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Misteri archeologici: cosa nasconde il ‘Massimino Farnese’ al MANN?

L’ipotesi del prof. Franciosi sulla statua, esposta al MANN, che da secoli nasconde la verità.

L’archeologia è una materia affascinante anche per i tanti misteri, svelati e da svelare, di cui è ricca. Per cercarne la soluzione non basta scavare, letteralmente, nei siti e nelle aree archeologiche, ma bisogna indagare, come dei veri e propri detective della storia e dell’arte, tra antichi documenti e reperti archeologici fino a trovare la soluzione del mistero. Spesso questo percorso, mai semplice, non porta a soluzioni definitive, ma a ipotesi più o meno plausibili, oggetto di discussioni tra gli studiosi. L’archeologo napoletano Vincenzo Franciosi, docente presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, è autore di diversi studi di questo tipo. Di un suo saggio in cui sostiene che il famosissimo Doriforo di Policleto esposto al MANN sia, in realtà, una raffigurazione di Teseo, abbiamo scritto nell’articolo che trovate al seguente link Il Doriforo del Mann: un Teseo con scudo e spada? . In questo, invece, parleremo di un’altra statua oggetto degli studi del prof. Franciosi e, da secoli, di analisi e discussioni tra gli studiosi: il cosiddetto ‘Massimino Farnese’. Questa scultura, esposta anch’essa al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), è stata ricomposta nei secoli in molte delle sue parti; quelle originali, che hanno interessato gli studiosi, sono il torso e la testa. Entrambi i reperti furono rinvenuti, separatamente, nell’aprile del 1768 durante gli scavi archeologici eseguiti a Ercolano nei pressi del Teatro, e si ritenne che la testa fosse appartenente al busto. Inizialmente si pensò che la statua raffigurasse l’imperatore romano Massimino il Trace, che regnò solo tre anni e senza mai aver vissuto a Roma, dato che durante il suo brevissimo regno fu impegnato in campagne militari. Ma il suo particolare aspetto fisico, (le fonti storiche lo descrivono come un gigante dalla forza sovraumana alto circa 2,35 metri), già nell’800 non convinceva gli archeologi che l’uomo raffigurato fosse lui; inoltre anche la testa, fino ad allora ritenuta parte della stessa scultura, non era somigliante al volto dell’imperatore romano riprodotto sulle medaglie dell’epoca.

Alla fine dell’800, l’archeologo Lucio Mariani mise in dubbio sia che la statua raffigurasse Massimino il Trace, sia che la testa appartenesse al torso in questione. Sul finire degli anni ’80 del secolo scorso, l’archeologa Stefania Adamo Muscettola riconobbe in Marco Nonio Balbo, pretore e proconsole romano nonché patrono di Ercolano nel I secolo a.C., l’uomo raffigurato nella testa assemblata al torso della scultura. Ma la storia di questa statua non finisce qui. Attraverso un’attenta analisi della scultura e degli studi fino a oggi fatti su entrambi i reperti, il prof. Franciosi afferma che la statua possa ritenersi una copia romana dell’Hermes del famoso scultore peloponnesiaco Policleto. L’archeologo napoletano giunge a tale conclusione attraverso numerosi indizi, a cominciare dal fatto che la testa non appartiene al resto della statua. I segni, in tal senso, si trovano nella sproporzione tra la testa e il collo, nella diversa lavorazione del marmo e dal fatto che i punti di congiunzione tra testa e collo non coincidono in modo naturale. L’attenzione del docente si è poi focalizzata sulla straordinaria somiglianza tra il cosiddetto Massimino Farnese e il Doriforo di Policleto. L’unica differenza evidente tra le due sculture è la clamide (un mantello usato ad Atene nell’antichità) sulla spalla sinistra del cosiddetto Massimino Farnese. A questo punto l’indagine si sposta in Grecia, precisamente a Messene dove, nel corso dei suoi scavi, l’archeologo Petros Themelis ha ritrovato tre statue descritte, nel II secolo d.C., da Pausania nella sua opera ‘Periegesi della Grecia’: una raffigurante Heracles, l’altra un Doriforo e l’ultima un Hermes. Quest’ultima straordinariamente somigliante alla scultura ritrovata a Ercolano, in molti particolari, compresa la clamide sulla spalla sinistra. Ulteriori studi e raffronti con altre sculture raffiguranti il dio Hermes sparse in vari musei del mondo, hanno portato l’archeologo napoletano a concludere che il cosiddetto Massimino Farnese esposto al MANN, raffiguri in realtà il messaggero degli dei: Hermes! E la testa? Beh, anche su quella c’è ancora da indagare, dato che non tutti sono convinti della somiglianza con Marco Nonio Balbo. Altrimenti che mistero sarebbe?

Per approfondimenti: Il Massimino Farnese un tipo policleteo

Giorgio Manusakis