Breve disquisizione pseudo astronomica a cura di Musyca.
Da Caligine nacque Caos. Da Caos e Caligine nacquero Notte, Giorno, Erebo, Etere...
...Da Etere e Giorno nacquero Terra, Cielo e Mare. ...
... Da Iperione ed Etra: Sole, Luna e Aurora.
Da Saturno e Opi: Vesta, Cerere, Giunone, Giove, Plutone e Nettuno. ...
... Da Astreo e Aurora: Zefiro, Borea, Noto e Favonio. ...
... Da Atlante e Pleione: Maia, Calipso, Alcione, Merope, Elettra e Celeno. ... (le Pleiadi).
Da Dione e Giove: Venere.
Da Giove e Giunone: Marte. ... Igino, Miti
Fin dall'antichità il ciclo giorno/notte, le posizioni del sole, della luna, delle stelle e di tutti gli astri risvegliarono nell'uomo una grande curiosità, che lo indussero ad osservare questi fenomeni con meticolosità tale da notare il moto regolare degli astri e, ben presto, incominciò a servirsene durante i viaggi sia terrestri che marittimi per individuare la propria posizione (Omero nell'Odissea fa precisi riferimenti ad alcune costellazioni quali il Grande Carro, Orione, le Pleiadi, e dice di come si servissero delle stelle per la navigazione.); se ne servì per misurare il tempo, per calcolare lo scorrere delle stagioni e, quindi, stabilire il periodo più idoneo per la semina (nelle Opere e i Giorni di Esiodo ci sono informazioni di carattere astronomico, utili per individuare il momento migliore per l'aratura, la semina e la mietitura.). I fenomeni astronomici erano utilizzati anche a fini religiosi per la cadenza delle varie feste.
I Babilonesi studiarono le principali costellazioni e in particolare quelle dello Zodiaco; per perfezionare il loro calendario, studiarono i moti del Sole e della Luna, facendo corrispondere l'inizio di ogni mese con il primo giorno dopo la luna nuova. Intorno al 400 a.C. notarono che il moto del sole e della luna non avveniva a velocità costante, ma variabile. Da questa osservazione formularono i primi modelli matematici sul moto degli astri, coi quali poterono calcolare i tempi della luna nuova e quindi l'inizio esatto di ogni mese. Costruirono i primi strumenti per le osservazioni celesti e scoprirono il Saros (periodo di diciotto anni circa), per mezzo del quale prevedevano le eclissi di sole e di luna;
Gli Egiziani calcolarono la durata dell’anno solare con un valore molto prossimo al vero;
I Greci, popolo antico da me preferito, approfondirono le speculazioni astronomiche molto più degli altri popoli. A prova di questo c’è il fatto che esistono alcuni miti i quali narrano di personaggi mitologici legati alle stelle e alle costellazioni.
Tra essi mi vengono in mente: Talete (VI sec. a.C.) che sostituì la sfera celeste alla volta celeste; Pitagora (VI sec. a.C.) a cui si attribuisce la concezione della Terra sferica e isolata nello spazio; Filolao (V sec. a.C.) suppose la Terra non più immobile ma ruotante intorno a un punto dello spazio; Metone d'Atene (IV sec. a.C.) scoprì il ciclo metonico di 19 anni solari, pari a 235 lunazioni (tuttora usato per il computo ecclesiastico della Pasqua ortodossa.); Eudosso di Cnido (IV sec. a.C.) intuì la sfericità della Terra ed espose la teoria delle sfere omocentriche per la spiegazione dei moti apparenti planetari; Aristotele (IV sec. a.C.) modificò la teoria delle sfere di Eudosso, espose la teoria delle fasi lunari, negò il moto della Terra ritenendola immobile al centro dell'universo; Aristarco di Samo (circa 264 a.C.) ritenne la Terra mobile e ruotante intorno al Sole e con un metodo teoricamente esatto, che però lo condusse a risultati erronei, calcolò i rapporti tra le distanze della Luna e della Terra e tra i diametri solare e lunare; Eratostene di Cirene (ca. 276-196 a.C.) che, basandosi sulla misura della distanza zenitale del Sole ad Alessandria nel giorno in cui il Sole si specchiava nei pozzi di Syene (solstizio d'estate, a mezzogiorno) e sulla distanza tra Syene e Alessandria, calcolò la lunghezza del raggio della Terra; Ipparco di Nicea (II sec. a.C.) che, nel determinare le longitudini celesti delle stelle principali per la compilazione di un catalogo stellare, scoprì la precessione degli equinozi.
Stranamente, le forme delle varie stelle e costellazioni stimolarono la fantasia dei nostri avi che videro negli astri la conclusione delle varie vicende umane e divine. Posso dire che fecero anche di più, riuscirono persino a leggere gli eventi futuri, i pensieri e le volontà divine. A me non rimane altro che farvi leggere (non in ordine alfabetico ma così come mi sovvengono) quello che ho definito “Dal Caos alla Terra e dalla Terra alle Stelle”.
Breve leggenda ebraica: il re Nimrod lesse nelle stelle che presto sarebbe nato un uomo che lo avrebbe deposto e avrebbe rovesciato la sua religione. Allora fece costruire una torre di pietra in cui faceva rinchiudere tutte le donne gravide; quando nasceva un maschio veniva soppresso mentre le femmine erano rimandate a casa assieme alle madri con grandi onori. Così vennero uccisi settantamila bambini; ma quando la madre di Abramo rimase incinta, riuscì a nascondere la propria gravidanza, finché partorì in una grotta e poi abbandonò il bambino; ma Abramo sopravvisse e, superate le peripezie dell'eroe fondatore, divenne infine il capo del suo popolo (L. Ginzberg, The Legends of the Jews, Philadelphia, 1968-; trad. it. Le leggende degli ebrei, vol. II, Milano, 1997, pp. 16-31).
Si racconta che un giorno cadde dal cielo un uovo di straordinaria grandezza che finì nel fiume Eufrate. I pesci lo trascinarono a riva ed esso fu covato da colombe che lo riscaldarono finché da lì nacque Afrodite, che successivamente fu chiamata Dea Siria. Ella superò tutti gli altri dèi in equità e rettitudine al punto che, per sua scelta, i pesci furono trasferiti fra le costellazioni. Ecco perché i Siriani considerano divini sia i pesci che le colombe ed evitano di mangiarli. Tratto da: Igino, Miti
Viveva in Tracia un re di nome Irieo che, un giorno, senza saperlo ospitò nella sua casa Zeus, Poseidone ed Ermes. Irieo ospitò molto caldamente i tre pellegrini che, prima di ripartire, gli chiesero quale era il suo più grande desiderio e Irieo rispose che desiderava un figlio ma non riusciva a generarlo. Gli dèi presero un otre, lo riempirono della loro orina e ordinarono a Irieo di sotterrarla. Dopo dieci mesi ne venne fuori un gigante che venne chiamato Orione in ricordo di come fu generato. Questo gigante era ritenuto il più bello dei mortali, tanto che la dea Eos, innamoratasi di lui, lo rapì. Orione, da Poseidone aveva avuto il dono di potere camminare sulle acque. La sua prima sposa fu una certa Side, gettata nell'Ade dalla dea Era perché aveva osato gareggiare con lei in bellezza. In seguito, innamoratosi di Merope, nipote di Dioniso, ne chiese la mano al padre Enopione, che si dimostrò disposto a condizione che egli avesse liberato l'isola dalle belve che la infestavano. Il gigantesco Orione, da bravo cacciatore quale era, non ebbe difficoltà a sterminare le fiere e, dunque, richiese il suo compenso che Enopione glielo rifiutò. Orione, irato, prese un otre di vino e lo bevve per dimenticare, (a quanto pare più che per dimenticare, bevve per irretirsi); una volta ubriaco, penetrò nella stanza di Merope e la violentò. Enopione, allora, chiese vendetta al padre Dioniso, il quale ordinò ai Satiri di ubriacarlo fino ad addormentarlo, fu allora che Enopione lo accecò. Orione chiese consiglio alla Pizia di Delfi, che gli rivelò che avrebbe recuperato la vista se avesse volto le orbite ad Elios, sorgente dall'Oceano. Dunque, Orione, guidato da uno dei garzoni di Efesto (un certo Cedalione) giunse sulle rive dell'Oceano e, seguite le istruzioni dell’oracolo, riacquistò la vista. Riavuta la vista, Orione tornò a Chio con lo scopo di vendicarsi, ma non trovò Enopione che preventivamente si era nascosto in un rifugio fattogli da Efesto. Credendo che Enopione si fosse nascosto da Minosse, Orione andò a Creta e, non trovandolo neanche là, si mise a cacciare e minacciò di sterminare tutti gli animali. Gea, per evitare la strage, mandò un'enorme scorpione che lo uccise. La versione più diffusa raccontava che Orione avesse tentato di usare violenza alla stessa Artemide: la dea allora lo fece pungere da uno scorpione e il giovane morì. Sia lo scorpione che Orione (è il gigante che domina la volta celeste nel periodo delle piogge e delle tempeste. ) furono trasformati in costellazioni, è questo il motivo per cui la costellazione di Orione fugge per tutto il cielo lontano da quella dello Scorpione. Un'altra versione del mito dice che Orione usò violenza a Opi, una fanciulla Iperborea al seguito di Artemide; la dea per vendicarla lo uccise con le sue frecce. Sulla sua fine ci sono altre versioni che non ci è possibile elencare senza creare ulteriori confusioni. Uno degli episodi sulla vita di Orione narra che quando le Pleiadi stavano attraversando la Beozia, Orione le vide e cercò di farle sue; le Pleiadi fuggirono per evitare di essere stuprate. Orione imperterrito le braccò per sette lunghi e terribili anni, finché Zeus impietosito per proteggerle trasferì le Pleiadi in cielo. Orione è la più bella costellazione equatoriale, a sud di Toro e Gemelli, presso il margine della Via Lattea. Compresa tra 22° Nord e 12° Sud. Le sue stelle principali, di prima grandezza, sono: Betelgeuse, Bellatrix, Rigel e Saiph.
Ninfe delle selve, delle fonti e delle paludi, figlie di Atlante e di Etra, Iadi dal greco Hyades significa le Piovose. Esse erano 7 o 11, ecco i nomi di alcune di esse: Fesile, Ambrosia, Coronide, Eudora, Polisso. Si pensava che fossero state trasferite in cielo da Zeus, impietosito dalle loro sorte: consumate dal pianto per essere state scacciate dall’isola di Nasso per mano di Licurgo, in quanto nutrici di Bacco. E così divennero le piovose stelle della costellazione del Leone. Secondo un'altra versione, furono trasformate da Zeus, per aver abbandonato (impaurite da Era) Dioniso infante. Un'altra versione, dice che morirono struggendosi in lacrime quando la loro sorella venne divorata da un leone. Zeus le mutò, allora, in un gruppo di stelle nella costellazione del Leone. Poiché il loro sorgere coincideva, in Grecia, con l'inizio della stagione delle piogge, gli antichi immaginarono che esse continuassero a piangere, dal cielo, la sorella straziata dalla belva.
Quando Dioniso alla conquista dell'India cercava invano dell'acqua, si dice che un montone sbucò fuori dalla sabbia, guidando Dioniso verso una fonte. Allora egli pregò Zeus di trasferirlo tra le stelle, infatti ancora oggi esso è chiamato ariete equinoziale. Inoltre, nel luogo in cui aveva trovato l'acqua, innalzò il tempio detto di Zeus Ammone.
Figlio di Giasone e di Demetra, inventò l'aratro, e, per premiarlo, Zeus lo assunse in cielo fra le costellazioni.
Cicerone nella sua Natura degli Dei così dice: «sotto il petto di Boote spicca immobile un astro lucente, Arturo dal nome famoso» e sotto i piedi di questo « la Vergine dal corpo fulgente reca una spiga di luce» . La costellazione di Boote comprende 139 stelle dalla prima alla sesta grandezza, ed è mitologicamente rappresentata da un uomo munito di clava (detto anche "bifolco") , che tiene a guinzaglio due levrieri.
Anche detta Dike o Dice, Figlia di Zeus e di Tèmi. Dea della giustizia, considerata il principio fondamentale per lo sviluppo di ogni società civile. Secondo il mito la dea viveva in mezzo agli uomini, ma, indignata dalle loro colpe, salì in cielo dove fu mutata nella costellazione della vergine. Secondo Igino, sue sorelle erano: Auxo, Eunomia, Ferusa, Carpo, Dice, Euporie, Irene, Ortosie, Tallo. Altri autori ne citano dieci con i seguenti nomi: Auge, Anatole, Musica, Ginnastica, Ninfe, Mesembria, Sponde, †elete atte e †Esperide e Diside.
Era il drago figlio di Tifeo ed Echidna (oppure di Ceto e Forcide o forse solo di Gea). Aveva molte teste (un centinaio), era poliglotta e perciò sapeva parlare ogni tipo di lingua. Quando fu uccisa da una freccia, scagliata da Eracle, venne trasformata nella costellazione del Drago.
Figlie di Atlante e della Oceanina Pleione. Esse erano: Alcione, Merope, Celeno, Elettra, Sterope, Taigete e Maia. Un mito narra che le Pleiadi erano inseguite dal gigantesco Orione che voleva violentarle, Artemide, per salvare la loro verginità, le mutò nell'omonima costellazione. Ma leggendo il mito di ogni singola Pleiade, possiamo notare che esse erano tutt'altro che vergini. Infatti, Zeus si era accoppiato con tre di esse: Maia che fu madre di Ermes, Elettra che gli diede Dardano, e Taigete che concepì Lacedemone, Sterope sposò Enomao dopo essersi unita con Ares, Merope a Sisifo. Inoltre Poseidone si unì in amore a due di loro, prima con Celeno e poi con Alcione. Nella costellazione le Pleiadi sono generalmente sette e splendono in cielo più o meno visibili, su questo fatto è nata la diceria che Elettra si rifiuti alla vista a causa della morte di Dardano e della distruzione di Troia. Altri dicono che Merope brilli di una luce rossa perché ha sposato un uomo mortale, mentre le sorelle ebbero sposi divini: perciò, espulsa dal coro delle sorelle, triste si discioglie le chiome, e viene detta cometa o longode - perché si estende in lunghezza - oppure anche "affilata", perché mostra la lama di una spada. Questa stella esibisce il suo lutto.
Questa nave fu trasferita dalla sua costruttrice Atena presso il circolo siderale; fu anche la prima nave ad aver mai solcato le acque. Tra le stelle appare a partire dal timone sino alle vele; l'aspetto e la forma di questa costellazione sono descritti da Cicerone nei Fenomeni in questi versi:
ed ecco che Argo scivola presso la coda del Cane
protendendo la poppa lucente
non come le altre navi che in mare avanzano di prua
solcando con i loro rostri i campi di Nettuno
ma come quando attraccando in porti sicuri
i naviganti fanno virare la nave con una grande ancora
e traggono sulla spiaggia molto desiderata la poppa,
così l'antica Argo naviga nel cielo all'indietro
e protendendo il timone dall'aerea poppa
sfiora le zampe del luminoso Cane.
Questa nave ha quattro stelle sulla poppa, cinque sul remo-timone di destra e quattro su quello sinistro, tutte simili tra loro. In totale tredici. Igino, Miti
Quando Dioniso andò a trovare gli uomini per mostrare la bontà dei suoi frutti, giunse presso Icario ed Erigone, che gli diedero ospitalità; il dio allora li ricompensò con un otre di vino e l'invitò a diffonderne l'uso ovunque. Icario caricò il vino e andò, insieme alla figlia Erigone e al cane Mera, in Attica, dove fece provare ai pastori la bontà del vino. Quelli però ne bevvero troppo e ubriachi caddero a terra in un sonno profondo; poi, credendo che Icario li avesse avvelenati, lo uccisero a colpi di bastone. Il cane Mera, ululando presso il padrone ucciso, guidò Erigone fino al luogo dove giaceva insepolto il padre; vedendo ciò che era successo, il dolore fu tanto che Erigone si impiccò a un albero sopra il cadavere del padre. Per questo fatto Dioniso si adirò e inflisse alle figlie degli Ateniesi una pena analoga. Gli Ateniesi chiesero allora all'oracolo di Apollo ragione di ciò; il responso fu che avevano lasciato impunite le morti di Icario ed Erigone. Dopo aver ricevuto questa risposta, gli Ateniesi fecero scontare ai pastori il loro delitto e istituirono contro il diffondersi del contagio una «festa dell'altalena» in onore di Erigone; decretarono inoltre che durante la vendemmia, le prime libagioni venissero dedicate a Icario ed Erigone. Padre e figlia, per volere divino, furono assunti tra le stelle; Erigone è il segno della Vergine, che noi chiamiamo Dike, Icario tra le stelle è chiamato Arturo e il cane Mera è la Canicola.
Zeus, assumendo l'aspetto di Artemide sedusse Callisto, figlia del re Licaone. Callisto infatti era un'accanita cacciatrice, e apparteneva al corteggio di Artemide. Cercò quindi di nascondere la sua gravidanza alla dea; ma un giorno, quando il gruppo delle cacciatrici andò a lavarsi in una sorgente, Callisto fu costretta a spogliarsi e a rivelare il suo stato. Adirata, Artemide la trasformò in orsa. Tempo dopo, Callisto partorì il figlio Arcade; poi venne catturata sui monti da un gruppo di pastori e portata presso il re Licaone, assieme al figliolo. In seguito Zeus venne ospitato da Licaone e questi osò imbandirgli in banchetto le carni di Arcade, ignorando la spregevole azione che stava compiendo, e lo fece servire a banchetto mescolato con altre carni; ma Zeus se ne avvide, e si alzò da tavola rovesciando la mensa. Licaone fu subito mutato in lupo, mentre Arcade venne resuscitato. Callisto continuò ad aggirarsi tra i monti in forma di orsa, finché un giorno, fu inseguita da un gruppo di cacciatori, guidati appunto da Arcade. Ma i due si introdussero senza saperlo nel santuario di Zeus Liceo, dove, pena la morte, era vietato entrare; e quando gli Arcadi stavano già per massacrarli, Zeus li trasferì in cielo e trasformò Callisto nell'Orsa Maggiore, mentre Arcade divenne la costellazione del Guardiano o Boote. (Ovidio, Met., 2, 409-530;) Secondo Pausania, 8, 3, 6 sgg., Zeus non abbandonò suo figlio, che la donna portava in grembo, e inviò Ermes a salvarlo; estratto dal ventre della madre moribonda, il bambino, chiamato Arcade, visse, e Zeus trasferì in cielo la sua amante, trasformandola nella costellazione dell'Orsa. Questa costellazione non si muove dal suo posto e non tramonta mai: infatti Teti, moglie di Oceano e nutrice di Era, le proibisce di tramontare nel mare; questo è dunque il grande Settentrione, di cui si dice in versi cretici:
E tu, nata dalla mutata ninfa Licaonide
e rapita dalle cime dell'Arcadia,
a cui Teti vieta di immergersi nel gelido Oceano,
perché osasti giacere con lo sposo della sua figlia
di latte.
Quest'Orsa, dunque, è chiamata Elice dai Greci, e ha sette stelle non troppo brillanti nella testa, due per ciascun orecchio, una sulla spalla, una splendente sul petto, una sulla zampa anteriore, una chiara sulla punta della coda; ha poi due stelle sul retro della coscia, due sulla punta del piede e tre sulla coda - in tutto venti stelle.
Erano le sette fanciulle promesse da Agamennone ad Achille se questi si fosse deciso a riprendere le armi contro Troia; furono poi trasformate in stelle e poste nella costellazione di Berenice.
Figlio di Pan e di Eufeme, il suo nome significa applauso infatti pare che ne fosse stato l'inventore, per esprimere la sua ammirazione verso le Muse, sue sorelle di latte, infatti, Eufeme, sua madre, era stata la balia delle Muse con le quali abitava sul monte Elicona. Zeus, esaudendo una preghiera delle Muse che erano grate al fratello, lo aveva trasfigurato in cielo in forma semiumana, nella quale le zampe equine stavano a indicare le sue doti di cacciatore a cavallo e le frecce l'acutezza del suo ingegno.
Crotos, tra le stelle, forma la costellazione del Sagittario, che galoppa nel cielo tendendo il suo arco.
Col mito di Cassiopea, pseudo astronomicamente parlando, possiamo affermare che si forma la più grande e svariata formazione di stelle e costellazioni, infatti, con essa si trasfigurano anche i seguenti personaggi: CASSIOPEA o CASSIEPEAMoglie di Cefeo re di Etiopia. Offese Poseidone, dichiarandosi più bella delle Nereidi. Per lavare l'onta dell'offesa Poseidone inviò un mostro marino a devastare la regione. L'oracolo vaticinò che solo il sacrificio di Andromeda figlia di Cassiopea, avrebbe placato il mostro. Così la ragazza venne legata a uno scoglio e, fortunatamente, fu liberata da Perseo. Alla sua morte fu dato il nome di Cassiopea all' omonima costellazione. CEFÈO (C1)Figlio di Aleo e Cleobule e re di Tegèa, fu nipote di Licurgo. Padre di Andromeda e sposo di Cassiopea. Diede la propria figlia Àuge in sposa ad Eracle e lo aiutò nella guerra contro i Lacedèmoni, purtroppo durante la battaglia, morirono sia lui che tutti i suoi figli (morì anche Ificle, fratello di Eracle). Fu uno degli Argonauti. Alla sua morte fu mutato dagli dèi in astro. ANDROMEDA (C1)Figlia di Cefeo re dell'Etiopia (indicava i paesi a sud dell'Egitto e genericamente l'Africa) e di Cassiopea. Essendosi la madre vantata che la figlia superasse in bellezza le Nereidi, queste risentite si rivolsero a Poseidone perché punisse l'oltraggio avuto e Poseidone mandò un mostro marino a devastare le coste del regno di Cefeo. Cefeo interpellato l'oracolo ebbe come responso che doveva abbandonare la figlia Andromeda alla mercé del mostro. I genitori sebbene addolorati acconsentirono alla brutale offerta anche perché spinti dal popolo rumoreggiante e fecero incatenare la figlia ad uno scoglio. Il Fato volle che mentre Perseo ritornava volando in patria la scorse ed incantatosi di tanta bellezza scese e si fece raccontare la storia, saputola si precipitò da Cefeo offrendosi di liberare Andromeda a condizione che gliela concedesse in moglie. Cefeo, sebbene Andromeda fosse già promessa al fratello Fineo, fu più che contento di accettare l'offerta di Perseo e addirittura gli promise la successione al trono. Perseo arrivò giusto in tempo alla spiaggia dove il mostro stava per attaccare la ragazza, ma l’eroe, libratosi in volo con la scimitarra (dono divino), iniziò una durissima lotta della quale ne uscì vincitore. Liberata Andromeda la riportò a corte dove il padre Cefeo si affrettò a mantenere la parola organizzando la festa nuziale, purtroppo la celebrazione fu rovinata dall'ex pretendente Fineo che, armi in pugno, voleva far valere i suoi vecchi diritti su Andromeda. Cefeo cercò invano di far capire al fratello che non era il caso che reclamasse visto che non aveva fatto niente per liberarla dal mostro. Nacque così una furibonda lotta che, avvantaggiato nel numero ebbe il sopravvento su Perseo che si vide costretto a tirare fuori la testa della terribile gorgone Medusa, pietrificando tutti i suoi avversari. Perseo ebbe da Andromeda e seguenti figli: Perse, Alceo, Elettrione, Stenelo e Gorgofona. Il figlio Perse rimase col nonno Cefeo mentre gli altri fecero ritorno con lui in Grecia. ALGOLPer questa stella, senza alcun dubbio possiamo essere felici che le stelle siano lontane e non tutte siano visibili ad occhio nudo, infatti Algol viene dall’arabo (così come tutte le parole che iniziano per al-) e significa testa di Medusa, e, come è facile immaginare, appartiene alla costellazione di Perseo. PERSEO (C1)Figlio di Danae e di Zeus e nipote di Acrisio re di Argo. Polidette re di Serifo, aveva accolto Danae quando il padre l'aveva chiusa in una arca e buttata in mare. Polidette voleva sposare Danae e considerava d'impaccio il giovane Perseo che era contrario a questo matrimonio, dunque pensò di toglierselo dai piedi spingendo il giovane ad imprese impossibili. Perseo, con l'incoscienza della gioventù, dichiarò che era capace di portare la testa della Medusa a Polidette e questi lo prese in parola. Perseo si avviò dunque senza nemmeno sapere dove trovare la Gorgone, ma Atena ed Ermes lo misero sotto la loro protezione, il dio gli regalò una scimitarra seghettata, dei calzari alati che lo facevano volare e un elmo che rendeva invisibili chi lo indossava e gli disse di chiedere alle Graie, che abitavano a nord ed erano in possesso di notizie utili. Perseo, raggiunse le Graie, sottrasse alle dee il loro unico occhio, usandolo per ricattarle. Scoprì dunque dove trovare le Gorgoni. Poco lontano dal giardino delle Esperidi, oltre l'Oceano, Perseo trovò le Gorgoni addormentate. Per evitare l'effetto pietrificante della loro vista, si avvicinò dando loro le spalle, guardando attraverso lo scudo che Atena gli aveva donato e che reggeva come uno specchio. Inoltre la dea gli guidò la mano, aiutandolo a decapitare Medusa con la scimitarra donatagli da Ermes. Dal collo mozzato assieme al sangue uscirono il cavallo alato Pegaso e Crisaore. Senza guardare, mise la terribile testa nella bisaccia e, grazie ai calzari alati, volando, fece ritorno a casa; durante il viaggio, dalla bisaccia cadevano delle gocce di sangue: quelle che cadevano nel deserto diventavano vipere e quelle che finivano in mare si trasformavano in corallo. Le Gorgoni, quando si risvegliarono videro la sorella decapitata e si precipitarono a inseguire Perseo, ma grazie all'elmo dell'invisibilità, il ragazzo riuscì a sfuggire alla vendetta delle Ninfe Stigee. Stanco di volare, chiese ospitalità ad Atlante che rifiutò; allora Perseo, irato, si vendicò: mostrandogli la testa di Medusa lo mutò nella montagna che anche oggi ne porta il nome. La mattina dopo Perseo riprese il volo verso casa ma non giunse tanto presto a causa della sua avventura con Andromeda. Pur non avendo colpa della morte del nonno, Perseo non volle succedergli sul trono di Trezene e lo scambiò con quello di Tirinto e nei pressi fondò Micene. Le mura della città furono edificate dai Ciclopi. Dopo moltissimi anni di sereno regnare, gli toccò affrontare l'invasione di Dioniso con i suoi Satiri e le sue Menadi, che volevano introdurre il culto orgiastico del dio, ma né Perseo né i suoi sudditi volevano saperne. Dioniso, allora, colpì le loro donne con la pazzia che incominciarono ad uccidere i loro figli. Perseo, appoggiato da Era che detestava Dioniso (figlio bastardo di Zeus), incontrò l'orda in battaglia campale e mutò in pietra Arianna, moglie di Dioniso, il quale, infuriato per la perdita della sposa, distrusse Micene. A quel punto intervenne Zeus che inviò Ermes per ricordar loro di essere entrambi figli suoi e placò l'animo di Dioniso dicendogli che Arianna sarebbe stata posta fra le stelle. Alla sua morte Perseo fu posto fra le stelle dell’emisfero boreale. PEGASO (C1)Figlio di Poseidone e di Medusa. Insolito il suo modo di nascere, Medusa era già gravida quando Perseo le mozzò la testa e proprio dal collo e dal sangue di Medusa nacque Pegaso il cavallo alato. Portava sul mondo i lampi e i tuoni di Zeus finché venne domato da Bellerofonte che, seguendo il responso di un oracolo, passò una notte nel tempio di Atena, durante la quale la dea, con delle briglie d'oro in mano, gli apparve in sogno facendogli vedere come usarle. Al suo risveglio trovò le briglie accanto a sé e facendone uso così come aveva visto nel sogno riuscì facilmente a domarlo. L'eroe cavalcando Pegaso compì diverse imprese quali: l'uccisione della Chimera e la lotta contro le Amazzoni. Pegaso, non volendosi prestare a un sacrilegio, disarcionò Bellerofonte quando questi voleva farsi trasportare sull'Olimpo per raggiungere gli dèi. Pegaso trovò nuovamente rifugio nelle stalle olimpiche e al servizio di Zeus, recandogli i tuoni e i lampi. Secondo una credenza ellenistica, dopo la morte di Bellerofonte, Pegaso scese sull'Elicona e, mentre le Muse cantavano, batté lo zoccolo sul monte producendo una fessura dalla quale sgorgò una fonte le cui acque donavano l'estro poetico. |
figlio di un Satiro e di una Ninfa, che viveva sui colli di Ismaro, si diceva che Dioniso si fosse innamorato del rustico giovinetto infatti, fu a lui che il dio consegnò il primo grappolo d'uva che pendeva dai rami di un olmo; poi il giovanetto mentre cercava di raccogliere altri grappoli d'uva cadde dall'albero e morì, Dioniso addolorato lo portò fra le stelle.
era l'infedele auriga di Enomao, ucciso poi da Pelope per avere tentato di fare violenza a Ippodamia. Poco prima di morire, Mirtilo maledisse Pelope, come Enomao aveva maledetto lui, e questo fu causa della contaminazione che si trasmise di padre in figlio nella casata di Pelope. Il corpo di Mirtilo fu spinto dalle onde sulle coste di Fenea, in Arcadia, dove gli abitanti lo raccolsero e lo seppellirono tributandogli ogni anno un culto eroico che si celebrava durante una festa notturna. Secondo un altro racconto però pare che Mirtilo, per intercessione di suo padre Ermes, fu trasportato tra le stelle, dove forma la costellazione dell'Auriga. Per questo gruppo di stelle si davano altre origini: alcuni dicevano che fosse Orsiloco oppure Erittonio, entrambi considerati inventori della quadriga.
Si dice che quando Tifone arrivò in Egitto, tutti gli dèi presero una forma diversa e anche Pan cercò di salvarsi gettandosi in un fiume; in questo modo si trasformò in un essere per metà pesce e per metà capro, una forma così strana che Zeus ammirato lo trasferì in cielo nella costellazione del Capricorno.
Zeus, incapricciatosi di Alcmena, prese le sembianze del marito di lei, Anfitrione. Il dio passò con la donna un giorno e una notte d'amore, notte che in effetti durò tre giorni, poiché Zeus aveva ordinato al sole di riposarsi per tre giorni. Intanto fatto ritorno il vero Anfitrione, Alcmena fece i suoi doveri coniugali concependo Ificle, gemello uterino di Eracle.
Intanto, la gelosa Era accortasi dell'ennesimo tradimento del marito e -sapendo che il primo bambino che sarebbe nato nella casa dei discendenti di Perseo sarebbe diventato re- per fare dispetto a Zeus fece in modo che Nicippe, nuora di Perseo, partorisse in anticipo rispetto ad Alcmena, così per primo nacque Euristeo che divenne re. Zeus, furioso perché Era lo aveva giocato, riuscì ad ottenere un compromesso da Era: Eracle sarebbe diventato un dio se riusciva a portare a termine dieci imprese impostegli da Euristeo.
Eracle, ancora in fasce, strozzò due serpenti mandati da Era per soffocarlo. Crescendo fu istruito da Chirone nella medicina e nella chirurgia, Anfitrione gl'insegnò a guidare i carri, Castore lo allenò nella lotta, Eurito gli insegnò l'uso dell'arco e Eumolpo gli diede lezioni di canto e di lira.
Eracle si mise a girare per la Grecia, finché la Pizia non gli ricordò che doveva mettersi agli ordini di Euristeo per compiere le dieci imprese. L'idea di servire un uomo molto al di sotto di lui lo tormentava, ma non volendo disubbidire agli ordini del divino padre, si recò da Euristeo.
La prima fatica fu combattere il leone Nemeo che aveva una pelle che rendeva vano qualunque colpo sferrato con qualsiasi arma. La seconda fatica fu l'uccisione dell'Idra di Lerna dalle nove teste, una delle quali era immortale e le altre rinascevano non appena tagliate.
L'Idra aveva il corpo metà da ninfa e metà da serpente. Eracle l'affrontò e, dopo aver bruciato le teste mortali, con un enorme masso gli schiacciò quella immortale e così l'Idra morì in un mare di sangue.
Eracle bagnò le sue frecce in quel sangue allo scopo di rendere le ferite da esse inferte fossero mortali o, se la fortuna avesse assistito, inguaribili. La terza fatica fu catturare la cerva Cerinea dalle zampe di rame e dalle corna d’oro, ed era sacra ad Artemide.
Eracle, non volendo offendere la dea, non uccise la cerva ma, astutamente, la inseguì per un anno finché l'animale crollò sfinito e così l’eroe poté catturarlo. La quarta fatica fu catturare il cinghiale Calidone che terrorizzava l'Elide e l'Arcadia.
La quinta fatica fu pulire le stalle del re Augìa dal letame che da trent'anni non veniva ripulito. L'impresa sarebbe stata impossibile se Eracle non avesse deviato il corso del fiume Alfeo che, con la violenza delle sue acque, riuscì a portare via tutto lo sporco.
La sesta fatica fu sterminare gli Uccelli Stinfàli. Pericolosi, dal corpo interamente di bronzo, utilizzavano le penne come frecce. La settima fatica fu la cattura del toro di Creta, mandato da Poseidone come vendetta per il mancato compimento di un sacrificio promessogli.
L'Ottava fatica fu di uccidere Diomede, re dei Bistonti, che nutriva le sue cavalle della carne dei poveracci che si trovavano a passare da quelle parti. Eracle gli fece fare la stessa crudele fine.
La nona fatica fu rubare a Ippolita, regina delle Amazzoni, il Cinto regalatole da Ares. La decima fatica fu prendere i buoi del mostruoso gigante Gerione il quale aveva messo a guardia dell’armento un cane bicefalo (a due teste) e un drago con sette teste.
Eracle, per impossessarsi dei buoi, dovette uccidere Gerione e i compagni. Portando le bestie a Euristeo, durante il sonno, fu derubato di quattro giovenche dal gigante Caco. Al risveglio, Eracle, si mise alla ricerca delle bestie che trovò alla mercè di Caco. Per il possesso delle giovenche nacque una lite, durante la quale Eracle uccise Caco.
L'undicesima fu la conquista dei pomi delle Esperidi, custoditi dal drago Ladone e da Atlante. Per venirne in possesso, Eracle incaricò Atlante di andargliele a cogliere e intanto lui avrebbe sostenuto il peso del cielo al posto del titano.
Atlante si era finalmente liberato del gravoso compito e non volle più riassumerselo, ma Eracle con un’abile astuzia riuscì a cavarsela. La dodicesima e ultima fatica fu scendere nell'Ade e catturare Cerbero.
Piccola nota per concludere il discorso sulle fatiche di Eracle: furono dodici perché la seconda e la quinta non gli vennero riconosciute in quanto in una si era fatto aiutare e nell'altra aveva preteso un compenso.
Eracle uccise, con una delle sue frecce pregne del sangue dell’Idra, il centauro Nesso poiché questi aveva tentato di rapirgli la moglie, Deianira. Prima di morire, Nesso, consigliò a Deianira di bagnare una veste di Eracle con il suo sangue, solo così avrebbe ottenuto la fedeltà del marito.
Il consiglio di Nesso giunse opportuno per Deianira, poiché Eracle si era innamorato di Jole e stava per lasciare la legittima moglie. Deianira, seguendo alla lettera le istruzioni di Nesso, fece indossare a Eracle la veste imbevuta del sangue del centauro. Eracle, però, non appena ebbe indossato la veste, fu preso dai più atroci dolori, tanto che si fece preparare un rogo su quale balzò immediatamente, facendo dare fuoco a quel letto di morte. …Non c'è rimedio: avide le fiamme divorano il petto, un sudore livido scorre su tutto il suo corpo, combusti stridono i tendini, e lui, con le midolla sfatte da quella peste occulta, levando le mani al cielo: «Nùtriti della mia sventura, figlia di Saturno!» grida; «nùtriti e, contemplando dall'alto, malvagia, questo strazio, sazia il tuo cuore feroce! Ma se anche a un nemico strappo pietà (e dico a te!), troncami questa vita in preda ai tormenti più atroci, una vita odiosa, nata solo per i travagli. Un dono mi sarà la morte, un dono che s'addice a una matrigna!… Atena lo trae fuori e lo porta sull'Olimpo dove Zeus gli da per sposa Ebe e il dono dell'eterna giovinezza (Sofocle, Trachinie 555 ss.) (Sul matrimonio di Eracle con Ebe, vedasi Omero, Odissea XI, 602 ss.; Esiodo, Teogonia 950 ss.; Pindaro, Nemee 1, 69 ss.).
Per finire, Zeus, pose in cielo la sua costellazione nell'emisfero settentrionale tra la Lira e la Corona Boreale.
In tutte le rappresentazioni di questa figura umana, essa appare sempre capovolta, cioè con la testa in giù. In una mano tiene una clava, che si protende verso il basso.
Dalle vicende di questo eroe nascono tanti altri astri quali: le costellazioni dell'Idra, del Cancro, di Cerbero (4 stelle intorno alla Mano di Eracle), del Centauro, del Sagittario, ed altre.
Dios kuroi, significa figli di Zeus. Nella mitologia greca ci sono due coppie di gemelli a portare questo nome; Anfione e Zeto, chiamati Diòscuri tebani; Castore e Polluce i Diòscuri spartani.
I poeti che cantano l’amore fraterno e l’inseparabilità dei Diòscuri si riferivano a Castore e Polluce.
I Diòscuri aiutarono gli dèi nella lotta contro i Giganti. Parteciparono al viaggio degli Argonauti, alla caccia del cinghiale Calidonio, imprigionarono Etra madre di Teseo, reo di avere rapito la bella Elena che all'epoca era ancora bambina. I due fratelli sarebbero nati dall'uovo che Leda aveva concepito quando Zeus nelle spoglie di un cigno la fece sua; oppure da Zeus e dalla ninfa Talia. Erano delle divinità ctonie, per approfondire questo passo vedremo più avanti i Palici.
Castore nacque mortale, mentre Polluce era immortale. Quando decisero di prendere moglie, i divini gemelli rapirono le figlie di Leucippo, però le ragazze erano promesse a Ida e Linceo, anch'essi gemelli e cugini dei Dioscuri.
Ida e Linceo giurarono vendetta nei confronti di Castore e Polluce, così nella lite che ne seguì, Castore fu ucciso da Ida.
Polluce, inferocito e straziato dal dolore per la perdita del fratello, inseguì i due e raggiuntoli uccise Linceo. In quanto a Ida, venne incenerito da un fulmine da Zeus mentre stava per scagliare una stele contro Polluce.
Polluce, che amava il fratello, chiese a Zeus che gli venisse tolto il dono dell'immortalità per poter stare col fratello ma siccome questo non era possibile, Zeus gli offrì di vivere un giorno con Castore sull'Olimpo, e un giorno con Castore sottoterra.
Infine, Zeus li pose nella costellazione dei Gemelli, Castore, indica una stella di seconda grandezza, POLLUCE è il nome della stella b Geminorum, la più splendente (1,2 di magnitudine) della costellazione dei Gemelli.
Un'altra versione, molto meno romantica, narra che i cugini litigarono e si uccisero per la spartizione di una mandria di bestiame da loro rubata. In pratica dei volgarissimi abigei. Il mito narra che non potendo fare più nulla per la sorella Elena, si misero a proteggere la nave sulla quale la ragazza viaggiava. Cavalcandole affianco, proteggevano la sorella e la nave dalla potenza delle onde. Per cui furono molto venerati dai marinai, divenendone i protettori.
Figlia del centauro Chirone, aveva il dono di poter profetizzare. Violentata e ingravidata da Eolo, la povera Ippe, temendo l'ira del padre (se non fosse stata creduta di avere subito violenza), chiese e ottenne dagli dei di essere tramutata in puledra e, dopo il parto, fu mutata in costellazione celeste.
Ovviamente questa pagina non racchiude tutti i miti pertinenti alle stelle e alle costellazioni, ma bisogna accontentarsi! Musyca