Βαίτυλοι, antichissimi feticci fatti con pietre di forma conica, innalzati come altari alle divinità nei luoghi più disparati, venivano asperse con vino, sangue e in modo particolare con olio di oliva.
Quella di Delfi sta ad indicare la pietra divorata da Crono al posto di Zeus neonato. La pietra vomitata da Crono fu posta da Zeus a Pito (l'antico nome di Delfi) perché rimanesse per sempre il segno degli antichi avvenimenti:
"... Per prima
rivomitò la pietra che ultima aveva inghiottita;
e Giove la fissò nella terra dall'ampie strade,
nella santissima Pito, sottesse le valli Parnasie,
che rimanesse per segno, stupire facesse i mortali"
Esiodo,
Teogonia 495 ss.
Tale pietra, conservata ancora in età storica era oggetto di particolare venerazione; essa non va confusa con l'altra pietra sacra venerata a Delfi, l'«omphalòs», (l'ombelico) che segnava in Delfi il centro della terra.
Ἄβας diversi i miti con questo nome:
1. ABANTE, Re d'Argo, figlio di Linceo e d'Ipermestra, figlia di Danao, ebbe dalla moglie Aglaia, figlia di Mantineo due figli, Acrisio, e Preto (furono questi che dopo la morte di Abante dividono il suo regno in due parti: Argo e Tirinto). Rese florido il regno, fabbricò Abe (Pausania l. X, XXXV, 1) nella Focide, ed Argo Pelasgico nella Tessaglia; condusse gli Abanti nell'Eubea, e s'impadronì di molti paesi. Amava molto la guerra, e sapeva farsi temere infatti, dopo la sua morte, gli abitanti dei paesi conquistati si rivoltarono, ritornarono all'ubbidienza solo alla vista dello scudo, di cui si serviva Abante. Alcuni gli attribuiscono l'invenzione degli scudi; il che non può essere, perché suo padre gliene aveva già dato uno, quando egli recò la notizia della morte di Danao suo avo. Forse avrà inventato uno scudo di particolare forma. Eresse l'Heræum, tempio in onore di Era (Ἔρη) ed istituì le feste Eree e consacrando alla dea lo scudo datogli da Linceo. Tale scudo appeso alla volta del tempio divenne per Argo e per gl'Inachidi un potente talismano; lo si portava in processione ogni anno. L'atleta che vinceva ai giochi con cui si celebravano le Eree, aveva l'onore di staccarlo dalla volta e d'esserne portatore.
2. ABANTE, figlio di Melampo, con Laodamia procrea due figli indovini come il loro avo, Idmone e Cerano; Lisimaca sua figlia, sposa Talao ed ebbe cinque figli, Adrasto, Partenopeo, Pronatte, Mecisteo, ed Aristomaco, oltre una figlia, Erifile, che sposò poi l'indovino Anfiarao. (I personaggi di questo mito sono dotati dell'arte divinatoria).
3. ABANTE, figlio di Poseidone, e della ninfa dei flussi Aretusa (che inseguita da Alfeo per sfuggirgli chiede aiuto ad Artemide, la quale prima la avvolge in una nuvola e poi la trasforma nella fonte omonima). Da lui l'isola d'Eubea ricevette il nome di Abantide.
4. ABANTE, figlio di Metanira, e d'Ippotoone, altri dicono di Celeo. Quando Demetra era alla ricerca di Persefone, ebbe la sfortuna che la madre ospitò Demetra nella loro umile casa, Metanira offrì una tazza di ciceone alla dea che lo bevve con grande avidità suscitando le risa di Abante (che era un fanciullo), Demetra irritata da tale disprezzo, gettandogli addosso il resto della bevanda lo mutò in uno Stellione, o Ramarro, ovunque fu toccato dal ciceone, restò coperto di macchie, ciò lo portò a nascondersi dalla vista degli uomini (Ovidio,Metamorfosi, 5.). Si credeva che chi uccideva uno di questi animali facesse cosa gradita alla dea. Linneo diede alla Lucertola macchiata il nome di Lacerta stellio.
5. ABANTE, figlio di Erimante, ucciso da Diomede sotto le mura di Troia.
6. ABANTE, uno dei compagni di Enea nel suo viaggio in Italia (Virgilio, Eneide. l. I.).
7. ABANTE, valoroso toscano, che condusse ad Enea un soccorso di 600 uomini contro Turno, e fu ucciso da Lauso, figlio di Mezenzio (Virgilio, Eneide l. X.).
8. ABANTE, centauro, e buon cacciatore di cinghiali. Nella battaglia avvenuta nelle nozze di Piritoo, e di Deidamia si salvò colla fuga dal furore dei Lapiti, che lo avrebbero ucciso (Ovidio. Metamorfosi. l. XII.).
9. ABANTE, seguace di Perseo, che uccise Pelate nel combattimento accaduto nelle nozze di quell'eroe.
10. ABANTE, seguace d'Androgeo ucciso, e spogliato da Enea nella notte dell'eccidio di Troia, il cui scudo Enea appese alle porte del, tempio di Apollo in Azio (Virgilio, Eneide l. III).
Ἆβᾱρις Leggendario taumaturgo greco, sacerdote di Apollo, collocabile tra il VII ed il VI sec. a.C. Il suo ricordo in Erodoto e Pindaro ne riconduce la figura agli Iperborei, le popolazioni dell'estremo nord europeo, ed allo sciamanesimo. Per aver esaltato in versi il viaggio di Apollo agli Iperborei, fu fatto primo sacerdote di Apollo Iperboreo ed ottenne dal dio il dono dello spirito profetico ed una freccia d'oro, a cavalcioni della quale egli soleva fendere il cielo.
Αβατον, nome di uno dei cavalli di Diomede.
αὐθονία ἤ εὐθένεια, divinità allegorica che avrebbe accompagnato nell'esilio Crono, quando Zeus gli tolse il regno e lo bandì dall'Olimpo. Essa non ebbe mai né templi né altari né culto.
Negli antichi monumenti, essa è raffigurata da una giovane ninfa piuttosto pingue, il volto acceso di vivi colori, la testa cinta di una ghirlanda di fiori e di frutta, reggendo nelle braccia uno dei corni della capra Amaltea, ricolmo di vari prodotti della terra.
Gli scrittori antichi, nel rappresentarla, le fanno sparpagliare con la mano sinistra le spighe, e la vestono d'una tunica verde ricamata in oro. Il nome greco di questa divinità è da identificare con quello di Eutenia.
Ἄβδηρα, antica città marittima della Tracia, fondata (secondo la leggenda da Eracle) attorno al VII sec. a.C. Fu distrutta e ricostruita un secolo dopo; secondo alcuni, dall'omonima sorella di Diomede; secondo altri, da Temesio di Clazomene, o anche da Eracle, in ricordo di Abdéro, suo compagno ed amico.
Vi nacquero i filosofi Democrito, Leucippo, Protagora e Anassarco. Sede della scuola filosofica degli atomisti. Gli abitanti di Abdera furono ritenuti sciocchi e sul loro conto circolò nell'antichità gran quantità di storielle, benché la città potesse vantare un'insigne scuola di filosofi.
Ἀβδηρος, figlio di Ermes e della ninfa Thronia, era il giovane amato da Eracle.
Eracle lo portò con se quando intraprese l'ottava fatica consistente nella cattura delle cavalle antropofaghe del re dei Bistoni, Diomede. Eracle unita una squadra di volontari, assalì le scuderie, e portò le cavalle sulla riva del mare. Ma i Bistoni corsero in armi per impedire l'azione, allora Eracle affidò le cavalle ad Abdero. Ma, il giovane mancando di esperienza venne sopraffatto dalle cavalle che lo fecero a pezzi e lo divorarono. Eracle intanto aveva battuto i Bistoni, ucciso Diomede, e costretto alla fuga i superstiti. Il forzuto eroe per onorare il giovane amato, fondò la città di Abdera presso il sepolcro di Abdero, inoltre istituì dei giochi atletici.
Apollodoro, II, 5, 8
Curiosità del mito: sembra che questi giochi, per rispetto verso il giovane morto sotto i denti delle cavalle, non comprendevano corse ippiche.
Abdera, fu patria di Protagora e Democrito.
Ἀβαῖος Soprannome dato ad Apollo con riferimento alla città di Abèa, nella Focide, dove il dio aveva un celebre tempio ed un oracolo.
Ἀβία Figlia di Eracle, sorella e nutrice di Illo, venerata con grande onore in un tempio che le era dedicato nella Messenia. Si ritirò nella città di Ira, alla quale diede il suo nome e che, secondo Omero, era una delle sette città che Agamennone offerse ad Achille, per disarmarne l'ira così funesta ai Greci.
ἀβλᾰβής, nome che si dava alle Erinni o Furie, quando erano considerate sotto un aspetto mite e in attitudine di benignità verso chi riparava la colpa col sincero pentimento.
La parola, in greco, vale: scevre di colpa.
Ἀβράθοος, "che corre piano", per vendicarsi di Deriade che gli aveva rasato la testa (grave onta per gli indiani), parteggiò per Dioniso quando il dio mosse guerra agli indiani.
Ἀβρασάξ, è il nome segreto del Dio Supremo dal quale fu creata la Mente nella setta gnostica di Basilide (145 d.C. circa). Le lettere greche che compongono questa parola, considerate secondo il loro valore numerico, danno come somma 365, cioè il numero degli Eoni (vedi Aion), gli spiriti emanati dalla divinità.
Raffigurato con il corpo di un uomo con la testa di gallo, un braccio con uno scudo e l'altro con una frusta.
Άβρεττάνη Epiteto attribuito a Zeus dal nome della ninfa Abrèzia (Άβρεττία) dalla quale aveva preso il nome la località dove il culto del dio era particolarmente osservato.
Ἁβράθοος, epiteto attribuito più comunemente al dio Apollo. Significa immune da morte.
Άψεύς Nome di uno dei Giganti, figlio del Tartaro e di Gea, che mosse guerra a Zeus e fu da lui fulminato.
Άψυρτος Figlio di Eeta, re della Colchide, e fratello di Medea. Costei, mentre, con Giasone, si apprestava a partire sopra una nave, recando con sè il favoloso Vello d'oro, inseguita dal padre, per tenerlo a bada tagliò a pezzi il fratellino, e ne seminò le membra in mare; ciò le permise di fuggire, mentre il padre e i suoi uomini si fermavano a raccattare i miseri resti dell'ucciso, per dargli sepoltura.
Secondo Igino invece, Medea e Giasone erano giunti ad Istria da re Alcinoo, la li raggiunse Apsirto e sfidò Giasone a duello ma, Alcinoo si intromise perché non si battessero, allora i due contendenti lo elessero ad arbitro della questione: Alcinoo consegnò Medea a Giasone dicendo che già erano marito e moglie e che non poteva separarli. Quindi Giasone e Medea se ne partirono alla volta dell'isola di Minerva, dove Apsirto li raggiunse mentre stavano sacrificando e venne ucciso. Medea diede sepoltura al fratello e se ne partì. I Colchi che accompagnavano Apsirto, per timore di Eeta, si fermarono sull'isola e fondarono la città che in onore di Apsirto fu chiamata Absoris. L'isola si trovava in Istria di fronte a Pola e vicino Canta.
Ἀκακαλλίς Dea o figlia di Minosse primo re di Creta, fu madre dei fondatori di ben cinque città cretesi. Queste erano: Milatos, Axos, Cidonia, Tarrha e Elyros.
Άϰαϰήσιος Antica città dell'Arcadia, dedicata al dio Ermes Acacesio.
Άϰάϰητος Epiteto di Ermes, significa incapace di fare il male.
Άϰαϰος Figlio dell'arcade Licaòne, fu il marito della nutrice di Ermes.
Άϰάδημος Eroe attico il quale rivelò a Castore e Polluce il luogo dov'era stata nascosta da Teseo, che l'aveva rapita, la loro sorella Elena, allora bimba appena decenne, e ancora ignara delle vicende che le serbava il destino di Troia.
Fonte della Sicilia, consacrata ai fratelli Pàlici, celebre nella mitologia greca.
Ἀχαΐα, nei poemi omerici appare quale epiteto di tutta la Grecia, come terra conquistata dagli Achei. Storicamente col nome di Acaia si distinsero una regione del Pelopponeso e una della Tessaglia, l'Acaja Ftiotide considerata la terra d'origine degli Achei. Dopo la caduta di Corinto (146 a.C.) la regione fece parte della provincia romana di Macedonia et Acaia. Nel 27 a.C. divenne provincia senatoria che comprese tutta la Grecia.
(Ἀκαλανθίς) Una delle nove figlie di Piero re di Pella in Macedonia. Con le sue otto sorelle abilissime nel canto,osò sfidare le Muse nel canto, sconfitte per punizione furono mutate in uccelli, Acalantide divenne un cardellino, le altre in: colimbo, torcicollo, cencride, ghiandaia, verdone, anatra, picchio e draconte.
Ovidio nel V libro delle Metamorfosi ci racconta quali furono le fatidiche parole di sfida: ..."Smettetela d'ingannare la gente ignorante con gli incantesimi del vostro fascino: gareggiate con noi, se ne avete il coraggio, o dee di Tespie. Né per virtù di voce o d'arte ci vincerete e siamo nove come voi"... Ne parla anche Antonino Liberale in Metamorfosi 9. Mai sfidare chi è più potente di noi.
anche detto Talo, (Τάλος) nipote di Dedalo, si diceva avesse inventato la sega ed il compasso, suscitando la gelosa invidia di Dedalo che lo fece precipitare da una torre; ma Pallade, mossa a compassione di lui, lo trasformò in pernice.
Ecco come è narrato nell'VIII libro delle "Metamorfosi" di Ovidio: ...Tua sorella infatti, ignorandone il destino, t'aveva affidato il suo figliolo perché l'istruissi, un ragazzo di dodici anni appena, ma d'ingegno aperto ai tuoi insegnamenti. Questi, tra l'altro, notate le lische nel corpo dei pesci, le prese a modello e intagliò in una lama affilata una serie di denti, inventando la sega. E fu lui il primo che avvinse due aste metalliche a un perno, in modo che rimanendo fissa tra loro la distanza, l'una stesse ferma in un punto e l'altra descrivesse un cerchio. Preso dall'invidia, Dedalo lo gettò giù dalla sacra rocca di Pallade, inventandosi che era caduto; ma la dea, che protegge gli uomini d'ingegno, sostenne il giovinetto e lo mutò in uccello, vestendolo di penne ancora a mezz'aria. Così l'agilità che possedeva il suo straordinario ingegno passò in ali e zampe, mentre il nome rimase qual era. Tuttavia questo uccello non si leva molto in alto e non fa il nido sui rami o in cima alle alture; svolazza raso terra, depone le uova nelle siepi e, memore dell'antica caduta, evita le altezze.
Ἀκάμας
1) Figlio di Teseo e di Fedra, partecipò all'assedio di Troia, secondo Omero, fu inviato, insieme con Diomede, alla reggia di Priamo per chiedere la restituzione di Elena. L'ambasciata non ebbe séguito; ma Laodicea, una delle figlie di Priamo, s'innamorò d'Acamante, dal quale ebbe un figlio.
Tornato l'eroe al campo greco, fu scelto fra quelli che si nascosero nel famoso cavallo di legno; e quando, per l'inganno di Sinone, ne scese, nel furore della strage che seguì, secondo l'indicazione della schiava Etra che gli additò, mostrandoglielo, il figlio avuto da Laodicea riuscì a trarre in salvo l'uno e l'altra.
2) Figlio di Antenore e Teano. Figlio di Eussoro, capo dei Traci e alleato dei Troiani, fu ucciso da Aiace Telamonio
Άϰανϑίς Figlia di Autonoo e Ippodamia, pianse così tanto la morte del fratello da non avere più lacrime da versare. Gli dè impietositi la mutarono nel cardellino che ne porta il nome. Questo mito è molto simile a quello delle Eliadi, e di Fetonte!
altra Acantide è figlia d'Aiace Telamonio e di Glauca sua concubina.
1) Άϰανϑος figlio di Autonoo e d'lppodamia, fu divorato dai cavalli di suo padre e per pietà fu dagli dèi mutato come la sorella in acantide (canarino o cardellino).
2) Άϰανϑώ Giovane ninfa che corrispose all'amore di Apollo e ne fu ricompensata con l'essere cambiata nel fiore che le dà il nome.
3) ACANTO, nome di alcune antiche città: Acanto in Egitto, a sud di Menfi, sede di un tempio dedicato ad Osiride. Acanto nella Caria, in Asia Minore e infine Acanto nella Penisola Calcidica.
Άϰάρνας ἤ Άμφότερος fratelli e figli di Alcmeone e di Calliroe, per intercessione della madre, ottennero da Zeus il prodigio di diventare subito grandi e vendicare la morte del padre, ucciso dai fratelli di Alfesibèa.
(...«E allora Callìroe, figlia di Acheloo, pregherà l'eccelso Zeus di concedere ai propri figli ancora imberbi un'età più matura, perché la morte del vendicatore non restasse invendicata. Commosso, Zeus accorderà per primo i doni tuoi, Ebe, figliola e nuora sua, rendendoli adulti nell'età dell'infanzia». Ovidio, Metamorfosi, IX)
Alcmeone aveva tolto ad Alfesibèa un monile, da costui rubato alla propria madre Erifile dopo averla uccisa, per farne dono a Calliroe. Acarnana ed Anfotero uccisero i fratelli di Alfesibèa e consacrarono ad Apollo il fatale monile.
Ἀκαρνανία, regione storica della Grecia, fra il Mar Jonio, il golfo di Patrasso ed il fiume Acheloo che la divideva dall'Etolia. Fu dapprima territorio spartano, poi macedone.
Nel 314 a.C. si ricostituì, sotto il controllo macedone, in Stato federale. Fu poi spartita tra Etoli ed Epiroti. Recuperò poi l'autonomia, che mantenne anche in epoca romana fino a quando, nel 27 a.C., Augusto incorporò la regione nella provincia di Acaia.
Ἀκάστη, una delle ninfe Oceanine.
Άϰαστος Famoso cacciatore e uno degli Argonauti, figlio di re di Iolco, nella Tessaglia. Quando Giasone, obbedendo al comando di Iolco, gli ebbe consegnato il Vello d'oro, Iolco non volle più mantenere la promessa di cedergli il trono ; e allora Medea famosa maga che, innamorata di Giasone, con le magiche arti, l'aveva aiutato nella difficilissima conquista del Vello d'oro persuase le figlie del vecchio Pelia, per ringiovanirlo, di tagliare a pezzi il padre e farli cuocere con una mistura d'erbe da lei preparata.
Acasto, succeduto, così, nel regno al padre, si preparò a vendicarne la morte; ma Giasone e Medea si sottrassero con la fuga al meritato castigo.
Avendo Acasto bandito una gara per celebrare con giuochi funebri i funerali del padre, Pelèo, figlio di Eaco e di Endèide, volle parteciparvi; e, in questa occasione, Astidamia (secondo altri Atalanta), moglie di Acasto,s'innamorò follemente di colui che sarebbe, più tardi, divenuto il padre di Achille; ma non essendo riuscita a piegarlo alle sue voglie, lo accusò davanti al marito di aver voluto farle violenza: Acasto dissimulando il suo rancore, condusse a caccia Peléo; ed approfittando del sonno che l'aveva colto, per stanchezza sul monte Pélio, lo spogliò delle armi, abbandonandolo alla crudeltà delle fiere e dei Centauri. Ma Chirone, uno di essi, lo sottrasse alla furia dei compagni, e gli permise, così di tornare a Iolco e uccidere Acasto e Astidàmia.
Ἀχάτης Personaggio dell'Eneide, compagno di Enea di proverbiale fedeltà da potersi definire il Pilade d'Enea. L'espressione fido Acate divenne sinonimo d'amico, d'inseparabile.
Figlia di Minosse re di Creta e madre di Mileto, re della Caria.
Άϰελος o Acella, nome d'un figlio che Eracle (durante la sua dimora presso la regina Onfale, della quale il padre Zeus lo volle schiavo adorante, per punirlo di certe malefatte) avrebbe avuto da una schiava di nome Melìde.
Ἀκεσώ, figlia di Asclepio, alla quale la leggenda attribuiva una profonda conoscenza della medicina. Raffigurava la salubrità dell'aria purificata dai raggi del sole.
Άϰοίτης Capitano d'un vascello di Tiro, si oppose ai suoi compagni che volevano rapire Dioniso (da loro trovato senza conoscerlo, sulla spiaggia) nella speranza di ricavarne un grosso riscatto.
Dioniso, sulle prime, non oppose loro resistenza; ma, ad un tratto, si fece da loro riconoscere; e, per punirli li tramutò in delfini, salvo Acète di cui fece il suo primo sacerdote.
᾿Αχαιοί, o Achivi, stirpe primitiva e leggendaria della Grecia antica, celebrata da Omero. Sarebbero giunti nella penisola ellenica intorno al 1700 a.C., stabilendosi nel Peloponneso, a Creta e sulla coste dell'Asia Minore, e partecipando alla fioritura della civiltà micenea.
Parteciparono insieme ai Popoli del Mare (Pelasgi) ad un'impresa contro i Faraoni. Dopo l'invasione dei Dori sopravvissero nelle regioni che da loro prendono il nome di Acaia (Fiotide e del Peloponneso).
Secondo un'altra interpretazione gli Achei coinciderebbero con i Dori, la cui invasione in effetti non sarebbe mai avvenuta, ed il loro declino sarebbe imputabile a cause di natura interna.
Άχελώη Una delle Arpie, cui vengono attribuite come sorelle Alope e Occìpete.
Virgilio le descrive nel III libro dell'Eneide a questo modo: Sembran vergini a' volti; uccelli e cagne a l'altre membra: hanno di ventre un fedo profluvio, ond'è la piuma intrisa ed irta, le man d'artigli armate: il collo smunto, la faccia per la fame e per la rabbia pallida sempre e raggrinzata e magra.
Ἂχελῷoς, figlio dell'Oceano e di Teti, contese ad Eracle l'amore di Deianira, figlia di Eneo, re degli Etoli.
Si accese fra i due contendenti una lotta furiosa nella quale Acheloo fece ricorso ad innumerevoli trasformazioni: in fiume, in serpente, in toro senza riuscire a liberarsi dalla stretta di Eracle anzi in questa forma ebbe rotto uno dei corni che le Naiadi riempirono di fiori e frutta facendone dono all'Abbondanza. Acheloo sconfitto si nascose nel fiume Toante che poi prese il suo nome.
I greci lo consideravano il re dei fiumi e fecero di Acheloo oggetto di grande culto. Infatti l'Acheloo (Aspropotamo) è il più grande fiume della Grecia.
Ovidio nel IX,I delle "Metamorfosi"così narra:
Sconfitto anche così, non mi restava che la foggia minacciosa
di un toro: mutatomi in quello, riprendo la lotta.
Lui dal fianco sinistro mi circonda con le braccia la giogaia
e seguendo il mio slancio mi trascina, m'inginocchia conficcando
le corna nella dura terra e m'abbatte in mezzo alla polvere.
E non basta: mentre m'afferra inferocito un corno, rigido
com'era, lui me lo spezza e lo strappa, mutilandomi la fronte.
Le Naiadi colmano il mio corno di frutti e fiori profumati,
rendendolo sacro, corno prodigioso dell'Abbondanza».
Guarda un'altra foto del dio fluviale.
Άχαιμενίδης Uno dei compagni di Ulisse, sfuggito alla voracità di Polifemo e dimenticato da Ulisse nell'antro del Ciclope. Riuscito a porsi in salvo dopo molte dolorose avventure fu raccolto in Sicilia da Enea.
Ἄχαιός, figlio di Xuto e nipote di Elleno, è il mitico capostipite degli Achei. Come termine è relativo all'Acaia ed agli Achei. Il dialetto greco parlato dagli Achei di epoca storica. La lingua parlata dagli antichi Achei (III-II millennio a.C.), della quale possediamo conoscenze solo congetturali. Omero generalizza con la parola Achei i greci.
Pioppo consacrato agli Dei infernali e che cresceva nella riviera d'Acheronte.
Città situata in Puglia, sotto la quale si apriva una caverna che dava all'inferno. Eracle vi sarebbe entrato per catturare il mostruoso cane a tre teste Cerbero.
(Ἂχέρων) Fiume dell'Ade dalle acque amare. Le anime dei morti lo attraversavano sulla barca del demone Caronte senza possibilità di ritorno.
Era figlio di Elio e di Gea mutato in fiume dalle acque limacciose ed amare per aver dato acqua ai Titani quando fecero guerra a Zeus. Veniva raffigurato come un vecchio coperto da una veste umida, appoggiato a una urna nera, da dove fuoriescono acque schiumose. Prese nome dal fiume omonimo della Grecia, nell'Epiro (oggi Macropotamos), che scorre parzialmente sotto terra. (Altro Acheronte era il padre delle Furie).
λίμνη Άχερουσία Palude del Ponto Eussino, alla foce dell'Acheronte, odierno «Macropotamos» dalla quale si scendeva all'Ade.
Ἀκεσώ, uno dei figli di Asclepio Dio della medicina e di Epione.
Ἀχιλλεύς, figlio di Peleo, re dei Mirmidoni e della Nereide Teti. È consacrato come l'eroe per antonomasia.
Quando nacque, Teti per renderlo immortale lo immerse nelle acque del fiume Stige tenendolo per i talloni rimanendo così l'unica parte vulnerabile dell'eroe.
La Nereide informata dall'oracolo che il figlio sarebbe morto nella guerra che si stava preparando contro Troia, lo mandò con vesti femminili alla corte di Licomede re di Sciro, la Achille si innamorò di Deidamia (una delle figlie del re) e da lei ebbe un figlio Pirro o Neottolemo.
Intanto l'indovino Calcante incitò i greci alla ricerca di Achille, senza il quale non avrebbero vinto la guerra e rivelò dove era nascosto.
Ulisse si assunse l'incarico di ritrovare l'eroe, e presentatosi come mercante di gioielli e abiti femminili alla reggia di Licomede, individuato con facilità, Achille, dovette seguirlo.
Teti volendo proteggere il figlio pregò il Fato perché mutasse la sorte di Achille e questi allora propose di scegliere fra una vita lunga ed oscura o una morte gloriosa in battaglia: e questa Achille scelse seguendo Agamennone a Troia cinto delle magnifiche armi che la madre aveva fatto fabbricare a Efesto.
L'assedio a Troia durava ormai da anni quando scoppiò una contesa fra lui ed Agamennone la quale si concluse con la provocazione del duce della spedizione che fece rapire dall'accampamento di Achille la schiava diletta Briseide.
Achille sdegnato giurò di non prendere più parte alla guerra e si ritirò nella sua tenda. Mentre i Troiani con l'assenza di Achille riuscivano vincitori in tutti gli scontri.
Intanto Agamennone pentitosi amaramente restituì all'eroe la schiava e gli fece offerta di grandi doni.
Achille rifiutò persino di raccogliere la sfida a duello che Ettore gli aveva lanciato.
Intanto Patroclo (amico di Achille) prese le armi forgiate da Efesto facendo le veci di Achille scontrò Ettore che lo uccise e lo spogliò delle superbe armi.
Teti ottiene dal divino fabbro nuove armi per il figlio il quale rivestitosene si scontrò con Ettore uccidendolo e facendo scempio del cadavere che trascinò sul terreno per tre giorni attorno alle mura di Troia attaccato al suo carro.
Commosso dalle lacrime di Priamo restituì il cadavere per la sepoltura.
Sulla fine di Achille la tradizione più comune dice che egli sarebbe stato ucciso da Paride.
Incantato dalla bellezza di Polissena una delle tante figlie di Priamo che egli aveva veduta un giorno al tempio.
Già da tempo l'aveva chiesta in moglie ad Ettore che però aveva posto la condizione all'eroe di passare dalla parte dei troiani.
Achille avrebbe respinto sdegnato la proposta, ma il volto della ragazza gli sarebbe rimasto impresso nella memoria che dopo aver reso il cadavere di Ettore egli avrebbe chiesto a Priamo la mano della figlia.
Accordatosi con lui l'eroe si sarebbe recato al tempio per la cerimonia nuziale, mentre Deifobo lo accoglieva con gioia, Paride lo avrebbe ucciso scagliandogli una freccia nel famoso tallone.
Secondo un'altra tradizione sarebbe stato ucciso da una freccia scagliatagli sempre nel tallone dal dio Apollo. Intorno al cadavere di Achille si combatte furiosamente finché Ulisse ed Aiace Telamonio riuscirono a portarlo nel loro accampamento.
Teti e tutte le Nereidi lo piansero e lo vegliarono per svariati giorni, infine fu seppellito sul promontorio Sigèo dove Pirro o Neottolemo immolò la vergine Polissena.
L'oracolo di Dodona decretò ad Achille onori divini.
I Tessali gli eressero un tempio dove ogni anno gli venivano offerti giochi funebri e sacrifici.
Omero lo pone come re dell'aldilà:
"Non consolarmi della morte io pria farei servir bifolco per mercede a cui scarso e vil cibo difendesse i giorni, che del mondo defunto aver l'impero." (Odissea, XI).
La sua morte per mano di Paride (Alessandro) con l'aiuto di Apollo è narrata nel poema di ciclo troiano Etiopide di Arctino di Mileto, poeta epico (Mileto VIII sec. a.C.) in questa opera narra gli eventi seguenti l'Iliade (uccisione di Memnone da parte di Achille), La presa di Ilio, e gli avvenimenti sulla conquista di Troia.
Secondo una diversa tradizione (Ditti cretese, Darete Frigio), ucciso Ettore, si recarono da Achille Priamo, Andromaca e Polissena, la figlia più giovane del re di Troia. Achille appena la vide se ne innamorò, e la chiese in sposa promettendo a Priamo che avrebbe abbandonato la guerra. Dopo la morte di Troilo, un altro figlio di Priamo, per mano di Achille, Paride ed Ecuba per vendicarsi gli fecero credere che poteva vedere Polissena nel tempio di Apollo Timbreo. Achille ci andò disarmato e fu ucciso da Paride e Deifobo. A guerra finita, per rientrare in patria senza tempeste i Greci sacrificarono l'innocente Polissena sulla tomba dell'eroe.
Curiosità del mito:
Il nome significa che non è mai stato allattato, infatti la madre subito dopo il parto lo condusse da Chirone che lo allevò,
ed ecco cosa Stazio nell'Achilleide fa dire ad Achille:
... Si dice di me che nei più teneri anni, quando ancora andavo carponi, allorché il vecchio tessalo mi accolse sul gelido monte, non consumavo cibi comuni né saziavo la fame succhiando a feconde mammelle, ma ingerivo grasse viscere di leoni e midolla di lupa ancora palpitanti. Questo fu il mio primo cibo, questi i doni di Bacco giocondo, questo il nutrimento che quel padre mi dava....
Άχιρόη, nipote di Ares, fu moglie di Palleneo e di Reteo personificazioni della penisola di Pallene in Macedonia, e del capo Reteo.
Ἂκις ἤ Ἀκίλιος bellissimo pastore siciliano amato dalla ninfa Galatea, figlia di Nereo e di Doride, la quale per lui aveva sdegnosamente respinto l'amore di Polifemo. Avendo però questi sorpreso l'amoroso abbandono dei due amanti, in un accesso di furore, staccato un pezzo di rupe, la gettò addosso al rivale, La ninfa ottenne da Poseidone che l'amato fosse trasformato nel fiume omonimo, oggi scomparso.
Alla sua foce, sarebbe approdato Ulisse.
᾿Ακιδαλίη, uno degli epiteti attribuito, dai Greci alla dea Afrodite considerata come insensibile ai crucci e agli affanni che, col suo potere, essa procurava ai mortali. (Lo stesso nome indicava una famosa fonte presso Orcòmeno, nella Beozia, dove convenivano le Cariti).
Άχλύς Nebbia, Nube, Oscurità. Nome della più remota divinità che sarebbe preesistita, secondo alcuni autori greci, allo stesso Caos e dalla quale sarebbero poi discesi tutti gli altri déi. Gli antichi lo immaginavano composto d'una marea di gas umidi.
Ἄϰμων Figlio di Manes, misterioso personaggio venerato come un dio, il suo culto fiorì specialmente a Creta.
Altro Acmone o Alemone, è uno dei due Cercopi che la tradizione lidia metteva in relazione con Eracle.
Un terzo Acmone, figlio di Clizio di Lirnesso, fu fratello di Mnesteo e compagno d'Enea. (Virg., Eneide, X, 128).
Vedi Dattili Idei.
Άϰόντευς, nome comune a due guerrieri: l'uno della comitiva di Perseo (Ovidio, Metamorfosi, V, 201), avendo per inavvertenza guardato la testa di Medusa, fu tramutato in pietra; l'altro dell'esercito di Turno fu ucciso da Tirreno (Eneide, Xl, 612, 615).
Ἀϰόντιος, giovane di Ceo, di grande bellezza, il quale andato a Delo per fare un sacrificio a Artemide, s'innamora pazzamente di Cidippe bella fanciulla ateniese, che però non corrisponde al sentimento del giovane.
Perduta la speranza di farla sua, gettò una mela sulla quale aveva scritto: Giuro su Artemide, o Aconzio, di non esser d'altri che tua. Cidippe raccolse la mela e lesse così formulando il giuramento senza pensarci e poi buttò via la mela.
Fu richiesta più volte in matrimonio da altri, ma prima che si compiessero le nozze era sempre presa da una febbre violenta che fu interpretata come punizione datale da Artemide, per non aver mantenuto il giuramento prestato anche se involontariamente e per questo finì con lo sposare il furbo Aconzio.
Leggi cosa Ovidio gli fa scrivere.
λούσαντες ἁγνὸν λουτρόν, acqua comune nella quale veniva spento un tizzone, tolto dall'Ara preparata per il sacrificio. Quest'acqua veniva poi conservata in un vaso posto nella porta o nel vestibolo dei templi, ognuno se ne lavava il viso e le mani, o si faceva lavare da un sacerdote, aveva grandi virtù.
Άϰρατοφόρος, portatore, dispensatore, generatore, di vino puro, uno dei soprannomi di Bacco Dioniso, con il quale il dio era onorato soprattutto in Figalia, nell'Arcadia.
Άϰρατοπότης, bevitore di vino puro epiteto di Bacco; altro Acratopote era un eroe compagno, di Bacco, si onorava a Munichia.
Άϰραία, soprannome di Era, datole a Corinto, dove la dea aveva un tempio.
Ἄϰραιος soprannome di Zeus col quale era onorato a Smirne. Gli abitanti gli avevano dedicato un tempio su un'altura che dava sul mare.
Ἀκρίσιος, il nome significa Uomo delle alture era re di Argo. Dalla moglie Euridice (non quella di Orfeo), ebbe una figlia Danae. Seppe però dall'oracolo di Delfi che l'erede gli sarebbe venuto dalla figlia Danae, ma che questi lo avrebbe ucciso.
Volendo eludere il Fato Acrisio rinchiuse la figlia con un'ancella in una prigione sotterranea fatta di ferro. Non aveva considerato i desideri di Zeus che riuscì ugualmente a rendere Danae madre di Perseo.
Quando Acrisio scoprì il bimbo si imbestialì, fece rinchiudere Danae e il piccolo in una cassa che abbandonò alle onde del mare sicuro di sbarazzarsi dei due senza sporcarsi le mani.
Zeus però li fece arrivare sani e salvi sull'isola di Serifo. Dopo molti anni Perseo ormai uomo ritornò con la madre ad Argo. Acrisio che ancora non aveva dimenticato la profezia non attese oltre e andò a rifugiarsi presso il re amico Larissa in Tessaglia.
Perseo mosso dalle più sane intenzioni lo seguì e i due si riconciliarono. Per festeggiare l'avvenimento si organizzarono dei giochi durante i quali un disco scappò di mano a Perseo colpendo Acrisio ad un piede.
La ferita portò Acrisio ad una lenta e dolorosa morte.
Άχρισιωνηίς, patronimico di Danae figlia d'Acrisio.
Ἀκταίη, una delle Nereidi.
Άδαμαντία, nutrice di Zeus a Creta.
Ἀίδης Col significato di invisibile i Greci chiamavano la divinità che regnava sull'oltretomba e l'oltretomba stesso. Supremo Dio dell'inferno, fratello di Zeus e degli Olimpi.
Il dio Ade era anche chiamato Plutone nome più usato. Grandi sono le porte dell'Ade (solo per entrare, impossibile l'uscita) e alla sua guardia sta Cerbero.
Nell'Ade scorrono quattro fiumi: lo Stige, l'Acheronte, il Cocito e il Piriflegetone.
Era rappresentato con differenti attributi, a secondo dei popoli che l'adoravano. Spesso è dipinto nell'atto di rapire Persefone (vedi foto accanto), recandola svenuta nel suo carro tirato da cavalli neri. Nell'Inferno siede sopra un trono di bronzo, sui gradini del quale stanno tutti i flagelli che affliggono l'umanità. Ha in capo una corona d'ebano, di cipresso e di narcisi. La mano destra è armata di un lungo Tridente, e nell'altra ha la chiave che tiene chiusa la porta dell'eternità. Gli siedono intorno a ministri della sua corte il Furore, l'Odio, l'Ipocrisia, la Vendetta e il Tradimento, e in mezzo a tutti Thanatos agitando la sanguigna falce nella scarna mano. I Greci dettero a Ade il nome di Agesilaos, (colui che trae a sé tutti i popoli).
Lucrezio così descrive l'Ade:
In realtà quei supplizi tutti che dicon vi siano nel fondo dell'Acheronte, noi li abbiam qui nella vita.
[...] Ma v'è il terror delle pene qui nella vita, maggiore quanto maggiore è la colpa, ed il castigo del fallo, il bagno, e l'orrido lancio giù dalla rupe, le verghe, la pece, il boia, le torce, il cavalletto, le piastre: es'anco mancano, l'animo, conscio dei falli, in anticipo applica a sè quei tormenti, si strazia con i rimorsi, né scorge intanto qual termine possano avere i suoi mali, né quale fine, alla fine, avranno le sofferenze, e teme ch'esse si debbano far, con la morte, più gravi: così la vita diventa qui, per gli stolti, un inferno. (De rerum natura III, 976-977, 1013-1022).
Presenze
letterarie:
Alcuni epiteti di Ade
ἁγησίλαος, guida del popolo, condottiero;
ἀίδηλος cupo, tenebroso, informe, indefinibile;
ἀμείλῐχος non dolce, spietato, implacabile, inesorabile;
ἀναπομπός che manda su o indietro (i morti);
ἀναύγητος privo di luce;
Ἀξιόκερσος Axiokersos, nome cultuale di Ade in Samotracia;
ἀρειμανής pieno di furore guerriero, bellicoso - Arimane epiteto di Ade presso i Persiani;
δυσκίνητος inflessibile, inesorabile;
ἔννῠχος notturno, di notte, tenebroso;
εὔθυρσος dal bel tirso;
ἴφθῑμος forte, robusto, vigoroso, prode, fiero, altero;
κίκκᾰβος monetina, in uso nell'Ade;
νεκροδέγμων che riceve i morti;
Ὄκνος Ocno, personaggio allegorico che nell'Ade, seduto, intreccia una corda che un'asina man mano gli divora;
πάνδοκος che accoglie tutti, ospitale figurativo di Ade;
πολῠδάκρυος che provoca molte lacrime, funesto, luttuoso;
πολυδέγμων - πολῠδέκτης che accoglie o contiene molti o molto, ampio, vasto;
πυλάρτης che tiene chiuse le porte;
φόνιος sanguinoso, letale, mortale;
ψῡχοφθόρος che distrugge la vita, letale, esiziale;
Άδδηφάγία, divinità che personificava l'Ingordigia. Aveva un tempio o una cappella in Sicilia; la sua statua era posta vicino a quella di Cerere (Eliano. Stor. diverse, 27).
Άδδυφάγος, epiteto attribuito ad Eracle per la sua grandissima voracità. Euripide fa raccontare ad un servo nell'Alcesti: "non si è accontentato dei cibi che gli venivano imbanditi, no, quello zotico se qualcosa mancava ce la chiedeva con insistenza. Agguantata †con le mani† una coppa di edera, tracanna vino puro, così com'è prodotto dalla nera terra, ne tracanna finché il calore fiammeggiante del vino non gli si diffonde per tutte le vene. E poi si ficca in testa una corona di mirto, ululando canzoni stonate."
Άδείμαντος, intrepido, principe di Flionte, fulminato da Zeus per aver rifiutato di inginocchiarsi dinanzi agli dèi (Ovidio Ibis, V, 427, 428).
Άδμήτη, se ne sa di due , una figlia di Teti, l'altra figlia di Euristeo. Desiderosa di possedere il cinto di Ippolita (regina delle Amàzzoni) causa la nona fatica di Eracle.
Άδμήτος, Re della Tessaglia, partecipò alla guerra di Troia e partecipò al famoso viaggio degli Argonauti. Ospitò Apollo quando fu punito da Zeus a servire un mortale per aver ucciso i Ciclopi coi suoi dardi. Admeto accolse benignamente Apollo affidandogli la cura dei suoi armenti, per questo il dio venne pure salutato come protettore dei pastori.
Aiutato dal dio riuscì a sposare Alcesti figlia del re di Iolco, e quando fu colpito da una grave malattia, sempre con l'aiuto del dio riuscì a sfuggire al mortale colpo delle Moire, a condizione che un'altra persona si offrisse come vittima, ma, nemmeno i vecchi genitori (ormai prossimi alla fine) accettarono di prendere il suo posto. Solo Alcesti si offrì di sacrificarsi per lui. Questo gesto d'amore sembrò a Persefone tanto sublime che intercedè da Ade ed ottenne che essa ritornasse sulla terra.
Secondo un'altra versione Ade non si sarebbe commosso allora Eracle discese all'Ade combattendo con Tanato la Morte sconfiggendola la legò con una catena di diamanti e tenendola così prigioniera sino a che ottenne la restituzione di Alcesti che ricondusse trionfalmente a casa. Una delle ninfe Oceanine ebbe nome Admeto.
Ἃδωνις, Benché il nome sia di provenienza semitica Adonai Signore.
Esso è un personaggio della mitologia greca. Giovane bellissimo figlio di Agenore e di Smirna (secondo altra tradizione di Fenice e Alfesibea oppure figlio incestuoso di Ciniro e sua figlia Mirra) Fattosi adulto Adone divenne un grande cacciatore e destò grande passione in Afrodite.
Ares occortosi di avere un pericoloso rivale, per eliminarlo prese le forme di un cinghiale e si avventò su Adone e lo uccise. Afrodite alla notizia pianse a lungo e trasformò il suo beneamato in Anemone. Leggi la poesia di Teocrito sul pentimento del cinghiale.
Disceso nell'Ade Persefone si innamora delle bellezze del giovane per questo quando Afrodite si rivolse a Zeus per ottenere che Adone ritornasse in vita, essa si rifiutò di renderlo.
Su consiglio di Calliope per mettere pace fra le due dee si stabilì che Adone vivesse sei mesi sulla terra e sei mesi nell'Ade.
Ma allo scadere del termine Afrodite non rispettò i patti e così dovette intervenire nuovamente Zeus. Egli stabilì che Adone doveva essere libero quattro mesi all'anno, quattro mesi con Afrodite e quattro con Persefone.
Adone ebbe templi nella maggioranza delle città greche, e pure in Egitto, nella Persia, in Assiria e in Giudea.
Curiosità del mito: Plinio in 21.60, chiama l'anemone τὸ ἀδώνιον = fiore di Adone
Ἄδρανος,era onorato in Sicilia. Secondo una tradizione del paese, i fratelli Palici, nati dall'unione di Zeus, trasformato in avvoltoio, con Etna (Clem. Aless., Omel. VI, 13), avevano Adrano per padre. Parecchi cani sacri erano nutriti nel suo tempio, stando al mito pare che adempissero il duplice compito di guide e guardiani: correre incontro ai pii fedeli, lambire le mani generose che portavano offerte, quest'era la prima parte del loro compito; la seconda era saltare alla gola degli empii, dei miscredenti e dei ladri. Inoltre rimettevano nella giusta strada coloro i quali avvinazzati si smarrivano (Eliano, Stor. degli anim., XI, 3 e 20; XII, 7). - Due città o piuttosto due borghi, in Sicilia, ebbero un nome evidentemente derivato da Adrano, la prima si segnalò parteggiando per la causa di Timoleonte e dell'indipendenza siciliana. Ignoriamo il sito della seconda. Da Bochart, Colon. phaenic., I, 29 è presumibile che ambedue furono fondate, se non dai Fenici, almeno dai Cartaginesi pur essi coloni della Fenicia. - Tale semplice sospetto ci guida naturalmente a comprendere il vero carattere di Adrano. Se il monosillabo Adr, Azr, Alr (trasformabile come più piace con la sostituzione dell'E all'A iniziale e con interposiozioni di vocali). significò fuoco nelle lingue semitiche e pehlvi; infatti vediamo tale radicale riprodursi in una moltitudine di nomi geografici antichi (Atra, Atropatena) e moderni (Mazanderan, Aderbaidjan); se uno degl'Izedi si chiama Ader se la fiamma sacra, la fiamma-dio che notte e giorno i Mobedi alimentano nell'Atechgah, e che i Parsi soli hanno diritto di contemplare (Zend-Avesta di Kleuker, II, I 25), si chiamò nella lingua dei Pirolatri, Aderan, chi potrebbe grammaticalmente rifiutarsi a riconoscere tale nome in Adrano? Dunque il senso dei miti si accorda qui coi nomi. Tutto porta l'impronta d'un culto del fuoco. Un lago d'acqua sulfurea e bollente che avvicina il tempio dei Palici a Etna, loro madre. Adrano, la città eponima del nume di cui parliamo, è quasi alle falde del vulcano. I Palici stessi, in ultima analisi, non son essi quelle lave e ceneri che spande di quando in quando il cratere, quei zampilli delle fontane intermittenti ignee? Quindi, che cosa di più semplice di Adrano, dio-fuoco, Sidik o Fta siciliano, padre di Cabiri siculi?
Ἀδρήστεια, nome della dea Cibele, che ricorda Adrasto, figlio di che le aveva dedicato un tempio a Cizico. Altra Adrastea era la Ninfa che allevò Zeus quando Gea sottrattolo alla voracità di Crono lo nascose a Creta in una grotta.
Era intesa così anche Nemesi personificava l'indignazione degli dei.
Ἄδραστος, Re di Argo presso il quale si rifugiarono Polinìce (figlio di Edipo) per sfuggire al fratello Eteocle e Tidèo (figlio di Enèo).
Adrasto ricevette entrambi con cordialità e diede loro per spose Argìa e Deìpile sue figlie per fare verificare l'oracolo secondo il quale Argìa avrebbe sposato un leone (e Polinìce indossava una pelle di leone quale discendente di Eracle) e Deìpile un cinghiale (Tidèo indossava una pelle di cinghiale quale fratello di Meleagro uccisore del cinghiale di Calidone).
Per fare fede alla promessa fatta a Polinìce di rimetterlo sul trono usurpato dal fratello mosse guerra contro Tebe e partì accompagnato da Polinìce, Tidèo, Capanèo, Ippomedonte, Partenopèo e Anfiarao. L'esito di questa guerra fu molto disastroso e tutti i condottieri vi lasciarono la vita tranne Adrasto, il quale si salvò fuggendo da Tebe sul cavallo Arione, che Poseidone aveva fatto uscire dalla terra con un poderoso colpo del suo tridente.
Tornato in patria Adrasto sollevò l'animo dei figli dei sei condottieri che dieci anni dopo partirono alla volta di Tebe per vendicare i loro genitori. Questa guerra fu detta degli Epigoni, alla quale presero parte Egialèo (figlio di Adrasto), Diomede, Tersandro, Stenelo, Promaco, Alcmeone ed Eurialo.
Stavolta l'esito fu favorevole agli Epigoni che distrussero Tebe però Egialèo vi morì in battaglia, ricondotto in patria l'esercito vittorioso Adrasto non sopravvisse al dolore della perdita del figlio.
Si dice di un'altro Adrasto fatto uccidere da Telemaco per la sua perfidia.
Un terzo Adrasto figlio del re di Frigia, Gordio, vissuto nel VII sec. a.C. fratricida involontario, si rifugiò alla corte del re di Lidia, Creso. Si suicidò per aver ucciso in un incidente di caccia il figlio di Creso, Ati.
Un quarto Adrasto era originario di Afrodisia, fu un filosofo peripatetico (II sec. d.C.). Commentò le opere di Aristotele, il "Timeo" di Platone e l' "Etica" di Teofrasto.
Ἁδρεύς, dio che presiedeva alla maturazione del grano.
Άοιδή, Una delle Muse. Presiedeva al canto.
ἀοιδός, «cantore». Nella Grecia antica, forse già in età pre-ellenica, poeta che componeva ed eseguiva, accompagnandosi con la cetra, versi che narravano delle gesta di dei ed eroi. Da non confondere con i rapsodi, che erano esecutori di versi altrui.
Ἀηδών, figlia di Pandareo, sposa di Zeto re di Tebe col quale ebbe solo un figlio Ati. Gelosa della prolificità della cognata Niobe, si propose di ucciderle col favore del buio, il maggiore dei figli ma per errore invece uccise il proprio figlio. Zeus mosso da compassione dalle lacrime disperate la mutò in usignolo.
Αἰγικορεύς, così è detto Pan, per quando gli dei lo collocarono fra gli astri del cielo, egli si era trasformato di sua volontà in capra.
Ἀελλώ, o Aellopo Ἀελλόπους, (dal piede tempestoso), era una delle Arpie, apportatrice di tempeste, quando Zete e Calai (i venti) la inseguirono precipitò e annegò nell'Anigro in Peloponneso, che da allora fu chiamato Arpi. Le altre Arpie erano Ocipite (Ocitoe) e Celeno.
Ἀερία, epiteto di Era quale divinità per antonomasia.
Ἀέθλιος, figlio di Eolo, padre di Endimione e marito di Calice.
Ἀφαρεύς, figlio di Perierète e di Gorgofòna nipote di Perseo e re di Messene, ebbe culto a Sparta. Fu padre di Ida e Linceo, avversari dei Dioscuri.
Ἀφαρητίδαι, Ida e Linceo figli di Afarèo, su invito di Meleagro presero parte coi più valorosi guerrieri del loro tempo alla caccia del tristemente famoso cinghiale di Calidone mandato da Artemide a devastare l'Etolia perché in una festa avevano dimenticato di sacrificare ad essa.
Ἀφροδίτη Dea greca dell'amore, i romani la identificarono in Venere. In occidente il culto della dea ebbe il suo maggior centro in Sicilia ad Erice dove esisteva un tempio dedicato a Tanit. Si praticavano riti di fecondità e la prostituzione sacra.
Dalla Sicilia il culto di Afrodite si diffuse in Italia fino a Roma dove fu venerata col nome di Venus Erycina.
Secondo Omero la dea è figlia di Zeus e di Dione. Esiodo invece racconta che quando Crono lo evirò, buttò via il membro del padre che cadendo in mare diede vita alla dea ...E le vergogne, cosí come pria le recise col ferro, dal continente via le scagliò nell'ondÍsono mare. Cosí per lungo tempo nel pelago errarono; e intorno all'immortale carne sorgea bianca schiuma; e nutrita una fanciulla ne fu, che prima ai santissimi giunse uomini di Citèra...
Nata dal mare Afrodite veniva venerata dai naviganti non come Poseidone ma come colei che rende il mare tranquillo e la navigazione sicura. A lei era sacro il Delfino.
Essa è la dea della primavera in fiore le sono sacre le rose e tante altre piante. Ma la primavera è anche la stagione degli amori quindi Afrodite viene collegata al matrimonio ed alla generazione dei figli, non fu mai la dea dell'unione coniugale come fu Era. Essa era piuttosto quella forza che spinge un essere verso l'altro con immenso desiderio.
Afrodite era rappresentata col corpo cinto di rose e di mirto su un carro tirato da passeri, colombe e cigni.
...Musa, narrami i fatti dell'aurea Afrodite ciprigna, che dolce suscita amore fra i numi e domina i cuori mortali e gli uccelli dell'aria e tutte le fiere quante nutron la terra ed il mare; di tutti con l'opere sue sollecita i cuori Citerea, dì bella corona cinta la testa (V° Inno omerico a Afrodite).
Suo era il cinto che rendeva irresistibile chiunque lo indossasse, in quanto vi erano intessute tutte le malie d'Afrodite. Persino Era era solita farselo prestare quando Zeus aveva per la testa qualche scappatella.
Afrodite era accompagnata dalle Cariti e dai geni della bramosia e della persuasione: Eros, Imero e Peito.
Era la bellezza personificata e Paride benché comprato con la promessa della bella Elena non fu ingiusto preferendola a Era e Atena assegnandole il pomo con la scritta Alla più bella tirato dalla Discordia sul banchetto nuziale di Peleo e Teti. Dopo aver concepito da un rapporto con l'eroe Anchise, il probo Enea dovette per comando di Zeus, sposare Efesto il deforme dio del fuoco che ella si affrettò a tradire con Ares dal quale avrebbe avuto due figli Eros (l'amore) e Anteros (l'amore corrisposto).
Efesto, che avrebbe avuto da Afrodite un figlio, Priapo, aveva il sospetto che Afrodite lo tradisse e messosi all'erta un giorno sorprese i due amanti in flagrante allora stese attorno al letto una rete di sua costruzione dove i due rimasero intrappolati ed offerti in spettacolo agli dei accorsi al richiamo di Efesto.
Oltre ad Ares, numerosi furono gli amanti di Afrodite quali: Bacco (che la rese madre delle Cariti e di Imene); Poseidone (col quale generò Rodo); Ermes (nacque Ermafrodito).
Comunque aveva un debole per gli uomini in genere Alcuni suoi epiteti: Ciprigna, Citerea, Aurea, callòpigia, filomòte, Antheia, Pontica, Peristea, Tritonia, Apostrofia, Anadiomene, Sosandra, Euplea = che concede una buona navigazione, ecc..
Presenze letterarie:
Ἀγαμήδης, figlio di Ergino re d'Orcomeno famoso architetto insieme col fratello Trofonio costruì il tempio d'Apollo a Delfi e un edificio per custodire i tesori di Irièo figlio di Poseidone e re d'Iria nella Beozia. I due fratelli conoscevano una via segreta per entrare nella stanza del tesoro e ne approfittavano per rubarne ogni notte una parte.
Ma il re vedendo che il suo tesoro diminuiva senza che le porte fossero forzate si pose in agguato e riuscì a incatenare Agamede. Trofonio sopraggiunto non riuscì a liberare il fratello che il re al buio non aveva ancora riconosciuto e per eliminare il sospetto da sè staccò la testa al fratello.
Ἀγαμέμνων, figlio di Atrèo (re di Micene) e di Erope (secondo altre fonti nipote di Atrèo) spodestato del trono da Egisto si rifugiò insieme col fratello Menelao a Sparta presso la corte di Tindarèo, e ne sposò la figlia Clitennestra. Scacciato l'usurpatore dal trono di Micene con l'aiuto del suocero.
Quando scoppiò la guerra contro Troia per il rapimento di Elena una grande flotta greca si raccolse nel porto di Aulide. Agamennone fu nominato capo della spedizione (o meglio Primus inter pares che doveva sentire il parere degli altri capi).
Per aver ucciso inavvertitamente una cerva consacrata a Artemide, la dea impedì con dei venti contrari che la flotta partisse. Per calmare la dea consigliato dall'indovino Calcante, egli non esitò a sacrificarle la figlia Ifigenìa, che Afrodite impietosita trasse in salvo sostituendola nel momento del sacrificio con una cerva.
Placati così i venti la flotta poté partire ed approdare a Tenedo vicino Troia. Dove nel decimo anno dell'assedio a Troia iniziò la celebre contesa tra Agamennone e Achille.
Dopo la sconfitta di Troia, Agamennone portò con sè come schiava Cassandra (una delle figlie di Priamo), giunto nella sua reggia fu ucciso da Egisto, che durante la lunghissima guerra contro Troia era diventato l'amante di Clitennestra, la quale lo aiutò perché non gli aveva mai perdonato il sacrificio (anche se non avvenuto) di Ifigenia.
Agamennone aveva avuto da Clitennestra quattro figli: Elettra, Crisotèmi, Ifigenia ed Oreste che per placare l'ombra del padre uccise la madre.
Ἀγαπήνωρ, pretendente di Elena. Partecipò all'assedio di Troia come condottiero delle sessanta navi degli Arcadi.
Ἀγανίϰη ἤ Ἀγλαονίϰη ,principessa, figlia d'Egetore il tessalo, famosa maga e astronoma, le sue cognizioni erano tali da predire con precisione le eclissi. Se ne valeva per dare a intendere al popolo (incutendo paura) che era lei a causarle.
Ἀγανίππη; figlia di Permesso (dio fluviale), fu mutata in fonte da una zampata di Pegaso. Le sue acque avevano la virtù di rendere poeta chi la beveva. Ecco perché le Muse erano anche dette Aganippòe.
Ἄγανος, figlio d'Elena e di Paride.
Ἀγασϑένης, Re di Elide (figlio di Augia), partecipò alla guerra di Troia alleato ai Greci.
Ἀγαθάνωρ, fondatore della città di Pafo nell'isola di Cipro, figlio di Anceo ed amante di Elena (fortemente richiesta!). Uno dei tanti figli di Eolo (dio dei venti).
Ἀγάϑυρνος, figlio d'Eolo, fondò in Sicilia una città del suo nome (Ἀγάϑυρνον) (Diod., IV; sulla città, si veda Tito Livio, XXVI, 40, e Plinio il Naturalista, l. III).
Ἀγαϑοδαίμον, «genio buono» appellativo di Dioniso. I greci tenevano la sua effigie nelle loro case come buon auspicio poiché era un genio buono. Divinità greca di origine egiziana, legata all'abbondanza del vino e del frumento. La sua effigie era un piccolo serpente con la testa coronata e la coda con un fiore di loto, oppure come giovane che reggeva la cornucopia in una mano e nell'altra un mazzo di spighe e papaveri. Agatodemonisti venivano chiamati dai romani le genti che non bevevano altro che un calice di vino per propiziarsi Agatodemone (ottimo e piacevole modo di sacrificare al dio, anche oggi gli Agatodemonisti sono tanti, sacrificano in particolar modo dal venerdì sera al sabato sera).
2) Nome greco di una divinità egiziana legata all'origine del fiume Nilo.
Ἀγαύη, radiosa Madre di Pentéo (figlia di Cadmo e di Ermione). Avendo il figlio cercato di impedire le feste dionisiache che si stavano per svolgere sul monte Citerone in Grecia, la madre che faceva parte del coro delle Baccanti, invasata dal furore sacro scambiato il figlio per un cinghiale lo fece a pezzi. Quando Agave rientrò in sé e vide l'immane delitto che aveva commesso, spinta da Dioniso, fuggì da Tebe e giunse, errando senza meta, nelle terre dell'Illiria presso il re Licoterse, che la accolse.
Una delle Nereidi si chiamava anch'essa Agave.
Ἀγαυός, radioso uno dei tantissimi figli di Priamo (pare ne avesse cinquanta, ciò fa notare l'importanza dei moderni media per il controllo delle nascite).
Ἄγδιστις, si narra (Pausania, VII, 17, 10) che mentre Zeus dormiva sparse dello sperma per terra (chissà cosa sognava il porcone!), questa lo accolse e trascorso il tempo dovuto, partorì un demone dai duplici genitali, maschili e femminili (per la gioia di tutti i deviati).
A questo demone venne dato il nome di Agdisti. Gli dèi che sprezzavano esseri del genere incatenarono il/la povero/a Agdisti e gli tagliarono i genitali maschili (senza mandarlo a Casablanca).
Dai genitali tagliati e buttati via nacque un mandorlo e quando questi ebbe i frutti maturi Nana, una delle figlie del fiume Sangario (era pericoloso per gli uomini mandare le donne al bagno se anche i fiumi riuscivano ad avere dei figli) ne colse uno e se lo mise in grembo.
Il frutto sparì subito e la ragazza rimase incinta (anche andare per le campagne era pericoloso).
Quando partorì la giovane ninfa espose il neonato, che fu curato da un caprone. Il bimbo al quale fu dato il nome di Atti, questo, cresceva bene e la sua bellezza era superiore a ogni umana possibilità.
In ogni modo la storia di questo giovinetto non fu per niente felice giacché arrivato all'età adulta, fu mandato a Pessinunte per sposare la figlia del re. Stavano già cantando l'Imeneo, quando si presentò Agdisti che fece impazzire Atti che, in preda alla follia, si evirò. Il demone, pentito di quanto aveva fatto, ottenne da Zeus che mai nessuna parte del corpo di Atti si corrompesse.
Ἀγέλαος, vedi Paride.
Ἀγήνωρ, figlio di Poseidone e di Libia (re di Tiro), marito di Tefassa e padre di Cadmo, Fenice, Cilice e Europa. Quando Zeus rapì Europa (sotto forma di Toro) Agenore mandò i rimanenti figli alla ricerca della sorella con l'imposizione di non fare ritorno a mani vuote.
Essendo stata infruttuosa la ricerca in quanto Zeus aveva condotto la ragazza a Creta, i fratelli non osarono fare ritorno. Cilice e Fenice si stabilirono nelle regioni che presero il loro nome mentre Cadmo fondò Tebe.
2) Altro Agenore era figlio di un principe troiano (Antènore). Valoroso guerriero, disputò pure con Achille, in quel frangente fu salvato da Apollo, fu in seguito ucciso da Neottòlemo (Tipico esempio di quando si dice che nulla sfugge al Fato).
3) Padre del famoso indovino Fineo.
4) Zio di Andromeda mutato in pietra da Perseo che si servì della testa di Medusa.
Ἀγησίλαος, figlio di Eracle e di Onfale regina della Lidia. Era così detto anche Plutone in quanto governava l'aldilà.
Ἀγυιεύς, così era detto Apollo particolarmente in Argo, in Atene e Tegea. Con questo nome proteggeva chi entrava ed usciva da casa e sorvegliava le strade e i piazzali (oggi si chiama video-sorveglianza).
Ἀγλαία, aggettivo dal significato Splendente attribuito a Pasifae la più giovane delle Cariti, fu moglie di Efesto. Viene raffigurata con un bocciolo di rosa in mano.
Ἄγλαος, pastore che l'oracolo di Apollo salutò come il più felice dei mortali nella sua povertà.
Ἄγλαοφήμη, o Aglaofono o Aglaofeme, una delle Sirene "quella dalla voce meravigliosa".
Ἄγραυλος, una delle figlie di Cecrope (fondatore di Atene e re di Agràule), aveva altre due sorelle Erse e Pandroso. Aglaura era sacerdotessa di Pallade Atena. La dea consegnò alle sorelle un paniere col divieto di aprirlo.
Nel paniere era nascosto Erittonio appena nato, frutto degli amori di Efesto e Gea. La ragazza curiosa volle aprirlo e vi trovò un bambino mostruoso che al posto delle gambe aveva la coda di serpente. Denunciate da una cornacchia, Atena le fece impazzire e così in preda alla follia si precipitarono dalla rocca della cittadella. Un altro mito racconta che Aglauro promise a Ermes di assecondarne l'amore per la sorella Ersèa. Atena sdegnata da tale intesa suscitò nell'animo di Aglauro un'incontrollabile gelosia verso la sorella, cercando in tutti i modi di ostacolare l'incontro dei due amanti. Ermes infuriato trasformò la ragazza in rupe. Le fu eretto un santuario nella parte settentrionale dell'Acropoli.
Ἁγνώ, una delle ninfe nutrici di Zeus bambino. Aveva lo stesso nome una fontana del monte Licèo, sacra alla ninfa. Quando c'era siccità il sacerdote di Zeus gettando un ramo di quercia dopo aver invocato il dio, riusciva a far piovere.
Ἀγών, Divinità che si invocava prima di iniziare imprese difficili, epiteto comune a Giano, a Ermes, a Ares, e a tutti gli altri dèi ch'erano ritenuti utili al caso.
Ἀγώνιος, aggettivo di Ermes, quale protettore di atleti e palestre.
Ἀγοραῖος, ed Ἀγοραία, epiteto comune a Zeus, a Ermes, a Atena, e a tutte quelle divinità maggiori che avevano dei templi e delle statue nelle piazze pubbliche.
ἄγραυλος, che vive o pernotta in campagna) Madre di Aglauro (quella della cesta contenente Erittonio) e moglie di Cecrope. In nome suo era consacrato ad Atene un bosco. Ebbe un figlio da Ares, al quale imposero il nome Alcippe.
Ἀγρία, Meno conosciuta figlia di Edipo, e sorella d'Eteocle, di Polinice e d'Antigone. fu uccisa per ordine di Creonte. A era volte chiamata Ismene o Eurigania.
1) Ἄγριος, uno dei giganti che lottò contro Zeus. Fratello di Diomede. Secondo Igino i Giganti erano i seguenti: Encelado, Ceo, Telentesmofio, Astreo, Peloro, Pallante, Enfito, Reco, Tienio, Agrio, †alemone, Efialte, Eurito, †effracoridonte, Teomise, Teodamante, Oto, Tifone, Polibote, Menefiario, Abseo, Colofomo, Giapeto.
2) Altro Agrio era figlio di Portaone. Quando vide che suo fratello Eneo era rimasto senza figli ed era caduto in miseria, lo cacciò dal suo regno e se ne impadronì. Il nipote Diomede, figlio di Tideo e di Deipile, dopo la conquista di Troia, venne a sapere che il nonno aveva perduto il trono, allora giunse in Etolia assieme a Stenelo, figlio di Capaneo, e fece guerra a Licopeo, figlio di Agrio; dopo averlo ucciso e spogliato di tutti i suoi beni, Diomede espulse Agrio dal regno e lo restituì al nonno Eneo. In seguito Agrio, si uccise.
3) Era uno dei cani di Atteone che sbranò il padrone divenuto cervo per vendetta di Artemide che era stata sorpresa nuda al bagno.
Ἄγρος, ninfa che allevò Zeus nell'Arcadia.
Ἁγροτέρα, aggettivo di Artemide che significa Campestre,era onorata ad Atene col sacrificio di cinquecento capre, istituito, dopo la battaglia di Maratona.
Αἴας, figlio di Oileo (uno degli Argonauti) era un famoso arciere e molto veloce nella corsa. Prese parte nella guerra di Troia, coraggioso ma brutale, affrontava sia gli dèi che i duci greci. Violentò Cassandra che si era rifugiata nel tempio di Atena per sfuggire alle fiamme della città.
Fu subito punito dall'indignazione della dea che pregò Poseidone per fare levare una burrasca quando Aiace sarebbe uscito con le sue navi. Appena fu giunto vicino agli scogli di Cafarèa, la sua flotta fu sbattuta dalla tempesta, ma dopo essersi dibattuto fra tanti pericoli riuscì a mettersi in salvo su uno scoglio e tronfio di orgoglio gridò: Mi salverò a dispetto degli dèi.
Allora Poseidone che lo aveva aiutato a trovare rifugio, con un colpo del suo tridente, spaccò lo scoglio e per Aiace questa volta non ci fù scampo.
Secondo Apollodoro, Atena colpì con un fulmine la nave di Aiace; la nave colò a picco, Aiace si salvò su uno scoglio e disse che era sopravvissuto contro la volontà di Atena. Ma Posidone lo sentì, colpì lo scoglio con il suo tridente e lo spaccò: Aiace cadde in mare e morì, e il suo corpo, spinto a riva dalle onde, fu sepolto da Teti a Miconos.
Αἴας, figlio di Telamone, considerato il più forte guerriero greco dopo Achille. Eracle per volere di Zeus gli regalò la pelle del Leone Nemeo (rendeva invulnerabile). Aiace se ne era rivestita sola una parte del petto, e così dal foro dove era entrato il dardo di Eracle egli poteva essere ferito, però nessuno lo sapeva.
Anch'esso come il suo omonimo era irrispettoso degli dèi e presuntuoso della sua forza bestiale. Una volta scacciò malamente Atena che voleva dargli un consiglio e addirittura per farle sfregio tolse dal suo scudo l'effigie della civetta che era sacra alla dea. Alla morte di Achille, Aiace chiese ai Danai di avere le sue armi , dal momento che era suo cugino. Ma, a causa dell'ira di Atena, esse gli furono rifiutate da Agamennone e Menelao, che le diedero a Ulisse. Aiace, furibondo, in un accesso di follia uccise le sue greggi e si colpì a morte con la stessa spada che aveva ricevuto in dono da Ettore dopo che essi si erano affrontati a duello (Certo che Ettore ed Aiace dovevano essere dei grandi sfigati, la prova ci viene data da Igino in questo passo: Aiace con Ettore; si lasciarono scambiandosi doni - Aiace donò a Ettore la cintura con cui in seguito fu trascinato morto da Achille ed Ettore diede ad Aiace la spada con cui questi poi si uccise).
Αἰὠν ἤ Ἀεινοῦς, all'inizio dell'ellenismo (323 a.C. - 31 a.C. circa) concetto naturalizzato per la durata del mondo e l'eternità, che nel pantheon greco detronizzato fu introdotto come figlio di Crono. La sua festa fu collegata all'inizio del nuovo anno.
Il culto del dio fu diffuso tramite la personale Aionideologia nei misteri di Mitra, nei quali egli venne rappresentato come una figura umana alata avvolta da serpenti e con testa di leone.
Il Manicheismo e la Gnosi cristiana come il Nuovo Testamento hanno sviluppato il Dualismo tra Aion houtos (il tempo presente) ed Aion mellôn (il tempo futuro) che contraddiceva il ciclo di pensiero greco di Eraclito e Platone.
Venne equiparato al dio persiano del tempo, Zurvan. Eraclito lo paragona ad un bambino che muove le pedine sulla scacchiera.
Ἀλαλϰομένης, il primo uomo della Beozia spuntato dalla terra vicino al lago Copalde. Si pensava fosse stato educatore della dea Atena (anche detta Pallade).
1) Ἀλαλϰομηνία, Aggettivo dato alla dea Atena dagli abitanti della città Alalcomenia in Beozia.
2) figlia del re di Tebe Ogige. Con le sorelle Telsinia ed Aulide costituì una triade divina della giusta punizione alla quale era consacrato il tempio di Aliarto, in Beozia. Ad esse si prestavano i giuramenti di vendetta (quasi come Nemesi dea della vendetta divina).
Ἀλάστωρ, aggettivo di Zeus quale punitore delle malefatte. Altro Alastor era uno dei dodici figli di Nestore e di Clori (Apollod., I, IX), sposò la figlia di Climene, chiamata Arpalice, quando stava conducendo la sposa nella sua casa, Climene, che provava un amore incestuoso verso la figlia, gli corse dietro, e riportò indietro la figlia e per concludere uccise il novello sposo. Anche uno dei cavalli di Plutone era così chiamato.
si tratta di due giganti figli di Poseidone e della Terra, i due osarono ostacolare il passaggio d' Eracle nelle Gallie. Furono vinti, ma con parecchia fatica. Eracle aveva consumato tutte le sue frecce contro di essi, e la vittoria era incerta; quando Zeus, gli venne in aiuto facendo piovere sopra i due una grandine di pietre,che li costrinse ad arrendersi.
Ἀλϰαϑόη ἤ Ἀλϰιϑόη, una delle figlie di Minia (re d'Orcomeno). La ragazza non volle partecipare ai riti dionisiaci e dissuase le sorelle Aristippe e Leucippe. Durante la celebrazioni dei riti a Dioniso le ragazze si misero a filare e si raccontavano le storie degli dèi e nei loro racconti non parlarono mai di Dioniso. Il dio risentito mutò le fanciulle in pipistrelli. Ovidio nel IV° libro delle Metamorfosi così racconta: Il racconto era finito. Ma le figlie di Minia lavoravano ancora con furia, spregiando Bacco e profanando la sua festa, quando a un tratto timpani invisibili strepitarono con suono sordo, echeggiarono flauti a becco curvo e tintinnarono bronzi in un profumo di mirra e croco; e accadde un fatto incredibile: i telai cominciano a germogliare, le stoffe appese a mettere fronde in sembianza d'edera; parte si trasformò in viti e quelli che erano poco fa fili si mutarono in tralci; dagli orditi spuntarono pampini e la porpora usò il suo pigmento per dipingere l'uva. La giornata volgeva al termine, e già subentrava l'ora in cui non puoi dire se vi sia buio o luce, ma quella luce incerta che sconfina nella notte. All'improvviso sembrò che i muri tremassero, che si accendesse la resina delle torce e che la casa s'illuminasse di fiamme abbaglianti in mezzo ai ruggiti di belve spettrali. Le sorelle cercano un riparo nella casa invasa dal fumo, chi in un luogo chi in un altro, per evitare le vampe del fuoco; e mentre corrono al rifugio, fra gli arti atrofizzati si stende una membrana e imprigiona loro le braccia in un velo sottile. Le tenebre non permettono di capire come abbiano perso l'aspetto primitivo. Non si librano con l'aiuto di penne, eppure si sostengono con ali trasparenti, e quando tentano di parlare emettono un verso fievole a misura del corpo e si lamentano con sommessi squittii. Abitano sotto i tetti, non nei boschi; odiando la luce, volano di notte e prendono il nome dal vespro inoltrato. Da allora il nome di Bacco divenne famosissimo dappertutto a Tebe, e una zia materna descriveva a tutti i grandi poteri del nuovo dio.
Ἀλϰάϑοος, uno dei sei figli di Pelope, accusato di essere stato complice all'uccisione cognato Crisippo, dovette andare in esilio. Strada facendo, uccise un leone sul Citerone, per questo ottenne in ricompensa la mano di Megarea, figlia del re di Megara. Per gratitudine agli dèi, eresse un tempio ad Apollo Agreo e ad Artemide Agrotera. Ricostruì pure in onore di Apollo la cittadella di Nisa, circondandola di mura: Apollo, come dicono i Megaresi, l'aiutò e depose la cetra su quella pietra, la quale, se la colpisci con un sasso, risuona allo stesso modo di una cetra che venga pizzicata. (Pausania I, 42).
Altro Alcatoo era un troiano che sposò Ippodamia (figlia di Priamo), fu ucciso durante l'assedio di Troia da Idomenèo.
Ἀλϰαιος o Ἀλϰεύς, uno dei figli di Perseo, Alceo che regnò su Tirinto ebbe il figlio Anfitrione e la figlia Anasso da Astidamia, figlia di Pelope, ma altre tradizioni sostengono che la sua sposa fu Laonome, figlia di Guneo, o Ipponome, figlia di Meneceo. Elettrione sposò Anasso, la figlia di Alceo, e da lei ebbe la figlia Alcmena, da questa nacque Eracle. (Apollod., II, IV, 4 ).
Ἅλϰηστις Moglie di Admeto re di Tessaglia, figlia di Pelia e di Anassabia. I pretendenti erano tanti, ma Pelia rifiutò le loro offerte e stabilì il patto che avrebbe concesso la figlia a chi avesse aggiogato allo stesso carro delle bestie selvagge e su quello avesse condotto Alcesti alla cerimonia nuziale. Così Admeto pregò Apollo di aiutarlo. Apollo, che era stato trattato benignamente da lui durante il suo periodo di schiavitù, gli consegnò già aggiogati un cinghiale e un leone, con i quali egli si portò via Alcesti. Ottenne anche da Apollo questo dono: che qualcuno avesse la possibilità di morire al suo posto. Dunque, quando né suo padre né sua madre vollero morire per lui, si offrì sua moglie Alcesti e si sostituì a lui nella morte; Eracle traendola dall'Ade la fece rivivere. (Igino, Miti, 51)
Ἀλκιμάχεια, una cabiride al seguito di Dioniso. Osò frustare con un tirso ricoperto di vite e edera la statua di Era argiva, la dea la punì facendola morire e seppellire in terra straniera.
Ἀλκίδας. mostro che vomitava fuoco, generato da Gea e ucciso dalla dea Atena.
Άλϰείδης, epiteto di Eracle, da Alceo, padre di Anfitrione marito di Alcmena. Alcmena generò Eracle dopo essersi congiunta a Zeus.
Άλϰιμήδη, Madre di Giasone e moglie di Esone. Igino nella XVª favola le dà per padre Climene, altri Autolico.
altro Alcimede era un capo greco, davanti le mura di Troia.
Ἀλϰιμέδων, uno dei marinai che tentarono di rapire Bacco per ottenere un grosso riscatto e fu dal dio trasformato in delfino (Ovidio, Metamorfosi , III, 618).
Altro Alcimedonte era un eroe greco che fu ricordato per avere dato in sposa ad Eracle la propria figlia Fialò.
Ἀλϰιμένης, figlio di Giasone e di Medèa e fratello di Téssalo. Quando Giasone ripudiò Medèa, essa per vendetta fece morire atrocemente i due giovani. Ebbe lo stesso nome un figlio di Glauco che fu ucciso dal fratello Bellerofonte.
Ἀλϰινόη, moglie di Anfiloco e figlia di Polibio, fu indotta da Atena ad abbandonare il marito per scappare con Xanto, ma presa dal rimorso si uccise. Tutto ciò per punirla di aver privato del salario una delle sue operaie (Partenio di Nicea, Erotikà pathémata, XXVII). Ebbero lo stesso nome una nutrice di Zeus e una sorella di Aristeo.
Ἀλϰίνοος, figlio di Poseidone, regnava sul popolo dei Feaci con la moglie Arete. Alla sua corte giunse il naufrago Ulisse e si svolsero le nozze tra Giasone e Medea. (Non confondere col Gigante Alcinoo).
Ἀλϰυόνη, moglie di Ceice e figlia di Eolo, il marito morì facendo ritorno da Claro dove aveva interpellato l'oracolo d'Apollo. Il dio del sonno inviò Morfeo a dare la funerea notizia ad Alcione e questa precipitatasi sulla riva riconosciuto il corpo del marito si gettò a mare per abbracciarlo, ma gli dei mossi a compassione dal dolore della giovane trasformarono i due in Alcioni.
(Ovidio Metamorfosi XI). ...E a tutti gli dei offriva devota il suo incenso, ma più di tutti onorava Giunone, andando davanti all'altare del suo tempio a pregare per il marito, che più non era, perché stesse bene, perché tornasse sano e salvo, perché non s'innamorasse di nessun'altra. E di tante preghiere quest'ultima era la sola che potesse avverarsi. Ma la dea non sopportò a lungo d'esser pregata per un morto e, per allontanare dal suo altare quelle mani luttuose: «Iride,» disse, «fedelissima mia messaggera, rècati immediatamente alla reggia soporifera del Sonno e digli di mandare ad Alcione un sogno, che con l'immagine di Ceìce morto le riveli ciò che è accaduto in realtà»... ...Era il mattino. Uscì di casa per recarsi alla spiaggia e riandò mesta al luogo da dove aveva assistito alla sua partenza. Mentre lì indugiava, dicendo: «Qui sciolse gli ormeggi, qui, su questa spiaggia, mi baciò prima di partire», e mentre, al richiamo dei luoghi, ricordava ogni singolo evento e scrutava il mare, vide fluttuare in lontananza a filo d'acqua qualcosa che sembrava un corpo. All'inizio non si capiva bene che cosa fosse, ma quando l'onda l'ebbe sospinto più vicino e, malgrado la distanza, apparve chiaro che si trattava di un corpo, lei, pur non sapendo chi fosse, davanti al naufrago si commosse e come se piangesse uno sconosciuto: «Ahimè, chiunque tu sia, misero te e tua moglie, se ne hai una», disse. Spinto dai flutti quel corpo si avvicinò ancora, e quanto più lo guardava tanto più la sua mente si smarriva. E ormai così vicino è alla riva che, osservandolo, lei può riconoscerlo: era il marito. «è lui!» grida e a un tempo si lacera viso chioma e veste, e tendendo le mani tremanti verso Ceìce, mormora: «Così, carissimo marito mio, così a me, sventurato, ritorni?». Sul mare si ergeva un molo: costruito dall'uomo, frangeva i flutti in arrivo, fiaccando in anticipo l'impeto dell'acqua. Lei vi balzò sopra. Fu un prodigio che vi riuscisse; ma volava, e battendo l'aria leggera con ali appena spuntate, sfiorava, patetico uccello, la superficie del mare, e volando, la sua bocca, ormai ridotta a un becco sottile, stridendo emise un suono lamentoso che sembrava pianto. Quando poi raggiunse il corpo muto ed esangue, abbracciando quelle care membra con le sue nuove ali, vanamente col duro becco le coprì di freddi baci. Sentì Ceìce quei baci o fu solo per l'ondeggiare del mare se parve che sollevasse il viso? La gente non sa dirlo. Ma lui li sentì, e alla fine, per pietosa grazia degli dei, si mutarono entrambi in uccelli. Il loro amore rimase, legandoli al medesimo destino, e il patto nuziale fra loro, ormai uccelli, non si sciolse...
Secondo un'altra leggenda Ceice ed Alcione peccarono di vanità per cui Zeus tramutò Ceice in Smergo e Alcione nell'uccello marino che ne porta il nome.
Anche una delle Pleiadi aveva lo stesso nome.
Ἀλϰυονεύς, uno dei giganti che mossero guerra a Zeus. Sconfitto cercò scampo nascondendosi nel globo lunare, ma Atena lo fece precipitare. Gli si dava il potere di resuscitare, Eracle mutilandolo glielo tolse.
Ἀλϰίππη, una delle figlie del gigante Alcioneo, disperata per la morte di suo padre ucciso nella guerra dei Giganti
contro gli dèi, si lanciò dal capo di Canastro nel mare e fu mutata da Anfitrite in alcione. Altra fu
figlia di Aglauro e di Ares, Allirozio figlio di Poseidone la violentò. Ares vendicò l'oltraggio fatto a sua figlia uccidendo Allirozio, allora Poseidone lo citò dinanzi al concilio degli dèi che radunatisi sopra un colle ad Atene svolsero il primo processo da allora il luogo si chiamò Areopago (Ἀρεόπαγος)
Ἀλκμήνη Moglie di Anfitrione entrambi nipoti di Perseo. Quando i Tafi uccisero i fratelli di Alcmena, Anfitrione dichiarò loro guerra.
Nel tempo in cui Anfitrione era lontano a espugnare Ecalia, Alcmena ammise Zeus nel proprio talamo, credendo che fosse il suo sposo. Quando il dio fu nel talamo e le riferì le sue imprese a Ecalia, ella si persuase che era proprio il suo sposo e giacque con lui. E il dio provò tanto piacere nel giacere con lei che passò lì un giorno intero e raddoppiò la durata della notte, al punto che Alcmena si meravigliò che la notte fosse così lunga.
Quando poi fu riferita la notizia che suo marito ritornava vincitore, non la prese in considerazione poiché credeva di averlo già incontrato. Quando Anfitrione entrò nella reggia e la vide indifferente se ne meravigliò e le chiese come mai non era accorsa a riceverlo. Alcmena gli rispose: "Ma tu sei arrivato già ieri, hai dormito con me e mi hai raccontato le tue imprese ad Ecalia!".
Ella poi gli diede le prove di quello che era accaduto, Anfitrione capì che al posto suo si era presentata qualche divinità.
Successivamente Alcmena si accoppiò col legittimo sposo e concepì Ificle (gemello di Eracle).
Quando Eracle stava ormai per nascere, infatti, Zeus aveva annunciato di fronte a tutti gli dèi che il bambino della stirpe di Perseo nato in quel momento avrebbe avuto il trono di Micene; allora la dea Era, per gelosia, convinse Ilizia a ritardare il parto di Alcmena, e fece in modo che Euristeo, il figlio di Stenelo, nascesse subito, per quanto ancora settimino.
Alla morte di Anfitrione Alcmena sposò Radamanto re di Creta.
Ἀλκμαίων, uccise la madre Erifile, colpevole di essersi invaghita di un monile offertole da Polinice se gli avesse rivelato il nascondiglio del marito Anfiarao che si era nascosto per non partecipare alla guerra dei Sette contro Tebe, Erifile tradì il marito che trovò la morte a Tebe.
Per il fatto di essere diventato matricida Alcmeone fu tormentato dalle Erinni e perduto il senno girovagò a lungo finché fu ospitato da Tegèo re di Psofi e ne sposò la figlia Alfesibèa alla quale donò il monile che egli aveva strappato dal collo della madre. Ma dato che non aveva ancora recuperato il senno continuò a girovagare finché si fermò da Acheloo dove finalmente recuperata la ragione ne sposò la figlia Calliroe che gli diede due figli Acarnana ed Anfotero.
Per accontentare Calliroe con la scusa di volerlo consacrare ad Apollo nel tempio di Delfi si fece restituire da Alfesibea il triste monile, ma, sparsasi la voce del suo inganno egli fu ucciso dai fratelli di Alfesibea.
Calliroe disperata chiese ed ottenne da Zeus che i suoi figli passassero repentinamente da infanti ad adulti per divenire i vendicatori del padre, Acarnana ed Anfotero riuscirono così ad uccidere tutta la famiglia di Tegèo.
Ἄλϰων, figlio di Eritteo venerato ad Atene. Era un arciere abilissimo difatti una leggenda narra che un giorno un serpente avrebbe avvolto il figlio che stava dormendo e Alcone con una freccia lo uccise senza svegliare il bimbo. La venerazione degli Ateniesi gli era dovuta per l'arte medica.
Ἀλέα, aggettivo di Atena quale dea del grano e protettrice dei molini.
Ἀλημονη, uno dei Giganti che fecero guerra a Zeus.
Ἄλεσος, figlio che Agamennone ebbe da Briseide quando la fece rapire ad Achille. Pare avesse attentato alla vita di Clitennestra rea assieme ad Egisto di aver ucciso Agamennone, ma fallitogli il tentativo fu da Zeus mutato nel monte vicino al quale Persefone raccogliendo fiori fu rapita da Plutone.
Ἀλέξανδρος, secondo nome di Paride, il più famoso figlio di Priamo.
Ἀλξιῤῥόη, figlia di Eracle e dea della giovinezza eterna. Altra Alessiroe era una figlia del dio-fiume Granico, si lasciò sedurre da Priamo, da cui ebbe Esaco.
Ἁλήτης, era un compagno di Enea. Un'altro era figlio d'lppota, discendente da Eracle, è uno di quelli ai quali.si attribuisce la fondazione di Corinto.
Ἀλεχτρυών, giovane favorito da Ares e suo ruffiano nelle avventure erotiche, fu un giorno incaricato di vigilare mentre il dio era appartato con Afrodite. Però nella lunga attesa il giovane si addormentò ed Elio che stava spiando nascosto da una nube avvisò subito Efesto il quale sorprese in flagrante i due amanti. Ares infuriato per la negligenza del giovane lo mutò in gallo.
Ἀληϰτώ, una delle tre Erinni, figlia di Acheronte e della Notte era la più spaventosa perché non dava tregua alle sue vittime (il suo nome significa l'irrefrenabile), era raffigurata in agitazione continua con in mano una fiaccola che scuoteva sopra le sue vittime.
Ἀλφείος, figlio dell'Oceano e di Teti (non si tratta della Teti madre di Achille). Alfeo avrebbe fatto una corte accanita alla dea Artemide, la quale per sottrarsi al suo inseguimento si rese irriconoscibile sfregandosi del fango sul viso (per questo venne chiamata anche Alfèa). Comunque da bravo dongiovanni si innamora anche della ninfa Aretusa e per congiungersi a lei la insegue fino in Sicilia, isola in cui si era rifugiata e trasformata in fonte nei pressi di Siracusa, divenne fiume e la raggiunse attraversando il mare (Ovidio, Metamorfosi V). In questo mito si cela la spiegazione delle acque dolci di Aretusa pur a breve distanza dal mare. Pare che le acque dell'Alfeo avessero la proprietà di guarire dalla lebbra (in greco ἀλφός).
Ἀλφεσίβοια, fu la prima moglie di Alcmeone e da lui abbandonata per Calliroe.
Ἁλία, una delle cinquanta Nereidi. Un'altra era sorella dei Telchini, fu amata da Poseidone che la rese madre di sei figli e di una figlia detta Rode o Rodi.
Ἄλυϰος, eroe di Megàra, che accompagnò i Dioscuri quando andarono ad Attica per riprendere la sorella Elena.
Ἀλιμήδη, una delle cinquanta Nereidi.
Ἀλεξιρόη, ninfa ritenuta madre di Esaco, uno dei tanti figli di Priamo.
Ἁλιϑίρσης, figlio del noto indovino Mastore ricordato per i saggi consigli dati a Telemaco.
Ἁλιῤῥόη, una delle concubine di Poseidone.
Ἁλιῤῥόϑιος, o Allirotio, figlio di Poseidone e della ninfa Eurite. Morto per mano di Ares.
Ἀλωεῖδαι, Ifimedia, sposa di Alòo si era innamorata di Posidone, e spesso andava sulla riva del mare, raccoglieva l'acqua nel cavo della mano e se la versava in grembo. Così Posidone si unì a lei, e nacquero due maschi, Oto ed Efialte, i cosiddetti Aloadi, erano due mostruosi giganti (pare che crescessero di nove pollici al mese).
Essi presero attivamente parte alla guerra contro Zeus. Zeus chiese tregua ai giganti che pretesero Artemide e Era come ostaggi, allora Zeus mandò Ares a combatterli, però Oto ed Efialte riuscirono a battere il dio e lo rinchiusero in un'idria di bronzo per tredici mesi, e che Ermes, avvertito da Eribea, matrigna degli Aloadi, riuscì a liberarlo quando ormai era sfinito dal peso delle catene.
Artemide intanto attirò gli Aloadi a Nasso e li uccise con un inganno: trasformatasi in cerva, infatti, balzò in mezzo a loro, e i due fratelli tirarono entrambi la loro lancia per colpirla, uccidendosi a vicenda.
Per approfondimenti Omero, Odissea XI, 305 ss.; Virgilio, Eneide VI. Secondo Igino, i due terribili gemelli furono uccisi da Apollo (Miti, 28).
Ἀλωίς, epiteto di Cerere, la battitrice di grano. In Atene in suo onore si celebravano le Aloce (Ἀλῶα) dove le venivano offerti vino, covoni e frutta.
Ἀλωεύς, gigante figlio di Urano e di Gea e padre degli Aloidi.
Ἁλόπη, una delle Arpie. Altra Alope era figlia di Cercione, uccisa dal padre per essere stata amante di Poseidone. Il dio la trasformò in fonte.
Ἄλπος, uno dei figli di Gea. Aveva cento teste di serpente ed era nemico degli dèi. Fu ucciso da Dioniso che per l'impresa fece uso dell'edera (Nonno di Panopoli Dionisiache III- 25-238 e ss.).
Ἀλϑαία, figlia di Testio e di Euritèmi, moglie del re di Calidone e madre di Meleagro. Avendo il marito dimenticata Artemide nei suoi sacrifici la dea per vendicarsi mandò a Calidone un temibile cinghiale per devastare il paese. Meleagro lo affrontò e l'uccise facendo dono delle spoglie dello animale ad Atalanta figlia di Giasone d'Arcadia da lui amata, ma i fratelli si opposero al dono che essi stessi desideravano e venuti a contesa furono da lui uccisi.
Indignata e addolorata per il fatto Altea prese il tizzone alla quale era legata la vita di Meleagro e lo mise sul fuoco di modo che il figlio morisse.
Ma disperata si uccise anche lei.
Ἀλϑημένης, figlio di Catrèo (uno dei figli di Minosse re di Creta).
Appreso dall'oracolo di Delfi che il padre sarebbe stato ucciso da uno dei figli, per scongiurare il pericolo uccise una delle sorelle che era stata violentata da Ermes e diede in spose a principi forestieri le altre sorelle, fatto ciò si esiliò di sua volontà e andò a vivere a Rodi in una località che chiamò Cretinia. Divenuto ormai molto vecchio, Catreo pensò di lasciare il regno a suo figlio Altemene, e partì quindi per Rodi. Sbarcato insieme ai suoi compagni in un luogo deserto dell'isola, venne assalito dai pastori, che pensavano a un attacco di pirati.
Catreo cercò di spiegare le sue ragioni, ma i latrati dei cani coprivano la sua voce.
I pastori cominciarono a picchiarlo, e in quel momento arrivò anche Altemene che, senza riconoscere suo padre, lo colpì con la lancia e lo uccise.
Quando comprese l'accaduto, pregò gli dèi di farlo sparire in una voragine della terra, e così avvenne (Apollodoro, Biblioteca III, 2).
Ἄλϑαινος, nome di un parente di Diomede sprezzatore degli dei. Alteno per compiacere Afrodite che era stata offesa dall'eroe greco in un processo intentato contro Diomede gli fu acerrimamente avverso anche perché la dea gli favorì gli amori di Enippe bella figlia di Dauno.
Una curiosità: l'Alteno è un sistema di coltivazione della vite usato per piante a grande crescita.
Ἁμαδρύαδες, (dal greco hama = con, e drys = querce), ninfe dei boschi e degli alberi dei quali ne dividevano la vita e la morte, racchiuse indivisibilmente nella loro corteccia erano simbolo della vita vegetativa.
Ἀμάλϑεια, era la capra che allattò Zeus, oppure il nome della ninfa figlia di Oceano che avrebbe nutrito il dio col latte di una capra generata dal dio del Sole, la quale perdette un corno, al quale Zeus concedette la proprietà di riempirsi di tutto quello che le ninfe potessero desiderare, questo per compensarle delle loro amorevoli cure avute nell'infanzia.
Zeus volle mettere questa sua nutrice in cielo nella costellazione del Capricorno e di pelle caprina rivestì il suo scudo.
Anche la sibilla Cumana era chiamata Amaltea.
Lo stesso nome aveva pure una città sull'isola di Cipro.
Ἀμαρυνϑία, epiteto di Artemide, datole in un villaggio dell'isola Eubea, dove la dea era particolarmente venerata.
Ἀμαϑούς, figlio d' Eracle, fabbricò, nell'isola di Cipro, la città che dal suo nome, fu chiama Amatunta e consacrata a Afrodite. Nel tempio di Afrodite gli abitanti sacrificavano gli stranieri, la dea indignata da questo rito (considerando che era dea dell'amore), mutò in tori gli abitanti della città e fece prostituire le donne.
Ἀμάϑεια, una delle Nereidi.Vedrò di mettere l'elenco che ci tramanda Igino nei suoi "Miti": Glauce, Talia, Cimodoce, Nesea, Speio, Toe, Cimotoe, Attea, Limnoreia, Melite, lera, Anfitoe, Agave, Doto, Proto, Ferusa, Dinamene, Dessamene, Anfinome, Callianassa, Doride, Panope, Galatea, Nemerte, Apseude, Climene, lanira, Panopea, lanassa, Mera, Orizia, Drimo, Xanto, Ligea, Fillodoce, Cidippe, Licoriade, Cleio, Beroe, Efire, Opis, Asia, Deiopea, Aretusa, Climene, Creneide, Euridice, Leucotoe.
Ἀμάζονες, favoloso popolo di donne guerriere che abitavano nella Cappadocia sulle rive del Termodonte, ma a volte si spingevano fino alla Scizia.
Esse non ammettevano uomini nel loro paese, perciò una volta l'anno s'incontravano con loro per la continuazione della specie.
Facevano morire oppure storpiavano i figli maschi, mentre avevano molta cura delle femmine che addestravano a combattere e bruciavano loro la mammella destra di modo ché potessero usare meglio le armi.
Coi loro vicini ebbero molte guerre, ma furono più volte vinte da Bellerofonte, da Eracle e da Teséo che sposò la loro regina Ippolita o Antiope dalla quale ebbe Ippolito.
Guidate dalla loro regina Pentesilèa (figlia di Ares) parteciparono alla guerra di Troia combattendo contro i Greci mettendoli più volte in difficoltà finché Achille non uccise la loro regina.
Altra foto delle temutissime guerriere
Ἀμαζόνιος, questo nome venne dato ad Apollo per avere aiutato le Amazzoni durante l'assedio di Troia.
Ἀμβροσίη, era il cibo degli dèi, così come il nettare era la loro bevanda. Chi lo assaggiava diveniva immortale, e d'ambrosia di nutrivano anche i cavalli degli dèi. Si dice che provenisse dall'orto delle Esperidi. Anche una figlia di Atlante si chiamava Ambrosia e anche una festa che si celebrava nel periodo della vendemmia in onore di Dioniso aveva lo stesso nome.
Ἀμύϰλας, la sola, una delle sette figlie di Niobe, con Melibea, risparmiata dalla vendetta d'Apollo e di Artemide (Apollodoro, III, 5).
Ἀμύκλα
Una delle figlie di Niobe;
Il presunto padre del giovane Giacinto tanto caro ad Apollo. E più facile pensare che il padre di Giacinto fosse Piero e la madre la Musa Clio;
Ἀμύκλαι, città dove Eracle venne purificato da Deifobo dopo che aveva ucciso Eurito.
Ἀμυκλαῖος, epiteto di Apollo, venutogli dalla città Amiclea la dove aveva un tempio a lui dedicato.
Ἄμυϰος, figlio di Poseidone, grande pugile e re dei Bebrici. Col suo popolo abbandonò la Tracia per stabilirsi in Bitinia, Era un uomo forte e violento, e sfidava tutti gli stranieri che passavano di là a una gara di pugilato: in questo modo li uccideva tutti. Così anche quel giorno Amico si avvicinò alla nave Argo, e sfidò il più bravo del gruppo a battersi con lui. La sfida fu raccolta da Polluce che subito con il suo pugno colpì il re a un gomito e lo uccise. I Bebrici allora lo assalirono, ma i suoi nobili compagni strapparono le armi ai nemici, li misero in fuga e ne uccisero parecchi (Apollodoro, Biblioteca, I, 9).
Ἀμυμώνη, una delle Danaidi che si concesse a Poseidone per gratitudine di averla sottratta alle violenze di un satiro. Dalla loro unione nacque Nauplio re d'Eubea.
Vi propongo la lettura del mito così come lo narra Igino (Miti, 169): Mentre era intenta a cacciare nella selva, Amimone, figlia di Danao, colpì un Satiro con una freccia. Il Satiro volle farle violenza, ed ella implorò il soccorso di Nettuno; Nettuno comparve, scacciò il Satiro e la fece sua. Da tale unione nacque Nauplio. Nel luogo in cui avvenne questo fatto si dice che Nettuno abbia percosso il suolo col tridente e di lì sia sgorgata una vena d'acqua che poi fu detta fonte di Lerna e fiume d'Amimone. (Miti, 169A) Amimone, figlia di Danao, fu inviata dal padre ad attingere acqua per un sacrificio. Mentre stava cercando si addormentò esausta e un Satiro tentò di violentarla. Lei implorò il soccorso di Nettuno, e il dio scagliò contro il Satiro la sua fiocina, che si piantò nella roccia, e lo mise in fuga. Egli poi domandò alla fanciulla che mai stava facendo in quel luogo deserto; lei rispose che era stata mandata dal padre ad attingere acqua. Nettuno la possedette e come ricompensa la invitò a sfilare la fiocina dalla roccia; lei lo fece e di lì zampillarono tre getti d'acqua che dal suo nome furono detti "sorgente d'Amimone". Da quel convegno sessuale nacque Nauplio, mentre la sorgente in seguito fu detta "fonte di Lerna".
Ἄμυνια, amava non corrisposta Narciso. Aminia, minacciò di togliersi la vita, in risposta Narciso le mandò un pugnale. Aminia maledicendolo si trafisse il cuore presso alla porta del giovane. (Conone, Racconti, XIV)
Ἀμυϑάων, figlio di Creteo, visse a Pilo, sposò Idomene, figlia di Ferete, ed ebbe i figli Biante e Melampo (famoso indovino) e re d'Argo.
Capostipite degli Amitaonidi.
Ἔρως, per i Greci Eros, per i Romani Cupido, era rappresentato come un giovanetto nudo di grandissima bellezza armato di un arco col quale scagliava le infallibili frecce dalla cui ferita nasceva il mal d'amore. Personificazione della forza irresistibile che spinge gli esseri umani uno verso l'altro. Era venerato non solo come dio dell'amore ma anche come protettore delle amicizie fra gli uomini. Secondo la tradizione tarda era figlio di Afrodite e di Ares. Non appena nato Zeus al solo guardarlo conobbe quanti guai avrebbe combinato quel bimbo e cercò di convincere Afrodite a sopprimerlo. Allora Afrodite per salvarlo da Zeus lo fece allevare di nascosto nei boschi dove le bestie feroci lo allevarono e nutrirono. Appena il bimbo crebbe abbastanza da utilizzare un arco, se ne costruì uno di frassino e frecce di cipresso, imparò da solo l'uso dell'arma addestrandosi con gli animali nell'arte di ferire gli uomini e gli dèi. Non risparmiò nemmeno la madre che, scoccandole a tradimento una freccia, si innamorò di Adone (unico vero amore della dea) che fu ucciso da Ares ingelosito. Afrodite, gelosa della bellezza di Psiche, pregò Amore perché la facesse innamorare del più povero dei mortali per togliersela davanti.
Il dio vedendo la ragazza ne restò incantato, l'amò senza rivelarle chi egli fosse e senza farsi mai guardare altrimenti lo avrebbe perso. Psiche incitata dalle sorelle non resistette alla tentazione ed una notte accesa una lampada lo guardò, ma il dio svegliatosi di soprassalto per uno schizzo d'olio sparì. Psiche cercò inutilmente il suo amore mentre Afrodite la umiliava ed angustiava durante le sue ricerche. Infine i due si ritrovarono e Amore ottenne da Zeus che la sua amata fosse posta fra gli immortali. Dalla loro unione nacque la Voluttà. (dalla favola "Eros e Psiche" di Apuleio). In Esiodo Eros è un dio primordiale nato dal Caos che si pone come demiurgo del ciclo generativo dell'universo (... Amore, ch'è fra tutti i Celesti il più bello, che dissipa ogni cura degli uomini tutti e dei Numi, doma ogni volontà nel seno, ogni accorto consiglio... Esiodo, Teogonia). Nella cosmogonia orfica, Eros nasce dall'Uovo primordiale, figlio della Notte e di Erebo, egli dà forma a tutti gli elementi dell'universo. In altri miti viene dato come figlio di Poro e di Penia e descritto più come un demone che un dio. In ogni caso tutti i miti legati a Eros sono d'inalterata bellezza.
Ἄμπελος, figlio di un Satiro e di una Ninfa, che viveva sui colli di Ismaro, si diceva che Bacco si fosse innamorato del rustico giovinetto infatti, fu a lui che il dio consegnò il primo grappolo d'uva che pendeva dai rami di un olmo; poi il giovanetto mentre cercava di raccogliere altri grappoli d'uva cadde dall'albero e morì, Bacco intristito lo portò fra le stelle.
Ἄμπυζ, fondatore dell'oracolo di Mallo nella Cilicia e padre dell'indovino Mopso. Altri danno Mopso per figlio d'Apollo e di Manto (Igino, Fav. CXXVIII; Pausania, V, 17). Altri con lo stesso nome furono: Uno dei parteggianti di Fineo e trasformato in sasso da Teseo che gli mostrò la testa di Medusa (Ovidio, Metamorfosi, V, 184); Un Lapita che fu ucciso dal Centauro Eolo nelle nozze di Piritoo; Un figlio di Giapeto, che era sacerdote di Cerere, e che compose il canto di mensa per le nozze di Piritoo, venne ucciso da Pettalo nel combattimento che seguì il banchetto di nozze (Ovidio, Metamorfosi, V, 110).
ἀνακαλυπτήριος, che scopre, che toglie il velo con questa parola i Greci designavano l'atto della sposa di togliersi il velo quando lo sposo presentava i doni nuziali. Dall'atto la parola passò ai doni stessi. Cosi Zeus consacrò la Sicilia come anacalipterio a Core.
Ἄναϰες, con questo nome erano venerati ad Atene i Diòscuri per la clemenza che usarono nei confronti dei cittadini di Afidna, quando ritrovarono in questa città la sorella Elena rapita da Teseo prima che da Paride.
Ἀναδυομένη, aggettivo di Afrodite in riferimento alla sua nascita. La parola vuol dire sorta dal mare.
ἀναγωγή, indicava la partenza di una divinità dal suo santuario e il suo successivo ritorno, ma anche elevazione spirituale, evocazione di una divinità, sublimazione e distillazione.
ἀναίδεια e ἀναιδεία, personificazione dell'impudenza di Atene. Mentre col termine λίθος ἀναιδείας (la pietra dell'implacabilità), si indicava il posto dell'accusatore, nell'Areopago.
Ἀναῗτις, aggettivo di Artemide o di Afrodite, presso gli abitanti della Armenia, della Lidia e della Persia.
Ἄναπις o Ἄναπος amante della ninfa Ciane, tentò d'opporsi al ratto di Persefone. Ade irritato della sua resistenza, lo mutò in fiume; Ciane mutata in fontana, restò unita al suo amato mescolando le proprie acque con quelle di Anapi.
Ἀναξίδηε, nato dall'unione di Castore con Ilaria figlia di Leucippo, veniva invocato con Mnasinoo, figlio di Polluce e di Febe.
Ἀναξιϑία, nome di una delle Danaidi, fu amata da Zeus che la rese madre di Oleno.
Ἀναζαρέτη, o Anassarete, ninfa dell'isola di Cipro o di Salamina, che per non avere compiaciuto Ifi, anzi lo schernì, gli dèi la mutarono in rupe, mentre Ifi si uccideva per la disperazione di essere stato respinto. …Dopo tanto penare Ifi non resse più al dolore e davanti alla porta pronunciò queste estreme parole: "Hai vinto, Anassàrete: smetterò d'infastidirti coi miei lamenti. Prepara in letizia il tuo trionfo, inneggia alla vittoria e incoronati di splendido alloro. Hai vinto e io muoio senza rimpianti. Gioisci, donna di ferro! Una volta almeno sarai costretta a lodare una mia azione: ti faccio cosa gradita e dovrai riconoscermi qualche merito. Sappi però che la mia passione per te si spegnerà solo con la morte e sarà per me come se morissi due volte…, …Ma non appena scorse Ifi disteso sul feretro,.le s'irrigidirono gli occhi, dal corpo velato di pallore dileguò il tepore del sangue e, quando tentò di ritrarsi, rimase inchiodata dov'era, quando tentò di girare il viso, neppure questo poté; e a poco a poco quella pietra che da tempo aveva nel suo duro cuore, le invase tutte le membra. Non mento, credimi: a Salamina esiste ancora la statua che serba la sua immagine e un tempio dedicato a Venere lungimirante. Memore di ciò, ninfa mia cara, tronca, ti prego, la tua cruda ritrosia e unisciti a chi t'ama… (Ovidio, Metamorfosi, XIV). Una storia simile è raccontata da A. Liberale nelle sue “Metamorfosi XXXIX, solo che i protagonisti sono: Arceofonte e Arsinoe.
Ἀναξίβια, diversi i personaggi con questo nome:
1) sorella d'Agamennone e di Menelao e madre di Pilade.
2) ninfa che per sottrarsi alla corte di Apollo si rifugiò nel tempio di Artemide, dove la dea la rese invisibile.
3) figlia di Biante, che fu moglie di Pelia.
4) una Danaide, moglie d'Archelao.
Ἀναξώ, nipote di Perseo e moglie di Elettrione che la rese madre di Alcmena.
Αγϰαῖος, figlio di Poseidone e di Aristipalea, fu uno degli Argonauti e partecipò alla caccia del cinghiale Calidonio. Uno schiavo gli predisse che non avrebbe più bevuto vino della sua vigna, allora Anceo per farsi gioco di lui ordinò che gli venisse portata una coppa di vino, ma prima ancora egli bevesse lo schiavo gli ricordò che fra le labbra e la coppa c'era una certa distanza, e nello stesso istante lo avvisarono che il cinghiale era entrato nella sua vigna e la stava distruggendo, Anceo gettata la coppa si precipitò all'assalto della bestia che lo sbranò. Figlio suo fu Agatenore.
Ἀγχιάλε, madre di Tizio e di Cileno, Dattili Idèi che nella Troade formavano il corteo alla dea Cibele.
Ἀγχίροη, o Ancinoe o Anchinoe, da ἄγχι «vicino», ῤόος «corrente» figlia di Nilo, sposa di Belo e madre d'Egitto e di Danao.
Ἀγχίσης, eroe di Troia, figlio di Capi e di Temi cugino di Priamo e padre di Enea figlio avuto da Afrodite. Dopo la caduta di Troia fu salvato dal figlio che lo portò a spalla. Durante il viaggio verso l'Italia, morì a Trapani dove il figlio gli diede onorata sepoltura sul monte Erice dove c'era un tempio consacrato ad Afrodite.
Enea sceso nell'aldilà incontra il padre che gli dà le profezie sulla grandezza di Roma e l'Eneide così recita:
... Ma tu, Romano ricorda che i popoli devi al tuo cenno piegare questa sarà la tua arte e imporre di pace sicura le norme, e grazia concedere ai vinti e debellare i superbi . (Eneide VI)
L'amore di Afrodite per Anchise è narrato nel bellissimo Inno omerico ad Afrodite. Afrodite si innamorò di lui vedendolo pascolare le sue mandrie presso Troia; per convincerlo ad amarla, gli si offrì sotto l'aspetto di una principessa frigia, e soltanto più tardi gli rivelò la sua identità, preannunciandogli insieme la nascita di un eroico figlio.
Secondo la leggenda, Anchise, ubriaco, osò vantarsi del suo amore con la dea durante una festa: Zeus, per punirlo, lo colpì con un fulmine e lo rese zoppo (cfr. anche Omero, Iliade II, 819 ss.; V, 3 11 ss.; Esiodo, Teogonia 1008 ss.).
Ben diversamente ne parlano Ditti cretese, Darete Frigio e sulle loro orme gli autori medievali Benoit de Sainte Maure e Guido delle Colonne, che lo associano al tradimento di Troia compiuto da Enea ed Antenore. Anchise con il figlio avrebbe aperto ai Greci la porta Scea nella notte fatale, in cambio dell'incolumità e di enormi ricchezze.
Ἀγχουρος, figlio di re Mida, precipitò armato di tutto punto e col suo cavallo in una voragine a Celene, antica capitale della Frigia.
Ἄνδροϰλῆς, uno dei tanti figli di Eolo (dio dei Venti), regnò fra lo stretto di Messina e capo Lilibeo.
Ἄνδρος , in questa isola, nel tempio di Libero, da una fonte miracolosa per sette giorni a partire dal 5 gennaio scorreva un liquido col sapore di vino. Se questo liquido veniva portato fuori dalla vista del tempio riacquistava il sapore dell'acqua.
Ἄνδρόϰλεια, una delle figlie di Antipeno e di Antipene re di Tebe, le quali obbedendo al comando dell'oracolo secondo il quale la città non si sarebbe liberata dal dominio di Eracle se una delle famiglie più illustri non si fosse sacrificata, così affrontarono la morte per la salvezza di Tebe.
Aggettivo di Afrodite dal significato di assassina di uomini.
Ἀνδρόγεως, figlio di Minosse e di Pasifae, fu ucciso a tradimento dagl'invidiosi Ateniesi e Megaresi perché in tutti i giochi pubblici Androgeno grazie alla sua forza e destrezza ne vinceva tutti i premi. Minosse per vendicarlo fece guerra a Megara e ad Atene. Sconfitte le due città, le obbligò a inviare ogni nove anni sette fanciulli e sette fanciulle quale pasto per il terribile Minotauro.
Un'altra leggenda narra che Androgeno fu fatto uccidere a tradimento da Egeo re d'Atene, invidioso del fatto che il giovane era uscito vincitore nei Giochi Panatenèi celebrati in onore di Atena.
Zeus, irato afflisse l'Attica con una tremenda siccità. L'oracolo consultato per come scongiurare gli dèi di far cessare una così terribile punizione, rispose che toccava al re intercedere la grazia del dio.
Solo quando Egeo con preghiere pubbliche e sacrifici ebbe fatto ammenda della sua colpa si ebbe una pioggia abbondante.
Androgenie furono chiamate le cerimonie espiatrici.
Ἀνδρομάχη, figlia di Eezione, re di Tebe Ipoplacia nella Misia, fu moglie di Ettore dal quale ebbe Astianatte. è descritta come donna dolce ed affettuosa. Sorretta da coraggio alla vista di Ettore morto trascinato dal carro d'Achille essa si preoccupa non di sè ma per il figlio privato del padre.
Dopo la caduta di Troia essa toccò come bottino a Pirro (figlio di Achille), dal quale ebbe tre figli.
Alla morte di Pirro sposò il cognato Eleno (figlio di Priamo). Rimpianse sempre Ettore che aveva tanto amato e parlava sempre di lui e ne esaltava il valore, gli fece erigere un monumento nell'Epiro e nonostante la sorte l'aveva indotta a vivere con Pirro prima e con Eleno dopo, il rimpianto amoroso di Ettore non la abbandonò mai in tutta la sua vita.
Ἀνδρομήδη, figlia di Cefeo re dell'Etiopia (indicava i paesi a sud dell'Egitto e genericamente l'Africa) e di Cassiopea. Essendosi la madre vantata che la figlia superasse in bellezza le Nereidi, queste risentite si rivolsero a Poseidone perché punisse l'oltraggio avuto e Poseidone mandò un mostro marino a devastare le coste del regno di Cefeo.
Cefeo interpellato l'oracolo ebbe come responso che doveva abbandonare la figlia Andromeda alla mercé del mostro. I genitori sebbene addolorati acconsentirono alla brutale offerta anche perché spinti dal popolo rumoreggiante e fecero incatenare la figlia ad uno scoglio.
Il Fato volle che mentre Perseo ritornava volando in patria la scorse ed incantatosi di tanta bellezza scese e si fece raccontare la storia, saputola si precipitò da Cefeo offrendosi di liberare Andromeda a condizione che gliela concedesse in moglie.
Andromeda era già promessa a Fineo, fratello di Cefeo. Cefeo fu più che contento di accettare l'offerta di Perseo e addirittura gli promise la successione al trono. Perseo arrivò giusto in tempo alla spiaggia dove il mostro stava già per attaccare la ragazza, allora Perseo libratosi in volo con la scimitarra (dono divino) iniziò una durissima lotta della quale ne uscì vincitore.
Liberata Andromeda la riportò a corte dove il padre Cefeo si affrettò a mantenere la parola organizzando la festa nuziale, ma quando ecco arrivare l'ex pretendente Fineo che armi in pugno voleva far valere i suoi vecchi diritti su Andromeda.
Cefeo cercò invano di far capire al fratello che non era il caso che reclamasse visto che non aveva mosso un dito per liberarla dal mostro. Nacque così una furibonda lotta che visto il grande numero di seguaci che Fineo aveva portato con se stava per sopraffare Perseo che allora tirata fuori la testa della Medusa pietrificò tutti i suoi avversari Fineo compreso.
Perseo ebbe da Andromeda e seguenti figli: Perse, Alceo, Elettrione, Stenelo e Gorgofona.
Il figlio Perse rimase col nonno Cefeo mentre gli altri fecero ritorno con lui in Grecia.
Ἀνδρόπομπος, padre della ninfa Melanto.
Ἀμφίαλος, figlio di Neottolemo e Andromaca.
Ἀμφιάραος, padre di Alcmeone, figlio di Oicle e di Ipermestra. Avendo saputo dall'oracolo che sarebbe morto nella guerra dei Sette contro Tebe per non parteciparvi si nascose.
Aveva già deposto dal trono il re di Argo, Talao e costretto il figlio di questi (Adrasto) ad abbandonare l'Argolide. Aveva sposato Erifile, che per vanità e leggerezza fu causa della morte del marito del quale rivelò il nascondiglio a Polinice in cambio di una collana.
Costretto così a partecipare alla guerra, un giorno Anfiarao mentre era a mensa con gli altri condottieri vide un'aquila che presa la sua lancia la gettò a terra trasformandola in un ramo di alloro, e il giorno dopo mentre combatteva la terra si aprì ed inghiottì Anfiarao con tutto il suo carro da guerra.
Anfiarao si era fatto promettere dal figlio Alcmeone che in caso fosse morto avrebbe ucciso la madre Erifile rea di averlo tradito. Fu venerato come un dio presso Tebe e presso Oropo la dove aveva pure due oracoli ed in suo onore si celebravano le Anfiaree.
Ἀμφιδάμας, Busiride sacrificava tutti gli stranieri sull'altare di Zeus, in ossequio a una profezia. Da nove anni, infatti, l'Egitto era devastato dalla carestia, e Frasio, un sapiente indovino giunto da Cipro, aveva profetizzato che la carestia avrebbe avuto fine se ogni anno avessero sacrificato a Zeus uno straniero. Il primo a essere sgozzato da Busiride fu proprio l'indovino; e poi continuò con tutti gli stranieri che capitavano. Anche Eracle fu catturato e portato all'altare: ma l'eroe spezzò le corde che lo legavano, e uccise Busiride insieme a suo figlio Anfidamante offrendoli come sacrificio agli dèi (ripagati con la stessa moneta).
Ἀμφιδρόμια, così si chiamava la cerimonia che i Greci usavano fare il quinto giorno dopo la nascita di un bambino, ponendolo davanti all'altare degli dèi della casa dopo averlo fatto correre in braccio al padre intorno al fuoco dell'altare. Durante questo rito veniva imposto il nome all'infante.
Ἀμφίλοχος, fratello di Alcmeone, aiutò il fratello ad uccidere la propria madre Erifile che aveva tradito il marito. Partecipò vittoriosamente alla guerra degli Epigoni. Fu ucciso senza gloria in una rissa tra lui e Mopso.
Ἀμφιμίδων, figlio di Melantio, offerse ospitalità agli Atridi quando questi andarono a Itaca per tentare senza successo di convincere Ulisse a partecipare alla guerra contro Troia. Fu tra i proci e il giorno della resa dei conti morì per mano di Telemaco.
Ἀμφινόμη, madre di Giasone, il supremo condottiero degli Argonauti. Si uccise conficcandosi un pugnale nel petto per la desolazione della lontananza dell'amatissimo figlio.
Ἀμφίων ἤ Ζῆϑος, Antiope era figlia di Nitteo, Zeus si unì in amore con lei. Quando rimase incinta, il padre la scacciò, e la fanciulla si rifugiò a Sicione presso il re Epopeo e lo sposò. In una crisi di disperazione, Nitteo si uccise, e lasciò a Lico l'incarico di punire Epopeo e Antiope. Pertanto Lico fece guerra a Sicione e la occupò, uccise Epopeo e portò via prigioniera Antiope. Lungo la strada, presso Eleutere in Beozia, Antiope partorì due gemelli. Subito furono esposti, ma un mandriano li trovò e li allevò, e li chiamò Zeto e Anfione. Zeto si occupava del bestiame, e Anfione invece si esercitava nella citarodia, con la cetra che gli aveva donato Ermes. Intanto Lico e sua moglie Dirce che avevano imprigionato Antiope, le facevano subire continui maltrattamenti; ma un giorno le corde che legavano Antiope si sciolsero da sole, e la donna fuggì di nascosto e arrivò alla capanna dei due ragazzi, chiedendo ospitalità. Quando Zeto e Anfione seppero che si trattava della loro madre, uccisero Lico, legarono Dirce a un toro e gettarono il suo cadavere nel crepaccio di una sorgente che da lei prese il nome di Dirce. Preso il potere, i due fratelli fortificarono la città. Anfione, istruito da Ermes nel suono della lira, possedeva un'alta conoscenza della musica e dal suo strumento sapeva tirare fuori suoni così belli e dolci che quando incominciò a costruire le mura di Tebe le pietre si collocavano da sole al loro posto. Anfione fu sposo infelice di Niobe. Impazzito per la morte di tutti i suoi figli profanò il tempio di Apollo e fu ucciso dalle frecce del dio. Anfione simboleggia il potere dell'intelligenza umana, contrapposto a Zeto che simboleggia la forza fisica.
Ἀμφιρώ, una delle ninfe Oceanine.
(ἀμφικάρηνος, Nicandr. Ther. v. 373) Serpente assai velenoso, dotato di una testa in ciascuna delle due estremità del corpo, e di occhi che brillano come lampade.
...Come un'anfisbena
a due bocche si avvolge in mezzo alle sue spire,
sputando veleno da entrambe le teste
e ondeggiando con un duplice impulso delle membra;
quando striscia, una testa tocca l'altra
ed il corpo, guizzando sulle spire, avanza di traverso
Secondo il mito greco, Anfisbena fu generata dal sangue gocciolato dalla testa della gorgone Medusa quando Perseo volò, stringendola in pugno, sopra il deserto libico (Lucan. Pharsal. 9, 696 ss.; 719).
L'Anfisbena come creatura mitologica è stata citata da Marco Anneo Lucano e Plinio il Vecchio (come se non bastasse l'uscita del veleno da una bocca sola), da Dante nel canto XXIV dell'Inferno e da Borges nel suo Manuale di zoologia fantastica.
Il nome derivante da un possibile ἀμφισ - βάτης, cfr. παραι - βάτης che procede (βαίνω) da ambo i lati, Frisk, Gr.Et.Wört. s. v. ἀμφισβητέω. è testimoniata anche la forma ἀμφίσ - μαινα, cfr. Hesych. s. v.
Eliano (Nat. an. 9, 23) descrive l'Anfisbena, contrapponendola ad altri animali favolosi come l'Idra o la Chimera di Licia, e dunque suggerendo di credere alla sua reale esistenza (se l'intero paragrafo non si deve intendere in senso ironico). Eliano spiega inoltre, sempre seguendo Nicandro di Colofone (II sec. a. C., autore dei Theriakà), che la pelle dell'Anfisbena, avvolta attorno ad un bastone, ha la proprietà di scacciare gli animali (compresi i serpenti) che uccidono senza mordere (Nat. an. 8, 8). Gli scoli a Nicandro (Ther. 372a.1) dicono trattarsi di animale piccolo e lento, di colore terreo, punteggiato da macchioline, e debole di vista; la pelle di questo serpente, disseccata e avvolta intorno ad un bastone, viene usata dai boscaioli contro i lividi e il torpore causato dal gelo.
In Nonno di Panopoli (Dionisiache 5, 146 sgg.) si legge descrizione molto dettagliata della collana di Afrodite, fatta da Efesto in forma di Anfisbena.
Ha una valenza negativa in Eschilo (Agamennone 1233, prima occorrenza nota; era nominata anche nelle Cicogne di Aristofane, Photh. Lex. s. v.), che equipara l'Anfisbena a Clitemnestra, futura assassina di Agamennone, associandola a Scilla, altro mostro femminile omicida.
In araldica l'’anfisbena, ha forma di un serpente disposto a forma di 5 o di S, inanellato e con una seconda testa al termine della coda. Le due teste gli permettono di procedere sia in avanti che all'’indietro senza differenza. Quando una testa dorme, l’'altra resta sveglia in guardia.
Ἀμφιϑόη, una delle Nereidi.
Ἀμφιτρύων, figlio di Alceo re di Tirinto e nipote di Perseo, sposò Alcmena figlia di Elettrione e di conseguenza cugina sua. Quando a Micene era re Elettrione, i figli di Pterelao, con l'aiuto di Tafo, vennero a reclamare il regno di Mestore, loro nonno da parte di madre; Elettrione rifiutò le loro ragioni, e i figli di Pterelao allora gli portarono via le mandrie di buoi: i figli di Elettrione corsero a difenderle, e nella sfida che ne seguì si uccisero tutti l'un l'altro. I Tafii che riuscirono a scappare si imbarcarono portando con sé il bestiame rubato, e lo affidarono a Polisseno, re degli Elei; Anfitrione poi lo riscattò e lo riportò a Micene. Elettrione intanto meditava vendetta per l'assassinio dei figli; così, affidò ad Anfitrione la reggenza del trono e anche la figlia Alcmena (dopo avergli fatto giurare di conservarla vergine fino al suo ritorno), e si dispose a far guerra contro i Teleboi. Ma nel momento di ricevere indietro il bestiame rubato, improvvisamente una vacca lo caricò, e Anfitrione le scagliò contro il bastone che aveva in mano: il bastone batté contro le corna dell' animale, rimbalzò, colpì Elettrione alla testa e lo uccise. Forte di tale pretesto, Stenelo bandi Anfitrione dall'intero territorio di Argo. Anfitrione, insieme ad Alcmena e a Licimnio, riparò a Tebe, dove fu purificato dal re Creonte; e diede in sposa a Licimnio sua sorella Perimede. Alcmena pose una condizione alle sue nozze con Anfitrione: egli avrebbe dovuto vendicare la morte dei suoi fratelli. Anfitrione lo giurò, e andò a combattere contro i Teleboi, chiedendo aiuto a Creonte. Il re acconsentì, a patto che prima Anfitrione liberasse la Cadmea dalla tremenda volpe che la devastava. Anfitrione diede la sua parola; e tuttavia era fissato dal destino che nessuno potesse prendere quella bestia, che razziava per tutta la regione, e alla quale ogni mese i Tebani stessi offrivano come preda un bambino, uno dei loro figli, perché non ne divorasse molti di più. Anfitrione allora andò ad Atene, per chiedere aiuto a Cefalo, figlio di Deioneo; e lo convinse, in cambio di una parte del bottino sottratto ai Teleboi, a lanciare contro la volpe il suo cane, quello che Procri aveva portato da Creta come dono di Minosse: era un cane fatato, e qualunque cosa inseguisse, la prendeva. Così, il cane si mise a inseguire la volpe, e Zeus li trasformò entrambi in pietre. Anfitrione dunque partì con i suoi alleati e mise a ferro e fuoco le isole dei Tafii. Finché fu in vita Pterelao, Anfitrione non riuscì a prendere Tafo; ma la figlia di Pterelao, Cometo, si innamorò di lui, e per amor suo strappò il capello d' oro che il padre aveva in testa; in questo modo Pterelao morì, e Anfitrione s'impadronì di tutte le isole. Poi uccise Cometo e ritornò a Tebe con il bottino, dopo aver donato le isole a Eleo e Cefalo. Essi fondarono le città che portano il loro nome, e vi abitarono. Prima che Anfitrione rientrasse in Tebe, quel gran volubile di Zeus arrivò, di notte, e fece in modo che quella notte durasse per tre; poi assunse le sembianze di Anfitrione, si sdraiò nel letto con Alcmena, e le raccontò delle sue vittorie nella guerra contro i Teleboi. Quando poi Anfitrione arrivò e vide che la sposa non festeggiava il suo ritorno, gliene chiese il motivo: e Alcmena rispose che aveva già festeggiato il suo ritorno la sera prima, dormendo insieme a lui. Allora Anfitrione andò dall'indovino Tiresia, e questi gli rivelò che Zeus stesso si era unito a sua moglie. Alcmena partorì due bambini: Eracle, maggiore di una notte, da Zeus e da Anfitrione Ificle. Quando il bambino aveva otto mesi, Era inviò alla sua culla due serpenti spaventosi, perché voleva farlo morire. Alcmena gridò, chiamò Anfitrione in soccorso, ma Eracle si era già alzato, aveva già ucciso i serpenti, strangolati, uno per mano. Ferecide sostiene invece che Anfitrione, per sapere quale dei due bambini fosse figlio suo, gettò dei serpenti nel letto: Ificle scappò, Eracle invece li affrontò e Anfitrione capì che suo figlio era Ificle. Anfitrione morì ucciso in una spedizione dei Tebani contro i Mini. (Apollodoro, Biblioteca II, 4)
Ἀμφιτρίτη, figlia di Nerèo e di Doride. Era simbolo della forza del mare.
La leggenda le attribuisce per marito Poseidone che essa avrebbe lungamente respinto finché si lasciò convincere dalle insistenze di un delfino che la convinse a sposare il poco bello Poseidone.
Dall'unione dei due nacque un figlio maschio Tritone e molte figlie femmine che furono ninfe marine.
Anfitrite è rappresentata seduta su un cocchio a forma di conchiglia tirata da delfini e circondata da Tritoni e Nereidi le quali alcune reggono le redini mentre altre soffiano nelle trombe marine per annunziare l'arrivo della dea che con uno scettro d'oro in mano comandava le onde.
Ἀμφιχτίων, figlio di Deucalione e di Pirra. Secondo il mito, fu re di Atene, l'iniziatore del culto di Dioniso e colui che istituì le anfizionìe.
Ἀμφότερος, uno dei due Alcmeonidi che uccisero i figli di Fegeo (vedi Acarnana). Altro Anfotero era il Troiano che uccise Patroclo (Iliade, XVI, 415).
Ἄμφρῡσ, o Anfriso, fiume della Tessaglia, sulle cui rive Apollo quando fu temporaneamente esiliato dall'Olimpo, pascolava le greggi di Admeto. Là scorticò vivo il satiro Marsia che l'aveva sfidato nel canto, e sempre in quelle rive amò Evadne ed uccise inavvertitamente mentre giocava il suo amato Giacinto.
Ἀνίϰητος, l'invincibile uno dei due figli che Eracle ebbe nell'Olimpo dalla dea Ebe dopo che fu assurto sull'Olimpo. L'altro figlio era Alexiàre.
Ἄνιγρος, fiume della Tessaglia o del Peloponneso o dell'Elide. In questo fiume i Centauri feriti da Eracle alle nozze di Ippodamia lavarono le loro ferite rendendo sudice le acque del fiume che erano famose per la loro limpidezza.
Sulle sue rive vivevano le ninfe Anigridi che erano invocate per le malattie della pelle. I malati cominciavano coll'offrire sacrifici in una grotta, poi attraversavano il fiume a nuoto, e si trovavano guariti. È chiaro che le acque del fiume erano sulfuree, alluminose o ferrose. Pausania in V, 5 così scrive: …scende dal monte Lapita d'Arcadia e, già subito dalle sorgenti, presenta un'acqua non bene odorante, anzi terribilmente fetida….
Ἃνιος, figlio di Apollo e Reo, sacerdote di Apollo e re dell'isola di Delo, menzionato da Virgilio. Aveva dedicato le sue figlie a Dioniso; in cambio, il dio aveva concesso loro dei poteri particolari: tutto ciò che Elaide toccava, diventava olio; ciò che toccava Spermo diventava grano; e ciò che toccava Eno diventava vino (i nomi delle fanciulle sono evidentemente connessi con questo loro potere).
Anio poté cosi rifornire l'armata greca delle provviste necessarie.
Ma Agamennone pretese che le fanciulle in persona seguissero l'esercito, per avere la sicurezza del necessario vettovagliamento durante l'assedio di Troia.
Anio rifiutò, ma offrì ai Greci di fermarsi presso di lui per nove anni: grazie al suo potere profetico, Anio aveva infatti avvertito i Greci che solo dopo dieci anni avrebbero potuto prendere Troia. Al decimo anno, dopo la lunga ospitalità, le sue figlie avrebbero seguito i Greci nella spedizione in Troade.
Agamennone non accettò; Odisseo rapì le fanciulle e le imbarcò sulla nave.
Ma esse fuggirono, e ripararono due in Eubea e una ad Andro. Agamennone le fece inseguire, ma prima di essere catturate le fanciulle “…alzando le braccia ancora libere al cielo, esclamarono: Aiutaci tu, padre Bacco! e il dio, che a loro aveva fatto quel dono, le aiutò, se annientare un essere con un prodigio si può dire aiuto. In che modo perdessero il loro aspetto, non lo compresi allora né potrei dirlo ora. Solo si sa come si chiuse il dramma: si coprirono di penne, mutandosi in candide colombe, gli uccelli cari alla tua sposa” . (Ovidio, Metamorfosi XIII, 632 ss.).
Ἄνυτος, uno dei titani, si occupò dell'educazione della dea Era. Veniva raffigurato vestito di tutto punto da guerriero.
Ἀνοσία spietata spesso attribuito ad Afrodite.
Ἀνταγόρας, pastore dell'isola di Còo che riuscì a mettere in fuga Eracle giovanetto.
Ἄνϑεια, moglie di Proculo re di Argo, presso cui si rifugiò Bellerofonte dopo aver ucciso per disgrazia in un incidente di caccia il proprio fratello Pirrene. Antea (anche detta Stenobea) innamoratasi del giovane che la respinse lo accusò davanti al marito di avere cercato di sedurla.
Ἀνϑήδων, madre del dio Glauco.
Ἀντήνωρ, principe troiano accusato di aver tradito la sua città ospitando segretamente Ulisse e concordato con lui come salvare i propri beni dopo la distruzione di Troia.
Dopo la distruzione di Troia egli vagò attraverso l'Illiria, la Tracia e giunto in Italia fondò Padova che fu chiamata Antenorea. I suoi figli furono Archiloco, Atamante, Laodico, Acheloo e Anteo.
Da molti autori classici e medievali Antenore, in combutta con Enea, viene però descritto senz'altro come un traditore, per aver consegnato fraudolentemente ad Ulisse e Diomede il Palladio, talismano della invincibilità troiana, in cambio di incolumità per sé e i suoi e di grandi ricchezze. Anche nella vicenda di Polissena Antenore, diversamente da Enea, che cercò invano di nasconderla, si rese responsabile della consegna ad Agamennone e Pirro della innocente vergine che fu sacrificata sulla tomba di Achille.
Ἄνταιος, noto gigante, figlio di Poseidone e di Gea. Il suo cibo preferito erano i leoni. Abitava il deserto libico dove tendeva agguati ai viandanti costringendoli in una lotta impari e vincendoli li uccideva per mantenere la promessa fatta al padre Poseidone cioè di costruirgli un tempio le cui fondamenta erano fatte di crani umani.
Egli era invincibile perché anche se abbattuto al contatto con la madre terra (Gea) riprendeva nuove forze, ma questo non gli valse quando Eracle affrontandolo lo sollevò da terra (per evitare l'aiuto materno) e quindi lo soffocò.
Pindaro descrive Anteo come un bruto e sarebbe stato re di Irasa nella Libia. Per trovare un marito alla sua bellissima figlia bandì una gara di corse che furono vinte da Alessidamo.
Ἀντέρως, figlio di Ares e di Afrodite la quale vedendo che Eros non cresceva chiese consiglio a Temi e questa gli disse che ciò avveniva perché l'infante non aveva neanche un compagno, allora Afrodite gli diede Antero, i due fratelli così crebbero insieme in forma di fanciulli alati.
Essi differivano di molto nei loro poteri divini ad Antero era attribuito il ricambio del sentimento d'amore suscitato dal fratello ma più che altro era un ricambio fuggitivo e sensuale.
Ἀντιάδης, figlio di Eracle e la Tespiade Aglaia.
Ἀντιάνειρα, figlia di Menete. Ermes la rese madre degli argonauti Echione ed Eurito.
Ἀντύϰλεια, figlia d'Autolico e sposa di Laerte, re d'Itaca, era la madre di Ulisse che incontratolo nell'Averno lo informa sulle condizioni di Penelope e di Telemaco.
Ἀντιϰλος, uno dei guerrieri greci nascostosi nel cavallo di Troia. Per poco non tradiva la loro presenza quando Elena uscita con le donne Troiane a guardare il misterioso cavallo si mise ad imitare le voci dei vari guerrieri greci, Ulisse riuscì giusto in tempo a tappargli la bocca.
Ἀντίφάτης ἤ Θυμβραιος figli di Laocoonte, furono soffocati assieme al padre dai due giganteschi serpenti che li avvinghiarono.
Ἀντίφας, re del favoloso popolo di nomadi e selvaggi dei Lestrigoni che distrussero la flotta di Ulisse. …Di grida la cittade intanto empiea Antifate. I Lestrìgoni l'udiro, E accorrean chi da un lato e chi dall'altro, Forti di braccio, in numero infiniti, E giganti alla vista. Immense pietre Così dai monti a fulminar si diêro, Che d'uomini spiranti e infranti legni Sorse nel porto un suon tetro e confuso. Ed alcuni infilzati eran con l'aste, Quali pesci guizzanti, e alle ferali Mense future riserbati… (Omero, Odissea X).
Ἀντιγώνη, figlia di Edipo e di Giocasta, sorella di Ismene, Eteocle e di Polinice. Quando Edipo accecatosi per la consapevolezza di avere ucciso il padre e avere sposato la madre, fu scacciato da Tebe essa non volle abbandonarlo e lo seguì nel lungo pellegrinaggio attraverso l'Attica ed entrò con lui nel bosco sacro alle Eumenidi nel quale era vietato l'ingresso ai profani, e perciò le Eumenidi fecero strazio del corpo di Edipo. Perduto che ebbe così il padre, Antigone fece ritorno a Tebe, dove era in corso la guerra dei Sette re, Creonte proclamò un editto che vietava di dare sepoltura a Polinice e a quelli che erano giunti con lui, poiché erano venuti per attaccare la patria; ma sua sorella Antigone contravvenendo agli ordini umani e rispettando quelli divini, raccolse i miseri resti e diede loro sepoltura. Condannata ad essere murata viva, si suicidò. In seguito alla sua morte, Emone figlio di Creonte innamorato di Antigone per il dolore si uccise sulla tomba di lei. Igino nelle “Metamorfosi, 72”, racconta la storia con un finale diverso: Antigone venne condotta innanzi al re, che la consegnò a suo figlio Emone, con cui era fidanzata, perché la uccidesse. Emone disobbedì per amore agli ordini del padre e affidò Antigone ai pastori; poi, mentendo, disse di averla uccisa. Antigone in seguito partorì un figlio; quando questi raggiunse la pubertà, andò a Tebe per partecipare ai giochi e qui il re Creonte lo riconobbe, poiché tutti coloro che appartenevano alla stirpe del drago avevano un segno sul corpo. Ercole intercedette a favore di Emone e pregò Creonte che lo perdonasse, ma non ottenne nulla; Emone allora uccise se stesso e la moglie Antigone. Creonte diede però in moglie a Ercole sua figlia Megara, da cui nacquero Terimaco e Ofite.
Ἀντίλοχος, figlio di Nestore re di Pilo, partecipò alla guerra di Troia con 20 navi. A lui spettò il triste compito di annunciare ad Achille la morte dell'amico Patroclo. Quando Antiloco grande amico d'Achille fu ucciso da Mènnone (o Memnone fratello di Priamo) mentre tentava di difendere il padre, fu subito vendicato da Achille che ne disperse l'esercito fino alle porte Scee dopo averlo ucciso. Il Fato volle che quella fosse l'ultima azione di guerra per Achille in quanto lì fu colpito al tallone da una freccia di Alessandro, guidata da Apollo.
.Ἀντίνοος, figlio di Eupite, era il più bello ed arrogante dei Proci aspiranti alla mano di Penelope. Dopo aver attentato vanamente alla vita di Telemaco, fu il primo a cadere sotto le frecce di Ulisse. Una curiosità: Anche un bellissimo giovane della Bitinia amato dall'imperatore Adriano si chiamava Antinoo. Quando il giovane morì annegato nel Nilo, nello stesso luogo l'imperatore fece erigere un tempio ed istituì e diffuse il culto del giovane deificato in tutto l'impero.
Altra foto.
Ἀντιόπη, Diverse eroine con questo nome:
1) Figlia di Ares e regina delle Amazzoni fu sconfitta e fatta prigioniera da Eracle che la diede a Teseo.
2) Figlia del fiume Asopo o di Nitteo, re di Tebe, venne sedotta da Zeus che le si presentò sotto forma di satiro, e da lui ebbe due gemelli, Anfione e Zeto. Il padre, quando si accorse che la figlia era gravida la scacciò e la giovane ebbe asilo presso re Epopeo, dove partorì i due gemelli Anfione e Zeto.
3) Madre di Clizio e Ifito (due degli Argonauti), e figlia di Pilone, re di Ecalia oppure, secondo altri, dell'Eubea.
4) Figlia di Tespio con Eracle ebbe il figlio Alopio.
Ἀονία, antico nome della Beozia.
Ἄονίδες, aggettivo dato alle Muse nella Beozia, dal fonte Aonio a loro consacrato.
ἀπάτη inganno una delle figlie della Notte.
Una curiosità: un coleottero parassita dell'ulivo e della vite, ha questo nome. Causa ingenti danni scavando nei tronchi.
Ἄπις, era figlio di Foroneo e fratello di Niobe, dopo la morte del padre, governò in modo talmente tirannico che perdette nello stesso tempo trono e vita.
Ἀπόλλων Senza alcun dubbio dopo Zeus è Apollo il dio più importante della mitologia greca. E qui per cantare questo dio mi faccio aiutare dal III Inno omerico “A Apollo” …Come cantarti, se cantato tu sei in tutti gl'inni? Di tua gloria, Febo, dovunque il suono si spande: su la terra nutrice di armenti e su l'isole… Il mito di Apollo è legato a quello di Artemide (sorella gemella di lui) che con le naturali differenze sessuali ha un carattere parallelo. Leto sedotta da Zeus pellegrinò a lungo sulla terra per sfuggire all'ira di Era, nessuno volle ospitarla per timore della vendetta di Era (Era, era molto vendicativa), finalmente giunse a uno scoglio errante sul mare che la ospitò e in prossimità del parto lo scoglio si fissò al fondo marino con delle colonne diventando così l'isola di Delo (…e lieta fu Delo, e rispose: "Leto, di Ceo possente inclita figlia; felice sarei di ospitare del nume arciere la nascita: oscuro è infatti, ignoto quasi il mio nome fra gli uomini; famosa, onorata invece così diverrei… III° Inno omerico a Apollo). Assistita dalla dea Iride Leto partorì i due gemelli, Apollo e Artemide dopo un lungo e laborioso travaglio. Le due divinità hanno un che di misterioso e inavvicinabile che incute rispetto, entrambi munite di arco colpiscono da lontano e chi è colpito dai loro dardi muore senza soffrire. Apollo rappresenta l'autocontrollo, l'autoconoscenza e il senso della misura; nel suo tempio a Delfi stava scritto “Conosci te stesso”. Apollo si occupava anche delle espiazioni, delle purificazioni, mandava malattie come punizione alle colpe ma nello stesso tempo era in grado di guarire e questo potere gli rimase anche dopo avere dato le sue proprietà mediche al figlio Asclepio. Nume profetico, aveva santuari e oracoli in Asia e in Grecia, il più importante era quello di Delfi dove Apollo parlava per mezzo della Pizia. Dio della poesia e della musica è infatti rappresentato con la lira fra le mani e a capo delle Muse, in questa veste era chiamato Musagete. Col nome di Sminteo era protettore delle messi, come Lukoktonos proteggeva i pastori dai lupi, dio del giusto e della purezza, venne identificato o meglio spodestò Elios e veniva immaginato alla guida d'un carro tirato da quattro cavalli e col quale conduceva il Sole per il cielo. Figurato nudo come un giovane bellissimo e dall'aspetto atletico. Il centro del suo culto era Delfi dove c'era anche il suo famoso oracolo e dove ogni quattro anni si celebravano in suo onore i giochi pitici. I romani lo venerarono come protettore della salute e come dio della divinazione: in suo onore si celebravano i giochi detti Ludi Apollinares. Gli erano sacri l'alloro (in modo particolare), la palma e l'ulivo. Una curiosità: Quando Apollo uccise i Ciclopi colpevoli di avere fornito a Zeus la folgore con la quale gli uccise il figlio Asclepio, Zeus stava per gettarlo nel Tartaro ma, impietosito dalla madre che intercedette per lui, lo punì facendogli servire un mortale come lavoratore alla giornata e così Apollo servì Admeto per un anno come pastore delle sue greggi.
Presenze letterarie:
Seguono alcuni epiteti del dio
ἀγραῖος della caccia;
ἀγρέτης duce, capo;
ἀγρευτής cacciatore;
ἀγυιεύς a) protettore delle strade;
ἀδιούνιος epiteto di Apollo a Creta;
ἀειγεννητής perpetuo generatore;
αἰγλήτης risplendente;
ἀκερσεκόμης dalla chioma intonsa, dai lunghi capelli, cioè giovane;
ἀκέσιος - ἄκεσις curatore, guaritore;
ἀλεξίκακος che tiene lontano i mali;
ἀλευρόμαντις indovino che vaticina mediante la farina;
Ἀμυκλαῖος di Amicle epiteto di Apollo;
ἄναξ signore, padrone, capo, re;
ἀντολεύς colui che sorge;
ἀργῠρότοξος dall'arco d'argento;
ἀρνοκόμης dai capelli d'agnello, cioè ricciuti;
ἀρότριος protettore dell'aratro, agreste;
Ἀρχηγέτης Archegete;
ἀφήτωρ saettatore, arciere;
ἀψευδής che non mente, veritiero, sincero;
βελεσσῐχᾰρής che si compiace dei dardi;
βιοδώτης che dà vita, almo;
βοηδρόμιος soccorritore;
Βράγχιος Branchio;
βριθύνοος, contr. βριθύνους di mente grave, assennato;
γιγαντολέτης uccisore di giganti epiteto comune a Dioniso, Apollo, Zeus e altri;
γλυκύθυμος di animo dolce, di carattere affabile;
Γρύνειος Grineo;
Γυπαιεύς Gipeo;
δαφναῖος ornato d'alloro;
δαφνηφόρος che porta o produce alloro;
δαφνογηθής che si compiace dell'alloro;
δαφνοπώλης venditore d'alloro;
Δελφίνιος Delfinio;
Δήλιος Delio, abitante di Delo;
Δήραινος Dereno;
Διδυμαῖος di Didime, Didimeo epiteto di Zeus e Apollo;
δρᾰκοντολέτης uccisore del serpente;
δρομαῖος patrono delle corse;
Δρύμας, Drima;
δωματίτης della casa, domestico epiteto comune a Poseidone e Apollo;
ἑβδομᾱγενής nato nel settimo giorno (del mese);
ἑβδόμειος venerato per sette giorni;
ἑκάεργος che agisce di sua volontà, libero o abile nell'agire, altrimenti lungisaettante;
ἑκᾰτηβόλος lungisaettante (altrimenti. = ἑκηβόλος), epiteto comune di Apollo e Artemide;
ἑκατόμβαιος a cui si sacrificano ecatombi, epiteto di Zeus e Apollo;
ἐκβάσιος che presiede agli sbarchi;
ἑκηβόλος abile nel lanciare con l'arco, che non fallisce il bersaglio;
ἐμβάσιος protettore degli imbarchi;
Ἔναυρος Enauro;
ἐπιβᾰτήριος protettore del ritorno;
ἐπικούριος soccorritore;
Ἐπιμήλιος protettore delle greggi, epiteto comune a Ermes e Apollo;
Ἐρεθίμιος Eritimio, epiteto di Apollo a Rodi;
Ἐριθάσεος Eritasio, titolo di Apollo in Attica;
ἐρυσίβιος che preserva dalla golpe, epiteto di Apollo a Rodi;
εὔλᾰλος che parla bene o dolcemente;
εὐρῠφᾰρέτρας dall'ampia faretra;
εὔσκοπος che coglie nel segno, di mira infallibile - che vede bene, di vista acuta, vigile;
εὐφᾰρέτρας dor. dalla bella faretra;
εὐφόρμιγξ dalla bella lira o che suona bene la lira;
Ἔχετος Echeto;
ζηνοδοτήρ datore (= che rivela gli oracoli) epiteto di Zeus e Apollo;
ζηνόφρων mente (= che conosce il pensiero) epiteto di Zeus e Apollo;
ζωογόνος che genera (esseri viventi), generativo, fecondo, produttivo;
Θεάριος Teario, epiteto di Apollo Pitio;
θελγεσίμυθος che incanta con le parole;
θεοξένιος protettore degli ospiti;
Θέρμιος Termio, epiteto di Apollo in Elide;
Θέσμιος Tesmio;
θοραῖος protettore della generazione e dello sviluppo;
Θυρξεύς Tirseo;
ἰατικός che cura, che guarisce, salutare;
ἰήϊος invocato con grido (cioè ἰή);
Ἰηπαιήων Iepeane (prop. oh! Peane);
Ἰσμήνιος Ismenio;
καλλίχορος bello nella danza;
Κάρνειος Carneo;
καρπογένεθλος che fa nascere i frutti;
καταιβάσιος invocato per il ritorno;
κερδῳος che procura guadagno, epiteto di Ermes e di Apollo;
Κερεάτης colui che ha le corna, epiteto di Apollo arcade;
κηρύκειος Cherucheio;
κισσεύς coronato di edera;
Κλάριος di Claro;
κλῠτότοξος famoso per il suo arco, celebre arciere;
κρᾰταιόφρων rigido, severo;
Κύνθιος del Cinto dio del Cinto;
Κῡπεύς Cipeo;
κωμαῖος di o del villaggio;
λεοντοῦχος che ha un leone, epiteto di Apollo ad Ascalona;
λεσχηνόριος protettore degli incontri;
Λέψιος Lepsio;
Λητοΐδης il figlio di Latona;
λοίμιος che manda la peste;
Λοξίᾱς Lossia, cioè l'oscuro, l'ambiguo;
Λύκαιος o Λυκαῖος del Liceo, Liceo, epiteto di Zeus e di Apollo;
λῠκηγενής nato in Licia;
λῠκοκτόνος uccisore di lupi;
Λῠκώρειος Licoreo, della lira;
λῠρογηθής che ama la lira;
Μαλεάτης di Malea;
Μᾱλόεις protettore di greggi;
Μεμφῖτος Menfito;
Μεταγείτνιος Metagitnio;
μούσαρχος guida delle muse;
μουσηγέτης guida delle Muse, Musegete;
μῡριόμορφος dalle mille forme epiteto di Dioniso e Apollo;
νεβροχαρής che si compiace dei cerbiatti;
νευροχᾰρής che si diletta dell'arco o della lira;
νηπενθής che scaccia il dolore;
νηφᾰλιεύς sobrio;
ξῡνοδοτήρ che a tutti dona;
ξῡνόφρων che pensa al bene di tutti;
ξῡνοχᾰρής che reca gioia a tutti;
Ὀγκαιάτης Onceate;
Ὀγκαῖος Onceo;
Οἰτόσυρος Etosiro, nome scitico di Apollo;
ὀρθόθριξ -τρῐχος msc. e fm. che fa rizzare i capelli;
οὔλιος che risana: epiteto di Apollo a Mileto e Delo;
Πᾰγᾰσαῖος di Pagase, Pagaseo;
παγκρᾰτής onnipotente, epiteto di Zeus, di Atena, di Era e di Apollo;
Παιάν - Παιών Peane o Peone, Liberatore, Soccorritore;
πᾰνᾰπήμων del tutto innocuo, del tutto privo di mali;
πανδερκής che vede tutto;
Πᾰνιώνιος Panionico, di tutti gli Ioni;
Παρνόπιος Parnopio, ossia preservatore dalle locuste;
πλατύτοξος dall'ampio arco;
πλουτοδοτήρ datore di ricchezza;
πολύχρῡσος ricco d'oro, ricchissimo;
Πορνοπίων Pornopione;
Προόψιος preveggente;
προστᾰτήριος che protegge o difende, protettore o protettrice epiteto di Artemide e di Apollo;
προφύλαξ sentinella avanzata, avamposto, vedetta;
Πτῳος Ptoo, epiteto di Apollo, che aveva tempio e oracolo presso Ptoo;
Πῡθοκτόνος uccisore del serpente Pitone;
Πῡθολέτης distruttore di Pito;
πύκτης pugile;
ῥηξήνωρ che sfonda o rompe le file nemiche, sgominatore, epiteto di Achille e di Apollo;
ῥηξῐκέλευθος che apre il cammino;
ῥυσίπονος che libera dagli affanni;
ῥύτωρ saettatore;
Σαμναῖος Samneo;
σελᾰηγενέτης padre della luce;
σεμνός venerando, augusto, santo, degno di onore, epiteto di Demetra, Ecate e Apollo;
Σιτάλκης Sitalce;
Σμινθεύς Σμίνθιος Sminteo;
σπερμεῖος che protegge la semina;
στεμμᾰτίας ornato di ghirlanda;
Στρατάγιος Strategio;
τελέστωρ iniziatore (ai misteri);
Τελφούσιος Telfusio;
Τελχίνιος Telchinio, epiteto di Apollo, Era e delle ninfe;
Τερβινθεύς Terbinteo, epiteto di Apollo di Myus;
Τερμινθεύς Terminteo;
τερψίχορος che ama la danza;
τετράχειρ, dalle quattro mani;
Τιλφούσσιος di Tilfussa, Tilfussio;
Τράγιος Tragio, epiteto di Apollo a Tragia nell'isola di Nasso;
Τυρβηνός Tirbeno;
Ὑακίνθιος Giacinzio;
Ὑλάτης Ilate, di Ila (di Cipro);
ὑμνᾰγόρης cantore di inni;
ὑπερδέξιος superiore, più forte;
Ὑπερτελεάτας Iperteleata, epiteto di Apollo a Cotirta;
ὑποακραῖος che sta sotto l'altura;
φᾰναῖος datore di luce epiteto di Zeus e di Apollo;
Φῐλήσιος Filesio;
Φοῖβος Febo;
φρενογηθής che allieta il cuore;
φύξιος protettore degli esuli, epiteto di Zeus e di Apollo;
Φωλευτήριος che mette al riparo, che dà rifugio (dalla malattia);
χαιτήεις dai lunghi capelli;
χᾰλάζιος dio della grandine, epiteto di Zeus a Cizico e di Apollo a Tebe;
χρησμᾰγόρης pronunciatore di oracoli;
χρησμῳδός a profetico, che dà oracoli;
χρυσάορος dalla spada d'oro;
χρυσήνιος dalle briglie d'oro, epiteto di Artemide, Demetra, Afrodite, Sole e Apollo;
χρυσοβέλεμνος dalle frecce d'oro;
χρυσοκόμης - χρυσόκομος dai capelli d'oro, epiteto di Dioniso, Eros e Apollo;
χρυσολύρης dalla lira d'oro;
χρυσότοξος dall'arco d'oro;
χρυσόχροος color oro;
ψαλμοχᾰρής che ama suonare la cetra;
ψευσίστῠξ che odia la menzogna;
ψῡχοδοτήρ donatore dell'anima o della vita;
ὠκῠεπής che parla rapidamente;
ὠκύσκοπος dal rapido sguardo o dalle rapide mire (cioè che si realizzano rapidamente);
ὡρεσῐδώτης che dà le stagioni o i frutti delle stagioni.;
Ὡρίτης che regola le stagioni;
ὡρομέδων rettore delle stagioni.
Ἀπώνιος, gli abitanti di Elida così chiamarono Zeus come riconoscenza per averli liberati da un'invasione di fastidiose mosche.
ἀποθέωσις ἤ ἐκθέωσις, con questa cerimonia gli eroi, re, imperatore, i poeti e quanti altri si distinguevano venivano deificati e posti dopo morte fra i Numi. L'origine dell'apoteosi è molto antica, e la usarono per lo più la stragrande maggioranza dei popoli. In principio gli uomini adorarono le cose create da Dio, come il sole, la luna, i venti e tutti quei fenomeni naturali. In seguito per gratitudine deificarono coloro che li seppero governare bene, che fecero leggi buone, che assicurarono la pace ed aumentarono il benessere del genere umano.
Ἄπουλον, Nome di un pastore mutato in olivastro (l'ulivo selvatico) per avere insultato delle ninfe nella grotta del dio Pan.
Qui aveva visto, tra l'ondeggiare di canne leggere,
le grotte immerse nell'ombra fitta di un bosco, dove vive Pan,
un dio mezzo caprone, ma dove un tempo vivevano le ninfe.
Un pastore d'Apulia le atterrì facendole fuggire:
prima le aveva sconvolte spaventandole all'improvviso,
ma poi loro si riebbero, sprezzando l'inseguitore,
e muovendo a ritmo i piedi, intrecciarono le loro danze.
Allora il pastore le derise e, mimando il loro movimento
con goffi salti, le coprì di sarcasmo e di insulti osceni,
né tacque, prima che una corteccia gli serrasse la gola.
Ora infatti è un albero, l'oleastro, che dal succo delle bacche
rivela quale fosse il suo carattere: nel loro gusto amaro
è il marchio di quella lingua, l'asprezza impressa dal linguaggio. (Ovidio, Metamorfosi, XIV)
ἀπωσικάκοις, che stornano i mali, di origine molto confusa, probabilmente si trattava di divinità ctonie o di eroi o di demoni, in ogni caso non era déi olimpici. Queste divinità non avevano nomi ben precisi e nemmeno un patronimo ben preciso, in ogni modo si occupavano di proteggere dai mali, dalle angosce, dalle paure, dalle guerre e tanti altri malanni (oggi ne avremmo un bisogno estremo).
meglio conosciuto come Borea (Βορέας), è vento freddo di nord-est figlio di Eolo e dell'Aurora, era raffigurato come un vecchio coi capelli bianchi e con la coda di serpente e recava in mano un piatto di olive a simboleggiare le frequenti bufere che scatenava ad Atene città di Atena alla quale era consacrato l'olivo.
βωμός, o θῠμέλη, luogo dove si compivano i sacrifici agli dei per mezzo del fuoco. Presso i romani si intendevano gli altari dedicati agli dèi e in senso estensivo ad ogni monumento commemorativo di una certa dimensione. Famosa è l'Ara di Pergamo consacrata a Zeus e ad Atena. Posta sull'Acropoli di Pergamo, risale al II sec. a.C., si tratta di un recinto a duplice colonnato, ornato da un grande fregio scultorio.
Le are furono ricovero o asilo di disperati, di schiavi, di supplichevoli e di malfattori; ai loro piedi furono fatte alleanze di popoli, riconciliazioni, matrimoni, e celebrate feste pubbliche
Ἀράχνη, figlia di Idmone di Colofone in Lidia, famoso tintore di porpora. Abilissima nell'arte della tessitura, si vantava di essere più brava di Atena, filatrice ufficiale dell'Olimpo, e per questo la sfidò in una gara. Aracne era una comune fanciulla mortale che si era fatta un gran nome per il talento che dimostrava nel lavorare la lana, un'arte che doveva aver appreso direttamente da Atena. Ma Aracne sosteneva di no, che anzi era lei a poter insegnare qualcosa alla dea. Così Atena apparve accanto al suo telaio nelle fattezze di una vecchia e, sorridendo, le consigliò maggiore prudenza, se non voleva adirare la dea («Non tutto è male da evitare in tarda età: più s'invecchia e più cresce l'esperienza. Ascolta il mio consiglio: aspira pure ad essere la migliore fra i mortali nel tessere la lana, ma inchinati a una dea, e di ciò che con arroganza hai detto chiedi in ginocchio venia: se l'invochi, non ti negherà il perdono»). La fanciulla rispose con parole cattive e sfidò Atena, dovunque fosse, a gareggiare con lei nell'ordito e nel ricamo («Una demente, ecco quello che sei, rimbambita dalla vecchiaia: vivere troppo a lungo nuoce, eccome! Queste chiacchiere propinale a tua nuora o a tua figlia, se per caso ne hai una! Io so cavarmela benissimo da sola e perché tu non creda d'aver frutto coi tuoi moniti, sappi che la penso come prima. Perché non viene qui? Perché non accetta la sfida?»); (e allora la dea: «è venuta!», dice; lascia l'aspetto di vecchia e si mostra come Pallade). Atena rappresentò sulla tappezzeria gli Olimpi in tutta la loro gloria, poi, per ammonire la fanciulla, aggiunse ai quattro angoli della tela altrettanti esempi di superbia umana punita. Aracne, lavorando di lena, disegnò sul suo lavoro gli amori degli dei, quelle unioni che non facevano loro onore: Europa ingannata da Zeus in falsa forma di toro, Leda sdraiata sotto le ali del cigno (Zeus), Poseidone che copre la sorella Demetra in sembianza di stallone. Il lavoro era talmente perfetto che Atena, per la collera, lo fece a pezzi e colpì la rivale con la spola. Umiliata e disperata Aracne si impiccò, (…vedendola pendere n'ebbe pietà Pallade e la sorresse dicendo: «Vivi, vivi, ma appesa come sei, sfrontata, e perché tu non abbia miglior futuro, la stessa pena sarà comminata alla tua stirpe e a tutti i tuoi discendenti». Poi, prima d'andarsene, l'asperge col succo d'erbe infernali, e al contatto di quel malefico filtro in un lampo le cadono i capelli e con questi il naso e le orecchie; la testa si fa minuta e così tutto il corpo s'impicciolisce; zampe sottili in luogo delle gambe spuntano dai fianchi; il resto è ventre: ma da questo Aracne emette un filo e ora, come ragno, torna a tessere la sua tela. Ovidio, Metamorfosi VI)
Ἄρϰας, figlio di Zeus e della ninfa Callisto. Insegnò agli uomini a seminare i cereali, a filare la lana e a fare il pane. Diede il nome all'Arcadia. Tramutato in orso fu assunto in cielo insieme alla madre, a sua volta trasformata in orsa, per formare le costellazioni dell'Orsa Maggiore e Minore. …pur essendo un'orsa, si spaventa se scorge un orso sui monti, ha terrore dei lupi, sebbene un lupo fosse suo padre. Ed ecco apparire, sul punto di compiere quindici anni, Arcade, nipote di Licàone, che nulla sapeva della madre. Mentre insegue la selvaggina, sceglie gli anfratti più adatti e circonda con maglie di rete i boschi dell'Erimanto, s'imbatte in sua madre. Quando lo vede, lei s'arresta come se lo riconoscesse; ma Arcade, all'oscuro di tutto, di fronte a quegli occhi che immobili lo fissavano senza sosta, s'impaurisce e arretra; quando poi lei accenna ad avvicinarsi, è lì per trafiggerle il petto con un dardo micidiale. Ma l'Onnipotente l'impedì: rimovendoli entrambi, rimosse il delitto, e sollevatili in aria con un turbine di vento, li pose nel cielo facendone due costellazioni contigue.(Ovidio, Metamorfosi II)
Ἀρχαγέτας, epiteto di Asclepio il quale con questo nome aveva un tempio nella Focide, gli veniva sacrificato di tutto, tranne le capre. Lo stesso epiteto era riferito ad Apollo a Megara e nell'isola di Malta ad Eracle. La parola significa duce, condottiero.
Ἄρϰη, figlia di Taumante e sorella di Iride, era alata come questa; ma essendosi schierata coi Titani durante la guerra contro Zeus, fu da questo privata delle ali, che ne fece dono di nozze a Teti. Anche una di Minosse si chiamava Arce, Apollo la rese madre di Mileto.
Il vero nome era Ofelte (Ὀφέλτας) ed era figlio di Euridice e di Licurgo, re di Nemea.
Quando i Sette duci contro Tebe giunsero a Nemea cercavano acqua.
Ipsipile, sua nutrice, lo aveva lasciato sopra una pianta di appio, mentr'ella li guidava per la strada che portava a una fonte. Mentre Ipsipile mostrava la fonte il bambino fu morso da un serpente, e morì. Adrasto e i suoi, ritornati sul posto, uccisero il serpente e diedero sepoltura al bambino. E Anfiarao disse loro che quello era un segno preannunciante il futuro. Chiamarono Archemoro (= inizio del destino) il bambino e istituirono in suo onore i giochi Nemei che si celebravano ogni tre anni. I vincitori vestivano a lutto e si coronano di appio (una varietà di sedano).
Notizia... Il muro di pietre, che cingeva la tomba di Ofelte, è stato identificato. Pausania Libro II, XV, 2
Ἀρχία, Diversi i miti e i personaggi:
1) Era uno degli Eraclidi, nativo di Corinto e si crede sia il fondatore di Siracusa. Come consueto in quei vecchi tempi prima di iniziare l'impresa consultò l'oracolo che gli propose la scelta tra la ricchezza e la salubrità della città da costruire. Archia scelse la ricchezza e Siracusa non tardò a divenire tra le più magnifiche delle città dell'Italia meridionale.
2) una delle figlie di Oceano ebbe lo stesso nome.
3) Aulo Licinio, poeta greco (II-I sec. a.C.). Celebre l'orazione di Cicerone in difesa del suo diritto alla cittadinanza romana contestato da Grazio;
4) altro Archia era stato guarito miracolosamente da Asclepio d'una ferita che si era procurata cacciando, pieno di gratitudine si mise a diffondere il culto del dio guaritore;
5) ecista che alla guida d'una colonia megarese, fondò Calcedonia sul Bosforo di Tracia.
Ἀρχιερεύς, nei templi Greci era il titolo che spettava al sommo sacerdote.
Ἀρχίππη, moglie di Stenelo, re di Micene, e madre di Euristeo che Era le fece partorire con due mesi d'anticipo in modo da poter essere causa delle fatiche di Eracle.
Ἄρης Figlio di Zeus e di Era. Dio della guerra, turbolento e litigioso rappresentava più la violenza che l'eroismo ed il coraggio, perché in guerra Ares non distingue gli amici dai nemici "e volano ciechi i colpi dalle mani". Gli dèi, compreso il padre, non lo tolleravano per i motivi già detti e fra gli uomini pochissimi erano i templi a lui dedicati. Nella guerra tra Greci e Troiani egli partecipò a fianco di quest'ultimi senza un motivo ben preciso. Ares è l'unico dio che in una lotta con altri dèi (e anche con mortali), viene atterrato e giusto ad Atena spetta questo compito; Atena è anch'essa dea della guerra ma ne incarna l'eroismo intelligente. Tanto era valente in battaglia, che fu catturato e tenuto prigioniero per tredici mesi dentro un vaso di bronzo, dai due Aloadi (gemelli figli di Poseidone che all'età di nove anni mossero verso l'Olimpo). Per sua fortuna fu liberato da Ermes. Anche i compagni di Ares sono piuttosto antipatici e sono: Eris la discordia, Deimos il terrore e Fobos la Paura, gli ultimi due sono addirittura figli suoi e di Afrodite. Ebbe da Afrodite altri figli più simpatici: Eros, Anteros ed Armonia. In linea di massima quasi tutti i suoi figli avuti con donne mortali erano violenti. Il culto di Ares era originario della Tracia; si diffuse pure in Grecia senza però diventare molto popolare tranne che a Sparta e a Tebe; i greci erano abbastanza raffinati per gradire un dio così irrazionale e demoniaco. Ad Atene aveva consacrato soltanto l'Areopago (Euripide, Ifigenia in Tauride 945 ss) che era il tribunale supremo. Gli animali a lui sacri erano il cane e l'avvoltoio e i suoi attributi la fiaccola e la lancia. I Romani lo identificarono parzialmente col loro dio Marte.
presenze letterarie:
Ἀρήτη
1) Dea della temperanza e della virtù;
2) figlia di Resenore, moglie d'Alcinoo e madre di Nausicaa, persuase Giasone e Medea arrivati presso i Feaci a consumare le loro nozze per non essere consegnati ad Absirto.
3) Da Arete Ulisse gettandosi ai suoi piedi ottenne una nave per fare ritorno a Itaca.
Ἀρέϑουσα
1) Figlia di Nerèo e di Doride, era compagna fedele di Artemide. Una volta per rinfrescarsi dopo una battuta di caccia, si bagnò nel fiume Alfèo il quale innamoratosi della ninfa prese forma umana e la inseguì. Artemide richiamata dalle grida d'aiuto dopo aver trasformato Aretusa in fonte la sprofondò sottoterra facendola riaffiorare nell'isola Ortigia (Siracusa). Alfèo, per nulla scoraggiato, riassunse la forma acquatica e poté così unirsi alla ninfa. Aretusa è rappresentata nelle monete siracusane ritenute fra le più belle al mondo, con la testa circondata da guizzanti delfini (questo motivo appare anche nelle ormai fuori corso banconote da cinquecentolire).
..."Una delle ninfe che vivono in Acaia io ero," disse,"e nessun'altra con più passione andava di balza in balza, nessun'altra con più passione tendeva le reti. E sebbene non avessi mai preteso d'essere bella, malgrado la mia prestanza, bella ero considerata. ... ...C'era un caldo afoso e la mia stanchezza ne aumentava il peso. M'imbatto in un fiume che scorreva senza vortici e mormorii, così limpido che dall'alto avresti potuto in fondo al suo letto contare i sassolini, facendoti dubitare che fluisse. ... Mi accostai e all'inizio bagnai la pianta dei piedi, poi le gambe sino al ginocchio e non contenta mi spogliai, appesi al ramo spiovente di un salice le vesti trasparenti e nuda m'immersi nell'acqua. Mentre la fendevo e in mille modi la schizzavo guizzando, levando e rituffando le braccia, percepii uno strano bisbiglio salire da mezzo i gorghi e atterrita mi rifugio sul bordo della riva più vicina. 'Dove corri, Aretusa?' diceva dalle sue onde Alfeo, 'Dove corri?' ripeteva con voce roca. ... ... il rumore dei suoi passi m'atterriva e sulla benda dei miei capelli incombeva l'ansito affannoso del suo respiro. Stremata dalla fatica: 'Aiuto', grido, 'mi prende! Aiuta, Diana, la tua scudiera, a cui hai concesso di portare così spesso il tuo arco e le frecce chiuse nella faretra'. Commossa, la dea m'avvolse in una nube strappata a un cumulo. La foschia mi nasconde e Alfeo scruta e mi cerca, senza riuscirvi, intorno al viluppo della nube: due volte gira ignaro intorno al luogo dove la dea m'ha nascosto e due volte: 'Aretusa! Aretusa!' m'invoca. ... Ma lui non s'allontana: non scorge più in là orme di piedi e sorveglia nuvola e luogo. Un sudore freddo, stretta in quell'assedio, mi pervade le membra; da tutto il mio corpo cadono gocce azzurre; se sposto il piede, si forma una pozza; dai capelli cola rugiada e, in men che non ti dica i fatti, mi muto in sorgente. Ma il fiume nell'acqua riconosce l'amata e, lasciato l'aspetto virile che aveva assunto, torna ad essere quello che è, una corrente, per mescolarsi con me. Diana squarciò allora il suolo ed io, sommersa in ciechi baratri, giungo qui ad Ortigia, che mi è cara perché deve il suo nome alla mia dea e mi riporta alla luce del giorno."."...(Ovidio, Metamorfosi V)
2) Con lo stesso nome era chiamata una delle Esperidi figlie della Notte.
3) Due antiche città della Siria e della Calcedonia ebbero il nome d Aretusa.
curiosità di Aretusa oltre che di quella siracusana, che era la più celebre: ne esistevano una nell’Elide, un’altra ad Itaca, e una presso Calcide in Eubea.
Ἄργη, ninfa mutata in cerbiatta da Apollo rea di non averlo compiaciuto.
Ἄργη ἤ Οὖπις, nutrici di Apollo a Delo.
Ἀργίλιπος, ciclope che combattè al fianco di Dioniso contro gli indiani. Combatteva con delle fiaccole ad imitare i fulmini del grande Zeus.
Ἀργύρα, ninfa che amò e sposò il pastore Selèno, il quale sentendo avvicinare la morte di Argira, si ridusse come un'ombra. Afrodite commossa dalla misera sorte dei due mutò uno in fiume e l'altra in fonte
Selèno col passare del tempo finì per dimenticare l'amata moglie, e da allora tutti coloro che si bagnavano nelle sue acque finivano col dimenticare le persone a loro care.
Ecco un'altra versione del mito
ninfa di Acaja. Amata da Selimno o Seleno, il quale inaridì di dolore, vedendo ch'ella lo sfuggiva. Afrodite, mossa a pietà, lo trasformò in un fiume, il quale, come Alfeo per Aretusa, andava cercando la fonte, cui presedeva l'incostante Argira. Selimno finalmente riuscì a dimenticare l'ingrata Argira, ed ebbe poi il dono di far perdere la memoria della loro passione agli amanti, i quali bevessero delle sue acque, o che almeno vi si bagnassero.
Ἄργος, sei personaggi, i quali erano:
1) Figlio di Agenore e di Gea.
Si diceva che avesse cento occhi che dormivano e vegliavano a turni di cinquanta, era dotato di una forza immane grazie alla quale uccise il satiro che rubava le greggi agli Arcadi e così pure Echidna che rapinava i passanti.
Era lo aveva posto a sorvegliare Io amante di Zeus mutata da lui in giovenca. Zeus per liberarla affidò a Ermes l'ingrato compito di addormentarlo, Ermes lo addormenta col suono della sua magica zampogna e quindi lo uccide per evitare di replicare l'ardua impresa nel caso che Argo si fosse risvegliato.
Era per commemorare i servigi di Argo mise i suoi cento occhi nella coda del pavone animale da lei preferito.
2) Si chiamava così anche il fido cane di Ulisse che dopo vent'anni riconobbe il padrone e per la gioia morì.
3) Pure la favolosa nave il cui nome significa la veloce si chiamò a questo modo. il suo nome si vuole fare derivare anche dal nome del suo costruttore Argo figlio di Arestore e di Argea. La nave sarebbe stata costruita su consiglio di Atena, fra il legname sarebbero stati messi pure delle assi ricavate dalla quercia sacra dell'oracolo di Dodona per cui la nave avrebbe avuto il dono della favella.
L'Argo sarebbe stata la prima nave a solcare i mari.
Atena la trasferì in cielo nel circolo siderale perché era stata lei a costruirla.
Tra le stelle appare a partire dal timone sino alle vele. Ecco come Cicerone nei Fenomeni ci descrive la costellazione:
ed ecco che Argo scivola presso la coda del Cane
protendendo la poppa lucente
non come le altre navi che in mare avanzano di prua
solcando con i loro rostri i campi di Nettuno
ma come quando attraccando in porti sicuri
i naviganti fanno virare la nave con una grande ancora
e traggono sulla spiaggia molto desiderata la poppa,
così l'antica Argo naviga nel cielo all'indietro
e protendendo il timone dall'aerea poppa
sfiora le zampe del luminoso Cane.
Questa nave ha quattro stelle sulla poppa, cinque sul remo-timone di destra e quattro su quello sinistro, tutte simili tra loro. In totale, tredici.
4) Capitale dell'Argolide e, dopo Sparta, la maggiore città del Peloponneso.
5) Figlio di Zeus e di Niobe, fu il terzo re della città di Argo e signore del Peloponneso.
6) Ospite di Evandro, assassinato dagli Arcadi perché tramava contro il re, da questi ricordato, in ossequio all'ospitalità, con un sepolcro in un luogo chiamato Argileto (morte di Argo).
Ἀργοναύται, erano i cinquantadue eroi Greci partiti nel lunghissimo ed interminabile viaggio alla conquista del Vello d'oro.
Capo supremo della spedizione era Giasone, seguono: Tifi, Ergino, Eufemo, Idmone, Mofo, Acaste, Anfiarao, Admeto, Anfidano, Anfione, Anceo, Argo, Asterione, Asterio, Augia, Bute, Castore, Ceneo, Cefeo, Clito, Echione, Eumedone, Euritione, Filamone, Glauco, Eracle (che abbandonò la spedizione per cercare Ila), Ida, Iola, Ificlo, Ifito, Laerte, Linceo, Linco, Menezio, Naufilio, Neleo, Oileo, Pelèo, Periclemene, Piritòo, Polluce, Teseo, Tideo, e Zete.
Giasone conquistò il Vello d'oro più con la magia che con le armi, con gli Argonauti superstiti fece ritorno a Iolco attraverso il deserto libico dove furono costretti a portare la nave a braccia.
Ἀριάδνη, figlia di Minosse e sorella del Minotauro e di Fedra. Innamoratasi di Teseo che per liberare la sua città dal mostruoso tributo imposto da Minosse (dovevano ogni anno dare sette fanciulli e sette fanciulle come pasto per il Minotauro) aveva deciso di ucciderlo.
Senz'altro sarebbe stato destinato a fallire se non fosse stato aiutato da Arianna che gli avrebbe dato un gomitolo di filo da sbrogliare lungo il tortuoso cammino nel labirinto alla ricerca del Minotauro, incontratolo lo uccise con un colpo di mazza.
Teseo così guidato dal filo di Arianna (Diodoro Siculo 4, 61, 4; Plutarco, Vita di Teseo 19; Igino, Favole 42; Ovidio, Eroidi 10) poté facilmente uscire dal labirinto e imbarcarsi per fare ritorno vittorioso ad Atene con Arianna.
Sbattuti da una tempesta sull'isola di Nasso, vi sbarcarono e mentre Arianna riposava sull'isola, Teseo nell'intento di assicurare meglio gli ormeggi della nave fu trascinato via dalla tempesta lasciando così la povera Arianna sull'isola.
Bacco di ritorno da un giro in India incontrò Arianna a Nasso e innamoratosi di lei la fece sua sposa e la pose per onorarla fra le stelle del cielo.
Secondo Omero, invece, quando Teseo s'imbarcò per portare Arianna ad Atene, la fanciulla venne uccisa da Artemide nell'isola di Dia, su richiesta di Dioniso (0dissea XI, 321 ss.).
Per approfondimenti, Ovidio, Eroidi - Arianna a Teseo.
ἀρίδηλας, aggettivo di Arianna, significa visibile da lontano. Sicuramente questo aggettivo le venne dato dopo la sua elevazione fra le stelle ad opera di Bacco (Libero per i Romani). ...dove senza pietà abbandonò la sua compagna lungo la spiaggia. In quella desolazione a lei che piangeva venne in aiuto Libero col suo abbraccio e, per immortalarla in una costellazione, le tolse dalla fronte il suo diadema e lo scagliò nel cielo. Vola quello leggero nell'aria e mentre vola, le gemme si mutano in fulgidi fuochi, che mantenendo l'aspetto di un diadema, vanno a fermarsi a mezza strada tra l'Uomo in ginocchio e il Portatore di serpente. (Ovidio, Metamorfosi VIII)
Ἀρίμασποι, leggendario popolo con un occhio soltanto come i Ciclopi, furono i primi ricercatori d'oro. Abitavano, al di là del Caucaso e del Ponto Eusino.
Ἀρεύς, Ἀρεῖος, Ἄρεος
1) epiteto di Zeus a Pisa, Enomao invocava Ario, quando si apprestava a disputare la corsa dei carri coi pretendenti di sua figlia;
2) Un Centauro ucciso dal Lapita Driante.Uno dei centauri.
Ἀρίων, cavallo con il dono della favella che Poseidone con un colpo del suo tridente aveva fatto scaturire dalla terra. Poseidone lo regalò a Capreo che a sua volta lo donò a Eracle e quindi passò ad Adrasto che grazie alla velocità di Arione fu l'unico dei sette re che assediarono Tebe a salvarsi con la fuga. Secondo Apollodoro (Biblioteca III, 6), il cavallo era nato da Poseidone e Demetra quando la dea si era unita a lui sotto forma di Erinne. Invece, secondo Omero (Iliade XXIII, 346), quando Demetra era in cerca della figlia Persefone, Poseidone aveva inseguito la dea, bramoso d'amore, finché Demetra decise di nascondersi fra i cavalli del dio Onco, mutandosi a sua volta in cavalla. Ma Poseidone si trasformò in cavallo e la violentò. Dalla loro unione nacque una figlia, di cui non era lecito pronunciare il nome, e un cavallo, Arione.
Ἀρίσβη, fu la prima sposa di Priamo, figlia di Meropo, con essa ebbe il figlio Esaco; questi sposò Asterope, figlia di Cebreno, e quando la sposa morì tanto fu il suo dolore che venne tramutato in uccello (Apollodoro, Biblioteca III, 12).
Ἀρισταῖος, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, fu allevato dalle ninfe che gli insegnarono a coltivare l'olivo, ad allevare le api per il miele e a rapprendere il latte.
Educato dal centauro Chirone nell'arte della guerra e della caccia. Egli dedicò la sua vita ad allevare api e a fare il pastore.
Innamorato di Euridice, lo stesso giorno che essa andò in sposa ad Orfeo egli tentò di farla sua prima del marito e nell'inseguimento che nacque Euridice per sfortuna calpestò un serpente che la morse e le tolse la vita.
Le ninfe addolorate dalla sciagura, per punire Aristeo gli distrussero tutte le api. Aristeo su consiglio della madre fece ricorso al dio Proteo che gli disse di sacrificare ai Mani della morta quattro tori e quattro vacche, quando egli compì il sacrificio con sua grande gioia vide uscire dalle viscere degli animali sacrificati dei foltissimi sciami di api che lo ripagarono della perdita subita. (IV Georgiche di Virgilio).
I pastori gli eressero dei templi e lo assursero a loro protettore. Era considerato assieme a Zeus e a Tartaro il probabile padre di Ecate.
Ἀρμονία, figlia di Ares e di Afrodite, fu moglie di Cadmo dal quale ebbe quattro figlie, Autonoe, Ino, Semele e Agave, e un figlio, Polidoro. Alle sue nozze Cadmo le regalò un peplo e una collana (che avrebbe portato sfortuna ai suoi discendenti) lavorata da Efesto, ebbe parecchi doni anche dagli dèi tranne che da Era. Scacciati dai sudditi da Tebe andarono nell'Illiria dove furono mutati in draghi. Armonia è la protettrice della concordia e dell'ordine morale e sociale. Una curiosità: secondo Igino, Armonia ebbe in dono da Atena e Efesto una veste ricamata con scene di delitto. Ecco perché i suoi discendenti furono predisposti al delitto.
Ἅρπυιαι, Igino le descrive così: Queste Arpie si dice che avessero testa di uccello, penne, ali e braccia umane, grandi artigli, zampe di volatile, petto, ventre e apparato femminile umano (Miti, 14 ). Secondo Apollodoro (Biblioteca, I, 2) le Arpie erano solamente due: Aello e Ocipete. Sui nomi di queste creature, anche Apollodoro è contraddittorio e in questo passo della “Biblioteca” leggiamo il motivo: Nella loro fuga, una delle Arpie (quella di nome Nicotoe o Aellopoda) cadde nel fiume Tigri, che adesso dal suo nome viene chiamato Arpide; l'altra (di nome Ocipete, oppure Ocitoe - ma Esiodo la chiama Ocipode) fuggì oltre la Propontide e raggiunse le isole Echinadi, quelle che adesso chiamiamo Strofadi, proprio perché l'Arpia, quando vi arrivò, cambiò direzione (estràphe) e volò verso la terra ferma, dove cadde per lo sfinimento, insieme al suo inseguitore. Diversi sono i nomi che ci tramanda Esiodo nella sua “Teogonia”: E Taümante, sposò d'Ocèano dai gorghi profondi la figlia, Elettra. Ed Iri veloce die' questa alla luce, ed Occhipète e Procella, le Arpie dalle fulgide chiome, che a pari errano a volo coi soffi dei venti e g li uccelli, sopra veloci penne, ché in alto si lanciano a corsa. Adesso leggiamo come Virgilio ci descrive le Arpie (cita il solo nome di Celeno, ma scrive parlando al plurale): Sembran vergini a' volti; uccelli e cagne a l'altre membra: hanno di ventre un fedo profluvio, ond'è la piuma intrisa ed irta, le man d'artigli armate: il collo smunto, la faccia per la fame e per la rabbia pallida sempre e raggrinzata e magra. l'empie Arpie, che son vergini insieme, augelli e cagne. (Eneide, III). Una curiosità: Virgilio le dichiara innocenti: E le innocenti Arpie scacciar del patrio regno osate?
Ἅρπινα, figlia del dio fluviale Asopo, Ares la rese madre di Enomao signore della Pisatide.
Ἁρποκράτης, dio egizio Horus era raffigurato come un fanciullo e in tale modo con un dito in bocca.
I greci scambiarono il gesto per un chiaro ordine al silenzio e dato che nel loro Olimpo non avevano un tale dio, accettarono ben volentieri Arpocrate a questa mansione.
Ἀρσίνοη, diversi i miti con questo nome:
1) Figlia di Nicocreonte, re di Cipro. Di lei si innamorò perdutamente Arceofone. Il giovane non riuscendo in nessuna maniera a piacerle, per la disperazione si lasciò morire di fame. Arsinoe assisté al funerale del giovane che era morto per lei con insensibilità e tranquillità, sconvolgendo tutti i presenti che invece ne erano addolorati; per questo Afrodite sdegnata la mutò in ciottolo. (A. Liberale, Metamorfosi, XXXIX).
Una strana combinazione: Anche Ovidio (Metamorfosi, XIV) ci racconta una storia simile, solo che i protagonisti sono Ifi e Anassarete.
2) Figlia di Leucippo, che si contende la maternità di Asclepio.
Figlia di Fegeo fu una delle spose di Alcmeone, per avere disprezzato gli assassini del marito, fu accusata di essere lei l'assassina e dopo averla chiusa in una cassa fu mandata in schiava a Agapenore.
3) Una delle Iadi, figlia di Oceano.
Ἄρτεμις Figlia di Zeus e di Leto (Latona). Di probabile origine cretese, l'immaginario classico comune ce la mostra come l'incarnazione della natura. Natura che va intesa così come la vedeva l'uomo antico: valli solitarie, alture remote, migliaia di vite che germogliano, crescono, stormiscono, cantano, si agitano, si cercano, si generano, si distruggono. Una natura che nello spettatore suscita sbigottimento ed inquietudine e senso di estraneità e mistero …Con animo ardente la dea d'ogni parte s'aggira e stirpi ferine distrugge. Se poi finalmente si stanca di strage, paga nell'animo lieto l'arciera divina l'arco rallenta e si reca al tempio di Febo, suo caro fratello, a Delfi famosa, per guidare alla danza le Muse e le Cariti…(XXVII Inno omerico a Artemide).Ecco Artemide.
L'essenza della divinità non agisce sulla coscienza dell'uomo ma si estrinseca nella purezza della natura immacolata. Certamente la natura ha anche un altra sembianza: terribile, demoniaca, distruggitrice e generatrice ma questa sembianza è data ad altre divinità e non ad Artemide. Artemide rappresenta la natura estiva e vibrante di luce. Così come Apollo anche Artemide è lontananza e purezza, con le differenze dovute al sesso. In Apollo il distacco e la purezza sono la conseguenza di un virile atto di volontà ragionata, In Artemide si tratta dell'ideale dell'esistenza fisica dell'essere donna. Artemide incarna la natura, ora la natura o è incontaminata o non è natura (un prato dopo il picnic domenicale di gitanti non si può pretendere di essere ancora natura). Quindi era più che normale si pensasse Artemide vergine e così dice l'inno omerico: Artemide pure, la rumorosa dea dal fuso d'oro mai cedette all'amore di Afrodite, dal dolce sorriso. Artemide così come la natura è ritrosa.
Molto vendicativa se trascurata o disturbata nelle sue attività. Atteone che osò spiarla al bagno venne sbranato dai suoi cani; Admeto che aveva sacrificato a tutti gli dèi tranne a lei, quando condusse Alcesti al talamo, lo trovò pieno di serpi aggrovigliate; Tizio fu da lei e dal fratello trafitto di frecce per aver tentato di violare Leto; costrinse Agamennone a sacrificare la figlia Ifigenia, perché durante una battuta di caccia, aveva ferito una cerva e quindi esclamato: «neppure ad Artemide sarebbe riuscito un tiro così!»; Teutra mentre era caccia sul monte Trasillo, aveva snidato un cinghiale che si era rifugiato nel santuario di Artemide Orzia, l'animale con voce umana gli implorava di risparmiarlo ma Teutra lo uccise ugualmente; allora la dea indispettita punì Teutra facendolo impazzire e gli vece venire una malattia alla pelle che lo rendeva ripugnante. Dea della natura è spesso a contatto con gli animali, sia per cacciarli che per curarli. Come cacciatrice il suo simbolo è l'arco e la dea cacciava di giorno e anche di notte al lume di torce. La natura a volte è crudele e così anche Artemide. Così come Apollo essa procura la morte da lontano saettando, ma si limita alle appartenenti al proprio sesso. Ama le sue ninfe come sorelle che scaccia via se si lasciano prendere dall'amore. Protettrice della castità, procura alle donne le doglie del parto e la febbre puerperale, ma contemporaneamente le assiste nel parto, e infatti subito dopo essere nata, fa da ostetrica e assiste la madre nella nascita di Apollo suo gemello. Nella sua veste di ostetrica veniva invocata coi nomi di Locheia e orsilochia. Si occupava pure di insegnare a curare ed educare i bambini. Rappresentata in abito da cacciatrice con faretra e arco con il capo ornato e sovente con la luna nascente in fronte, spesso è accompagnata da un levriero o da un cervo.
Presenze letterarie:
Ἀρτεμίσιος, mese del calendario dorico e ionico, sacro ad Artemide. In questo mese cadeva l'equinozio di primavera.
Ἀρουντίϰος, dispregiatore di Dioniso per averne deriso le feste fu atrocemente punito dal dio che ubriacatolo lo indusse a violentare la propria figlia Medulina la quale piena di furore lo uccise mentre dormiva.
Ἀσβολος, centauro che alle nozze di Piritòo combattè i Làpiti. Fu crocefisso da Eracle.
Ἀσκάλαφος, famoso indovino figlio di Acheronte e della Notte. Quando Demetra disperata per il ratto della figlia Persefone si rivolse a Zeus perché Ade la restituisse, Il dio acconsentì a condizione che la ragazza non avesse né mangiato né bevuto nulla nell'Averno.
Ma per sfortuna Persefone vinta dalla sete aveva mangiato alcuni chicchi di melagrana ed era stata vista da Ascalafo che aveva palesato il fatto. Demetra indignata lo mutò in barbagianni o gufo (Ovidio, Metamorfosi V, 533 ss.).
Altro Ascalafo fu figlio di Ares e di Astìoche, uno degli argonauti e che partecipò alla guerra di Troia. Innamorato di Elena per averla combattè e morì sotto le mura di Troia.
Ἀσκληπιός, Asclepio per i Greci, Esculapio per i Romani, era il dio della medicina. Dalle origini incerte non è chiaro se in origine fosse una divinità sotterranea della Tracia o se come nel caso di Imhotep in Egitto, un uomo realmente esistito che per la sua bravura in tale scienza fu elevato a divinità.
Pindaro racconta che Asclepio era stato generato da Apollo e Coronide figlia di Plegia, re dei Tessali. Coronide prima di partorire si innamorò di un comune mortale di nome Ischi.
Apollo furioso per il tradimento fece trafiggere l'infedele dalla sorella Artemide con una delle sue frecce.
Quando la salma di Coronide si stava consumando nel rogo, Apollo le strappò dal grembo il frutto del loro amore, Asclepio. Apollo salvato che ebbe il figlio lo affidò alle cure del centauro Chirone che lo educherà all'arte medica e all'uso delle armi.
Pausania (II, XXVII, 1 e ss.) ci narra di Flegias che recatosi nel Peloponneso per verificare il grado di difficoltà per invadere quella terra, si fece accompagnare dalla figlia Coronide, questa senza che il padre lo sapesse portava già in grembo il frutto dell'amore di Apollo.
Giunti che furono ad Epidauro, Coronide segretamente partorì Asclepio, che espose sul monte Mirzio che da allora fu chiamato Tittio. Il piccolo Asclepio esposto, veniva allattato da una delle capre che pascolavano in quel luogo e un cane gli faceva da guardia.
Il giovane Arestana padrone della capra e del cane, accortosi della loro mancanza si mise a cercarli, così trovò il piccolo Asclepio. Al vederlo fu preso dal desiderio di prenderlo in braccio, ma quando si avvicinò, vide che il bimbo emanava un bagliore accecante, quindi ritenendo che si trattasse di un essere divino si ritrasse.
Secondo un'altra versione, la madre di Asclepio sarebbe stata Arsinoe figlia di Leucippo.
Apollofone recatosi a Delfi chiese al dio se Asclepio fosse figlio di Arsinoe e perciò concittadino dei Messeni. La pizia così rispose: «O Asclepio, che nascesti quale grande gioia per gli uomini tutti! Di Flgia la figlia ti generò, a me unitasi in amore, la desiderabile Coronide, nella rocciosa Epidauro».
Divenuto adulto Asclepio sceglierà di alleviare le sofferenze umane con la medicina.
La leggenda dice che Egli avrebbe guarito le Pretidi dalla pazzia, i Fineidi dalla cecità e Eracle dalle ferite. Crescendo la sua notorietà, cresce pure la sua ambizione e così vuole sconfiggere la morte.
Così inizia a resuscitare i morti: Orione, Ippolito, Capaneo e tanti altri.
Con questo egli però supera i limiti imposti da Zeus, il quale irato lo fulmina. La morte del figlio causa l'ira di Apollo che in un momento di collera uccide i Ciclopi rei di aver forgiato le saette a Zeus, fatto questo abbandonò per molto tempo l'Olimpo.
Asclepio ebbe da Lampezia quattro figlie: Panacèa guariva tutti i mali, Iaso provocava le malattie, Igèa personificazione della salute ed Egle.
Gli attributi di Asclepio erano: lo scettro, la verga e il rotolo di libro. Gli erano sacri il serpente, il cane, le oche e il gallo.
Suoi epiteti erano: Alessanore (che difende gli uomini), Evamerione (giorno di buona salute), Telesforo (che porta a buon fine) e Acesi (guarigione).
Ἃσκος, gigante che buttò in un fiume Bacco, salvato da Ermes il dio tolta la pelle ad Asco ne fece un otre.
ἀσέβημα, legge greca che puniva diversi reati e che significa: Empietà. Era considerato reato ogni atto volontario o involontario che fosse capace di richiamare la vendetta degli Olimpi.
L'Asebia prevedeva i seguenti reati: la mancanza di fede, la ribellione ai sacerdoti, la violazione dei luoghi sacri, la divulgazione dei misteri religiosi, la stregoneria, la derisione dei riti, i culti non approvati dallo stato, l'omicidio volontario, la violenza contro i genitori, l'alto tradimento, ecc.
Con l'accusa di Asebia si coprivano alcune lacune della legge e si prestava bene e facilmente ai processi politici e vittima tipica e illustre dell'Asebia fu Socrate.
Ἀσία, ninfa figlia di Oceano e di Teti, diede il suo nome a una delle tre parti del mondo allora conosciuto.
Ἀσυλείος, immunità data da un luogo sacro e poi il luogo stesso. Questa usanza era molto diffusa presso i Greci, essi pensavano che la santità di un luogo, tempio o bosco si trasmettesse a chi vi si trovasse e perciò diveniva sacro ed inviolabile.
Pare che l'Asilo fosse inizialmente sconosciuto ai Romani. Augusto lo concesse al tempio del divo Giulio. Gli Imperatori erano avversi a tale usanza e perciò limitavano il diritto d'Asilo.
Ἀσωπός, figlio di Oceano e di Teti (secondo Acusilao, di Poseidone e di Pero, secondo altri di Zeus e di Eurinome). Marito di Mètope dalla quale ebbe ventidue figli (solo due maschi). Fu trasformato da Zeus nello omonimo fiume perché aveva minacciato il dio che gli aveva violato la figlia Egìna. Diodoro gli assegna solo 14 figli, due maschi Pelasgo e Ismeno e dodici femmine: Corcira, Salamina, Egina, Pirene, Cleone,Tebe, Tanagra, Tespia, Asopide, Sinope, Enia e Calcide (erano tutte eponime di città e di fonti).
Pausania lo da' per figlio di Celusa e di Poseidone. Questi sotto il regno di Arante Asopo scoprì le acque del fiume che da lui presero il nome.
Ἀσπαλίς, nella città di Melitea, viveva un tiranno violento e arrogante il cui nome le genti ritenevano empio pronunciare e che gli stranieri chiamavano Tartaro. Questo tutte le volte che sentiva vantare la bellezza di una giovane, la faceva rapire e la violentava prima del matrimonio. Un giorno ordinò ai suoi soldati di prelevare Aspalide, figlia di Argeo, uno dei notabili della regione. La ragazza non appena ebbe il sentore di cosa stesse per capitargli, prima ancora che i soldati giungessero, si impiccò. La notizia ancora non si era diffusa, perciò Astigite, fratello della povera Aspalide, giurò di vendicarsi del tiranno prima ancora che il corpo della sorella fosse staccato dalla corda e così indossò rapidamente gli abiti della sorella nascondendone, lungo il fianco sinistro, una spada. Essendo ancora molto giovane, i tratti dolci della gioventù lo aiutarono nel suo travestimento e quindi riuscì a farsi condurre alla presenza del tiranno. Non appena solo col tiranno, lo sorprese senza armi e senza guardie e lo uccise. Gli abitanti di Melitea cinsero Astigite di corone e lo portarono in corteo intonando il peana; quanto al cadavere di Tartaro lo gettarono in un fiume che da allora, prese il nome del tiranno (si tratta dell'attuale Skourisorevma). Poi cercarono il cadavere di Aspalide per renderle gli onori funebri solenni ma invano: era scomparsa per volontà divina e al suo posto, vicino a quella di Artemide, era apparsa una statua. Diedero alla statua il nome di Aspalide Ameilete Ecaerge e tutti gli anni le vergini vi appendono una giovane capra che non si è mai congiunta a un maschio, a ricordo di Aspalide che, quando s'impiccò, era vergine (A. Liberale, Metamorfosi XIII)
Padre di Niobe, della quale si era innamorato ma respinto, decise di vendicarsi bruciando i suoi figli; Niobe, in preda al dolore si gettò da una rupe e Assaone, assalito dal rimorso, si uccise. (Partenio di Nicea, Amori Infelici, XXXIII)
Ἀστερία, ninfa sedotta da Zeus che per perseguire lo scopo si trasformò in aquila, fu madre di Ercole Tirio. Zeus stanco di lei, la trasformò in quaglia. Asteria, nella sua nuova forma riparò nell'isola di Ortigia.
Ἀστερίος, o dio degli astri. Fu re di Creta, sposò Europa ed allevò come suoi i figli che ella aveva avuto da Zeus quando la rapì sotto forma di toro. Quando furono diventati grandi, vennero a lite fra di loro per l'amore di un fanciullo di nome Mileto, nato da Apollo e da Aria, figlia di Cleoco. Una curiosità: Il Minotauro, figlio di Pasifae e del toro, si chiamava Asterio.
Ἀστυάναξ, detto anche Scamandrio, figlio di Ettore e di Andromaca. Il suo nome significa difensore della cittadella. Secondo il mito fu precipitato dalle mura dal feroce Pirro o Neottòlemo, figlio di Achille, perché l'indovino Calcante aveva predetto che sarebbe stato ai Greci più nocivo del padre.
Ἀστυδάμια, sposa di Acasto, si innamorò di Peleo, e gli mandò degli inviti per un incontro. Non riuscendo a sedurlo, riferì a sua moglie che Peleo stava per sposare anche Sterope, figlia di Acasto; a questa notizia, la donna si impiccò. Poi Astidamia calunniò Peleo anche presso Acasto, dicendo che aveva cercato di corromperla. Peleo per evitare di essere ucciso per adulterio, ammazzò la triste coppia.
Ἀστυλος, uno dei Centauri, famoso indovino, predisse ai suoi fratelli la triste fine che avrebbero fatto combattendo contro i Lapiti. Non riuscendo a convincerli, li abbandonò con Nesso.
Ἀστραία, anche detta Dike o Dice, Figlia di Zeus e di Tèmi. Dea della giustizia, considerata il principio fondamentale per lo sviluppo di ogni società civile. Secondo il mito la dea viveva in mezzo agli uomini, durante l'età dell'oro dopo indignata per le loro colpe, salì in cielo dove fu mutata nella costellazione della vergine. Secondo Igino, sue sorelle erano: Auxo, Eunomia, Ferusa, Carpo, Dice, Euporie, Irene, Ortosie, Tallo. Altri autori ne citano dieci con i seguenti nomi: Auge, Anatole, Musica, Ginnastica, Ninfe, Mesembria, Sponde, †elete atte e †Esperide e Diside.
Ἀστἐρες, erano i figli di Astrèo (erano ben 20) uno dei Titani che mosse guerra contro Zeus e fu fulminato dal Dio assieme ai figli. Astrèo fu marito di Eos.
Ἀστραῖος, figlio del titano Crio e di Euribia, sposo di Eos, con la quale generò Zefiro, Borea e Noto.
Ἀταλάντη, figlia di Schenèo, re di Sciro. Allevata da un'orsa divenne esperta cacciatrice e velocissima nella corsa che nessuno era capace di raggiungerla.
Quando il padre volle darle marito, Atalanta, ricordando quanto le era stato detto dall'oracolo, secondo il quale se si fosse sposata, pur restando in vita non sarebbe più stata una creatura umana.
Allora per liberarsi dalle molestie dei pretendenti, disse che avrebbe scelto colui che fosse stato capace a vincerla nella corsa, durante la quale armata di arco, avrebbe ucciso quelli che non fossero riusciti a superarla.
Atalanta si fidava caparbiamente della propria agilità anche perché già altre volte era stata messa vittoriosamente a prova nei giochi funebri in onore di Pelia e un'altra volta inseguita da due centauri non solo li aveva sorpassati ma li aveva uccisi entrambi con le sue frecce.
Seppure le condizioni dettate erano crudeli e la davano vincente, i pretendenti non mancarono, già più di uno aveva pagato con la morte l'amoroso cimento.
Quando si presentò Ippomene, il quale prima di esporre la vita, aveva chiesto aiuto alla dea Afrodite, che gli aveva regalato delle mele d'oro, indicandogli pure come doveva farne uso.
Cominciata la gara, Ippomene fingendo di lasciar cadere inavvertitamente i vistosi frutti, proseguiva imperterrito nella corsa, mentre Atalanta vinta dalla curiosità, si chinava a raccogliere ed ammirare le insidiose mele, intanto Ippomene toccava vittorioso la mèta ottenendo così l'ambito premio.
La gioia fù tale che il giovane dimenticò di ringraziare la dea che lo aveva aiutato e così causò lo sdegno della dea che abbandonò al loro destino la coppia, la quale per aver profanato il tempio della dea Cibele furono da ella mutati uno in leone e l'altra in leonessa (Teocrito, Idilli III, 40 ss.; Ovidio, Metamorfosi X, 560 ss.; Igino, Favole 185.
Nella tradizione, il nome del suo vincitore si alterna fra Melanione e Ippomene).
Non va confusa con Atalanta figlia di Iàso re di Arcadia, che ferì il cinghiale di Calidone e ne ebbe in dono le spoglie da Meleagro.
Ἀϑάμας, re di Tebe, separatosi dalla moglie Nefele dalla quale aveva avuto due figli, Frisso ed Elle, sposò Ino che con amare calunnie cercò in tutti i modi di indurre Atamante a sacrificare i figli avuti da Nefele.
Avuto sentore di quanto si tramava ai loro danni, Frisso e Elle partirono verso la Colchide cavalcando il mitico montone dal Vello d'oro, ma lungo il viaggio Elle cadde ed annegò nel tratto di mare che prese il nome di Ellesponto in onore della ragazza. Intanto Era indignata per quanto accaduto mise Atamante a conoscenza delle trame ordite dalla moglie per renderlo parricida.
Egli in un attimo di ira spiaccicò Leandro contro un muro e rincorse selvaggiamente la moglie e l'altro figlio Melicerte, sino alla riva del mare dove precipitarono ed annegarono entrambi.
Afrodite impietositasi pregò Poseidone di collocare i due tra gli dei marini, dando a Ino il nome di Leucotòe (in Grecia) o Matùta (a Roma) ed al figlio Palèmone (Grecia) o Portùnno (a Roma). Ad Atamante spettò la sorte di essere mutato in fiume.
Ἀτη, figlia di Zeus e di Eris, dea della discordia. Dea della sciagura e della vendetta, personificava la Fatalità e l'Errore, dea delle imprese avventate e delle loro conseguenze, Ate fu bandita dall'Olimpo perché aveva ingannato Zeus, che si era impegnato con un giuramento sconsiderato. Si compiaceva di procurare male agli uomini avvolgendoli nel cerchio della perdizione. Era ritenuta responsabile della lotta accanita tra i due eroi greci Agamennone e Achille durante la guerra di Troia.
Ἀθήνη Zeus si unì anche a Metis, che aveva tentato di sfuggirgli continuando ad assumere forme diverse, ma invano. Quando restò incinta, Zeus con l'inganno la inghiottì, prima che potesse partorire. Infatti aveva predetto che avrebbe avuto una bambina: ma se dopo avesse partorito una seconda volta, sarebbe stato un maschio, destinato a diventare il padrone del cielo. Per questo timore Zeus aveva inghiottito Metis; e quando arrivò il momento del parto, ordinò a Prometeo di colpirgli la testa con la scure (altri invece dicono che fu Efesto a farlo): e dal capo di Zeus balzò fuori Atena, là sulle rive del fiume Tritone (Apollodoro, Biblioteca I, 3). ...Pallade Atena, gloriosa dea, cui fulge verde lo sguardo, piena di senno, indomito cuore, comincio a cantare. Vergine è vereconda, le rocche difende audace la Tritogenia, che il cervello saggio di Zeus generò come propria sua figlia, di lucide auree armi di guerra vestita... (XXVIII Inno omerico a Atena). Atena era una dea dalle molteplici attività; ella rappresenta l'invito alla ponderazione e alla misura. Da lei impararono l'arte i fabbri, i carpentieri navali, gli orafi, i fonditori e da lei le donne impararono l'arte di filare e tessere. Atena è pure patrona di alcune arti e scienze fra le quali la medicina, l'agricoltura, la pedagogia e tante altre. Era raffigurata vestita di peplo con l'elmo in testa e armata di lancia e scudo. Veniva invocata con vari appellativi: Pallade, Parthenos (Vergine), ecc. Protettrice della città di Atene, il suo culto era svolto sull'Acropoli, dove le erano dedicati il Partenone e l'Eretteo i due simulacri fidiaci: quello del tempio e la statua dell'Atena promachos (che si avvia alla battaglia) statua colossale crisoelefantina. Per la storia della contesa fra Poseidone e Atena per il possesso dell'Attica, (Ovidio, Metamorfosi VI, 70 ss.). Dai Romani venne identificata con la dea Minerva.
Ἄτυς, pastore frigio amato da Cibele e da questa tramutato in pino. La storia di Ati è stata cantata da Catullo in un celebre poemetto, e anche da altri poeti dell'antichità.
Ἄτλας gigante figlio di Giapèto e di Asia (secondo altri di Climene) per aver aiutato gli altri giganti nella rivolta contro Zeus, fu condannato a reggere il peso del mondo sulle spalle. Egli possedeva il giardino delle Esperidi, dove maturavano i famosi pomi d'oro. Prima che Zeus lo condannasse a quella triste pena, ebbe il tempo di avere una numerosa discendenza. figlie sue furono le Pleiadi avute da Pleione, da Etna ebbe le Iadi, da Esperide le Esperidi. Fu pietrificato da Perseo con la testa della Medusa, venne identificato con le montagne che portano il suo nome.
Ἄτλαντίδης, isola dell'Atlantico, gli antichi immaginavano si trovasse ad occidente delle colonne d'Ercole e che sarebbe improvvisamente scomparsa.
Anche le sette figlie d'Atlante e d'Esperia (secondo altri, di Pleione) più conosciute col nome d'Esperidi.
Ἀτρεύς, re di Micene, figlio di Pelope e di Ippodamia. Padre di Agamennone e di Menelao. Avendogli il fratello Tieste sedotta la moglie, egli uccise i nipoti Tantalo e Plistene e servì le loro carni al padre. Fu ucciso da Egisto, altro figlio di Tieste. Con questa serie di atrocità ha inizio la triste storia degli Atridi.
Ἀτρίδα, erano i discendenti di Atreo, il termine indica in modo particolare i due figli Agamennone e Menelao, oltre che tutti gli altri discendenti. Noti nell'antichità per le loro funeste vicende, furono argomento di numerose tragedie di autori quali Eschilo, di Sofocle, e di Euripide.
Ἄτροπος, una delle Moire, tagliava implacabilmente il filo della vita umana. Era raffigurata con delle cesoie, una bilancia e vestita di nero con l'espressione del viso duro, arcigna e impassibile; suoi attributi sono gomitoli e forbici oppure una sfera o un rotolo su cui legge il destino.
Ἀκταίων, giovane figlio di Aristeo, allevato da Chirone, valente cacciatore,uscito un giorno per una battuta di caccia sorprese la dea Artemide e le sue ninfe al bagno. Per incanto della dea seccata, Atteòne venne mutato in cervo, e i suoi cani non riconoscendolo lo sbranarono.
Αὔγη, figlia di Aleo e di Neera. Fu sacerdotessa di Atena. Violentata da Eracle, ne restò innamorata dell'eroe per tutta la vita. Dall'unione nacque Telefo.
Αὐγείας, re dell'Elide, aveva promesso ad Eracle la decima parte della sua immensa mandria se gli avesse ripulito le stalle dal letame, che da trenta anni infettava l'aria.
Eracle per riuscire nell'impresa, deviò il fiume Alfèo che portò via tutto il letame che insudiciava le stalle. Ad opera compiuta Augia non volle rispettare la parola data e per questo Eracle lo uccise.
Αὖρα, Nella mitologia greca figlia di Lelante e di Peribea e ninfa al seguito di Artemide, veloce come la brezza.
La giovane in un momento di superbia oltraggiò la dea dicendole di avere un corpo più tonico, allora
Artemide, si rivolge a Nemesi, la quale, per punire la Ninfa, la farà violentare da Dioniso, rendendola madre di due gemelli.
Intanto Afrodite le mandava sogni voluttuosi, e Dioniso la fece ubriacare mentre Aura beveva a una fonte mutando l'acqua in vino.
La ninfa cade in un sonno pesante e così Dioniso nel sonno riesce a farla sua.
Compiuto il tempo partorì due gemelli, che appena nati disperata uccide, uno lo divorò e l'altro gli viene portato via da Artemide. Alla fine si tolse la vita gettandosi nel fiume Sangario, Zeus impietosito la trasformò in sorgente.
leggiamo come lo racconta Nonno di Panopoli nelle Dionisiache nel canto 48
…S'avvicina alla superba Aura; colpisce
con la frusta di serpenti il collo della sventurata tracotante,
e la percuote col disco circolare della Giustizia 460
e doma l'insensato spirito dell'indomita fanciulla: intorno alla cintura
della vergine fa vibrare la frusta di vipere
l'argiva Adrastea.…
…Lanciando un dolce dardo, 471
Eros infonde a Dioniso l'assillo della fanciulla…
…Stesa sulla polvere 630
la vergine che dormiva pesantemente, tutta disposta all'amore,
ruba il frutto nuziale di Aura sprofondata nel sonno.
Ed è uno sposo che non offre doni; al suolo, l'infelice,
appesantita dal vino, immobile, diviene la sposa di Dioniso…
…E, con piede smaniante, balza la figlia di Lelanto,
selvaggia avendo l'indole di una leonessa dall'irsuto petto,
ghermisce un bambino dalle mascelle delle fiere
e, in un attimo, lo scaglia in aria, alla furia dei venti; 920
e il neonato, in un vortice di polvere,
scivola dall'aria a capofitto a terra;
e, afferratolo, lo seppellisce nella sua gola,
cibandosi del caro pasto. E, atterrita,
la vergine Saettatrice porta via l'altra creatura della puerpera Aura, 925
madre crudele, e, attraversando il bosco,
solleva il bambino, coccolandolo nelle braccia disavvezze.
E dopo il letto di Bromio, dopo il turbinoso parto,
la cacciatrice Aura, per sottrarsi al biasimo delle nozze,
serbando l'antico venerando pudore verginale, 930
raggiunge il Sangario. Assieme all'arco teso all'indietro,
getta nelle acque la sua negletta faretra
e a capofitto si tuffa nella corrente profonda,
rifiutando col pudore sugli occhi la luce dell'Aurora;
e scompare tra i flutti del fiume.
Il figlio di Crono, però, 935
la trasforma in una sorgente: della fonte che scorre dai monti
i seni sono la polla, il corpo l'acqua, i capelli i fiori,
e l'arco diviene il corno taurino d'un fiume dalle belle corna,
e la corda, cangiando, diventa giunco,
e le frecce, fattesi canne, fischiano… 940
Αὖσων, figlio che Ulisse ebbe da Calipso. Capostipite degli Ausoni, tribù meridionali degli Umbri. Di qua la voce Ausonia per Italia.
Αὐτολέων, combattente crotonese, ferito dall'ombra di Aiace durante un combattimento contro i Locresi. Ottenne la guarigione placando lo spirito dell'eroe con un sacrificio offertogli nell'isola di Leuce.
Αὐξάνω, fanciulla cretese, recatasi con Damia a Trezene venne lapidata nel corso di una rivolta. A Egina e a Epidauro le due fanciulle erano venerate come dee della fertilità.
Ἀζάν, figlio di Arcade, sovrano dell'Arcadia. Alla morte del padre, gli toccò in eredità la parte dell'Arcadia che da lui prese il nome di Azania.