tarpèa furono consegnati gli scudi (indossati sul braccio sinistro dei soldati) che coprendola la uccisero. Tarpèa era anche il nome di una divinità degli Inferi.
Dea della semina e delle messi, ritenuta anche divinità degli Inferi. Fu identificata con Demetra e Cerere e in seguito con la Terra Mater. Chiamata anche col nome di Tellure è raffigurata come donna sdraiata che reca nelle braccia la cornucopia.
Era così chiamato il carro riccamente intarsiato d'oro e d'avorio e sul quale erano portati in processione i simulacri degli dèi per le contrade di Roma.
Dio custode delle proprietà terriere e dei confini dello stato, vendicatore delle usurpazioni territoriali. Di probabile origine sabina aveva un altare nel tempio di Minerva sul Campidoglio. A lui erano sacre le pietre che segnavano i confini tra le proprietà e presero il nome di Termini, a volte in queste pietre era figurata una testa. Secondo la tradizione, il culto sarebbe stato introdotto da Numa Pompilio. In suo onore si celebravano le feste terminalie. Durante le feste Terminali erano offerte al dio focacce e corone.
Con questo nome era adorato il dio fluviale Tevere. Ritenuto figlio di Giano fu re di Alba, affogatosi nel Tevere diede il nome al fiume che era chiamato Albula.
I Romani che si mettevano in viaggio usavano invocare questa dea se si sentivano stanchi o avevano qualche incidente.
Divinità romana che si occupava di sorvegliare le messi e i prodotti della terra dopo che erano stati raccolti. In altre parole fungeva da magazziniere.
Mi sembra giusto ricordare agli utenti che i romani nella loro religiosità estrema, avevano un dio per ogni cosa, e questa dea dal nome ci lascia facilmente capire che presiedeva al benessere dell'utero.
Chiamata anche Vacuàna era la dea che presiedeva al riposo della gente di campagna.
Divinità latina che presiedeva ai primi vagiti dei bambini.
Era il nome sacro di Roma e tenuto nascosto dagli Auguri perché nessuno potesse imprecarlo.
Divinità che si occupava della salute in genere, diede il nome ai Valitudinari, che possono essere definiti i primi veri ospedali, al contrario di come avveniva negli Ascleipei, nei Valitudinari le cure al malato venivano date dentro il recinto sacro. Ancora oggi per dire di un ammalato cronico si usa definirlo Valetudinario.
Dio degli Inferi, della malaria, della febbre e dei morbi figurato come uomo con frecce e una capra, forse identificato con Apollo o con il Giove dell'oltretomba. Aveva un tempio sul Campidoglio e sull'isola Tiberina. Il suo nome viene interpretato dai grammatici come «piccolo Giove» o «cattivo Giove»
Dea della primavera, protettrice della fioritura nei giardini e negli orti, ma anche dea dell'amore, del desiderio e della bramosia. Identificata con la Afrodite dei Greci. Nel periodo imperiale fu venerata in diverse sembianze: come Venus felix, apportatrice di fortuna; come Venus genitrix era madre dell'eroe Enea, capostipite del popolo romano; come Venus victrix, colei che procura la vittoria; come Venus verticordia, protettrice della castità femminile. E adesso vediamo il controsenso dell'epiteto precedente, Venere era moglie di Vulcano, dio del fuoco e della lavorazione dei metalli, ma gli era spesso infedele. Tra i suoi numerosi amanti vi furono Marte, dio della guerra, il bellissimo pastore Adone e Anchise, padre di Enea. Venere era anche la madre di Cupido, dio dell'amore.
Figli di Urano e di Gea, erano sotto il dominio di Eolo loro re. Il loro regno era ubicato a Lipari dove Eolo teneva i Vènti racchiusi in una caverna, dopo che avevano arrecato grandi danni alla Sicilia staccandola dal continente.
nella mitologia, dea allegorica dei Romani, figlia di Crono, o di Giove, e madre della Virtú e della Giustizia. Era raffigurata quasi nuda, con in mano uno specchio o una palma.
ESTIA (per i greci) o VESTA (per i romani). Primogenita di Crono e di Rea, fu inghiottita e vomitata dal padre come gli altri fratelli (Ade e Poseidone) e sorelle (Era e Demetra) liberati da Zeus. Era perciò una delle grandi divinità dell'Olimpo dal quale non si mosse mai, al contrario degli altri dei che andavano e venivano per il mondo. Rifiutò l'amore di Apollo e di Poseidone e ottenne da Zeus di serbare eternamente la verginità. Era preposta alla protezione del focolare domestico e il suo fuoco sacro ardeva in tutti i templi. I Romani la chiamarono Vesta.
Dio della primavera e della natura. Innamoratosi di Pomona per convincerla a sposarlo si mutò in vecchia e quando con buoni consigli riuscì a convincerla riprese le sue sembianze e si fece sposare. Arrivati alla vecchiaia Vertunno si ringiovanì e ringiovanì pure Pomona senza mai tradirla.
Divinità latine che si occupavano della custodia delle strade più battute.
antico dio laziale venerato nel santuario di Diana nel "nemus Aricinum" presso il lago di Nemi, dove poi sarebbe sorta la città di Ariccia. In seguito alla penetrazione delle tradizioni mitologiche greche nel mondo romano, si affermò che Artemide-Diana aveva dato nuova vita a Ippolito, ucciso dai suoi stessi cavalli, facendolo rinascere quale Ippolito-V., il quale fu dapprima affidato da Diana alla ninfa Egeria, poi, sposo della ninfa Aricia, ebbe un figlio chiamato pure Virbio, il quale combatté insieme con Turno contro Enea. Secondo l'interpretazione del Pascoli, il nome deriverebbe da Vir-bis, cioè "uomo-due volte".
Divinità invocata dai romani quando scioglievano la cintura verginale alla loro sposa.
Personificazione del valore in battaglia fu assimilata da Bellona. Era solita accompagnare Marte.
Dea personificante la Vittoria in battaglia, identificata con la greca Nike e figurata come giovane donna alata. A Roma aveva un tempio sul Palatino.
1) Dio del fuoco terrestre e del fuoco celeste e protettore dai fulmini. Col tempo Vulcano fu identificato con Efesto e quindi divenne anche lui fabbro, la sua officina era posta nell'isola dallo stesso nome in prossimità della Sicilia.
2) VULCANO è l'antica Hiera Thermessa o Volcana, che, nella mitologia romana, era la dimora di Eolo, padre dei Venti.