nella Grecia


Testo

I luoghi del mito

Egina, Tempio di Atena Afea - Αἴγῑνα, νᾱός Ἀθηναία Ἀφαία

Ecco il notevole tempio di Atena Afaia, vedi modellino 1 - modellino 2 - modellino 3. Vedi le splendite statue del frontone occidentale - frontone orientale.
E a completare, visualizza la mappa.

Nel 1811 Charles Robert Cockerell e il barone Otto Magnus von Stackelberg, rubarono le sculture dei frontoni e con la mediazione del barone Carl Haller von Hallerstein furono spedite in Germania e vendute al futuro re Luigi I.

Le sculture oggi sono esposte presso la Gliptoteca di Monaco di Baviera.

Dato che sotto riporto dei dati estratti da Pausania e da A. Liberale, non aggiungo nulla di mio.

Ecco alcuni passi tratti da: Pausania L. II Corinzia e Argolide, XXX,3

3. In Egina, andando al monte di Zeus Panellenio, si trova un santuario di Afea (esastilo con dodici colonne sui lati lunghi), costruito nel decennio 490-480, il quale ha nella decorazione frontonale l'esempio più alto di coroplastica marmorea tardoarcaica in ambiente peloponnesiaco, in onore della quale anche Pindaro compose un carme (fr. 89b M) per gli Egineti.3 I Cretesi, per i quali la storia di questa divinità costituisce una saga locale, dicono che Carmanore, colui che purificò Apollo dall'uccisione di Pitone, ebbe un figlio di nome Eubulo e che da Zeus e da Carme, figlia di questo Eubulo, nacque Britomarti. Costei si dilettava della corsa e della caccia ed era carissima amica di Artemide. Preso d'amore per lei Minosse la inseguì, ed essa, cercando di sfuggirgli, si precipitò in mare e cadde nelle reti che erano state gettate per la pesca. Artemide la rese dea e la onorano non solo i Cretesi, ma anche gli Egineti, i quali sostengono che Britomarti sia comparsa nella loro isola. Presso gli Egineti essa ha l'appellativo di Afea (gettata), mentre in Creta ha quello di Dittinna (quella delle reti).4

4. Il monte Panellenio non offre alcun motivo di interesse a eccezione del santuario di Zeus costruito in suo onore, come dicono, da Eaco.5 Per quanto riguarda la storia di Aussesia e di Damia, come gli Epidaurii abbiano patito un periodo di siccità e perciò, in seguito a un responso dell'oracolo, abbiano fatto fare le statue lignee, conservate in questo santuario, ricevendo dagli Ateniesi gli ulivi occorrenti; e come poi gli Epidaurii non abbiano più pagato agli Ateniesi quanto avevano convenuto, sostenendo che le statue erano tenute dagli Egineti e come, infine, siano morti quegli Ateniesi che, per risolvere questa faccenda, erano venuti ad Egina; tutte queste storie esposte già da Erodoto (5, 82-87) in modo dettagliato e preciso, non è nel mio intento riferire qui per iscritto, appunto perché sono già state ben raccontate. Devo però aggiungere che personalmente ho visto queste statue e ho loro sacrificato secondo lo stesso rituale che è in uso nei sacrifici a Eleusi.6

NOTE

3. Il santuario di Afea sul monte Oros (= monte di Zeus Panellenio), qui appena ricordato da Pausania, ci ha restituito un importante complesso scultoreo risalente agli anni immediatamente precedenti e seguenti al 490 a.C.. Il santuario comprendeva diversi edifici, oltre al tempio. Il culto aveva origini preistoriche e la dea, probabilmente collegata a divinità cretesi (Britomarti, Dittinna), era rappresentata come Atena (un cippo confinario del santuario dichiara: «Limite del recinto di Atena»), ma manteneva il suo nome antico.

4. Carmanore era un sacerdote di Creta, padre di Eubulo (detto figlio di Demetra da Diod. 5, 76, 3) e di Crisotemi (v. 10, 7, 2). Purificò Apollo e Artemide dall'uccisione di Pitone e ospitò ancora nella sua casa Apollo innamorato di Acacallide. Carme è detta da altri (Anton. Lib. 40, 1) figlia di Fenice (figlio di Agenore) e di Cassiepea, e da vecchia, condotta prigioniera a Megara, fu nutrice della figlia di Niso, Scilla. Britomarti (il mito era stato trattato da Callimaco, In Dian. 189 sgg.) è antichissima divinità minoico-micenea della selvaggina a Creta. Identificata con Ecate e con Artemide (scol. Eur. Ipp. 146) è qui, come in Callimaco, distinta da Artemide e considerata una ninfa autonoma. Secondo Antonino Liberale (40, 2 sgg.) Britomarti, provenendo dalla Fenicia, venne dapprima ad Argo, quindi a Cefallenia, dove fu chiamata Lafria, quindi a Creta, dove fu detta Dittinna (probabilmente da Ditte, massiccio cretese). Da Creta pervenne a Egina, dove, sfuggendo al pescatore che l'aveva portata qui, si nascose in un bosco, dove ora c'è il suo santuario, e scomparve. Perciò il nome di Afea (Aphaia da aphanes = scomparsa. Diversamente, Pausania e gli Egineti intendono Aphaia da aphiemi = gettare).

5. Era il santuario (del quale restano tracce sul monte Oros) di Zeus Ellanio (o Panellenio), costruito intorno all'antico altare («l'ara del padre Ellanio», Pind. N. 5, 10). Zeus era qui venerato come dio della pioggia: «quando a Egina una nuvola si ferma sul santuario di Zeus Ellanio, di solito viene a piovere» (Teofr. Sign. Temp. 1, 24).

6. Aussesia e Damia, divinità certo preistoriche, connesse con la nascita e con la crescita (Aussesia da auxano = accresco), parallele a Demetra e Core e alle due Ilizie, erano onorate anche a Trezene, dove si ritenevano fanciulle venute da Creta. Erano onorate nel santuario di Ea (a circa km 3 a Ovest della città di Egina) ed erano rappresentate inginocchiate (Erod. 5, 86). Ben presto il loro culto assunse un carattere misterico (lancio di pietre, cori di donne motteggianti, v. Erod. 5, 83; ecc.) simile a quello delle dee di Eleusi. Perciò Pausania, molto interessato ai misteri, dichiara di aver sacrificato secondo il rituale di Eleusi. La storia degli Ateniesi, Egineti ed Epidaurii riferita ampiamente da Erodono e qui brevemente riassunta, spiegava le cause delle ostilità sorte tra Atene ed Egina (probabilmente 506 a.C.). Gli Egineti, prima sottoposti a quelli di Epidauro, quando divennero potenti si ribellarono e, tra l'altro, asportarono le due statue da Epidauro e le portarono a Ea, dove istituirono un culto e rituali particolari per le due divinità. Gli Ateniesi mandarono a Egina degli uomini, che non riuscirono a smuovere le statue dalla loro sede e che, impazziti in seguito a un terremoto, si uccisero a vicenda, oppure, secondo la versione locale, furono sconfitti da Egineti e Argivi.

I versi che seguono adesso sono stati tratti da:
Antonino Liberale
XL. Britomarti

1 Cassiopea e Fenice (figli rispettivamente di Arabo e di Agenore) ebbero per figlia Carme. Zeus si unì a lei e generò Britomarti. Questa, fuggendo il commercio con gli uomini, si compiacque di restar vergine per tutta la vita.
2 Dalla Fenicia si recò dapprima ad Argo presso Bize, Melite, Maira e Anchiroe, le figlie di Erasino. Da Argo si portò poi a Cefalonia, dove gli abitanti la soprannominarono Lafria e le offrirono sacrifici come a una dea.
3 Successivamente andò a Creta dove Minosse la vide, se ne invaghì e le fece spietata corte. Britomarti si rifugiò presso dei pescatori che la nascosero sotto le reti: per questo i Cretesi la chiamarono Dictinna e le offrirono sacrifici. Fuggita da Minosse, Britomarti raggiunse Egina sulla barca del pescatore Andromede.
4 Bruciando di unirsi a lei, questi l'aggredì ma Britomarti saltò dalla barca e si rifugiò in un bosco, nel luogo stesso dove oggi si trova il suo santuario. Ella vi sparì e per questo fu detta Afaia: nel contempo apparve nel santuario di Artemide una statua. Gli Egineti consacrarono il luogo dove Britomarti era scomparsa: la soprannominarono Afaia e le offrirono sacrifici come a una dea.

NOTE:

Britomarti incarna la figura della divinità che trova il suo luogo sacro dopo aver a lungo errato, ma poiché rifugge gli uomini e resta ostinatamente vergine è anche un'incarnazione della solitudine. Alcuni filologi fanno risalire il suo nome alla forma Britómarpis (in origine Pritámarpis, dai radicali pryta e marp) che interpretano come "la ragazza delle rocce bianche", cioè collegata in certo modo all'Isola Bianca. Altra etimologia, per la verità molto incerta, afferma che il nome di Britomarti significherebbe in cretese "dolce fanciulla".
La leggenda è narrata la prima volta da Callimaco (Inno ad Artemide 189-205) che dice Britomarti «ninfa di Gortina» e la descrive come una delle compagne più strette di Artemide, probabilmente un'antica dea cretese della caccia. Fonte breve ma rilevante è anche Pausania (II, 30, 3).
Antonino descrive una trasparente serie di spostamenti geografici di Britomarti: dalla nativa Fenicia alla città di Argo, da qui a Cefalonia (isola Ionia adiacente a Itaca) e poi a Creta, per approdare infine a Egina, isola centrale del golfo Saronico. Antonino dunque rende tutto sommato razionale ciò che pare invece essere una confusa associazione e identificazione di diversi personaggi a una sola figura mitologica.
Suggestive sono a questo proposito le molteplici incarnazioni e denominazioni della dea. Lafria è epiteto di Artemide a Calidone, Patrasso e in Messenia (cfr. Pausania VII, 18, 8) e potrebbe significare "la dea dei cervi" perché l'annuale olocausto di animali selvatici e uccelli che la dea riceveva a Patrasso era celebrato da una sacerdotessa su un carro tirato da cervi. Dictinna diventa la "ragazza delle reti" in quanto collegata (forse per falsa etimologia) al termine díktyon che è la rete da pesca o caccia già in Aristofane (Vespe 368). Forse il nome sarebbe in collegamento coi monte cretese Dicteo (o Dictinneo) presso il quale si svolge la sezione "cretese" della storia di Britomarti. Sono attestati culti sia per Britomarti che per Dictinna nella parte occidentale di Creta, presso Cidonia. Un santuario a Dictinna sorgeva sulla costa orientale presso il capo Spanda (cfr. Erodoto III, 59, 2).
Afaia (o Afea) è forse collegabile ad aphanès e sta per nascosto, invisibile. Era divinità che aveva un culto a Egina fin dall'epoca micenea. Su un'altura all'estremità nord-orientale dell'isola sorge ed è tuttora ben conservato un grandioso tempio dorico periptero esastilo (cfr. Pausania II, 30, 3). È nota anche un'ulteriore incarnazione di Britomarti, la Artemide Limnaia, cioè della palude, di Sparta (cfr. Pausania III, 14, 2), città in cui esisteva anche un santuario a Dictinna (III, 12, 8). Tutte queste divinità rientravano nell'area del culto di Artemide e anzi, pare fossero equivalenti a quella dea. Non a caso, alla fine del suo peregrinare, la definitiva scomparsa di Britomarti corrisponde all'apparizione di una statua nel tempio di Artemide (Pausania II, 30, 1).