Sala XXIX, La galleria degli imperatori.
Come ogni collezione rinascimentale di sculture antiche anche quella Farnese annoverava un ciclo di ritratti che doveva rappresentare la storia di Roma attraverso le immagini dei suoi protagonisti.
In gran parte essi erano esposti nella Sala degli Imperatori appositamente allestita a Palazzo, altri erano invece sistemati nella Sala dei Filosofi.
La serie di ritratti antichi andò arricchendosi seguendo gli interessi che andavano affermandosi nel Cinquecento fra gli esperti di antiquaria finalizzati in primo luogo a raccogliere i ritratti dei dodici Cesari svetoniani che illustravano la prima età imperiale, nonché quelli di alcune grandi personalità della storia repubblicana quali Bruto instauratore della repubblica e Bruto il cesaricida, Giulio Cesare e Pompeo Magno per citare solo i soggetti più richiesti.
Nella ricerca di questi ritratti intervenivano due ordini di problemi: la conoscenza iconografica dei personaggi in questione, che abitualmente si fondava sulle testimonianze numismatiche ma che non di rado era frutto di identificazioni approssimative o fantasiose, e l’effettiva disponibilità sul mercato di ritratti molto richiesti. Entrano talora in gioco i ‘falsi’, termine con cui oggi definiamo spesso le copie moderne entrate nelle collezioni sottintendendone uno smercio fraudolento ma la cui non-antichità doveva essere nota agli acquirenti più spesso di quanto crediamo; talvolta ci si imbatteva invece nelle pseudo - identificazioni, per le quali è esemplare il caso della cd. ‘Agrippina seduta’ (inv. 6029). Un’ulteriore soluzione all’eventuale penuria di repliche era costituita dalle rilavorazioni eseguite su ritratti antichi per assimilarli ad iconografie già accreditate: caso esemplare di questa prassi è il ‘Ludo Bruto’ (inv. 6178), un ritratto di età traianea rilavorato su modello del celeberrimo ‘Bruto’ capitolino, un bronzo appartenuto alla collezione del cardinale Rodolfo Pio da Carpi, a sua volta identificato con Bruto attraverso una serie di coincidenze antiquarie che oggi sappiamo essere state del tutto arbitrarie.
Altrettanto ricercati sono i gruppi ‘a tema’, organizzati intorno agli ideali politico-filosofici di equità, giustizia, buon governo rappresentati in particolar modo dagli imperatori di cui erano diventate simboliche queste qualità, Adriano e Marco Aurelio.
Era ugualmente molto apprezzato il ritratto dell’imperatore Caracalla per il ruolo contrapposto di exemplum negativo: giunto al potere assoluto dopo aver ucciso il fratello Geta con cui aveva ereditato il trono dal padre Settimio Severo perseverò in ogni genere di crudeltà fino alla morte precoce e violenta. Nella collezione Farnese si conservavano due copie dello stesso tipo ritrattistico.
Gallery or the emperors.
Like all Renaissance collections of ancient sculpture, the Farnese collection included a cycle of portraits designed to represent the history of Rome through the images of its main characters.
Most of these were displayed in a specially decorated Hall of the Emperors in the Palazzo; others were arranged in the Hall of the Philosophers.
The series of ancient portraits was developed according to interests current in the 16th century among antiquarian experts. Particular emphasis was placed on collecting the portraits of the twelve Suetonian Caesars who reflected the early imperial period, as well as those of the great characters of republican history such as Brutus, the founder of the republic, and Brutus, Caesar’s assassin, along with Julius Caesar and Pompey the Great, to give only the most sought after.
The search for these portraits encountered two main problems: the identification of the image of the person represented, which mostly was based on numismatic evidence but which could also be the result of guesswork and imagination; and the actual availability on the market of the most sought after portraits. Sometimes fakes entered the scene. These were usually modern copies that entered collections fraudulently, but whose non-antiquity must have been known to their purchasers more often that we would like to believe. At other times we encounter pseudo-identifications, such as the so-called ‘Seated Agrippina’ (inv. 6029). A further solution to a possible shortage of copies was achieved by reworking ancient portraits to make them similar to already identified images; one such example of this practice is the ‘Lucius Brutus’ (inv. 6178), a Trajanic-period portrait reworked on the model of the famous Capitoline ‘Brutus’, a bronze that belonged to the collection of Cardinal Rodolfo Pio of Carpi. This was once identified as Brutus according to a series of antiquarian connections that today we know to have been completely arbitrary.
Also much sought after were ‘thematic’ groups. These were organized according to the political and philosophical ideals of equality, justice, good government and represented especially by the emperors who had been symbolic of these qualities, Hadrian and Marcus Aurelius.
Equally popular was the portrait of the emperor Caracalla, held in direct contrast as a negative exemplum: he gained absolute power after killing his brother Geta, with whom he had inherited the throne from his father Septimius Severus, and persisted in every type of cruelty until his early and violent death. The Farnese collection contains two copies of portraits of Caracalla, of the same type.
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cd. Agrippina seduta
inv. 6029; Rielaborazione romana, I secolo d.C., da originale greco di età classica.
Tra le sculture più celebri della collezione Farnese va senz’altro annoverata la cd. Agrippina seduta, elemento di spicco nell’arredo degli Orti farnesiani sul Palatino dove era sistemata in cima alla scalinata insieme ad un’altra statua femminile seduta.
Si tratta dell’unica variante nota di un tipo statuario creato ad Atene nel terzo venticinquennio del V sec. a. C. nella cerchia di Fidia, che rappresentava una Afrodite con accanto Eros, venerata con molta probabilità sulle pendici settentrionali dell’Acropoli. Diversamente dal modello originale che presentava il braccio sinistro sollevato sullo schienale del trono, la scultura Farnese porta le mani serrate in grembo, assumendo una posa grave e sofferta, Il ritratto rappresenta una donna di età avanzata con i capelli sistemati a file di boccoli raccolti sulla nuca in trecce ripiegate, secondo la moda tipica dell’età giulio-claudia e flavia.
Le caratteristiche tipologiche della scultura consentono di riconoscervi una statua funeraria probabilmente commissionata per una liberta. Sappiamo infatti che in questo momento il ceto degli ex schiavi liberati era in grande ascesa economica e sociale, circostanza dalla quale dipese la ricerca di opportuni status-symbol. Nella sfera privata questa necessità di auto rappresentazione fu soddisfatta dalla scelta di modelli statuari di divinità cui si assodarono ritratti individuali, adottando una convenzione iconografica già sperimentata in ambito pubblico da membri della casa imperiale.
The so-called Seated Agrippina
inv. 6029 Romana reworking, 1st century AD, from a Greek original of classic period.
The so-called Seated Agrippina is without doubt one of the most famous sculptures of the Farnese Collection. It was an outstanding feature of the ornamentation of the Farnese Gardens on the Palatine, and was located at the top of the flight of steps together with another seated female statue.
This is the only known variant of a statue type created by the school of Phidias at Athens in the late 5th century BC, depicting Aphrodite at the side of Eros. It was probably worshipped on the northern slopes of the Acropolis. In contrast to the original model, which rests its left arm on the back of the throne, the Farnese version clasps its hands in its lap, in a serious and long-suffering pose.
The portrait depicts a woman of advanced age with her hair arranged in waves and caught at the nape in a plait, the common fashion of the Julio-Claudian and Flavian periods. The features of the sculpture allow us to identify is as a funerary statue, probably commissioned for a freedwoman. In this period the class of freed ex-slaves was becoming more important in both economy and society, and was seeking out appropriate status symbols. Within a private context, statues of gods, to which an individual’s features could be added, satisfied the desire for self-representation and used an iconographic convention already adopted in public by members of the imperial family.
cd. Bruto
inv. 6178 Fine I secolo d.C.
Il cd. ‘Lucio Bruto’ costituisce un singolare esempio delle modalità con cui si allestivano le collezioni di marmi antichi superando la difficoltà di reperire i ritratti di alcuni personaggi di particolare rilevanza storica. Benché come oggi sappiamo non sia mai esistito un ritratto di Bruto, nel Cinquecento si riteneva che la sua immagine fosse quella tramandata da un bronzo della collezione Carpi, il cd. Bruto capitolino, divenuta quindi riferimento obbligato per ogni altra identificazione del personaggio.
La testa farnesiana, documentata fin dagli esordi della collezione, è stata evidentemente rilavorata su modello del bronzo capitolino sfruttando alcune affinità fisionomiche del ritratto originario nonché una casuale coincidenza nella articolazione delle ciocche di capelli sulla fronte che ricadono piatte secondo una moda di età traianea. Un sapiente lavoro di scalpello ha realizzato la fitta barba e i baffi ed ha leggermente modificato la conformazione della parte inferiore del viso. Il busto di alabastro fiorito che completa il ritratto è moderno.
The so-called Brutus
inv. 6178 End 1st century AD
The so-called ‘Brutus’ is an excellent example of how collections of ancient marbles were arranged to solve the problem of finding portraits of certain historically important characters. Although today we know that there was never a portrait of Brutus, in the 16th century it was believed that his image was depicted by a bronze in the Carpi collection, the so-called Capitoline Brutus. This bronze thus became the model for all other identifications of Brutus.
Records show that the Farnese head was part of the collection from its start. It has clearly been reworked to make it more similar to the Capitoline bronze, exploiting physiological similarities of the original portrait and the chance resemblance of the arrangement of the locks of hair that fall onto the forehead in Trajanic fashion. Skilled workmanship with the scalpel produced the beard and moustache and slightly modified the appearance of the lower part of the face. The alabastro fiorito (‘flowery’ alabaster) bust that completes the portrait is modern.
Caracalla
inv. 6033 - 212 d.C.
Il ritratto dell’imperatore Caracalla costituiva uno dei pezzi più ambiti nelle collezioni del Cinquecento; l’indiscutibile valore artistico dell’effigie che compendia eccellenti qualità formali nella veduta di netto profilo, nella organicità delle forme e nei dettagli della corta capigliatura a piccoli ricci ed efficace espressione psicologica nel volto corrucciato e fiero che volge lo sguardo imperioso lontano dallo spettatore era carico di un fosco fascino legato alla sinistra figura dell’imperatore.
Questo ritratto, del tipo definito ‘imperatore unico’ era stato elaborato nel 212 d.C., poco dopo l’uccisione da parte di Caracalla del fratello Geta con il quale era correggente del trono. Il Caracalla Farnese è parte di una statua ritrovata durante gli scavi condotti nelle Terme omonime e che a causa del cattivo stato di conservazione si preferì tagliare riducendola alle dimensioni di un busto; la sua celebrità soppiantò quella di una testa già in precedenza entrata nella collezione, completata nel Settecento con un busto moderno eseguito su modello dell’esemplare più famoso.
Caracalla
inv. 6033 - AD 212
This portrait of the emperor Caracalla constitutes one of the most coveted works in the collections of the 16th century. This is a likeness of indisputable artistic value. It displays fine formal characteristics in its clean profile depiction of the emperor, in the organic quality of the forms employed and in the detailed rendering of Caracalla’s short hairstyle, with its tight curls. It also provides an effective psychological portrait in the emperor’s proud yet troubled expression, his gaze directed away from the spectator.
The work is endowed with dark, fascinating quality that derives from Caracalla’s sinister reputation. This portrait, of the type known as “sole emperor”, was produced in AD 212, shortly after Caracalla’s murder of his brother Geta, with whom he was co-ruler. The Farnese Caracalla is part of a statue discovered during excavations in the baths named after the emperor.
It was broken up and reduced to a bust because of the statue’s poor state of preservation. Its fame surpassed that of a head that had entered the collection previously, which was completed in the 18th century with a modern bust produced using the other, more famous, as a model.
Statua loricata colossale con testa ritratto moderna di Giulio Cesare
Inv. 6039; statua in marmo asiatico; testa moderna in lunense Età antonino-severiana. Dalla collezione Farnese.
La statua colossale proviene dalla collezione Farnese, dove era stata completata con un ritratto antico di Caracalla non pertinente. L’attuale integrazione con un ritratto moderno di Giulio Cesare fu eseguita da Carlo Albacini su modello del Giulio Cesare del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio, a Roma, ottenendo in tal modo la replica di una scultura di grande prestigio e notorietà. Il campo centrale della corazza è ornato da due grifi affrontati che sormontano un’aquila ad ali spiegate con un fulmine trattenuto dagli artigli, prerogativa delle effigi imperiali. I motivi decorativi utilizzati sulle pteryges, le placche mobili che completano il margine inferiore della lorica, sono costituiti da rosette e protomi di linee, lupo, ariete, aquila e leone. Della statua di Giulio Cesare fu eseguito un calco in gesso, esposto insieme ad altre riproduzioni del Museo di Napoli nella Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare presso Fuorigrotta, inaugurata il 9 maggio 1940 e chiusa appena un mese dopo a causa dell’entrata in guerra dell’Italia. La mostra fu concepita come Esposizione Tematica Universale ed era una chiara celebrazione in chiave propagandistica dell’impero italiano e delle sue conquiste nel Mediterraneo.
Giulio Cesare
inv.6038 Inizio II secolo d.C.
La testa colossale di Giulio Cesare fu ritrovata nel Cinquecento in una località denominata Spoglia Christi, toponimo medievale che oggi sappiamo corrispondere all’area del Foro di Traiano. Il duca Pierluigi la acquistò per collocarla sul portale d’ingresso a Palazzo secondo un progetto espositivo che avrebbe dovuto celebrare il potere familiare. L’intenzione del duca, testimoniata dal suo carteggio personale, non si concretizzò e la scultura rimase nella loggia verso il Tevere insieme ad una serie di altre teste colossali.
Il Giulio Cesare è una replica traianea in formato superiore al vero di un ritratto del dittatore eseguito intorno al 50 a.C.; la copia è stata identificata come una delle imagines clipeatae, ritratti riprodotti entro scudi sospesi alle pareti, della serie allestita nel Foro di Traiano con le effigi degli optimi principes. Essi richiamavano idealmente le virtù di buon governo cui si ispirava il nuovo imperatore ed erano accompagnati da una galleria di statue femminili che raffiguravano le eroine della storia romana insieme ad alcune donne della famiglia imperiale.
Questo programma decorativo si poneva in ideale continuità con la sequenza dei summi viri esposta nel Foro di Augusto, sottolineando il legame ideologico e programmatico che si voleva stabilire con il primo imperatore.
Julius Caesar
inv. 6038; Early 2nd century AD
This colossal head of Julius Caesar was found in the 16th century in a place called Spoglia Christi, a mediaeval name that we know today corresponds to the area of Trajan’s Forum. Duke Pierluigi purchased it to be placed at the entrance of the Palazzo, as part of a visual display that must have been intended to highlight his family’s power. However, the Duke’s plans, recorded in his personal correspondence, never came to fruition and the sculpture remained in the loggia that faces the Tiber, together with a series of other colossal heads.
This Julius Caesar is a larger than life-sized Trajanic copy of a portrait of the dictator made c. 50 BC. The copy has been identified as one of the imagines clipeatae, portraits set inside shields and hung from the walls, in a series set out in Trajan’s Forum to depict the images of the optimi principes (‘best emperors’). These evoked, in ideal terms, the virtues of good government that inspired the new emperor and accompanied a gallery of female statues depicting the heroines of roman history, together with a few women of the imperial family. This decorative scheme echoed the sequence of summi viri on display in the Forum of Augustus, and highlighted the ideological and programmatic ties that Trajan wished to establish with the first emperor.
Statua loricata con ritratto non pertinente di Lucio Vero
Inv. 6081; torso loricato in marmo pario; testa e integrazioni in marmo lunense.
Torso di tarda età giulio-claudia; ritratto: 160-161 d.C. dalla collezione Farnese.
La scultura costituisce il pendant del Marco Aurelio e fu realizzata congiungendo uno dei due torsi rinvenuti a Frascati ad un ritratto non pertinente, replica del tipo principale di Lucio Vero; il restauro con le integrazioni moderne fu eseguito da Carlo Albacini. L’alta qualità artistica del torso che riproduce con straordinaria perizia i particolari tecnici e decorativi di una corazza bronzea fu molto apprezzata da eruditi e artisti che ne lasciarono ripetute testimonianze a partire dalla metà del XVI sec.. Della statua fu eseguito un calco in gesso, esposto insieme ad altre riproduzioni del Museo di Napoli nella Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare presso Fuorigrotta, inaugurata il 9 maggio 1940 e chiusa appena un mese dopo a causa dell’entrata in guerra dell’Italia. La mostra fu concepita come Esposizione Tematica Universale ed era una chiara celebrazione in chiave propagandistica dell’impero italiano e delle sue conquiste nel Mediterraneo.
Statua loricata con ritratto non pertinente di Marco Aurelio
inv. 6092; torso loricato in marmo pentelico; ritratto e integrazioni in marmo bianco a grana fine Torso di età claudia; ritratto: 160-161 d.C.. Dalla collezione Farnese.
La scultura costituisce un complesso pastiche realizzato da Carlo Albacini sul finire del ‘700 assemblando uno dei due torsi loricati rinvenuti a Frascati nel ‘500 e fino ad allora collocati in apposite nicchie sulla facciata di Palazzo Farnese, con un ritratto di Marco Aurelio, replica del terzo tipo appartenente alla stessa collezione Farnese, ed eseguendo le integrazioni a completamento delle parti antiche. Della statua di Marco Aurelio fu eseguito un calco in gesso, esposto insieme ad altre riproduzioni del Museo di Napoli nella Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare presso Fuorigrotta, inaugurata il 9 maggio 1940 e chiusa appena un mese dopo a causa dell’entrata in guerra dell’Italia.
La mostra fu concepita come Esposizione Tematica Universale ed era una chiara celebrazione in chiave propagandistica dell’impero italiano e delle sue conquiste nel Mediterraneo.